Lo Stato Moderno - anno II - n.15 - 5 settembre 1945

192 LO STATO MODERNO • Infatti se coloro che prestano danaro al tesoro dovessero vendere i titoli per riottenere, prima della scadenza del pre– stito, la disponibilità monetaria del proprio capitale, il prezzo corrente dei prestiti tenderebbe a diminuire, provocando un rialzo del saggio di capitalizzazione che obbligherebbe lo stato ad indebitarsi, la volta successiva, ad un saggio d'interesse più alto. Invece quando il capitale prestato può essere recuperato semplicemente con un'operazione di sconto a condizioni di imperio, l'eventuale bisogno di disponibilità liquide da parte degli antichi sottoscritt.ori non esercita alcuna influenza sul saggio d'interesse. Quello che si verifie& è un'espansione del credito del sistema bancario e, oltre certi limiti, un aumento dell'emissione. Questi due fenomeni sono perfettamente logici nel clima dell'inflazione, mentre non sono più ammissibili in quello di un regime monetario normale. Ma poichè la stabilizzazione, frenando l'aumento della massa di moneta e del volume del credito, crea per ciò·solo una carenza di disponibilità liquide sul mercato, il successo della riforma è compromesso se lo stato non ha provveduto in tempo a rimborsare, o a conso– lidare, il suo debito a breve scadenza. Infatti, presi dal!' an– sia di procurarsi danaro, i sottoscrittori degli antichi prestiti o si rifiutano di rinnovarli alla scadenza o presentano allo sconto i titoli non ancora scaduti; provocando, nel primo caso attraverso il disavanzo del bilancio pubblico e nel secondo a mezzo di una pressione sul sistema bancario, un nuovo au– mento dell'emissione. Dunque è giustificato considerare l'eliminazione del debito del tesoro come la conditio sme qua non di una stabilizza– zione. li cui buòn esito, tuttavia, dipende anche da una suf– ficiente disponibilità di mezzi monetari da parte delle banche e delle altre imprese private. Giacchè come è possibile pre– tendere che la stabilizzazione regga se le imprese e le ban– che, non più alimentate nel loro giro di affari dal flusso di nuovi mezzi monetari, mancano delle disponibilità liquide ne– cessarie per fronteggiare gli impegni di pagamento assunti in precedenza? Se il mercato è, in largo senso, immobilizzato o, come anni or sono si diceva, «congelato», è evidente che la riforma monetaria provoca una generale crisi di cassa. Per eliminare la quale sarà necessario sacrificare lo scopo di ri– sanamento monetario ed autorizzare la banca di emissione ad aumentare upa volta ancora la quantità di monebl. Con questa conclusione siamo tornati al punto di partenza ed abbi?lmo completato il sommario esame di uno degli aspetti della questione. Ma v'è un altro aspetto, non meno impor– tante, sul quale conviene dire almeno qualche parola. Il tasso a cui deve essere stabilizzato il valore della mo– neta potrebbe essere scelto ad arbitrio se il paese vivesse di vita economica autonoma, in regime di mercato chiuso, senza relazioni di affari con l'estero. Ma poichè questa condizione ipotetica non si verifica mai nella realtà, la moneta dev'essere stabilizzata ad un livello che 1 pone in equilibrio il mercato in– terno con i principali mercati fornitori e di sbocco. Vale a dire: i prezzi all'interno (che sono l'esprèssione reciproca del valore della moneta) debbono essere, attravei:so il rifefÌUlento aritmetico del cambio, ad un livello tale con i prezzi quotati ali' ei;tero da consentire che le importazioni e le esportazioni avvengano soltanto con il lucro mercantile; e ciò significa, a sua volta, che la relazione fra i prezzi deve rispecchiare i van– taggi rispettivi dei singoli paesi nelle diverse produzioni. Se ciò non accade la riforma monetaria a lungo andare cede, perchè delle due l'una: o i prezzi sono stati stabilizzati ad un livello indebitamente alto, ed allora l'ind1,1strianazionale non riesce ad esportare; oppure la situazione è inversa, ed allora le merci ed il lavoro nazionale vengono sostanzial– mente svenduti ali' estero. Codesti casi meriterebbero un più ampio discorso, richia– mando il concetto e la funzione del cambio, la cui stabilità, come dissi in principio, è l'altro aspetto di una « moneta stabi– lizzata». Ed occorrerebbe vedere pure per quali motivi deve esserci un definito equilibrio fra il cambio ed il livello dei prezzi, e cioè fra i due aspetti simultanei della stabilità di una moneta stabilizzata. Ma senza complicare il ragionamento credo che quanto precede abbia già convinto che la riforma di stabilizzazione è mm operazione quanto mai difficile, comples– sa e delicata. Per tali motivi non c'è da illudersi che possa presto essere decretata in Italia. Ed invero esistono forse oggi le premesse per una tale riforma, e se non esistono quanto tempo occorrerà perchè si verifichino? Io non arrischio pro– fezie. Mi limito solo a constatare che il nostro debito pub– blico è ancora per un'altissima percentuale sotto !~forma pe– ricolosissima del debito fluttuante, che il bilancio dello stato è in forte disavanzo, che la immobilizzazione delle banche e delle altre imprese private sono considerevoli, che la psicologia favorevole ad una riduzione delle spese pubbliche non si è ancora formata, data la necessità di provvedere alla ricostru– zione materiale del paese ed all'impiego dei disoccupati, che l'opinione è incerta sulla effettiva altezza dei prezzi sia da noi sia ali'estero, visto che i prezzi correnti nOQ_ sono soltanto l'effetto dell'abbondanza di moneta ma anche della transito– ria scarsità delle merci. Allo stato attuale delle cose l'unica stabilizzazione possibile della lira sarà quella del cambio; una stabilizzazione di fatto che si gioverà, come appunto diceva il ministro Soleri, degli aiuti finanziari internazionali. Ma la quota che sarà scelta a tale scopo difficilmente potrà essere, è bene avvertirlo, la quota della stabilizzazione definitiva. Perchè è ovvio che non si potranno conoscere in anticipo le condizioni reciproche del– !' economia italiana e delle economie degli altri paesi ali'epoca in cui il nostro governo potrà decretare la stabilizzazione giu– ridica della lira. LUIGI FEDERICI È IN CORSO DI STAMPAPREiSO L'EDITOREGENTILE ANTOlOCIA DlllftCRITICA SOCIRLI a c1ra di C.PISCHll Luci pd ombre di trentacinque anni di socialismo (1891-1926) nelle pagine dei suo, oiù intelligenti apostoli ed interpreti:

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