Lo Stato Moderno - anno II - n.14 - 20 agosto 1945

168 LO STATO MODERNO troppo solo· da borghesi (le classi dei lavoratori, piccoli impiegati, operai ecc. sono escluse per i prezzj inaccessibili e perchè, in linea di massima, non 'Si trovano a loro agio), le commedie debbono essere di spirito borghese: altrimenti « il pubblico non le capisce ». E, continuando di questo passo, non le capirà mai. 8) Ora, la domanda è questa: è giusto che il pubblico debba essere solo di ricchi? E' giusto che si debbano dare solo lavori di cassetta? A questa domanda risponde la Direzione generale del teatro fascista, dicendo, ma solo in apparenza: No, non è giusto. Di qui, sovvenzioni alle compagnie, aiuti. Ma quali compagnie venivano sovvenzionate? Per quali lavori? Anche qui, un altro giro vizioso. Le sovvenzioni, anche se per nuove compagnie giovanili, venivano assegnate sempre al capocomico, all'impresario: e garantiva l'impresario nei confronti del Ministero. E' cosi che le sovvenzioni non hanno ottenuto il vero scopo: andavano a finire sempre nelle mani dei medesimi speculatori, i quali non volevano un teatro d'arte, ma un teatro commerciale, di cassetta. Si incrementava cioè un'industria, ma non l'arte nè il valore sociale del teatro. Al di là del solito repertorio chiuso, restavano infatti inso– luti i problemi della divisione dei posti, delle paghe degli attori con forti dislivelli, delle compagnie a formazione necessariamente provvisoria - costrette a girare -, delle scuole di scenografia nelle Accademie di Belle Arti. Purtroppo ancora oggi questi problemi rimangono insoluti. 9) Dal punto di vista sociale, la ·divisione dei posti -è- una questione che deve essere risolta: non è giusto che solo i ricchi, pagando cli più, debbano andare nelle prime file di poltrone, e gli altri debbano stare come in castigo. Tutto questo poteva essere ammesso in un regime a tendenza capitalista, anche se camuffata. Con questo criterio, il pubblico sarà sempre formato da individui privilegiati. Ed il teatro non assolve la sua vera fun– zione sociale. 10) Nè si è risolta ancora oggi la questione - anch'essa socialmente molto importante - delle ~ghe degli attori: sono rimaste col solito fortissimo dMivello. E' giusto, è umano che un attore il quale sostiene la com– pagnia debba avere una paga molto alta: ma è anche giusto che l'ultimo generico abbia la possibilità di mangiare. BiSO@llaconvincersi che anche l'ultimo generico ha, in una compagnia, la sua importanza. E" giusto quindi che tutti si parta da una base economica possibile, senza bisogno di compromessi: chi ha maggior merito aftà una fortissima aggiunta, ma senza per questo soffocare la possibilità di vita degli altri. Uo generico ancora oggi ha un minimo di paga di circa 120 lire al giorno; e deve pensare al guardaroba. Non è possibile, a parte qualsiasi valore, che uno prenda 120 lire è un altro quat– tromila al giorno. Si crea, anche in questo senso, una mentalità da mattatore, che nel teatro oggi è tanto dannosa, in quanto lo affiatamento, l'equilibrio delle parti giova all'armonia dell'insieme. (Con questo non s'intende qui dire che un primo attore, dopo un inizio di carriera di stenti, di privazioni, debba oggi avere la paga del generico: a tutti secondo il proprio valore, i propri me– riti, ma partendo sempre da un minimo di paga che ilia la pos– sibilità di vivere decentemente, senza compromessi equivoci). 11) Si aggiunga poi che le compagnie sono costrette a girare, senza avere modo di affiatarsi, con l'assillo di fruttare gli utili ai finanziatori, e sostenere spese di albergo, vitto, guardaroba, ecc. Varie sono state le proposte per un teatro stabile, da l'i– randello a D'Amico. Ma tutte inattuabili finchè il teatro viene considerato fonte pi guadagno: le compagnie non possono resi– stere a lungo _se non fruttano utili; il pubblico, limitato ad una cl~sse, non sempre sopporterebbe una medesima compagnia, ecc. 12) Inutili p·oi sembrano le Scuole di scenografia nelle Ac– cademie di Belle Arti: a che serve il diploma di scenografo, con– seguito dopo quattro anni di lavoro? Nessun impresario sa che ci sono dei nuovi giovani, i quali potrebbero portare un contributo notevole per il rinnovamento scenico. Occorre, anche qui, la raccomandazione privata: non c'è fino ad oggi un modo legale per dare un effettivo valore a questi nuovi scenografi. Del resto, anche i nuovi attori dell'Accademia di arte dram– matica, finchè il teatro è concepito come industria, si trovano a disagio quando vengono immessi nelle compagnie normali: sia perchè dovrebbero restare in compagnia d!')lla stessa accademia, sia perchè spesso sono guardati con diffidenza· da impresari che vogliono il guadagno. (E d'altra parte, dovrebbero, anche durante gli anni accademici, recitare molto più spesso nei teatri, di fronte al pubblico). 13) La soluzione di tutto il complesso problema dell' orga– nizzazione teatrale non può che essere una: non fare del teatro una industria speculativa, togliere dalle mani dei capitalisti la organizzazione teatrale. Finchè il teatro infatti resta solo fonte di guadagno, ci sa– ranno degli sfruttatori e degli sfruttati: gente cioè che rischia un capitale standosene a casa senza partecipare al lavoro, e lavora– tori sfruttati che debbono dare i loro veri guadagni allo specu– latore (il quale tuttavia qualche volta potrebbe perderci e fa di tutto per non perderci). Ed il teatro non• potrà essere libero: il repertorio sarà legato alla cassetta, ed anche il modo della rap– presentazione. Occorre quindi che il teatro sia teatro di stato: in modo cioè che gli industriali speculatori ne siano esclusi. Allora finalmente si potrà parlare: di un te~tro senza legami di cassetta; di un repertorio veramente ·vivo, indipendente da speculazioni, superiore al mediocre gusto imperante; si potrà rin– novare il pubblico; si toglieranno le distinzioni dei posti; si potranno sistemare, in mode opportuno, gli scenografi delle Ac– cademie (in ;eguito però ad una riforma più radicale di queste scuole, in modo da tenere i giovani molto più vicini, giomo per giorno, alle scene dei vari teatri). Si potrà insomma rinnovare tutto il teatro, dalle basi, tendendo a formazioni più stabili ~enza l'assillo del guadagno immediato e di scioglimenti di compagnie per mancanza di sovvenzioni. 14) Del resto, il teatro lirico è quasi sempre passivo, o comunque non è fonte di guadagno, nè i Musei, nè le scuole sono fonte di guadagno: perchè il teatro di prosa deve essere fonte di guadagno? Non ha una funzione sociale importantissima? Quando il teatro sarà teatro di stato, allora finalmente si potrà parlare di una radicale riforma, e anche ripresa, degli spet– tacoli di prosa. · Il teatro sarà veramente libero quando sarà libero da legami econorriici. GUIDO BALLO -~ E' V se I TO L. NICASTRO Confessioni di Eleonora _Duse GE TILE EDITORE

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