Lo Stato Moderno - anno II - n.15 - 5 settembre 1945

LO STATO MODERNO 193 FONDAMENTO MORALE Dl UNA RIFORMA ECONOMICA Una concezione economica, sia socialista o capitalista, è in– capace di giustificare la propria tesi sociale, se non ~a un punto etico e logico a cui subordinarsi e garantirsi come bene e come verità. Non forse lo stesso comunismo che si appella al materialismo storico e rinnega filosofie e reugioni delle pas– sate età economiche, e ripudia lo stesso comunismo utopistico, vive poi di fatto nel motivo etico di quell'ispirazione utòpi– stica? E' l'ideale dell'eguaglianza delle anime umane, e postula eguali dkitti è doveri di fronte alla terra e al lavoro. TIcomu– nismo ha origine umanistica. Non ingannino certe deviazioni polemiche, anche se preci– pitano nel paradosso. Il materialismo storìco, per bisogno di concretezza tattica, si pone sul piano stesso materiaustico del– !' economia pura, per rovesciarne in senso,socialista la tesi, di– chiarando che anche in termini strettamente economici il conto tornava a favore del socialismo, la cui ora s·torica era dunque arrivata. Il materialismo storico fu indotto a secon– dare certo immorausmo o cinismo dell'astratta economia (quel– la concreta dei liberisti o di quelli c):i.eproclamavano il lasciar fare e il lasciar passare si appoggiava per lo meno al princi– pio morale della « bontà della natura »), e doveva compli– carsi più tardi con motivi prussiani e finanche nietzschiani che sembrerebbero opposti ad ogni sociausmo; per rPstar fedele a quella rovesciata economia della concorrenza borghese, esso dicfilarò la religione, la morale, la libertà, il diritto, l'educa– zione come semplici fatti economici, semplici prodotti della astuzia feudale e borghese; tutti cioè null'altro che volontà di una classe dominante che le proprie condizioni materiali con– vertiva in leggi. La loro volontà era, del resto, la conseguenza di quelle condizioni materiali; e fu detto che la libertà 9i co– scienza e la ubertà di reugione erano state soltanto l'espres– sione della libera concorrenza nel campo del saperei Ove ri– mane da scoprire come mai da un'economia che determina - le idee e insomma la ragione umana (invece di esserne, se mai, determinata) possa nascere l'idea di una diversa e opposta economia; cosicchè l'idea socialista e magari il Mamfesw dei Comumsti o sarebbe un miracolo o sarebbe anch'esso un insi– dioso prodotto borghese! Che se, come è certo, idee non borghesi possono sorgere in tempi di economia borghese a determinare il corso della sto– ria, la storia non è un fatto economico. Che a un certo punto le classi dirigenti possano anche valersi della religione e delle leggi ai propri fiili economici, nessuno nega: ma nè la mo– rale, nè la religione sono fatti economici: sono anzi le forze dell'animo umano per lottare contro la sopraffazione, perchè solo esse hanno la capacità di discernere una sopraffazione: la' pura economia sarebbe inerte. Anche delle idee socialistiche e comunistiche non è mancato chi si sia servito per i suoi inte– ressi economici, o magari per la vanità o fa boria di potere o per altre debolezze: e si osservi come la Storia del Comuni– smo in Russia, scritta dai capi stessi del partito bolscevico e tutta ispimta alla filosofia del materiausmo storico, abbondi di giudizi morali flagellando come « opportunisti » in una terra, ove più non erano borghesi, quei comunisti eome Trotzki che si opposero a Stalin. Quel passaggio di cui parlava il marxismo di una parte della nobiltà alla borghesia; e quindi della bor– ghesia al proletariato, sicchè la comprensione teorica del ma– terialismo storico fu opera di borghesi ideologi, sarebbe ine– splicabile in nome di puri principi materiaustici, se non inter– viene cioè un motivo etico che giustifichi il trapasso e la sua intelligenza. Se la classe dominante, se il capitalismo deter- miruuse la filosofia e la DfOl'ale di un tempo, il pensiero di Màrx non sarebbe mai sorto. I piccoli borghesi, che inventa– rono la grandiosa ideologia llOcialistica,avrebbéro soltanto lot– tato per diventare grandi borgh'esi, e s~ poterono oppol'lf alla borghèilia, ciò significa ohe non la classe dominantè detenmna le idee, ma la ragione ererna dell'uomo, l'eterno sentiIDEÌbtX> deUa sincerità morale, forze autonome e creative nell'umana coscienza. Ma il tempo in cui - almeno in lfalia - uomini dei pa,rtiti estremi dichiaravano che la religione e ogni istituto umano furono inganni economici tesi al popolo dalle clOSJ dominanti, è ben lontano. Vero è che egualmente pilìlftto deve dirsi il tempo in cui molti credenti che a,ppartenevìli!O alle classi ricche dichiaravano « pagane » le richieste del la– voratori. Che oosa rende operoso e non perituro il moto che parti da Marx? Il motivo etico che in esso è implicito. Ricordate quale grandioso_ dramma uniano raffiguri nel Manifet,to dei Comunisti il simbolo economico. La borghesia vien rappre– sentata come quella che dal lavoro umano trasse immense forze produttive, quali la società precedente neppure sospet– tava: la borghesia piegò al suo volere le energie della natura, inventò macchine che moltiplicavano il braccio dell'uomo, fe– condò l'agricoltura e l'industria, moltiplicò i traffici con la navigazione a vapore, con le ferrovie, oon i telegrafi, rese na– vigabili i fiumi, dissodò interi continenti. La borghesia mo– strò contro l'ignavia medievale e di che sia capace l'attività umana». (Ove è da notare che soltanto un motivo etico può ispirare questa esaltazione della iniziativa umana contro l'inat– tività e l'ozio; la parola borghesia qui sta soltanto, sia pure implicitamente contro l'intenzione dell'autore, come sinonimo di spirito dell'uomo). Ma viene un momento in cui il rap– porto tra la società e la Produzione ( questo idolo trascen– dente della concezione marxistica), non si bilancia più in un effettivo equilibrio. Quando i rapporti feudali della proprietà eran divenuti un ostacolo alle forze produttive troppo svilup– pate, la borghesia distrusse il feudalismo, instaurò la libera concorrenza e cioè « la libertà di commercio senza scrupoli>. Ed eoco la Produzione rivelarsi cosi vasta (ed era fanciullesca di fronte a quella del Novecento) che la borghesia appare (precocemente, si direbbe oggi, dopo un secolo!) non più adatta a valersene: la società rimbaroarisce per le crisi com– merciali in una « epidemia della sovrapproduzione», perchè « ha troppa civiltà, troppi mezzi ~i esistenza, troppa industria, troppo commercio »: la borghesi~ è inc~pace di contenere nei suoi istituti la ricchezza che essa ha creato. D'altra parte, per opera della borghesia, la produzione e il consumo d'ogni paese sono cosmopoliti: « a dispetto dei reazionari>, la bor– ghesia ha tolto all'industria il carattere nazionale, ponendo la realtà del traffico universale e e l'interdipendenza delle na– zioni nella produzione materiale e in quella spirituale >. Que– sta la grande trama di Marx, ma la spiegazione materialistica della storia e l'immagine stessa de1la moderna crisi pure in questa potente rapprlàSentazione non possono appagare il no– stro animo, se non per i riferimenti motali che ad essa sono sotterranei e ne formano il lievito perenne. Negheremo noi la spirituautà della materia, e i cosrmc1 motivi che presiedono al mondo naturale, anche quando esso genera gli esseri umani? Ma il materialismo storico parrebbe invece voler rendere materiale anche lo spirito, precludendosi il concetto vero della libertà, sebbene abbia pure auspicato un regno della libertà, quando il proletariato divenuto classe

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