Lo Stato Moderno - anno II - n.15 - 5 settembre 1945

LO STATO MODERNO de Asia Orientale» (26 aprile) e le cede (trattato del 20 agosto) gli Stati malei,i di Kedah, Perlis, Kelantan e Trengganu e i , di– stretti di Ong-pang e Kung-tang negli Stati Scian, :i:,ertinenti al governo inglese d_ella Birmania, Concede l'indipendenza alla Bir– mania il 1° agosto, alle Filippine il 14 ottobre, più tardi l'accor– derà (10 marzo 1945) all'Annam, dopo la definitiva rottura con le autorità francesi dell'Indocina, e la prometterà alle Indie Olan– desi. Riconosce come esercito indipendente (7 luglio) l'esercito nazionale indiano raccolto da Subhas Chandra Bose, promuove la formazione sotto la sua presidenza (21 ottobre) di un Go– verno Provvisorio Nazionale Indiano, gli offre una sede in Bir– mania, gli affida l'amministrazione dei pochi chilometri quadrati occupati in India, iscrive tra i suoi scopi di guerra il programma del Congresso, « l'India agli Indiani ». La nuova politica trova la sua espressione nella conferenza della Grande Asia Orientale riunita a Tokio il 5 e 6 novembre, 1 n cui i rappresentanti del Giappone, della Manciuria, della Cina (governo di Nanchino), della Thailandia, della Birmania e delle Filippine - presente Bose come osservatore - deliberano di sviluppare, attraverso il rispetto della sovranità e indipendenza reciproca, i propri rapporti politici, culturali ed economici, men– tre denunziano Stati Uniti e Gran Bretagna come una minaccia permanente alla sicurezza dell'Asia orientale. Non diversamente Mussolini e Ribbe9trop, incontratisi un mese dopo la conferenza di Casablanca, avevano solennemente affermato (comunicato del l' marzo) la ferma volontà dell'Italia e della Germania di far sor– gere in Europa, dopo la conquista della vittoria finale, « un nuovo ordine che garantisca a tutti i popoli .europei un'esistenza sicura, in un'atmosfera di giustizia e di collaborazione ... ». Era il linguaggio di chi, dopo aver tutti calpestato in vista della realizzazione dei suoi piani egemonici, sentiva di aver bisogno della collaborazione di tutti per uscir vivo dall'incendio che ave– va provocato egli stesso. Le misure di emergenza approvate il 21 settembre 1943 dal Consiglio dei ministri giapponese, e che comportavano tra l'altro la mobilitazione di tutto il popolo, mo– stravano che a Tokio ci si rendeva conto della gravità della si– tuazione. Inversamente, gli Alleati sentivano di avere oramai la vittoria in pugno. E al Cairo, nella conferenza tenuta dal 21 al 26 no– vembre tra Roosevelt, Churehill e Ciang Kai-scel<, mentre con– fermavano l'affermazione posta a base dell~ Carta Atlantica se– condo cui « essi non ambiscono a guadagni per sè medesimi e non hanno mira alcuna di espànsione territoriale », dichiaravano eh'essi non solo avrebbero espulsi i Giapponesi dai terlltori in cui si erano insediati n~l corso della guerra, ma anche dalle isole del !acifico occupate all'inizio della prima guerra mondiale, e dai territori carp(ti nel giro cli quarant'anni alla Cina, cioè la Manciuria, Formosa e le isole Pescadores, mentre la Corea avreb– be dovuto divenire, « a suo tempo », indipendente. Gli avvenimenti marciavano paralleli, in Europa e in Estremo Oriente. Come per la Germania, anche per il Giappone era or– mai difficile pensare ad una via d'uscita. Nel 1944, mentre gli Al– leati sbarcavano in Francia superando il decantatissimo Vallo Atlantico, Nimitz e Mac Arthur dimostravano che, nonostante le difficoltà degli sbarchi, nulla impediva loro la conquista gra– duale delle isole del Pacifico che li avrebbe necessariamente portati, a un certo punto, fin nel cuore dell'impero nipponico. Nel 1944 fu la volta delle Marshall, delle Caroline, delle Ma– rianne, non mai occupate per intiero, ma sempre in modo tale da potervi costituire solide basi per il nuovo balzo; ma soprat– tutto le flotte giapponesi del mare e dell'aria furono in una se– rie di battaglie gravemente decimate e messe nell'impossibilità di opporsi efficacemente ad una qualsiasi operazione delle forze alleate: onde il 27 febbraio 1945 Churchm poteva dichiar ..re d,e il periodo culminante della guerra in Estremo Oriente aveva subito un notevole anticipo sul previsto. Infatti, dopo una nuova disfatta della flotta giapponese nelle acque delle Filippine, gli Alleati avevano occupato in dicembre la grande base di Guam nelle Marianne, in febbraio erano sbar– cati nell'isola dello Zolfo o lwo-shima nel gruppo delle Vul– cano, a sole 650 miglia da Tokio, conquistata poi il 19 marzo dopo quattro settimane di lotta, ed ora attendevano alla conqui– sta delle Filippine. Sul continente, la terza offensiva anglo-in– diana in Birmania stava finalmente dando i risultati sperati. I Giapponesi erano bensl ancora a Bougainville e nella Nuova Guinea, occupavano gran parte della Cina, l'Indocina francese, la Thailandia, la Malesia con Sing!lpore, le Indie olandesi, comer-· vavano cioè la quasi totalità delle conquiste fatte nel corso della guerra, ma le posizioni ra~giunte dagli Alleati e la loro padro– nanza del mare e dell'aria erano ormai tali che l'isolamento delle varie armate nipponiche dalle loro basi metropolitane, e quindi la loro neutralizzazione, si profilavano come prossimi. Anche la situazione politico-diplomatica procedeva cli pari passo. Quasi tutti gli Stati che ancora non lo aveyano fatto addi– venivano nei primi mesi del 1945 (Arabia Saudiana, Argentina, Brasile, Cile, Ecuador, Egitto, Iran, Libano, Paraguay, Perù, Si– ria, Turchia, Uruguay, Venezuelà) alla dichiarazione di guerra, e persino la Spagna di Franco rompeva le relazioni diplomatiche (11 aprile), e nel marzo il corpo di spedizione giapponese qella. Indocina francese s'induceva ad assumere l'esclusivo controllo della regione, non potendo più contare sulla collaborazione delle autorità francesi locali. Gli eventi precipitavano, sia pure su un piano diverso, in Asia come in Europa. Il 18 marzo, mentre in Germania già si combatteva oltre la Mosella e oltre il Reno, la flotta americana. del Pacifico occidentale entrava in azione nelle acque giapponesi e gli aeroplani stellati iniziavano una lotta serrata per la supre– mazia nel cielo del Giappone meridionale; il 25, dopo che anche Montgomery era scattato ali' offensiva, avvenivano i primi sbar– chi nelle Riu-kiu, cioè in territorio giapponese metropolitano; il 1° aprile, mentre ,si chiudeva senza speranza la sacca della Ruhr, centomila u01nini della X armata americana, protetti dal più co– lossale spiegamento di forze navali del mondo, prendevano terra. nell'isola di Okinawa, la più importante dell'arcipelago. A che cosa potevano ormai approdare il decreto del 1° aprile che ele– vava dalla condizione di colonia a quella di territorio metropo– litano la Corea e Formosa, i due più vecchi possedimenti giap– ponesi, e la decisione presa il 23 di riunire periodicamente a. Tokio i rappresentanti dei paesi della Grande Asia Orientale perchè essi potessero adottare in comune le decisioni atte a ri– solvere i problemi di comune interesse? Caduta Okinawa, non 'rimaneva ai militaristi di Tokio, nell'im– possibilità di poter comunque fronteggiare la Rotta navale ed aerea delle Nazioni Unite, che arrendersi per evitare la distru– zione di tutte le città dall'aria, ·come si era verificato per la Germania all'inizio dell'invasione. Ma, come la Germania, il Giappone non cedette. Si noti che l'U. R. S. S., qualche mese prima dell'aggressione tedesca ai suoi confini e di quella nippo– nica in danno alle Potenze anglosassoni, aveva stipulato (13 a– prile 1941) un patto quinquennale di neutralità col Giappone, analogamente a quanto aveva fatto il 23 agosto 1939 con la Germania alla vigilia dell'aggressione contro la Polonia. Ma il i> aprile 1945 Mosca aveva denunciato il patto col richiesto anno dr preavviso, e - anche se es&Oscadeva un anno dopo, oltre il qual termine non era pensabile che la guerra fosse per durare ancora - era da prevedere che, conclusa la partita in Europa, essa sa– rebbe comunque intervenuta per poter far sentire il suo peso nella divisione delle spoglie. E poichè prima o dopo era ine– vitabile pèr i dirigenti di Tokio « perdere la faccia », il crollo della Germania (7 maggio 1945) doveva fornir loro la giustifi– cazione ufficiale per uscire a loro volta da un conflitto, in cui restavano soli - i loro ultimi satelliti non rappresentavano or– mai, in fase di difesa, alcun aiuto sostanziale - contro tutto il mondo (ai precedenti belligeranti si erano aggiunti Grecia e Ita– lia, e navi e -uomini delle· varie Nazioni affluivano dai teatri di guerra d'Europa verso il solo rimasto). Ciò sarebbe forse avvenuto, se non fosse stata guesUone di resa a discrezione. Ma, di fronte una prospettiva così umiliante, non si credette evidentemente a Tokio di potersene assumere la responsabilità fino a che l'Impero era - almeno in apparenza - ancora pressochè intatto, e gli eserciti sui vari fronti restavano efficienti. Ci si limitò, pare, a tentare approcci a Potsdam con la mediazione sovietica, offrendo lo sgombero della Manciuria e l'occupazione americana della Corea e di Formosa. Truman, Churchill e Ciang Kai-scek risposero (26 luglio) con la dichia– razione-ultimatum cli Potsdam, secondo cui gli Alleati non in– tendevano distruggere il Giappone come nazione, bensi limitarne la sovranità alle quattro grandi isole del nucleo metropolitano e alle minori adiacenti, eliminare le industrie d'interesse belHco, punire i criminali di guerra e trasformare l'organizzazione inter– na in modo eia rendere possibile l'affermazione tra il popolo del'le .tendenze democratiche. A Potsdam furono d'altra parte de--

RkJQdWJsaXNoZXIy