Lo Stato Moderno - anno II - n.8 - 20 maggio 1945

44 LO STATO MOD·ERNO - 20 M'AGGIO 19.45 Rassegna· dell_a stampa italiana_.. Promesse di Bonomi ... (La Nazione, 22 ottobre 1921) Non si sorprenda il lettore se comin– ciamo ·la nostra Rassegna con una no– tiziola ael 1921. l! Presidente del Con– siglio di allora, on. Bonomi, ricevendo i deputati fascisti Ciano, Capanni e Chiostri, li assicurava di aver ordinato provvedimenti di -pubblica sicurezza contro gli elementi sovversivi di To– scana, -0nde evitare che la vita e !a proprietà privata fossero minacciate. I deputati fascisti, per quanto li riguar– aava, gli comunicavano che altrimenti avrebbero ricominciato il loro • movi– mento di reazione contro gli elementi sovversivi ». Dµnque: reazione da una parte e, dall'altra, rivoluzione. L'ono– revole Bonomi stava a guardare dal– l'alto, promettendo ai fascisti di inter– venire, incapace in realtà· di ristabi– lire 4'autorità dello stato. Da quella politica si generò la possibilità di un'af– fermazione fascista. Vogliamo final– mente un gabinetto che governi, non impotente di fronte alle insidie che da ogni parte minacciano la libertà per la quale abbiamo combattuto. La libertà si difende (La Nuova Europa, 4 marzo 1945) Un salto: 1921-1945. La Nuova Euro– pa, che in Italia settentrionale. pochi conoscono, esce a Roma diretta da Luigi Sa,lvatorelli, redattori De Rug- - giero, Vinciguerra, Morra e Pancrazi. Alcuni di questi nomi ci sono molto cari. Nel numero del 4 marzo 1945, g. d. T., riferendosi ad un suo corsivo sulla necessità di difendere la libertà, riporta quanto sullo stesso argomento hanno scritto, prendendo -le mosse da lui, Croce, Saragat e Spano, rispettiva– mente su Risorgimento liberale, su A– vanti! e su l'Unità. Malgrado Ja diffe– renza di tono, il liberalismo, li socia– lismo, il comunismo sono -concordi nel– l'aMermare la legittimità dell'impiego della forza ,per fa difesa della libertà e della democrazia, contro coloro che ne ·-rifuggono e sostengono conforme al metodo liberale e democratico dar di– ritto di cittadinanza persino a quelli che pretendono di servirsene a scopo liberticida. O che la lezione non sareb– be servita ·a nulla? Questo accento guerriero è molto 'confortante. « Lo stesso Rousseau seri- _,, ve il Croce - ammonì in un detto fa– moso che bisognava costringere gli uo– mini ad essere liberi... Perfino i santi hanno guidato politica e guerra e ma– neggiato forza. E colpa dei regimi li– berali che si son lascia,ti sopraffa(e ·non è di essere stati poco liberali, ma di essere stati imbelli, _per incuranzà, per imprevidenza, per momentaneo smarrimento; e di non avere accettato e intrapreso ia lotta, di non aver-' op• posto armi alle armi asserendo la for– za dello stato, non spaurendosi e_smar– rendo il cervello nemmeno all'idea, or– renda che sia, di una guerra civile, che anch 'ess3, in certi casi estremi è stata, nei popoli, inevitabile e do– verosa». E Saragal, di rincalzo, estendendo alla democrazia lo stesso principio, esamina il caso di « minoranze faziose che con vari pretesti e magari con nes– sun pretesto, tentano di rompere il gioco dt!lla legalità democratica per im– porre la loro tirannia alla maggioranza della nazione. E' il caso che ,purtroppo si è verificato in Italia nel 1922 e di cui la nazione subisce oggi nelle sue carni e nel'la sua anima ·le .terribili conseguenze•· Dopo l'esperienza disa– strosa fatta con lo stato costituzionale», soggiunge il Saragat, « è chiaro che non è possibile pensare seriamente a un ri– torno alle forme politiche del p3ssato. La democrazia che sorge deve poter garantire veramente i diritti dei cit– tadini, e pertanto essere in grado di resistere vittoriosamente ai ritorni of– fensivi -della reazione. C'è quindi un problema di forme istituzionali che escludano ogni residuo estraneo alla volontà del .popolo, e c'è un .problema di forze sociali ·suscettibili di presidiare le conquiste della maggioranza». . A sua volta Velio Spano, nel suo articolo, è anche più esplicito nell'iden– tificare il gruppo liberticida da com– battere nel fascismo che riso1leva la testa, riorganizza le sue fi.le ... e in ge– nerale . « riprende la predicazione di quel nazionalismo esasperato che già una volta ha -portato il nostro paese alla catastrofe•· E conclude: « Quale linea di condotta seguire di fronte al nemico risor-gente? Quella che i libe– rali seguirono dal 1921 al 1924, oppure quella che propone oggi il Croce? Noi siamo decisamente per 'la seconda, che ci pare molto più giusta, molto più consona ad un giustci concetto della libertà». E' chiaro: l'errore è stato di trattar coi guanti il delinquente. La libertà non può essere scissa da un sistema politico nel quale si rea,liz– zino certi principi fondamentali, quali l'autodecisione popolare e le condizioni sociali che ne permettano !'esercizi<;>. La libertà bisogna difenderla e -per di– fenderla è necessario appoggiarla a strutture nuove, creare quello stato at– traverso il quale si potranno muovere le leve - che sono riforme istituzionali sociali ecc. - mediante le quali ci si assicurano i mezzi di · questa difesa. Blocchi unitari (Italia Libera, 2 maggio 1945) Sotto il titolo « L~ ripresa del lavoro nelle fabbriche» leggiamo nel,l'lta!ia Llbera del ,2 maggio, a ~irrl)~ Nino: • Sentiamo che questi giorni hanno prodotto una profonda trasformazione e che l'insegnamento che da essi se ne trarrà sarà profondo e duraturo; sen– tiamo che le maestranze delle fabbriche hanno cessato di essere dei numeri e delle macchine, e che sono diventate blocchi unitari ·composti di uomm1 consapevoli dei propri destini e delle proprie possibilità». In verità non solo non vediamo una cosi taumatur-gica trasformazione degli operai per opera di quello spirito santo dei pochi giorni insurrezionali, ma non vediamo nep– pure quando, in Italia, gli operai sono stati davvero numeri e -macchine. Sono stati, si, perfidamente manovrati come tali dal fascismo, ma è diHicile, molto diffici•le, se non impossibile, che ,l'ita– liano perda completamente la propria radicata e risentita individualità, anche sotto la .peggiore delle dittatttre. E' questa la forza degli italiani; una forza ed una debolezza. In quanto agli ope– rai blocchi ci permettiamo di fare ¼e nostre riserve. Non vediamo nella vita sociale italiana quésti mostruosi agg'lo– merati cementizi - per :10stra fortuna - ma piuttosto -piani diversi alla for– mazione dei quali concorrono e inte– ressi e idealità diverse. Gli operai, speriamolo, non debbono essere blocchi, ma riacquista.re piuttosto coscienza di cittadini con particolare significato nel q~adro deHa 1lotta politica e della pos– sibile attuazione di ùna democrazia ef– fettiva, in omaggio alla quale ciascuno sia rispettato per quel tanto di spiri– tuale che Iddio gli ha dato. Per la scuola d'una libera Italia (L'Acropoli, febbraio 1945) L'Acropoli, rivista di politica, esce a Napoli diretta· da Adolfo Omodeo. Ora· che ci è giunta con la prima posta pri– vata, che i nostri fortuna ti amici viag– gianti (per aereo) ·tra l'Italia meridio– nale e la settentrionale ci trasmettono, vi troviamo nomi di vecchi amici. Ec– co Stefano Bottari, critico d'arte di primo piano, professore all'Università di Catania, del quale leggiamo un arti– colo dal titolo. « Per la scuola d"una li– bera Italia •· Muove da.Jla considerazio– ne che le souole parificate (in gran par– te monopolio confessionale) sono state recentemente conservate sullo stesso piano ....:.. ai fini degli esami di maturi– tà e di abilitazione - di quelle statali, ., per inferire che bisogna finalmente fer– m3rsi sulla strada delle concessioni e dei compromessi per non rendere an– cora più difficile la possibilità di un re– golamento futuro. La civj!,jtà cristiana non è monopolio di un istituto o di una confessione religiosa, per grande -che ·sia la sua importanza storlcu; sia ben chiar.o· fin da ora dice il B'lttari

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