Lo Stato Moderno - anno II - n.14 - 20 agosto 1945

156 LO STATO MODERNO stico o addirittura su di un problema locale. E il governo? li governo, che della vita parlamentare, in un regime democratico. ò la risultante, non è sorretto da quella più marcata maggio– ranza indicatwa che tanto più facilmente emerge dal sistema ùel collegio uninominale. Non solo il governo dovrà essere quasi fatalmente di coalizione, rispecchfando la sua combinazione la esatta dosatura dei molti partiti (donde la laboriosità delle crisi di governo), ma ;assegnarsi a non perseguire radical– mente e a fondo il programma del partito dominante per evi– tare il crollo di un difficile equilibrio il quale, quanto meno, se arriva a stabiursi, è frutto di negoziazioni. Ma non basta. Per reggersi, il governo deve continuamente manovrare a base di compromessi, di negoziati, di combinazioni, assicurandosi - non solo J"appoggio di partiti. snfficienti a garantirgli la mag– gioranza, ma spesso procacciandosi, con altre concessioni par– ticolari, l'adesione dei minori gruppetti e degli isolati. Salvo il caso, r~rissimo, vi sia una maggioranza addirittura cospi– cua, o salvo l'ipotesi (al1imè, ipotesi) di una tale maturazione ùemocratica da fare anteporre ai successi di partito la conti– nuità e le realizzazioni di governo, il governare in un parla– mento eletto con la proporzionale significa più che mai tecni– ca rnanovrieia ed arte di compromesso. Ossia semi-irnpossibi– utà di una politica audace, rettilinea e capace di attuare va- sti e durevoli piani di trasformazione. · E poi,.malgrado il continuo c laborioso negoziare di un do ut des e dj un facio ut facias, malgrado le miguori inten– zioni di realizzare e la diplomazia più raffinata, il governo re- , sterà sempre esposto alle crisi, ~che impediranno ogni sua conti– nuità. Assai più che da sfiducia nei suoi uomini e nelJa sua opera, queste crisi derivano o da sotterranei colpi di mano per assicurarsi migliori posizioni o dallo spezzarsi delle basi di intesa tra i partiti o dalla irraggiungibilità cli un compromesso nel:a s~mpre maggore esosità di richieste da parte di ogni sin– golo partito, cli ogni singolo gruppo. Assicurare la stabilità cli governo diventa quindi il proble– ma cruciale della democrazia. Un governo - sia per un'opera ricostruttrice in base a organici piani, sia per un'opera di rea– lizzazione - li,i hi•oe:no di vasto respiro, cli tempo. di mezzi, cli una almeno relativa libertà c1·azione. E la proporzionale (bisogna essere franchi sino al:a brutalità, oggi che di dema– gogia democratica se ne fa troppa) non consente questo. Non solo ma la proporzionale finisce con l'essere autodivoratrice della stessa democrazia: la logora, la scredita, la deforma, la impedisce. E quando ci si accorge che la democrazia fa mol– te parole ma può far pochi fatti, non tarda a prospettarsi, - come è storicamente avvenuto in quasi tutti i paesi d'Europa - la necessità della soluzione dittatoriale, quale che ne sia il mascheramento. E allora? La stessa difesa della possibilità di un frazio– namento della democrazia dovrebbe portarci ad avversare la proporzionale? Si dovrebbe ritornare alla passatistica pra:riJ <lei col!egio u!l'Ìilominale, assai meno rispettoso della giustizia, mà capace di assicurare uria maggioranza più spiccata e meno instabile? Diciamo subito: è impossibile. L'esigenza di giustizia insita nella proporzionale ha troppo formiQabile peso per poter essere defraudata. La risoluzione di un così grave problemà non può essere trovata sul terreno di un sistema elettorale, bensl su quello <li più sostanziali riforme costituzionali e sulla traccia delle soluzioni affacciate da quelle "Lince programmatiche per il Partito d'Azione» che su questi punti hanno impegnato i loro autori in laboriosissime discussioni clandestine. Da mr-lato occorre, oltre che con una più matura coscjen– za politica, anche con sanzioni costituzionali. impedire l'ec– cessivo frazionamento delle forze p<fl.itiche che de:la instabilità · del governo è una delle maggiori cause. Per drastico che possa apparire il rimedio, bisogna ammettere l'accesso al parlamento solo ai partiti dotati di programma su metro n\lZionale e fon– dati su interessi politici generali; solo ai partiti che s'impe– gnino' a osservare le regole del gioco (ossia il metodo de– mocratico); e, soprattutto, solo ai partiti che abbiano saputo ottenere per sè un larghissimo consenso tali cioè da compro– vare col loro seguito, di impersonare un interesse di. portata generale. In altre parole, avranno diritto di inviare i loro rappresentanti alla Camera solo quei partiti che avranno ot– tenuto un numero di voti non inferiore ad un minimum, de– terminabile dalla Costituente, in proporzione ai votanti. (;li altri partiti avranno bensì diritto di esistenza ed anche di operare efficacemente per procacciarsi nelle successive elezioni il sufficiènte nufhero di adesioni - ove non preferiscano con– fonde,si nei partiti maggiori, con una salutare-esigenza con– centrazionistica - ma non interverranno con lo scarso numero dei loro rappresentanti a rendere intricato il gioco parlamen– tare. Va eia sè che i posti vacanti dei partiti inferiori al minimo, i partiti maggiori dovrebbero disputarseli in ballot– taggio. D'altro lato occorre dare ad ogni costo una maggiore sta– bilità al governo, senza· di che significa impedirgli l'attua– zione di quei piani, specie di trasformazione economica, tec– nica o sociale, di èui la democrazia ha assoluto bisogno per potere essere veramente tale "e per. risolversi in efficienza rea– lizzatrice e non in vaniloquente paralisi. A questo riguardo il governo, espressione della maggioranza parlamentare, una vol– ta ottenuta 1~ firl11cin ciel Parlamento sul suo piano di realizza. zionc, dovrebbe essere messo al sicuro per un certo periodo (almeno biennale)- da rovesciamenti per voti di sfiducia i quali spesso hanno origine dal mero gioco delle combinazigni par– lamentari o extraparlamentari, ma che stroncano la sua opera e· determinano quella preventiva inerzia, nota del resto a tutti i regimi democratici precedenti il conflitto testé conclusosi, per cui i governi, consapevoli della loro precaria esistenza, non si sognavano neppure di mettere in cantiere progetti di lunga durata. Il governo dovrà cioè considerarsi investito di un man– dato a termine, eventualmente rinnovabile con un nuovo voto di fiducia, ma non abbreviabile da voti di sfiducia, che avranno bensì un valore indicativo ma che non comporteranno per il governo alcun obbligo costituzionale di dimettersi. Ma ciò non può cl' altra parte consentirsi in modo assoluto, per il pericolo che una simile soluzione si tramuti in una larvata dittatura. Nell"auspicato regime repubblicano che la Costituente dovrà consacrare, una delle poche funzioni politico-<:<istituzionali del Capo dello Stato, ossia del Presidente della Repubblica,· sani quella, ove egli ritenga che tra Parlamento e Governo si sia creata una frattura, di porre la questione di fiducia nei con– fronti del Gabinetto anche prima della scadenza del termine a quello assegnato. Si avrà una riconferma della ficfucia: e il Governo continuerà a reggersi; oppure si avrà un caso di con– flitto tra gli organi costituzionali, dovendosi cioè ritenere che la maggioranza parlamentare, ùi cui il governo è espressione, non corrisponda più alla volontà del Paese: e in tal caso al Capo dello Stato non resterà che sci1>glierela Camera e indire nuove elezioni. La democrazia ha bisogno cli potere realizzare progetti a lunga scadenza, organici, sotto la responsabilità di chi que– sti progetti va concretando, e tutto questo presuppone quella almeno relativa stah;Jit?t di .c:o'"erno che l'espediente indicato sembra il meglio adattp a renùer compatibile con un regime democratico. Dive.rsamente dèmocrazia rischia di rappresen· tare avvicendamento di governi imbelli, impacciati, a corto respiro, paurosi. Ossia il contrario di democrazia progressista. Comunque la discussione è aperta. GIULIANO PISCHEL

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