Lo Stato Moderno - anno II - n.15 - 5 settembre 1945

188 LO STATO MODERNO • L'ULTIMA RESA Anche il Giappone ha capitolato. Così il 14 agosto 1945 si è chiusa la seconda guerra mondiale, iniziatasi su UD ponte di Pechino il 7 luglio 1937. Quella casta militare giapponese che otto anni addietro gonfiava l'incidente a guerra d'invasione della Cina intlera, pur continuando a chiamarlo ipocritamente l' « in- . oidente di Cina», non immaginava certo ch'esso sarebbe stato la tomba della potenza imperlale del Giappone di Mutsu I-lito. Ma essa non si aocontentò della Cina: profittò del crollo della Francja in Europa per metter le mani sull'Indocina francese nel 1940, attaccò a tradimento la mattina del 7 dicembre 1941 (dell'8 per il Giappone, al di qua della « linea di data ») la flotta ameri– cana nella baia di Pearl Harbor, riducendola all'impotenza, s'inse– diò in Thailandia (8 dicembre) e se ne fece UD alleato (21 di– cembre), decapitò la flotta britannica dell'Estremo Oriente pri– vandola in un sol giorno delle navi di linea Prince of Wales e Re– puls. (12 dicembre), s'impadronì in sei mesi, con un tempo da primato che fece stupire il mondo, di Guam, di Wake, di Hoog– kong, del Borneo britannico, delle Filippine, della Malesia, di Siagapore, delle Indie olandesi, della Birmania, della Nuova Britannia, della Nuova Irlanda, delle Gilbert, delle Andamaoe e Nicobare, mlse piede nella Nuova Guinea, nelle Salomone, e per– sino nelle Aleutine, in territorio geograficamente americano: Lo incidente di Cina divenne (13 dicembre 1941) la « guerra per la più grande Asia Orientale », quell'Asia Orientale in cui fin dal 27 settembre 1940 Hitler e Mussolinì avevano riconosciuto al Giappone il compito direttivo per lo stabilimento di un nuovo orpine. Con tutto questo, l'Impero britannico non cedette, gli Stati Uniti tanto menò, cosl come non aveva ceduto la Cina di Ciaog Kai-soek, neppure quando Uang Cing-uei, ex presidente del Comitato Politico Centrale, l'aveva abbandonata (gennaio 1940) per passare nel campo avverso. Il Blit,;krleg era fallito, per il Giappone come per la Ger– mania. L'immensità degl'imperi anglosassoni aveva a un certo momento tolto il fiato agli eserciti dei Tenno, cosi come lo aveva loro tolto qualche anno prima l'immensità della Cina. Allora la casta militare giapponese ricorse al bluff: minacciò all'Australia e all'India la sorte degli altri territori anglosassoni in Estremo Oriente se non avessero di buon grando rinunciato alla lotta. Cre– deva in buona fede di averne la possibilità o sapeva di bluffare? E' certo che la frontiera dell'India fu passata di pochi chilome– tri, e che il tentativo contro l'Australia naufragò ai primi di mag– gio del 1942 nel Mar dei Coralli. La battaglia aero-navale che si combattè per quattro giorni in questo mare segnò una svolta decisiva nella guerra del Pacifico. Stornato il pericolo d'invasione per l'Australia e fattasene una base sicura, gli Alleati presero ad avanzare, passo per passo, con estrema prudenza, e i Giapponesi, con una impudenza che mal si concilia con la loro indiscutibile serietà e il loro valore militare, si accontentarono, ad ogni battaglia navale, di gridar vittoria ed enumerare le navi da guerra avversarie affondate o pretese tali. Dopo qualche tempo la somma delle navi di linea e portaerei eh<! f Alto Comando giapponese pretendeva aver affondato era su– periore alla stessa consistenza della flotta americana, che prati– camente era sola, o quasi, a combattere il Giappone. Ma tant'è: i governi dittatoriali, i così detti governi forti, non possono mai ammettere che qualcosa vada male, debbono essere spavaldi fino all'ultimo: fin a che tutto sarà andato a male senza rimedio, e allora nessuna malafede permetterà di non riconoscerlo. Ad ogrù battaglia « perduta » gli Americani facevano un passo innanzi: andavano adagio, com'è loro costume (anche in questo diversi dai dittatori isterici che hanno bisogno di far presto), ma in modo sicuro, secondo la formula del « tutto calcolato » (si noti, per avere un'idea delle difficoltà ch'essi dovevano vincere, che i rifornimenti si svolgevano su due rotte che richiedevano ciascuna, per il viaggio di andata e ritorno, ben quattro mesi). Cosi che al principio dell'agosto di quest'anno, dopo tre anni di offensiva, essi erano ancora lungi dall'aver ripreso quello che i Giapponesi avevano conquistato in sei mesi; ma erano alla vi– gilia della vittoria finale che avrebbe dato loro in un sol giorno e senza ulteriore lotta tutto quello che restava a riprendere ed altro ancora. · Le battaglie del Mar dei Coralli e di Midway nel maggio 1942 erano state per gli Americani, per usare un termille caro allo Stato Maggiore tedesco, delle grandi vittorie difensive che ave– vano stroncato le manovre contro l'Australia e le Hawaii: alle quali però seguirono col tempo anche i successi offensivi. Infatti i Giapponesi riuscirono bensl nel giugno a insediarsi in due delle isole Aleutine, Atru e Kiska, ma fu l'ultima loro vittoria. Con lo arditissimo sbarco operato il 7 agosto 1942 nell'isola di Guadal– canal, estremo punto cli penetrazione dell'invasione giapponese, s'iniziava l'of(ensiva alleata contro il Giappone che non doveva più subire interruzioni sino alla vittoria finale e doveva anzi dare risultati più rapidi di quanto non si attendessero gli stessi pro– motori. Guadalcanal, una delle isole Salomone, nelle cui acque si svolse~o diverse grandi battaglie aeronavali, resistette fino all'8 febbraio 1943; ma nel frattempo gli Alleati erano passati all'of– fensiva anche nella Nuova Guinea, e dall'aeroporto costruito dai Giapponesi nell'isola di Guadalcanal per l'azione contro l'Au– stralia prendevano le mosse per la riconquista del Pacifico sud– occidentale. Nessun risult;ato diede l'offensiva scatenata nel di– cembre 1942 dalle forze anglo-indiane in Birmania, i cui pro– gressi furono in gran parte annullati dai Giapponesi nella pri– mavera seguente: onde in complesso si può dire che il secondo semestre del 1942 segnò in certo modo una pausa nella guerra in Estremo Oriente, chè i Nipponici avevano completamente esau– rito il loro slancio e la macchina controffensiva degli Alleati era ancora in fase di allestimento. Frattanto nell'autunno 1942 questi ultimi erano passati all'of– fensiva anche sui teatri di guerra dell'Occidente, che logicamente dovevano avere la precedenza su quelli del Pacifico nella strate– gia generale della guerra: nell'Egitto, nell'Africa settentrionale francese, in Russia. E a Casablanca (gennaio 1943), nella prima grande conferenza politico-militare intesa a stabilire le direttive della comune azione offensiva (che ebbe un'appendice nelle con– versazioni di Ciung-king del febbraio tra Ciang Kai-scek e gli esponenti delle forze armate anglo-americane), Roosevelt e Chur– chill non esitavano a porre come mèta delle operazioni in corso la resa a discrezione non solo della Germania e dell'Italia fascista, ma anche del Giappone. Ormai le ferite di Pearl Harbor erano sanate, in quanto la maggior parte delle navi affondate e danneg– giate in quella giornata aveva potuto essere rimessa a galla e ri– parata, ed altre nuove erano entrate in servizio, e solo la necessità di fare prima lo sforzo massimo in Europa e la saggia prudenza dei comandi alleati poteva impedire un più rapido sviluppo delle operazioni. Tutto il 1943 trascorse in una lotta esasperante di isola in isola nell'arcipelago delle Salomone, fino all'isola principale di Bou– gainville raggiunta in novembre e teatro in venti giorni di cin– que battaglie aeronavali, e di base in base nella Nuova Guinea. In più sono liberate le Aleutine (Attu fra il 21 e il 28 maggio. Kiska il 15 agosto), si rimette piede nella Nuova Britannia (15-26 dicembre); e l'insediamento (21-25 novembre), con gravi perdite, attraverso quattro battaglie aeronavali a Tarawa e Makin nelle Gilbert stabilisce le teste di ponte per quella serie di balzi attra– verso gli arcipelaghi della Micronesia che porterà gli Americani nell'inverno 1944-45 alla riconquista delle Filippine. Sul conti– nente, invece, anche la seconda offensiva anglo-indiana in Bir– mania, iniziata nel dicembre 1943, non riusciva allo scopo. Pure sul terreno politico-diplomatico il Giappone è indotto or– mai alla difensiva. Di fronte agli Alleati che parlano di resa a discrezione esso parla ancora di vittoria finale (discorso Tojo del 16 giugno 1943) ma a tutti i suoi vassalli della « Grande Asia Orientale » offre indipendenza ~ parità di diritti per averli soli– dali. Così una serie di accordi e trattati con la Cina di Uang Cing-uei dispone la rinuncia di Tokio alle concessioni e a.i diritti di extraterritorialità in Cina (9 gennaio e 14 marzo 1943), a quelli sul quartiere delle Legazioni di Pechino (21 marzo), la re– stituzione dal 1 ° agosto della concessione internazionale di Scian– ghai (30 giugno) e il diritto di Nanchino di tassare i sudditi giap– ponesi (31 luglio), e impegna i due governi (30 ottobre) ad una intima collaborazione per assicurare alla « Grande Asia » stabi– lità e sicurezza, rlspettanlÙJ ciascun Paese rindipendenza dell'al– tro. . Con la Thailandia Tokio concorda le misure per la conti– nuazione della guerra e la ricostruzione in comune della « Gran-

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