Lo Stato Moderno - anno II - n.8 - 20 maggio 1945

32 LO STATO. MODE~NO -- 2.0 MA_G!}Ib La riforma agraria .:._ se non si vuole tener conto solo dell'interesse politico - non si esaurisce, e nemmeno si ac– centra, nella trasformazione del rapporto giuridico fra la ter– ra e il coltivatore. Mutare sui registri catastali il nome del proprietario, intestare il fondo ali' affittuario o al mezzadro o aHa cooperativa dei salariati anzichè al banchiere, all'in– dustriale o a\ professionista della città, serve a ben poco, se non nuoce. Oramai pare che le discussioni in materia si polarizzino troppo sulla questione della proprietà, da conce– dersi a questa e da negarsi a quella delle categorie di lavo– ratori della terra in base a criteri di capacità tecnica e am– ministrativa. Questo della proprietà è solo un aspetto, quello po'litico, della riforma, non tutta la riforma che deve consistere in un complesso strettamente omogeneo di mutamenti e di in– novazioni nelh vita agricola italiana. Non si trascm:a natu– ralmente da chi studia il problema di ricordare la neces– sità di organizzare il finanziamento dei nuovi enti agricoli, indiviQuali o collettivi, e la loro integrazione nelle forme della cooperativa e del consorzio; dico però che a questi aspetti non si dedica sufficiente attenzione. Non faremo una buona riforma se non risolveremo adeguatamente· i problemi dell'indennità ai vecchi proprietari, del credito, dell'assisten– za tecnica, dell'associazione degli sforzi produttivi e com– merciali, dell'impostazione di piani agricoli diretti a intro– durre o diffondere colture ,di alto pregio e· suscettibili di dare impulso ad una potenziata industria di trasformazione e ali'esportazione. In -particolar modo il sistema cooperativo e creditizio sono a mio modo di vedere il porro unum della riforma, perchè rispondono al soddisfacimento delle esigenze economiche, oltre a permettere di risolvere il problema del- la ·proprietà. "' _, Quando noi saremo certi - e ne avremo fatto certo l'in– teressato - che il coltivatore immesso in proprietà non sarà isolato e abbandonato a se stesso, ma riceverà da appositi enti la necessaria assistenza finanziaria e tecnica, allora, ma solo allora, potremo procedere senza timori alla creazione di quella piccola proprietà larghissimamente diffusa, nella quale siamo· quasi tutti d'accordo, in Italia ed all'estero, di riconoscére la forma migliorn dell' organizzazione sociale. Verrà così a cadere la titubanza ad attribuire la proprietà ai coltivatori più arretrati culturalmente, titubanza che porte– rebbe. a confermarli in quello stato di inferiorità soçiale e morale dalla qua'le invece riteniamo necessario riscattarli; cadrà anche· il problema della convenienza di applicare il cri– terio -della piccola proprietà alle grandi aziende industria– lizzate attuali, perchè con una buona organizzazione coope– rativa e creditizia tutte .Je terre - che si trovino nelle con– dizioni fisiche favorevo1i - verranno a costituire. in certo qual modo ·le parti componenti di grandi• aziende industria– lizzate: . Se non riuscissimo a creare organizzazioni di questo ge 7 nere, studiate a fondo in tutti i_loro aspetti e di sicuro fun- . zionamento, converrebbe astenersi da una radicale riforma agraria, per non correre il rischio di perdere non solo gli sperati vantaggi economici, ma. anche quelli politici, che di, l~guerebbero in una con l'entusiasmo dei contadjni di fron– t~ àlle · inevitabili, difficoltà che li ·attenderebbero.- • -;La risoluzione di tutti questi problemi spetta ai tecnici. L'importante è che si formi una intesa generale sulla vislone d'assieme- ·della riforma, cioè una visione « politica » nel senso più preciso della parola, e sulla. preminenza. dell'uno o dell'altro degli elementi che· vi ~ntrano. Ed è _per. questo che mi par tempò di por mano. allo studio del problema, sja all'interno, del Partito d'Azione che fuori di esso, con ntaggior metodo .e organicità di quanto. sino ad ora si è fotto.· / .f.NRJC:O .BONOMI Tecnica e politica . - Ci fu già un tempo in cui gli àuguri pretendevano il mono– polio della direzione politica;-poi, affinandosi i tempi, tale pre– tesa passò ai ·sacerdoti; giunsero più tardi i filosofi a pronosti– care grossi mali all'umanità se non si fosse decisa ad affidar loro il timone della propria vita; con l'ottocento entrarono in scena gli economisti, rapidamente seguiti dai medici che, dalla smagata certezza scientific;i qelle loro diagnosi, sorridevano de– gli errori umani e si dicevano certi che solo con la farmacolo-· gia alla mano fosse possibile guidare nel porto della felicità la barca trabaUante della società umana. Oggi scendono in lizza, ferrignamente armati, i tecnici propriamenti detti, gli uomini eh~ maneggiano non tanto le materie quanto i loro simboli, gli uomini delle cur,•e statistiche, degli indici matematici, i ca!-· colatori infinitesimali del lavoro umano, e pongono prepotente– mente la loro candidatura aJ, sequestro di ogni controllo poli– tico. La tecnocrazia - aspirazione antica - ha trovato il suo nome e si appresta alla sua battaglia. Conviene chiarire - visto che molto si parla dei rapo porti tra tecnica e cultura ~ che un malinteso grosso grava su tutte queste pretese della tecnica: della tecnica dell'irrazionale, rappresentata dai sacerdoti, come della tecnica del razionàle, rappresentata dai moderni ingegneri e matematici; il malinteso deriva dal non rendersi conto che tutte queste pretese sono frutto di una considerazione astratta della vita ~ociale. Scorgono gli uni, nella storia il caos e il tumulto, il confuso procedere delle cose, l'immotivato sorgere degli imperi e il loro immotivato crollo: e poichè gli uomini - anche gli irrazio– nali - hanno un ingenuo cu!to per l'ordine, tendono a ripor- tare la storia nel!'orbita dell'armonia divina. _ • Per i secondi J.astoria è numero e quantità e il suo appa– rente disordine conseguenza soltanto del fatto che ad essa non si applicano le leggi del numero e della quantità. Il mito del « gabinetto dei competenti >, così frequentemente. emerso ne– gli ultimi cénto ànni ·e così frequentemente sommerso dalla realtà (c;he è cinica solo perchè sorride di tutte le astrattezze e delle velleità che ne scaturiscono), è stato ed è uno dei segni più vivaci di questa tendenza. La verità è che la storia è figlia incestuosa - .e perciò spesso delirante come l'antica tragedia greca - dei due in– divisibili fratelli ond'è fatto lo spirito ,:iostro: la ragione"e l'ir– razionale, Apollo e Dioniso .e, a mo' d'esempio, qua~do pre– vale il primo hai la Germania dalle due Weimar e quando vi~– ce il secondo hai la Germania di Hitler ed entrambe sono inar– restabili dalle teologi~ religiose e dalle statistiche tecniche. Si convincano i tecnici che la politica è affare dei politici allo stessissimo modo che la poesia è affare dei poeti. , Chè, se poi lamenteranno la mancanza di criteri obiettivi per la definizione dell'ottimo politico .e dell'ottimo poeta, al lo– ro lamento uniremo il nostro, ma non per questo cesserà d'es- sere inutile. · · · E·la storia· conti~uerà a produrre dei pessimi, dei medio– cri, dei buoni e dei grandi politici a consolazione'·o· dispet~o della nostra umanità. · Nella,BIBLIOTECA DELLO STATO MODERN uscirà prossimamente: MATTEOTTI di PIERO GOBETTI Richiedetelo- alla 'Redazione dello STATO MODERNO Milano ._ Foro Bonaparte, 46

RkJQdWJsaXNoZXIy