La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 28 - 12 luglio 1925

bi 1nr~~.■ Lt:~l~Ì-H IL BARETTI Qulndlcinale di letteratura Editore PIERO GOBETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI - TORINO VIA XX SETTEMBRE, 60 NO VITA DELLA SETTIMANA A TILGHER .AIJòo.Mmt"nto amom l,. IO • h"i;ltrn L. /t, ,~. 7110,•rro L. (},;jll ABBONAMENTO: Per il 1925 L. 20 • Semestre L. 10 - Estero L. 30 - Sostenitore L. 100 - Un numero L 0,50 c. C. POSTALE lo spacciodtl bestionetrionfante Anno IV N. 28 - 12 Luglio 1925 SOMMAHIO. 1,;. BarLPllini: Trieste (prirna., duranlt• ,. dopn la guerra. Polilini. ,~d e.conornia1. 84 .tr_,4v,-,,. franrA di p-"W a. dn ,x,;irM IQI/M 4t f.,. ,; "ll'~'ivn, r;,,;.,,u, . T~ TRIESTE c,:nd1• che .,,.rnbravano mina<:t·iar-nc tanto magg.ior01ente b 1:,truttura culturale e tradizionaJe in quantfJ, C'i!icndo lo 6bocco nalura1'! ,li un vastissimo retroterra, intorno ad essa si appuntavano le invidie e gli appetiti dt•i popo'Ji clic giostruvano alle sue mura, non le i1npedi di conservarsi, nei oecoli., italiana. Ad ognj modr, ai f"Ontadini slavi che immigravanQ 1n Triec.;te non Pra ri~~rvato il miglior d~tino. Mentre da Vienna ai importavano burocratici tedPschi per gli uffici 6tatali ed i commerci erano m.onr;;poJizzati dall'elementQ italiano insieme a molti Je,- vantini ed a parecchi tedeschi., agli i::lavi venivann rii;erbati i. posti dj maggior fatica e di minor rendimento. Essi erano ridotti a diventare Staat.sdien.e-r o "Crvi di Stato, rome i.i diceva. Il Lracciantato 2l porto. alle ferrovie, nelle aziende pubbliche e private, co:=;titaiva quasi sempre naturalmente l'onere senza onore dei nuovi venati. Tradizioni Non è possibile parlare di Trieste senza che si affollino al1a mcnle i ricordi di quclJo che è stato il ~uo fa~cino sulle generazioni italiane dell'anteguerra. Indubbiamente tuu..i i partiti, ad onta dei differenti _postulati programmatici, banno subito l'influenza delle pa5!'-lioni che rampollavano da que:-to nome. I lripJici-:ti ed i socialisti compresi. Su quesli ultimi - oltrechè su.i radicali e sui repubblicani più intimamente avvinli alla città adria. tica attra,erso il sangue di Guglielmo Oberdank - .t'!Ì la necel)l)ità confu'Sa di crearsene un'arma poli• tica contro i Governi del tempo asserviti alla politica t.riplicista. Su gli altri, fautori de]fo Triplice, il nome di Trieste non poteva non fungere da freno inibitore :, più complete dedizioni alla politic~1 egemonica degli imperialisti germanici. Ora Trieste, assurta in altri tempi a mito nazionale il cui influsso si fece sentire sulla politica di quasi tutti i partiti politici italiani - di tutti, dovrei dire. :,t! si pensa a quella che è stata per un momento la indecisione dello stesso P. S. I. prima di affermarsi avverso aU.1 guerra, ed alla 1--cerazione interno che seguì questo suo altegginmPulo - rievoca, nella memoria di quanti convengono fra le sue mura, questo !'>uosingolare !>aso;;ato. Le sne ampie contrade selciate ed i suoi moderni palazzi bianchicci pare vogliano nasconderne l'età, a •imiglianza di certe signore che rendono invisibili le rughe incipienti con uso abbondante di Listro e di rossetto. Eppure Trieste ha nn passato che può essere rammenlato dai suoi Cittadini. Infatti esso si ricollega intimamente con quello della Roma imperiale e Eou su, nel Medio Evo, si riallaccia strettamente con la tradizione dei Comuni italiani. « Ordiniamo e vogliamo che suonandosi campana a stormo ogni persona, dai quindici ai sessanta anni, debba correre in piazza e mettersi agli ordini del po• \ destà ». Così suona una deliberazione del Maggior Consiglio della città, in Trieste del XIV secolo, come ricorda lo storico cittadino Giuseppe Caprin nel suo Il Trecento a Trieste (1897). Non è questa, della difesa del Comune affidata a tutta la cittadinanza, negli stretti litn.iti delle mura cittadine, la caratteristica preminente del Comune ita• lia_no? Anche Trieste, dunque, visse quel periodo ,la pari a pari con le consorelle delJa penisola. Qualche differenza si riscontra, tuttavia, fra l'una e le altre. 11 Comune triestino era reuo da un regime tenacemente oligarchico. Non Ordinamenti di Giustizia nè tumulti di Ciompi. Esclusa in 1inea assoluta qualsiasi designazione popolare. Corrisponde, invece, alla atmosfera del tempo fa lotta asp~a e tenace contro Venezia. Naturalmente non esiste la possibilità di stabi1ire un parallelo con gli epici duelli fro Venezia e Genova o Ira Genova e Pisa. Di ben altra natura, e più profonda, deve essere la lotta fra le due città adriatiche se ancor oggi, a redenzione compiuta, essa continua nascosta fra le pieghe dì una molto superficiale acquiescenza al destino immediato. Ma come si prepara Trieste a sostenere lunga tenzone? A differenza di quanto avviene dtrove, essa non si affida aHe armi. Il rischio sarebbe troppo grande per una città dove quello che più conta è il guadagno immediato. Mai ono scatto di fierezza: quando si traua di liberarsi daJ giogo dei vescovi di Aquileia essa riscatta fa propria indipendenza con L'oro. Se si tratta di difendersi, ne] 1369, essa compie la prima dedizione all 'A nstria. Nel 1382 il calcolo affaristico ed utilitario sopraffà ogni residuo sentimento di dignità. « L'esperienza insegnava che non era sufficiente L'accettazione della signoria d'Austria per averne difesa: occorreva il suo dominio: Trieste terra sua, g]i interessi suoi. E allora vero aiuto d'armi e soldati: anche incremento commerciale. Perchè solo la Casa d'Austria poteva obbligare gli abita'nti dell'interno a far capo con le loro merci a Trieste» (Si.ATAPEn: Scr. polit., Roma, 1925). La Casa d'Austria s'impegna per sè e per i suoi successori, di lasciare integra b forma di reggimento comunale della città, di non cederla, nè di venderla ac! alcUDo e di abbinarla in perpetuo alla corona ducale dell'Austria inferiore. E tien fede alla promessa fino al periodo teresiano. La dedizione non salva però Trieste dalle umiliazioni della strapotente Venezia. Il mercimonio tarderà molti secoli a dar frulli. I sovrani d'Austria sono, allora, impotenti a sopportare il peso del cÒm• pito .::issuntosi. Venezia domina l'Adriatico ed usa l d abusa della sua potenza. Essa taglieggia i navigli della ancor giovane rivale e ne distrugge Je saJine. Non ~erve a quest'ultima aver ottenuto che i duchi d'Au- ;;tria 5barrino le vie che guidano ai porti veneti Pd impongano alle regioni immedia1au1cnle confinanti con Trieste (il suo hinterland) di giovarsi del suo porto. Venezia distrugge con la forza cotesti sbarranienti. Ui più: la pohmzu di attrazione t.lci 1moi mcrc,ni, ormai mondiali, induce le genti a scrviri;i delle su<· <;uccursali istri:me Capodistria specialmente, shocco pur essa nl retroterra .,Javo della Carsia e deUa Carniola - a danno e"clusivo di Trieste. E la triste ,•icenda di quest'ultima dura a lungo: come una dolorosa JHlS~ionc di risolJevate speranze ,: cl; rinnovnte disperazioni. Dura fino a quando Ve1rnzia, di fronte al progredire della conquistn turca r.J allo spostar-si della grandi vie commerciali dall'Oriente all'Amedea, dal Mediterraneo agli Oceani, 1,crde ogni primato, mentre l'Austria trasformatasi a poco a poco in impero per Ja raggiunta supremazia sulle contrade vicine al piccolo ducato, diventa centro animatore di giovani energie che anelano ricongiungersi al mare atlraverso l'unica finestra aperta: Tl'icste. Queste forze commerciali ed economiche del relrotcrra ,organizzate potentemente nel nuovo Impero, premono necessariamente contro Venezia ed a favore della rivale: Carlo VI ne profitta e proclama libero il commercio sull'Adriatico: la liberté du commerce e-.r 1.me condition ·vigourm1se de salut per fa città di S. Giusto (1717). Siamo già all'epoca moderna. Ma di Lutto c1ucHo che è 5lato prima, oel passato, ben poche e misernnde vestigia son rimaste. Di Roma imperiale un solo avanzo, in rovina: l'Arco di Riccardo, del quale non è possibile stabilire esattamente il significatp; del suo Medio Evo, ad eccezione di S. Giuslo e del Castello, pochi ruderi soltanto. Tutta moderna, invece, la città: e si potrebbe affermare che quel suo passato, se è sopravvissuto nella coscienza di qualche suo cultore di cose patrie, è stato cancellato agli occhi della più vasta parte, gli incolti. dall'opera spi.etata e corrodente <lel tempo. Così è. Trieste odierna, con il suo magnifico porto specchiantesi nel grigio-azzurro del suo mare, trion• falmente, sembra nata non prima del 1717, quando Carlo VI ne proclamò il porto franco insième a quello di Fiume. È l'atto di battesimo della città. Da alJora Ja vecchia città è abbandonata: divisa dal resto come da un recinto morale anche più forte di una barriera materiale, essa decade completamente f' diventa con rapidità la sentina dei vizi e delle mi• serie della plebe, sede di lupanari e di locali da tri. vio, ricetto di etère e di marinai avvinazzati, di 1i• gallieri del Ghetto e di vagabondi senza casa e senza pane. Fuori ·sorge 1n vera città, quella nuova, col suo largo respiro su le rive del mare, lungo le quali <:i allineano superbamente i suoi palazzi e dalle quali si dipartono rettilinei numerosi verso nuovi gangli cittadini e ver50 nuovi sobborghi. È questa la città che ammirano i visitatori. I quali non sanno di queil'altra, di quella vera, delJa città madre abbiosciatasi per decrepitezza su se stessa e eh,~ solo da pochi decenni ba ricevuto dal piccone demolitore una piccola iniezione di ossigeno ... ed una scuola. Il globe-trotter, il turista, il commerciante, il viaggiatore che vedono la moderna città con occhi stupiti, sognano probabilmente di un miracolo americano. E l'entusiasmo li può afferrare senza resistenza. Nell'anfiteatro del suo golfo si sospingono infatti, dolcemente e sinuosamente, Je colline che digradano a mare con lentezza: e lungo la riva stanno ap1>ollaiati opifici maestosi con armoniose risonanze e vivaci tintinnii di ferri, di macchine, d'ordegni meccanici insieme a palazzi snelli e gioviali involti in una pàtina biancastra dì polvere strappata a selve lon• tane dalla bora violenta ed impetuosa ... Giù giù, fino a Mi'ramarc, oasi di verzure fresche e ripos:m~i in mezzo aJla 'desolata e scabra petraia del Carso. \Miramare: sogno marmoreo di un pallido eroe che scmlJra avvolto in un nembo cli pw·ezze mitiche. Questa caratteristica di modernità di Trieste, che i? ho cercato di rendere con poche e non sufficienti pennellate, sembra rispondere magnificamente al U· n.1.ttcre dei suoi abitanti. \ Gcnle rude ed adusata più alle fatiche ed ttl rapido guadugno che alla speculazione ed al sogno: capitani dell'industria e lupi di mare, operai qualificati e pescatori dalla nascita. La lotta dì classe si presenta qui, come notava Pio Gardenghi, più definita nei suoi elementi essenziali che non alt,ove. Trieste presenta infatti un'industria giovane e rigogliosa affermatasi potentemente all'interno cd all'e• stero: un proletariato attivo, dm offre maestranze capaci e specializzate; e, in mezzo, poca gente, senza lmdizioni vive, senza mcncsLrclli da ricordare o Ja mbire, trascinata, volta a volta, dalla corrente, e costretta ad aggiogarsi al carro del vincitore per documentarne il trionfo ... Combattuta aspramente, per la sua invidiabile PO· sizione geografica nel mare e verso terra, dalle orde dei barbari che le si avvicendavano d'intorno neJle innumeri caJate in suolo italiano, essa sostenne infiniti urti, partecipò a numerose e aspre tenzoni, subì diversi gioghi. Tutte queste a1terne e fortunose viCiò è dipeso anche dalla sua conformazione topografica. Collocata a ridosso di una unica collina, e ,i. cinta cl.i muraglie ben dife!-e, le i,ue poche decine cJi migliaia di abitanti. potevano reagire vivacemente ;1d ogni tentativo di inquinamento e di snaturalizzazione. Nel Mctlioevo l'organizzazione economica della s,,. cietà era nccessarjamente limitata: e se anche i traffici delle grandi città marinare avevano raggiunto indiscutibjJe importanza, pure lu struttura organica del sistema di produzione, tipicamente preborghese . (artigianato, corporazioni chiuse di mestiere, sistema feudale), non aveva ancora trasformato la città nè in cesmopolita, nè, tanto meno, in industriale con mol• tiplicate relazioni con l'estero. Se c.;ipensa infatti alla forza assimilatrice deUa cuJ.. tura italiana si vede come difficilmente g)j ~lavi del territorio potes~ero <-ovrapporsi all'elemento indigeno e dominarlo . Del resto nemmeno le ::.cuole tede::.che create dal Governo ad u.so dei propri impiegati non avevano potuto sopraffare la cultura e la tradizione paesao.a. Da c1ueste scuole, i relativamente molti italiani che le frequentavano uscivano immuni come se in essi esistessero antitossine a josa per preservarli da ogni conlagio. Per gli altri cittadini il Comnne aveva app.-el)tate e perfezionate scuole proprie mercè l'opera tenace e volootero"-::a di Domenico Rossetti e di Felice Venezian. Inoltre, in quel periodo, a Trieste più che altrove, si nota una strana forza di assimilazione dell'amtiente. Il regime oligarchico pare imponga a Lutti h sua volontà. Chiunque viene nella città, inviato cesareo od emigrante oltremontano, ne subisce il dominio e ·ne accetta i costumi e la parlata ladino-friulana, che soltanto alla fine del xvm secolo, per un procet-~o glouologico mai beo chiarito (come nota A. Vivante nell 1lrredentismo Adriatico, Firenze, 1912), è sostitutita dall'odierno venelo. Que$1a forza particolare di trie:,tinificazione dell'ambiente, si mantiene fin l)ugli ultimi scorci del secolo passato. Ed è per questo che il problema della possibilità di snaturalizzazione della ciuà si presenta con qualche gravità soltanto nella prima metà del XIX secolo. In c1uel periodo, infatti, ba inizio quel vasto fenomeno <le,mografico, economico e sociale che va sotto il nome di urbanesimo. L'invenzione delle macchine insieme alla caduta del sistema feudale e dell'artigia- • aio, convoglia le forze attive della società verso il capitalismo. Si tratta della più grande rivoluzione pa. cifica che conosca l'umanità. I grandi centri urbani diventano gangli propulsori e,l animalori di rinnovate energie sociali. La divisione del lavoro, applicata su vasta scala in seguito alla conseguente razionale modificazione dei rapporti di produzione, facilita il formarsi di vasti agglome• rati urbani. Da allora si verifica l'esodo dalle campagne in misura sempre più impressionante. Il mondo assiste meravigliato a questa improvvisa sua trasformazione. Non è questo il luogo di riprendere l'annosa discussione sui vantaggi e sui danni di questo fenomeno. Qui giova considerare invece come codesto fenomeno migratorio dalle campagne alle città, razio• nalmente giustificato dal nuovo assestamento del e.istema produttivo, non potevn non riscontrarsi anche nella città adriatica. Non si •PUÒ infatti intendere e comprendere que1 periodo di tempo che corre dagli anni in cui ebbe inizio il Risorgimento italiano fino alla guerra europea, se non si tiene conto del fatto che l'aumento decisivo della popo]azione è stato, nella sua maggior parte, un fenomeno d'urbanesimo. Il contado sentiva l'attrazione delle città. Ubbriacuto dalla visione superba delle nuove possil:.ilità di vita che gli venivano offerte, il con1adino scendeva al mare dal Carso aprico e dall'Istria deserta. In cerca di fortuna. Verso la cilllà che, probabilmente, era l'argomento dei discorsi nel villaggio lontano, dove si favoleggiava di ricchezze da conquistare senza fatica e di sogni da tradurre in realtà senza pena e senza sofferenza. Codesti contadini che abbandonavano il casolare paterno, quel casolare che nelle mura anguste aveva racchiuse 1c vicende tranqui11e e riposate di molte gcncrnzioni, e scendevano, nn dopo l'altro, dall'aJ. ripiano, erano altra gente che non quella di Trieste. Era gente che parlava una lingua diversa, che aveva tn?.dizioni diverse, che, insomma, apparteneva ad un'altra stirpe. Tutti i dintorni di Trieste, infatti, erano popolati nella maggior parte da slavi. Si potrebbe dire, anzi, senza tema di avventurare ipotesi contrastanti con In realtà, che cos1an1i e sicure tradizioni italiano•venete s: sono conservate quasi esclusivamente nelle citl:l. forse ciò deriva dalla maggiore possibilità che hnnno i centri urbani di resistere alle inOuenze del contado. Comunque resta il fauo che questi centri, conservavano una tradizione che non corrispondeva a quelle è.elle campagne. È vero che, per un certo tempo, mentre imperava il snffragio ristretto, unche le cumpagne invi,irono alle numerose Diete provinciali rappre:;cntanti italiani. Ma ciò diventa lapalissiano ove si consideri clrn i grandi proprietari di terre, residenti per lo pili nelle città, appartcncv:mo ad una borghesia e ad una nobiltà che conservava tradizioni cul• turali italiane, pur assoggettandosi a tutti i compromessi con la Corte imperiale di Vienna. M,m mano <.he si alhrg() il suffrngio si vennero dimostrando profonde le <liscord,mze fra città e territorio, così che fu necessario giustificare tnle fotto attribuendone la colpa al Governo di Vienna. Poco avevano da temere, quindi, gli italiani dai nuo\.·i venuti, poichè c1uesti potevano essere asi:;orbiti.. Ma giovò al Governo austriaco giuocare la carta del nazionalismo sla"o: era vecchia arte del decrepito Impero che ne aveva dati sufficienti saigi all'epoca. della sua domjnazione in Lombardia e nella Venezia. II Risorgimento L'epoca del Risorgimento, con le congiure e le in- :,urrezioni aveva sfiorato la città senza suscitar molti entusiasmi, Un periodico, intorno al '40, più letterario che politico, 1a Favilla, che ebbe collaboratori., fra gli altri, il Dall'Ongaro ed il G:!.\7Z-O]etti,fu breve meteora in un cielo pigro per troppa calma. Pochi giovani, durante le guerre per l'Indipendenza, oltrepassarono il confine e combatterono per l'unità nazionale. È certo che a Trieste, nel '48, di unità con l'Italia pochi parlavano. Neppure il Dall'Ongaro che scriveva insolenze contro essa da Venezia, in Fatti e parole~ e Daniele Manio che nelle mera,;gliose giornate della sua repubblica accennava a Trieste, senza no• minarla, come « alla rada dove si prepara\.·ano i nostri lutti». Diversa l'Istria. Sebbene due terzi della popolazione fosse slava, pure è certo che la minoranza italiana era pronta nll'insurrezione per l'unità. Sarebl,e bastato un cenno: ma la ciuà di S. Giusto non è ancora capace di slanci passionali. Forse non lo sarà mai. Per ora, parlo del '48, essa ._.ive dei suoi traffici, beata nella sua ristretla autonomia nazionale. Città mistilingue, incrocio ed ingorgo di più razze. sbocco naturale di retroterra non italiano, essa teme per il proprio avvenire e conserva tenacemente fede alla propria situazione contemporanea che le per• mette di vivere e di arricchirsi. In Istria, invece, l'agitazione, se non ba ancora rag. giunto un pieno sviluppo, trova però modi arditi òi estrinsecazione. La Dieta è chiamata a scegliere i suoi rappresentanti a Vienna; essa si rifiuta di farlo: su 27 schede deposte nell'urna, 20 portano, invece del nome di no deputalo, ]a parola « Nessuno ». Gli è che il sostralo economico afferra ,iolentemente nuche gli intellettuali triestini e li obbliga a dubitare che l'unità con l'Italia possa rappresentare b ,·ittorin decisiva della rivale lagunnre e la fine in• gloriosa della propria città. Se Trieste resiste ad o.o ptimordiale tentativo di tedeschizzazione, ciò si deve alla mancanza di ogni premessa favorevole al rag. giungimento di quell'obbiettivo. In una città dove son posti i germi per un conflitto di stirpe slavo-ita• liano, i tedeschi mancavano di ogni possibilità Gi t1 ionfo perchè non costituivano, in essa, nè una numerosa collettività, nè una sufficientemente forte consorteria. Il Governo di Vienna abbandonò il piano e principiò ad adulare gli italiani contro gli ~lavi. Ma gt italiani non avevano ancora prevenzioni contro i conterranei slavi. Il Cavour afferma che <e la razza slava energica, numerosa, da più secoli oppressa, vuole ottenere intera la sua emancipazione ... la sua causa è giusta e nobile, propugnata da orde rozze ancora, ma ardimentose ed euergiche, essa è quindi destinata :1 trionfare in un non lontano avvenire ». Il conflitto fra le due stirpi è ancora Intente e sollanto pochi precursori, Pacifico Valussi e Nicolò Tommaseo, per es., possono presentirlo. Esso non si appalesa nella sua forma più cruda se non quando le masse agricole slave sono ingoiate a migliaia dall'emporio triestino e rapidamente inurbate. Trascinate nel vortice di unn nuova civiltà, esse ~i risve• gliano ed affacciano le prime pretese alla scuola cd alla JH..ertà ... Ma il fenomeno !:ii dpele ovunque e per t11tte le ali re nazionalità dell'lmpero•mosaico: tutte le ciuà finitime. nelle quali b lotta di stirpe si era lenta- ~------------- _,,..,,---

1J4. LA RIVOLUZIONE LIBERALE ----------------------- mente incub,na, soffrono della medesima malattia. Le minoranze etniche cWedooo il riconoscimento dc·i p10pri dirìtti a Trento ed a Leopoli, a Pi1sen ed a Trieste. E le energie cittadine sono convogliate verso fo dura e faticosa lotta di stirpe. L' ani eguerra Il quadro delle baltaglie poJittichc triestine, negli aoni anteriori alla guerra e dopo il imcrificio dcll'Ohcrdank, ha per sfondo questa lotta che non è stahl scevra di danni e-di delusioni. Da una parte. dunque, i liberali n.:izionaJj cd i mazziniani. DaH'ahra gli sloveni. Nel mezzo, meno forti ma pw· sempre minacciosi, i socialisti che, avendo compreso come i due nazionr\Usmi rispondessero fatalmente alla necessità politfoa <li un Governo che aspirava a dominare sulle divisioni dei sudditi e, nello stesso tempo, giovassero esclusivamente alla locale borghesi.i, cercavano di ,11perare il conflitto trasportando la lotta su altro terreno: quello di classe. Non si può certamente asserire che il partito mazziniano non trovasse qualche rispondenza ncJl'cleruento intellettuale più ardimentoso. Sarebbe una menzogna'. Ma è certo che esso doveva inevitabjl. mente costituire soltanto una minoranza intelligenle. Esso doveva, cioè, sentirsi isdlato nel cuore di una città trafficallte, nella quale Ja ricerca del guadagno aveva oscurato ogni possibilità di adeguate reazioni spirituali. Quello che era l'espressione della maggior parte della cittadinanza, il partito liberale nazionale, infotti, non fu (e non poteva essere) conseguente ali,.: proprie premesse ideologiche. I repubblicani tric• srini ne sanno qualcosa. Del resto ognuno conosce anche oggi di che panni si vestano molti che si son muniti del passaporto liberale. j Iil,erali triestini non erano diversi. Essi erano gli esponenti di una classe che dominava mediante l'intensificato sfruttamento delle altre e non potevano SC\ttrarsi perciò alla necessità di sempre maggiori compromessi. La borghesia locale, aderente toto corde al liberalismo nazionale, sapeva transigere con la propria coscienza al momento necessario. Quando s:i tra.ttava di operare a vantaggio proprio essa sapeva opportunamente spingere il proprio zelo partigiano e patriottico fino ad assumere in servizio proprio gli odiati slavi! Così le persone di servizio o i facchini ,l: aziende private erano esclusivamente e logicamente appartenenti all'altra razza. E si capisce: gli slavi ciano un po' come i coolies di Trieste. Erano disorganizzati e si contentavano di salari bassissimi. n feno111eno assumeva proporzioni più vaste durante gli scioperi. Il crumiro era al di sopra della nazione: slavo per i padroni italiani, italiano per quelli slavi, era l'inviato di Dio. La solidarietà borghese, in ':Jllel campo, non ayeva limiti. In queste condizioni l'opera del partito nazionaleliberale non poteva g_iovar:eche al Governo di'vienna·. I Pitacco ed i Valerio, infatti, non potevano r:ifiutare l'aumento delle spese militari se l'esercito doveva servire non a soffocare lo .slavismo, ma a tutelare i grandi interessi di cast~: La loro opera, quindi, doveva essere inefficace. Se si eccettua L'Indipendente, l 'uniea gazzetta del liberalismo di sinistra, e le forze intellettuali che gli si appoggiavano, il resto del partito era un amalgama di imparruccati conservatori incapaci di sottrarsi agli imperativi della propria posizione economica e sociale. I liberali, naturalmente, si sono risvegliati all'idea unitaria molto tardi. I pochi precursori erano tendenzialmente repubblicani-mazziniani. Venne poi iJ grande partito: ma fu pigro e inintelligente come tatti i corpi ol:.esati di tropp3: pinguedine. Sì che quando, durante il periodo per l'annessione delle terre bosn,iache, l'imperatore annunciò una visita :t Trieste., esso non si trovò - e non volle trovarsi - p1 eparato: e un giovane, ancora mazziniano, gettò b sua vita a rampogna sempiterna dei fiacchi e degli inetti. Altro doveva fare Il Piccolo, intento a barcamc• narsi fra gli scogli dell'essere e non parere e vice• versa. AJtro' dovevano fare i ministeriali deputati italiani che si giustificavano colle necessità di patteggiare col Governo concessioni a favore della città. Un terzo partito si affaccia alla ribalta con il volgere degli anni ed il compiuto affermarsi dell'economia capitalistica: il partito socialista. Più bestemOJiata creatura non poteva nascere, qui ed altrove; più qui che altrove. Molte pagine si sono scritte sul socialismo trieHtioo anteguerra e tutte intonate ad un così vacuo e prnfondo senso di incomprensione che reca stupore dover constatare l'aprioristicità dei giudizi e la ostenlata falsa interpretazione dei fatti. Tutti lo hanno rinnegato. La pigrizia mentale della borghesia triestina non al'rivava a comprendere appieno il fenomeno ma ne intuiva il pericolo. ·Ed essa che, col suo contegno, aveva meritato alla città il nome di « Fedelissima u e che soltanto da un cinquantennio si lasciava tenzo• oare nel cuore l'amore per la patria e quello per la Corte di Vienna ... , fece suo .il grido di Tecoppa contro i sociofo;ti e tentò di inchlodadi alla gogna sotto l'infamante accusa di (< dir, male di Garibaldi >>. Anche i giovani, nudriti di vieti luoghi comuni r.dle rancide scuole comunali, cd impotenti a qualsiasi serio tentativo di indipendenza intellettuale, non s,ipevano sfuggire alla tentazione di dirne male, per i I pessimo gusto di non esser da meno degli altri. Era il tempo in cui il giornale di Monicelli aprjva le sue colonne all'irredentismo imperiali6ta. 11 21 marzo 1912 Wl giovane, morto per la sua idea (e perciò è doveroso rendergli il saluto dell'armi) sr,riveva su l'Idea Nazionale, parlando del P. S.: • (<Continuò (del partito leaHsta austriaco) le diffanwzioni, continuò Je diffamazioni contro l'lt11Jia, na• !:icose ]'impo.rtanza deHa difesa nazionale ed esagerò h1lvolta con metodi delatori le aspirazioni irredentiste attribuendole d1rettamente al partito nazionale, quale organhrnazione politica e amministrativa ». A ciuesta sfuriata risponde dalle colonne della Voce un altro giovane, non socialista, intorno al quale si era streuo L•n nucleo di pensatori triestini e regnicoli che ave• "ano una visione non impedalista dell'irredentismo: Sci pio Slataper, morto in guerra. 11 quale sct"iveva: « E invece la tattica, semplicista e crista]Jjzzata del J>art.ito &ocialista è di dimostrare che il partitQ Hberale è partito affarista <: non irrr.<lcntista, hencbè ogni tanto faccia fint.J di eascrlo, ,! "h1} "i vuol JJroprio fo polizia au8triaca per credergli in parola"· Un allro, il liberale prof. Vic1oRsich, in una polemico sulla Voce con il direttore del quotidiano so1·ialista di Trjestc, Angiolo Laniu, &ullc elezioni comunali triestine che sollevarono scalpore per il fatto t·hc i Aocialisti avevano accolto ne'Jla loro lista due lnro compagni di nazionaliliì slava, li accut.a <li cs- <,(rsi al.leali coo il Governo e con gli slavi. L'accusa ron è nuova. Ma lo S1atape,:, non soci:.dista (tanto t·he aveva sostenuto che non tutte le nazioni hanno g!i stessi d'iritti e che per ottenerli esfie devono sentii ne il bisogno, cioè volere e comhauere), sente il biFogno di affermare che tuuo ciò può essere al più urw i,;upposizionc astratta, individuale o di partito, o d·occasione: non un dogma. Ma quei concetti diffamatori del i;ocialismo 11011 crnno particolari a pochi, bensì parte integrante delle concezioni piccolo-borghesi e borghesi degli intellettuali e dei politicanti triestini. L'arco era tropp0 teno, fra le due nazionalità, perchè chi tcnlasse <li <listo• glierlc dal loro cristallizzato antagonismo non si vedesse dardeggiato e vituperato. Ora l'inserzione del nuovo partito nella grande l('.tta nazionale non poteva avvenire che atlrav'crso un tentativo di superarla. Il risveglio del nazionalismo slavo non era dj lunga data. Ancora facile sarebbe stato, pareva ai socialisti, ricacciarlo nelle sue posizioni di partenza. Bastava riuscir ad impedire alle grandi masse che gravitavano . intorno ai due contendenti di distogliersi da obl:.ic,t• tfri di pacifica convivenza civile, economica e politicu (il socialismo), per gettarsi a capofitto in una guerriglia che minacciava di far naufragare ed isterilire ogni fonte di .progresso cd ogni possibilità di resurrezione delle plebi. Una tale iniziativa non poteva essere compresa uè d:ii liberali nè dai mazziniani. Ma l'idea particolare risp0ndeva alla concezione stessa che della lotta politica triestina avevano avuto, nel cegno, anche molti studiosi del problema adriatico ed uomini politici non sospetti. Da Camilla Cavour a Mazzini. Da Nicolò Tommaseo a Scipio Slataper. Il proble"Ja fo~damentale posto dalla convivenza delle due stirpi non doveva essere risolto con la violenza che incuba sentimenti di révanche e nemmeno con la sopraffazione dell'una o dell'altra na• zionalità. Esso doveva piuttosto trovare la propria soluzione definitiva in un consaputo (anche se non convenuto, data la riluttanza di molti), equilibrio che, rispettando gli up.i e gli altri, permettesse a, tutti di attingere le più lontane mète avvenire. J,>er la città e per la civiltà. Nebulosa,mente si intravvedeva 1a possibilità di un regime tipo svizzero applicato all'Austria o - almeno \ alla Venezia Giulia. -~ 11 pro_gramma nazionale del partito operaio socia· lista in Austria, votalo al Con.gresso di Briinn nell'anno 1899, costituiva le tavole della sua legge. In e~so era proclamato, fra l'altro, che: a) la definitiva soluzione della questione nazionale e linguistica in Austria, in base alla uguaglianza dei diritti ed alla ragione, è anzitutto una questione di cultura e come tale di vitale interesse per il pro• letariato; " b) soltanto sulla base dell'uguale diritto ed evitando 'qualunque sopraffazione è possibile coltivare :> sviluppare le qualità specifiche nazionali di tutti i popoli dell'Austria, perciò si deve anzitutto comtat• terc il ce,ntralismo burocratico di Stato ,come pure i privilegi feudali dei singoli paesi; c) dichiara solennemente che riconosce ad ogni nazione il diritto all'esistenza ed al proprio sviluppo, ma afferma che i popoli possono assicurarsi ogni pro• gresso della propria coltura soltanto nella stretta solidarielà con gli altri popoli, non nella lotta meschina dell'uno contro l'altro ... La tesi dei socialie:ti giuliani partiva appunto dalla confidenza nel valore della civiltà più forte. Il Jibendismo spinto a11e sue estreme conse,guenze: semm inquinamenti bergsoniat).i. Se di due civiltà antagonistiche una non ha capacità di r~istere aII'assor.biment0 pacifico dell'altra, questo vuol dire che essa non ha intrinseche qualità per conquistarsi un posto rwJ mondo. Il concetto è sviluppato da Angelo Vivante ne! libro più volte citato (che è poi l'unico -studio serio (" Coscienzioso della questione triestina, sotto tutti gli aspetti); il Vivante sosteneva per l'appunto che minacciando e comprimendo gli slavi non si faceva una pc.litica realistica. Sciocco sarebbe stato pretendere <li poter stuzzicare il vespaio senza correr rischio di puntute. Ben nltrirncnti avrebbero dovuto procedere gli italiani. Dotati di civiltà millenaria e sicuri di se stessi, gli italiani avrebbero dovuto tranquillare gli slavi su1le loro intenzioni: e forse l'operaio slavo, .inzichè irrigidirsi, sicuro che nessuno penserebbe più ad italianificarlo per forna, non avrebbe più guardato• alla coltura italiana come ad una nemica. « Donde il sorgtre di una psicologia repugnante dal sopruso nazionale, epperò tutelatrice degli italiani contro l'unica eHnlualità che possa Jcgitlimamente ollarmaJi ... E !a cultura italiana, smesse le punte che la rendono ancor ininacciosa, potrebbe dilTondcrsi, con ritmo più largo di <Juaoto abbia potuto o saputo fin <Jui tra connazio- •~ali ed estranei )). Controprova: nella <1uestione dcli" Università ila· liana a Trieste, che tanta passione ha suscitato in t·egnicoli e 1t·iestini, i socialisti slavi si sono dichiar:iti, senza chieder compensi <li sorta, favorevoli all:i concessione. Gli unici!! Che i socialisti stessi, del resto, non J)0tessero sol.• tr.:1rsi all'influenza della loro cultura nazionale, non "'ha dubbio. Ad onta dei loro sforzi, è naturale do- \'(·Sse essere impossibile Ja completa assunzione nel limbo ed il distacco da ogni particola terrestre. Nè essi avevano ricevuto crismi particolari dallo Spirito Santo, nè e....i erano differentemente C05tratli dagli altri 'uomini. Onde ]a difesa deJJ.a cultura italiana, ad onta di tutto, trac;pare da ogni l<Jro attività. Pochj '!'">f!mpjba&teranno o dimoMrare J"a,nsunto. u Circolo di ,stadi sori ali: fondato ne] 1899 per e<ln- , vre il popolo. E un'i,i:tituzione che gli italiani, sen,.a diftinzione di partiti: dovrebbero ,studiare: in p<Jcbi anni <li vita, con pochil!Himi mezzi, ha. aaputo formare unù bit,lioteca a preistito, seria, Kenza romanzi di apJH.mdice, di piiì 4;h,, 2000 opere; l'unica .'.I Trief5tc che poKsa acrvin! per eludi <li Kociol<igfa ed eMnomia. fo "°'' fa,;cio l'apologiKta: 11w mi ricordo che <Juando cntraj nelle ..aJe del Circolo (la rossa è per dviste ed opere no11a~porta.hjJi; J'ahra per j numcrQKi giornali) provai un r,eni:;o gioiOH> di fiducia. Onque <J l'!ei Jj. h,crie di manuali, collezionj, enciclopedie; sui tavoli amneatc 30 riviste, &ui muri tavole coforatc, c-jprodazioni artibliche, gessi: una gliptoteca embrionale. E n:giw il buon gusto anche in tutte le piccole particolarità. <' Un altro merito, grande, di queBto Circolo: far ..,j che il movimento intellettuale d'ltalia, giunto allo ludrio, non rinculasi;e, come certe bestie pauro~e dell'acqua, nu1 conLinuassc a vivere nelJa vita di Triente, per opera dei buoi migliori rappresentanti. Noi dohbiurno ai 8ùcialis1i d','.IVer conosciuto Lomhroso, Fer• rero, Salvemini, Labriola, ZerbogJio, Sergi, Battelli; l'aver sentito parlare, per Ja prima volta, di Mazzini e di Garibaldi da Salveminj e Ferri. E come! Preche è un fatto nteressante: dopo iJ 1902 il Circolo socialista fa propaganda di coltura, di coscienza, di spirilo italiano. E dunque anche dé1 sotj.alismo itaJj3no: ma « anche,> e « italiano ». Ancora un esempio, l'ultimo, dell'atteggiamenlO socialista nei confronti della cultura italiana. Nel 1910 h Voce, giunta al suo secondo anno, dedica i numeri 52 e 53 del dicembre all'irredentismo. La Impeciai Regia Censura ne vieta la libera circolazione r,el territorio dell'Impero. Il 28 gennaio 1911 il Lavoratore pubblica le interpeJlanze dell'on. Fittoni t-d altri socialisti « contro i frequenti e incessanti sequestri in danno dei giornali, opuscoli e libri italiani e nelle quali si protesta sarcasticamente contro H provvedimento che ha colpito la Voce». Gli altri stanno zitti e son qu<lsi contenti perchè il movimento della Voce non è il 1oto. Altro che difesa di italianità: difesa di bottega! Tanto è vero che lo Slataper aggiunge di veder nell'atteggiamento de] Piccolo <<un po' del compiacimento del lacchè che vede finalmente cacciato di c:asa dall'odiato padrone l'ospite importuno che non dava mance, neanche nelle grandi occasioni )). Queste le caraUeristiche principali delle appassionete lotte poliliche d~ll'anteguerra, in Trieste. Senonchè il fattore principale nella determinazione delle varie ideologie restava pur sempre quello economico. l :1 lotta contro gli slavi era la preoccupazione pre• cipua di molti i ma le soluzioni diverse ·cbe si prosi.;ettavano dalle parti contrastanti era giuocoforza sc,ttost~ssero alla necessità di contemperare l'esito fa. vorevole di questa ilifesa dell'italianità con le sorti avv~nire dell'emporio triestino. Invece l'Austria e finita. La guerra L'Impero millenario, rammentate? A. E. I. O. U. (Ausciiae est imperare orbi universo) è stato distrutto. Indubbiamente esso doveva aver le sue radici ben abbarbicate nel suolo europeo se, per reciderle, e stata necessaria una lotta disperata come quella del 1914-18. Tuttavia Ia maggior parte era riluttante ad immagini /apocalittiche:' e i trìestini fra questi. Essi, sopratutto; Ja città viveva della libertà dei mari e dei grandi traffici su gli oceani e su le rombanti pacifiche ferrovie che s'addentravano nel cuore delle nazioni; la città aveva bisogno, perciò, di pace e confidava in essa ad occhi chiusi per confortare la sua speranza di ulteriori guadagni e di rinnovate afferm::.zioni villoriose. L'uccisione del principe ereditario, a Sarajevo, disorientò uomini e partiti. Un esempio per tutti. Il Piccolo (proprietà di Teodoro Mayer, oggi senatore tesserato fascista ad honorem), organo dei liberali-nazi?nali, uscì rivestito di lutto: perfino la testata era entrata nella cornice della linea nera! E nessuno ne l'aveva rich" esto. Non solo: ma in occasione del trasporto della si.1lma dei morti di Sarajevo, tanto il Comune quanto i·! giornale e la Lega Nazionale si bardarono, esternamente, ad ognifincstra, di drappi come avrebbero fatto se il lutto fosse stato loro: e qualche triestino ,,e conserva la fotografia in sempiterna memoria di certe manifestazioni di lealismo ..... Passi il Comune: ma il Piccolo e la Lega NazionuJe! Pochi, ad ogni modo, arrivavano ad intravvedere, lontanamente la possibilità di una guerra. Fu necessario l'ultimatum alla Serbia per aprire gli occhi agli nitri. La guerr:i. l triestini aderenti ai Partiti italiani, la maggior parte, meno che gli altri si soffermarono su questo problema. Parve pii1 semplice ad essi lasciarsi sopraffare dalla passione an1islava sapientemente sfruttata dal Governv di Vienna. Guerr:i contro la Serbia; cioè contro gli slavi: accettato. Il rancore a lungo impedito ~i sfogò con l'impeto di un'acqua che trovi un improvvis-o sbocco. Tranne pochi, lrattenuti dalla propria intuizione, gli altri, quelli che d'ogni evento traggono una ragione di vita purchessia, afferrarono il lato utile della guerra così. com'era prospettalo in quel momento, e si sgolarono ad urlare invetthe contro gli s'ciavi nl rilmo della Marcia Reale suonata rer la prima volta ue11c orchestrine dei caffè. Era però fermento incomposto dei primi giorni. Come l'intcrvenLo <le1l'Inghiltcrra fu sicuro, Ja borghesia cittadina - d"ogni nazioi1,1li1à - si spauri to1,.lmentc. Racconta lo SJataper, che, in Borsa, quando giunse la notizia, ci fu un silenzio tremendo: poi un pezzo grosso esclamò: t<L'è finita )}. Era finita veramente per l'Austria e per Trieste. Molte Banche e molti privati avevano messo al sicuro le loro riserve e i loro patrimoni in Inghilterra e H:. Ji vedevano sequestrali. Per di più i1 l:.loeco in, gJese rovinava Trieste, mentre affamava gli Imperi ,-entrali. JJ pùrto fu cJjgertato. Gli opifici e i cantieri ta,·quero. Le navi &i trasportarono a Sebenico. e la eiltà Hi avviò lentamente al suo calvari(} di guerra: il pili triPtc, forfte} queJl,J d,eUa fame ,-,ome in ne.~~ -nna ahra parte. L"Au11:trja, in un primo tempù, ebbe cura di e1-ser. tollerante verw g.Ji. italiani. L'Italia aveva dichiarato lu pror,ri.t neutraHtit e convenjva non offrici,- il de- '-lr<• per trasformare <ruesta neutra]jtiJ, vigile ed ~rmata, in c.lichiarat.a oppo.sid.one. ·Ma, in probiegoo rli llAnpo, man mano <"he -..j andava afiernfando fa cor• renV:. inwrvenzioni:,t.a nel Regno, parve venuto il rr:ùmentù e.li rimettere a nuovo il regime della t;<.1rda ,. dd ~ap,.,ne. Le miaure di gut:rra -i andarono inasprend,,. La cen<-ura, f'ofitamente acefala, divenne cretina. Le non am;he f}rganizzate m(JdaJila deiU apprc,vvigi,,namenti ,-ittadini comindavano, intanto, a mostrar le creJ1e (!l'-JrQrgani ...mr.,. Tanto più e~~ facevanù la eittà :n~ ..1,fTerente di ogni limitazione dei cc,nwrni jo qnantc, e,;ba, ahituaw a vivere Mmodamente. mal tollerava h rinuneia. Aggfongi le passio~i poUtiChe rinfoMlate wl ,•..,a,·erhate da nuove per:ie(,·u.zfoni: arresti e depor• tazioni di i.lavi allo Sc<Jppio della guerra e di italiani :;Jll-' vigilia dell'entrata in campo delPitaJi.a. li principe Hohenlohe era già stato Jevat,., di mezzo. Era oostui J'aatore di quei fam%i decreti contro rautonomia de] Comune triestino al quale veni"ano tolte parecchie attribuziorri, tutte d'indole -.e• cond.ari.a. Era anche chiamato il Principe R.os$0 per• <;h;, non era stato soverchiamente feroce contro i '-O· cialisti ehe, anz-i, blandiva per quel tanto che era r,ossibile ad un principe austriaco. fl Benco asserisce che, dopo ricevuto i capi del p,ntito, si faceva portare una bacinella d~acqua per lavarsi le mani! Ora ]'Austria lo aveva sostituito ritenendolo il bersaglio degJi odi liberali della città ;ed eca ,·cauto vn nuovo Luogotenente piò duttile e meno astuto: 1I barone Frie-Skene. Qaes:ti - }'ultimo della .serie -- aveva iniziato la lotta contro gli italiani con molta circospezione. In quel periodo, come ho già detto, si chiudevan volentieri gli occhi, e molti conniventi di facili diserzioni verso a Regno giravano indiJ:tnr• bati per la città. La polizia aveva Pordine di tollerare: non si volevano incidenti con l'Italia. Al 23 maggio 1915 la sitnazii;me si capovoke. La caccia agli italiani od ai sospetti di italianità fu permessa. Forse organizzata. I negozi di italiani fa.cono devastati dalla teppa aizzata dalla polizia. Il Piccolo e la Lega Nazionale vennero incendiati. Il monumento a Giuseppe Verdi fu indegnamente sfigurato. Alla città venne imposta una bardatura ultragoer• resca. L'Amministrazione comunale fn sciolta e ~- stitnita da un commissario imperiale, il consigliere aulico de Krekich-Strassoldo, mangia-italiani di prima qualità. La maggior parte degli impiegati municipali furono sostituiti con personale di fiducia. n Comando militare, il commissario imperiale al Comune ed un Comitato di austriacanti, governavano. la città. Quest'ultimo s'incaricava di preparar liste dì proscrizione; e quanto potessero gli odi ed i rancori pt:rsonali si immagina facilmente. Le associazioni sciolte: oltre una trentina. Le scuole educate in quei §iorni al sentimento della patria austriaca, dfreotar(lno strumento per riviste e per festività patriottarde: i tambini furono incaricati d'ogni sorta di questo.e '-' d: sottoscrizioni. Più grave la libertà lasciata agli 1( scauti >>: giovani studenti sedotti dalla sgargiante divisa e dagli svaghi delJa prepotenza. Comandavano on1nque, costoro: ed era loro còmpito, come rammenta i} Benco, « smascherare j traditori >>. « sco'fare gli irredentisti >), << epurare l'ambiente >>. Di tutto questo periodo di costrizione militare e dì persecuzione poliziesca, Silvio Benco, il piò chiaro scrittore triestino contemporaneo, ha tentato una pittura: Gli ultimi anni della domina::ione austriaca a Trieste (Milano, 1919). Tutta 1a vita di Trieste. in quegli ultimi tre anni, si può dire, si dipana agli occhi del ltetore come ~u uno schermo cinematografico. sbebene manchi talvolta la visione complessiva della sinrnzione di tutta l'Europa durante la guerra e ratteggiamento dell'autore sia u npo' troppo liberale uieux style. Di fronte alle soperchierie ed alle angherie degli austriacanti la città aveva conservato ben poche difese. Con l'instaurazione della censura, il Governo controlla severamente la stampa che, con l'entrata in guerra dell'Italia, è ridotta al Lavoratore. (L'Indipendente aveva cessoto le sue pubblicazioni appena introdotta la censura). Intorno al Lavoratore si stringono perciò i pochi rimasti. Il giornale socialista-anstriaco, lo hanno chiama io certi nuovi venuti che, probabilmente, fino all'ieri della guerra, conoscevano così bene Trieste da ritenerla unita a Trento con un ponte, fu !"unico presidio della residua indipendenza lriestina durante il periodo belJìco: e fu generoso. Ma la loua politica era ridotta ai minimi termini, orm.ii: e Je libertà giacevano sotto il ferr3to tal1one militare. Al giornale non rimaneva spazio che per una strenua difesa del consumatore scorticato senza abilità C con petulante ferocia dagli strozzini de1la cituì, anche di nazionalità italiana, e dai contadini slavi del Lerritorio. Più tardi, coll'avvicinarsi lento della non preveduta catastrofe del1a monarchia ahsburghese, si ebbe qualche azione di piazza: sopralutto moti per il carovivere e per la carestia. La farne in Austria non era più :ilJa porla: ei:;i:-a spadroneggi:lva ormai, unica dominalr.ice, in tutto il paese. Le illusioni sulle grnndi riserve che i campi opimi. delle provincie italiane invase dopo Caporetto rn rebbero offerto alle popolazioni dell'Austria, erano dileguate miscrnmente. A Trieste, poi, come scriveva il Lavoratore i I ~3 novembre, si era per le vje della disperazione e della fome >>. La Commissione di approvvigionamento distribuiva settimanalmente un quarto di pasta, un ottavo di miscela di caliè e, .qualche volta, un ottavo di marmellata. La tubercolosi, in tanta inopia, dilaniava la popolnzione. L'eccedenza dei morti sui natj aveva raggiunto nel 1917 la cifra di 3518!

Quec..te. Jf' tri,r;ti rnndizioni drlla ritta, "'imili in tutto a quelJf' dell'Impero. A porhi mr"'i dalla vit• toria militare ~ulla fronte italiana, il prol,!tarfato au• E>lriaco. <'On ]a vil",iOn<! ddJa rivoluzwnt· ru!!F-a. rompi ogni diga, infrang,• ogni i-,oggniom· mìlitan;,ra, ,. fo udire al Go\.Prno di Vienna il .,u,, f!:ri,1 0 <lnJ!n~rio<-r, pare e pane. ~: l"epo(•a rwlla qualr- il C'0nlf' Cz1·rnrn. 11wllif1uo ul aMuto, è alla Hnllplatz: ed egli intt•ncl1 rp11•.. 1o J(rido. ne intuifirf• il profondo "'ignifiralo di ... 1undi<'zza t' tÌi dii,,pernzionr, <' inizia Ja sua olTcn!i>ivn JWf'ifi(' 11.. Jn1anto gli i.,riopcri !-i moltiplirano. A Trit'f..li' il 15 genn,no. poi il 28. E c1uc<.t'ultimo dura quauro ~iorni: i I /,m·onuor<> '-i tra ...forn1a in Bolf Pttino dr I Con ..iglio <lcgli operai: nella dt1:1 ogni alli\.ilà r(' ....a. Jl mo\.imcn10 <' imponente: J'impul~o -pontanf'o dal qual,• ha Imito origint' è indice della \.Olontà ri ...oJuta dc~li opf'rai. I.:a\.\.. Puecher può <lirr. nel primo romi:.-:io allf' .S1•di Riunitr: << oi dohhiamo dirr: ~on po-....,iamo --arrifi<"arC'idi più! i'\oi non al,hiamo provocalo. non ahhiamo mai desideralo la guerra. La Ji. quidj c-hj rha \.oIuta. rhj l"ha prCJ>arato, rhi l"ha organizzata. E -.i liquidi <·omc , ogliono i JlOpoli. c·Omt' i popoli d1•-.id1•ra110.La ,olontù dei J)Opoli rhc t-i ..,ono rovinati P<"r quc..,ta guerra de, e 1)<.,f.t•n· U!-('oltato nellr trullati, e di pa<·<• >>. Il manifesto del Consiglio degli operai afferma d1e il proletariato di Trieste, del1'1• htria <"dc-l Goriziano redama fra l'altro rhc: e(i rappref-entnnti <lcllC"Potenze cenlrali non dc\'Ono porre al<'un o:-.larolo al buon andamento elci negoziati di pace rinunciando chiaramente a qual,ia...,i prcte ..a di indole tC"rritorialc. riconoscendo esplicitamente il diriuo di autocl<'l<'rmiriazioue. veramcnlc democratico, all<' lerr(' come:,;e ». Tullo quc:-.to "i pote,a dire, dopo quattro mesi dal1a iO\a,ionr del Friuli e del Veneto. li regime Stiirgkh era finito: il Go\. erno era impotente a frenare il malcontento. Ma que~ti ~cioperi. :ebocciati :.pontancamentc. ~enza organizzazione centrale e diretti da uomini tipo Ellbogen e Pittoni, corrosi dal bacillo burocratico e ·la quello democratico ed incapoéi non solo cli una coscienza rivoluzionaria, ma financo di un gesto di 1ibcllione. i,,i disintegravano da soli e non raggiungevano che un obbiettivo lilllitatissimo. Altre energie occorrevano ai socialisti dei paesi dell'Impero austriaco per av,·iare risolutamente quei movimenti veno altri "boccbi: :.-arebbero necessitate lemprc di gladiatori per impedire il prolungarsi della situazione di guerra. e :-.'::tveva a che fare, invece, con pigmei imbevuti fino alle midolla di vieti pregiudizi formalistici. 1l giornale, intanto, accennava ancora alla soluzione socialista in contrapposto ai primi tentativi viennesi di stuzzicare gli appetiti croato-slavi sulla città: la quale ~oluzione si polarizzava intorno alln idea centrale di costituire di Trieste una specie di città anseatica dove, rimanendo integra l'italianità culturale, fosse garantito a tutti gli Stati del retroterra lo sbocco pacifico verso le vie del mare. Ma gli eventi precipitarono. Ne1l'autunno 1918 l'Impero era e~austo. Le gerarchie burocratiche completamente esautorate e quel così lungo contenuto malcontento che ave, a originato il gesto ribelle di Federico Adlec stav::i per rompere ogni freno e manifestarsi Len più violentemente che negli scioperi del gennaio. I socialisti triestini non avevano ancora elaborato compiutamente il loro progetto che già s'andava sfaldando la compagine statale: onde, incalzati dagli av, enimenti che si maturavano ovunque per ja rottura della compagine militare determinata dall'abbandono in massa delle posizioni belliche dei czechi e degli slavi, essi presero contatto con gli nomini del Fascio Nazionale (presieduti, questi, da} podestà Valerio) e costituirono con costoro il Comitato di Salute pubh1ica: dodici degli uni e dodici degli altri. Una deputazione del Comitato, il 30 ottobre, si recava alla Luogotenenza ed invitava il Luogotenente a consegnare i poteri; l'ingegner Aldo Forti per i nazionali e Giuseppe Passigli per i socialisti. E la città fu consegnata. All'accordo intervenuto fra liberali-nazionali e socialisti, questi ultimi non erano arrivati senza qualche rinunzia e senza qualche crisi. Nel loro partito si era già manifestata una tendenza nettamente unionista che ebbe come organo una rivista dal titolo: e, La Lega delle Nazioni». La maggior parte del partito, però, confusamente orientata veri;o 1a soluzione cui bo accennato precedentemente, fu sorpresa dagli avvenimenti di ottobre. Gli stessi socialisti slavi, che chiesero ed ottennero di partecipare in numero di quattro al Comit::ito di SaJotc _pubblica, erano disorientati. La facilità con la quale era stata riportata, d'improvviso, la vittoria sulle rappresentanze del vecchio impero toglieva ogni caratteristica rivoluzionaria alla 1e rivoluzione di ottobre», e~ d'altra parte, l::i rapidità con la quale si cm potuto e dovuto dominare provvisoriamente Ja situazione, mentre avvenimenti più vasti incalzavano ed u.rgev::ino alle porle della ciuà, impedì a tutti di raccogliersi, riflettere, decidere t·d imporre una propria particolare soluzione. Partirono, invece, due inviali per Venezia a chiedere l'intervento italiano. La città era ::1110fame nel beoso più ampio della parola: neccsoitm ano soccorsi; e vennero, preceduti il. 3 novcml:.re, dal generale Petiui di Roreto, primo governatore ituliano. Il dopoguerra La riunione delle Nuove Pro incic all'ltalia imponeva a qaeèta una serie di problemi politici ed economici. di gravif:&.imo pondo. Poicbè mi sono proposlo di ec;aminare, per quel che mi consenta Io :-.pazio, h situazione triei,tina, dovr-ò forzatamt:nle trascurare Je altre zone; ognuno comprende, però, come una gran parte dei problemi politici che riguardavano que~ta città corrispondessero in pieno a quelli che !-i determinavano altro\. e. L'esame delle soluzioni che si sono imposte, ottraverl:i0 j \.'Uri governi e le varie correntj che hanno avuto j} sopravvento nelJa politica interna del paese, gioverà, forse, a far comprendere lo :;tnto d'animo odierno dei triestini e servirà a prospettare le condifA Hl\ r,r T 7,J();\} r I':f I{ 1\1 F ;,;ioni Jlrf' ,,nti rh·IJa r tlla ,. J,, r,,ri I gur·nz, r,iu O rn ◄ nr, 1mm,.dialf• rhP- nr Jl"tr,nm,, rn:itur:irr. fnduhhiamrnt,· nr·i J1rim1 ~iorni rlr·IJa II rr di nzj,,m I.i c·111:1protf•,, l111ta la 11.1 ;1nuna \1•1 o l'flalw "' \.1·r r, j!'li italiani Bi ''J!ll,1 tf>m•r d,na1111 agli 01, 111 il rpwdn, JIJl'tr, ►,, ,1,,J 1wrimlh hr.Jli,·r, m·l crualr· rt")!lla\.<rno 1111 r1nlra latt· I,· Ire- Pardw 1·an· lia, morl11 1 1wr 1•r·uzioni. Con l'h.1/1.1 J(it1nJH'V:l.anzi 111110, la ;11\.-,·zza1h•Jl:i. f,1111,,: pam· \1·110,aglic·. r1J(Ji!f'tl1d1 v1• 1inrio. Poi l,1 Jrn1·1·. f11fi,w. la li11C'rlÙ. \ llf'hf• la lihnta <:h1· r·o..a non av,·,an" d1·t10. 111·1111a d,·llu 1t.111·rra ,.. duran!I• la p:u<'rrn J(li irr,•d1·nli li d1·ll:1 lilwrt.1 dw 11•l'lÌtuzirrni df>I vi<-ino r<•j!no 1·1u11•f'fl1:va110 ni r·ittadin, it,diani? E <'O<.ari-.a11uta (·h, ~!'italiani te f-1 u~- Jl;f'\.tlno qut'"-lt' conrr-zioni fin <lalJ,, c·uoJ,, primari,•; r hC'n prwhi "-:1rchbno -1111idi poi-li nllor:i. a rifiularsi di arc'<'tlar f'0nw ma<...,inw1•vanf(<·lidw 11•propo~izi,,n; du· O~OJ mcdio,-r,• politic-antc· andava infilzando 1wllc· --ut• 1·onr·ioni, i;.ulranima tfrmona1ica d<'id'i1aliani e -.ul lilwrali"mo della mom.1r<'l1ia '-ahauda. I\ ~iudicar C'0n -.pn.•niti1, d,•1 r<'--1'>,quulc·III' \.HO· tu~1do. P di non pic·,·olu 1•111i1ù.la ,.,,..,tituzio,11· ita• liana offriva nei confron;i di 11uc•llnah..,/rnrgi1·;1. Dalh· lc~~i '-ulla :-.lampa alle dii..poi;i;,;ioni ~latutari<' <.ui 'imiti Jrl potere regio 1• ~ull<' allribuzioni dC'l parlamento. Faril,• dovc,a t''-"l'n•, JH'n·io, pt'r i 1ri1•~tini d'ogni 1rnzionaJi1à lasciar ...i \.inrcr,• clall:1 ,.pcr.inza di un acquisto òi maggiori liberLi1: onde fu qua..,i epontanco lo '-labilir:-.i di uno .. 1,110 d·animo di <·-.ultanza rhc i,fociò nelle indimenticabili giornntc del 30 ottobre t' del 3 novembre e '-O...,f)ineci ~O(•ialii,ti, compresi quelli slavi, a fonder8i immediatamenlc, e prima di tuUi gli altri partiti, con il parlito ~ocialh1a itaJjano. "lè le aspettatfrc dei triestini dovevano essere fru- -.trate, almeno in un primo tempo. Il primo governatore della Venezia Giulia, quello militare. fu !lll'ahczza del còmpito. Si trattava di incanalare il :-.entimcnto di queste popolazioni, forzatamente rivolto contro lo ,,tato di cose precedenti, verso la confidenza nella ~apnei:à tecnica. amministrativa e politica dei nuovi venuti. i\es::;un triestino. infatti, poteva e voleva pretendere t:he le gravi questioni solle, aie da Jr unione di Trieste all'Italia trovassero pronta -.oluzione: bas1ava ad essi poter constatare la buona volontù e la larghezza di ,,edute dj chi era preposto al governo della cosa pubblica nella regione giulia. Questi requisiti si trovarono in gran parte nel governatore militare. il quale diè mano rapidamente, a mezzo del Genio militare, alla riattazione dei sen·izi e dei 1raffici, delle cnse e delle strade, ecc. I lavori compiuti in sei mesi ammontar-ono a 250 ntilioni e, se anche l'indirizzo di taluni organi non andò esente da inevitabili critiche. nel complesso parve soddisfare i ciuadini. Ma accanto al problema economico, che è senza dubbio il più importante per la vita della città, esisteva un problema di convivenza di stirpi che necessitava affrontare con serie1à e con profondità. Ho insistito, nel1a prima parte di questo studio, ::;ulla fisionomia di una città mistilingue com'è Trieste: doYe, a fianco del regnicolo. vive il triestino, caratterizzato, -generalmente, dalla promiscuità l1i sangue italo-slavo (si vedano fra i più ardenti patrioti nomi con desinenza slava: essi costituiscono fa prova sperimentale della forza assimilatrice della città): e, accanto a regni coli e triestini, vive lo slavo non ancora dirozzato. neJl'animo del quale, anzi, mediante la propagand.:i clericale e nazionalista deJl'anteguerra, si sono incubati i germi di una tenace diffidenza verso tutto ciò che è italiano, difficile a sradicarsi. Secondo il sen. Mosconi. gli slavi nella Venezia Giulia ammonterebbero a 404.000 circa, sopra un totale di 913.000 abitanti, e precisamente: 20.000 3 Trieste sopra 240.000, 184.000 nell'Istria sopra 350.000 e 200.000 nel Goriziano sopra 323.000. Probabilmente <1ues1ecifre non corrispondono esattamente alla reahà, anche per quello che riguarda Tr-ieste; comunque esse bastano a far intendere ]a importanza che il problema delle relazioni fra slavi cd italiani assume nelJa n•· gione e neJla stessa ciuà. Que!-.to aveva compre:.o iJ governatore militare mo- , endo a!Ja dcerca di un modus-vivendi che consentisse la libera estrinsecazione della vita spirituale degli aUogeni: e il i.uo esempio fu in parte seguìto dnl defunto on. Ciuffe1li nella breve parentesi della sua permanenza a palazzo. :CVlail periodo di tranquiJli1:ì e di pace non fu che uno squarcio di sole in una giornata di temporale: incombevano ovunque gl'insoluti problemi sollevati dalla µ;uerra e mancarnno dappertutto le energie su(. fìcicnti per raccogliere C'08Ì vasta eredità. Le condizioni economiche della ciuù erano divcnntc a mala pena sopportatili. Jn dipendenza diretta del disorientamento generale, ::i pace non anca conclusa, dei commerci e delle indu5trie. i poten1i ordegni del porto e le .sue magnifirhe allrczz:1ture giacevano inutilizzati. Le gen1i che rifluivano alla città dai campi di battaglia e da quelli dell'internamento, consuma• vano le re~idue energie in una estenuante caccia al lavoro ed eran trauc a medirnn~ con qualche rimpianto ~ulla perduta floridezza. Alb grama situazione dei triestini dcfb mag• gior parte dei lavoratori triestini e dei ceti impic- ~atizi 1·ontras1a,a la :-.fac('endata gara dei regnicoli d'ogni provincia che convcni,ano nella città redenta alla rjec-rca dei rapidi gu;1da~ni o ·di miglior fortuna. Trie5tc er::1 diventata un J)O • la mecca degli speculatori del regno~ depauperata d'ogni risor,;a e bisogno~a di tutto. basta, a porlar merci 1>cr lro,arc ·m mcrcalo nel quale la polcnza di a.s~orbimento i:,em• hra..,'-e '-cnza linUti. Naturalmente mancaya ogni gcnero"ità: ed il caro-vita. allarmante in tutte IC' città del vecchio regno. non lrO\.ava freni nelle nuo\.·e pro, incic. \ questa ~ituaziorw ocrorre :aggiungere quclb che ~i rrca, a di riYerbero alrimprc~a dannunziana e che tieniva :1 lacerare ogni intesa fra. italiani e slavi. La ten~ionc prodotta negli animi dei nazionalisti di tulle le porti ..i anda, a lentamente aumcnrnndo <' neutraJ1u,i pr,1l11,1n,. 1, gl1 , ffnt d, '•Jrn1 l•(•lilu.a r,,n fr.1na '111' IH,ri fiumana 1r,,un., qui J r,rirm P.i\éllt:11r,n , ,I • JIIII r,r1, mi ,,,n, n i JJJnluaJi ,. matnialJ pPr• ,h, rrnr,11 1da JJ uini 11<1r1 n ,, l)l,Jiat,, r rinn,,.,ava ,,,f, nr,n ,u111,ra r,i n1i. L ,1mh1Pntr I arr•JVPnt.tv..i nur, \ 1111 nr, i il 1n m1 ur.i f,,r P JIIU Jnlf•n I r hr· nr,n r,,-r il Jia 11,,. 1 o 1 ( ht• 11pnmr, rrn, I,,, fo rj 1,1 ,Ji r1uaJ,.h,- 1rn11,irl;HJJ";1 ,l,,p,, fo "' lit1ui1,n, ,J,,J mrnim<1nl() a \Jihnr,, i rn1rmlr;1 a 'Jrj, I•·, l, ,u, ,·r,ndizi<Jn, ((I), forni 1·01111 li,,";,,, .1hlJond,m1, fJf•r l:J pr'J' imu frn,H'.r1• tazir,n,· ,·111;1!,1 c·,,11 r,w·n·lii;1 amorr•,r,J,,z;,a dal nu<1\.,, (.<,mm, ario J(' nr·raJr· r·iviJ, •·n. \.f,, ",ni f, j!"r;1\.1· itua.1,1,,,.,. t:••1m,111ira ,J,-lh 11U.t 1n 11·m• alJ1 .11 u 1111a11 dinarni, hr· 11,11,Jizitmi prJJitJc·h,· rh,- j eran(J venlllr· ,1<-1,-rminando Jn 1·)!111t,,alla in,·crl'"zza df'IJ,. ,·ondu.i,,ni d,.JJ:i p:1q•, "'""'' ,·.iu-a di un a"ut, 1 di a)!io pr·r lulli rn..i, r111n1lu11r,,f••·r J,. ma ,. l:nr,. miri, i. Jn qu1·I primo iwriod,, d JJ.1r1it,, or·iaJj-=-ia. 1 om,• ru·J rc--lo d'Italia ,. for~r· piu. n<,\l·ra"a numer(J-i ad,·- n·nt1 ,.,1 :i,1·\.a not,·u,lr• inllu1·n;,;1 n,.lla u,-a r,uli• hli<-a: ,•. J)t-r l1· r·au,1· dian;,;i Uf'<"f•110ati-.premu!(J d::1lla ncc·<•-.,.itU rJi ,,pr·rarr· pc:r la ,J,(,. .. a d, al~uni diritti ,. b ,·onqui•ta cli nuovi al/,· ~uP ma -,~, m(Jv~va -,ovent" a l,a11aglia 1·orltro la ,wgligf•nza governativa n,;J riHJI• ,crr i romp1<-s1-,iprob!Pmi rlw il !rapasi-o della reizionf• all'fJalia imponf'va, ()ppurr· <·ontro i datori <li l::ivoro riluttanti a ron,·e,..,ioni uhr-riori o a impeJlenti iniziative. E la otoria di ieri, dovunque: ma a Trieste queHa ~,oria trova 1111"0'-lralo di t,r•n ,liver,-.a natura ,. di ma~tior porlata, poichè qui i,.j proponevano a1lo i,tudio degli uomini pubbJj,..j (! alla co,;denza di tutti j cittadini le condizioni non comuni di un periodo legi,lativo cd economico di tram,azionc. Que.~to non hanno rapito gli aHen,ari del ,;ocia]icmo triestino, cominciare dril capo del governo locale, SPn. Mo- -.,coni, che del movimento socia]i~ta non ba visto che gli scioperi, che ~cmhra giudicare alla <.tregua di tatti quelli avvenuti nel vecchio regno senza intuirne le numerose caratteristiche difTerenzinli. De! resto, probabilmente, coatoro non hanno capito nulla dell"importanza del partito socialista neJle Nuove Provincie anche dal punto di vista nazionale. Bisogn::1 rendersi conto, infatti, che il P. S. I .. più ancorn di tutti i partiti politici del regno, è un partito fortemente centralizzato a differenza del Partito Operaio dell'Austria che, prima della guerra, essendo organizzato su base territoriale, costituiva più una federazione di partiti che un organo compatto ed omogeneo. Co~i mentre, in queil'epoca, ogni partito nazionale aveva proprie esigenze e si trovav~ a fianco degli altri soltanto quando si imponevano eccezionalmente lotte di carnttere statale, era il proletariato della Venezia Giulia vPniva traocinato immediatamente nell'orbita dello politica centralizzata de] partito e ne assimilava prontamente la struttura, i caratteri ed i bisogni peculiari. Era un processo di cementazione con l"ltalia pro• letaria. a raggiungere il quale, per altre vie. occorrerà ben maggior dispendio di energie. Questa funzione inevitabile del socialismo triestino era indipendente daUc singole volontà. Ma essa non era nemmeno contrastante con ]e ideologie finalistiche del socialismo stesso, se è vero che. come hanno sostenuto anche i teorici del1a Terza Internazionale e praticato i capi della Rivoluzione Russa, internazionalismo :-.ignifica superamento delle nazioni e non negazione. L'unico partito di natura essenzialmente nazionale che seppe intuire questa profonda utili1à assimilatrice del movimento socialista del dopo guerra, a Trieste, fu il partito repubblicano che ne af. fìancò quasi sempre. senza abdicazioni e senza rinuneie, l'azione energica in clifcsa del proletariato triestino. Molti erano gli Momenti di lolla del partito sociali.sta. Oltre alla potente organizzazione sindacale. esso possedeva una organizzazione cooperativa che andò rapidamente sviluppando, talchè essa è la sola istituzione eh<' abtia potuto resistere fino ad oggi. A questo strumento di tutela dei consumatori i socialisti appoggiavano gran parte del1a loro azione sopratutlo nel territo:-io: ed esso aveva tali funzioni calmieratrici nelb rc~ione che, inevitabilmente. fu. rono la causa prinripale dell"ndesione al fascismo della maggior pr:rk dei bottegai e negozianti de] luogo; nè occorre indugiarsi a spiegarne il perchè. Inoltre essi possedevano un organo di grande diffusione: il fAworatore. quo1idiano in due edizioni, ed avevano sviluppato que] Circolo di Studi sociali che lo Slatapcr aveva giuslamente apprezzato a suo ten-.po e che, ora. costitui\.'a il nucleo più vitale del movimento. Ma già al 3 agosto del 1919 bi ebbe la prova deJJa incapacità elci socialisti di presidiare saldamente i loro fortilizi. In quel giorno, un migliaio di batn• bini - figli di lavoratori di ritorno dalla ('Onsueta gita domenicale organizzata dal Circolo di S. S., erano dirctli alJa Camera del Lavoro dove dovevan venir consegnati ai genitori. Jn prossimità della mèt.a però. a,.-..•enne l'imprevisto: alcuni c::irnbinieri - no,; è stato pos:-.ibilc slabilire perchè, se si traltava di un corteo di bambini; forse perd1è irritati dai vcs- ~illi e dni canti so,•'l'crsivi spararono ull'impazzatn colpi di moschetto alJ'arin. terrorizzando le piccole creature e gen=mclo nel paniro uno dei più popolosi quartieri della <'ÌIIÌI. r la\'Oralori ri:.-pot-ero con lo -.ciopero generale e il giorno --urce..,:-.i,o reparti di ardili. affiancati da gio,ani nazionali-.1i e dai primi squndri.5ti. devastarono cd occuparono la Camera del Lavoro che non fu riron~Cfi:nnl:t che dopo un nu,se. Que:.-la è stnl:i la primn occupazione di Camere del Lavoro in Italia: ma non si de\.·c trascurare, nella ricerca delle ripercussioni che e .. 5a doveva a\.'ere --ulla ci!ladinanza, il fatto d1c es::;a era avvenuta :i Trie~le. Il sequestro illegale e prolungato della !;-ede delle organizzazioni doveva ferire profonclamente il senlimento giuridico della maggior parte della popolazione e contrastrn :1 pienamente ('On le :-.peranze che rJJ , ndla d~morrazi::1 " nPIJa Jihnta ,frl ru'>"'' '"'fat,,, I ,,munr111, ,. 11· ,, fa11,, rfo\.e'\.a eJ!nar1• l'inirir, di n.1 pr,li1 ,L rPJ,rt Jf1Df' r1uale fl'Jt,..,,1 Jn taurare oj, 1I "n \fo ,r,n1 rhf' ,iun-P. n,.J ,..ttf'mhrn dd ·20. a pr zz"n r rmtr-,, 1 'fU:JrtlF:rf' '>pr-ra,,, d ... Giac()mn n I qual, ,-rono a ~nUtf' alr11nP omm" r r w,, I• 1 (r,rm ti ,Ja ;1lrun1 ;!JfJ\.ani p,,rh1 rnu hi rii irnrnr,n<lizrr 1r1 1m11 ,,ri rJj ~nrrir 1,, f;J/IOIHlf' 1 , u~ Il <;,,..,.1·rna11,rr• , ,-..,/,. in<An"ava di TJna d, J ,i1,,111• rJ,.J Jirr,hlnna lri,'. lino in hfor-, ,, ,-, f>"r I piu. (r,r ,.. ,. rp1,. la una d~JJ,.. ragfoni r,~r J,. 'JUal1 ,..,Ji e rw , it,, a far i rjt,.nP"rP un t cr,mpelf•nt~ » deJl~ 'fUf'· IJ<mi 1ri, 1rn1• P"gJj ..,,..va. rwr 'JU"J , h,· ngu.arrfa J, jlra\ imrJ prr,J,Jç,m:.1 dPIJa rQnvJvç,nza dF-:"IJe tirpr rwlf,1 n:;ti<1JJf•, i m,-rJ,. jmi r·riv'.'ri ,J,-JJ',,n. (,iunta. lh li ,1ff1•rrriar"' 1 ripn,v.i ,.h,, n,.f u,, lihrr, iia • ilatr, t·il1 afT,rrna , h1• il quartjer,- di .... Giar,om,J il 11iu JJf,pr,lat<, rJ,-lla <:itt.t ,. di-tante dal t:'!'Dtrn ona 11uiudi1·ina di minul. , un quarti,..r"' la\-<J. r,1-r rn- ,,. 11rJ,.r,. 1·r1m•· "l'li nr,n (,, e in grad,, di ,,,mprF-:"nd,.rP i bi-r,gni part1tr,lar1 ,J,.Jla ituazir>ni' .... ,. jJ quartjn,. d1 ... <,iar·r,in,,, , h,- ,. il r,iu imp<JrtantP ,J,-IJa rift.a ~ r·h,, ,. il ,,,iarlit>ri· ,Jp1:rai<1 per ~,·r.,,c:JJ,.nza.fo f-:' '-F-:"ra• 1rwnl<! -lav,,, -ard,h,, immediatamentP di 0 1·otihiJ,. la -ua affr:rmazi,111" 1•hf' gli -lavi nella dtla amm,mtino a ,,li 20.lJ(J(J u 30.(J(JfJ "' ·-.arehh,. legittim,J dubitare pn-in,, <folla it.alianita di Trie-te quan,fo I p,m-i d1,. ad e--,, hi--r,;m~rd,b,; .,,mmare j numeri:,-i lavi dF-:"glialtri •<JU,,Jr,hi tri<::'-tini t:'>me Boiano, ...erv,Jla. (_,Jj f' "h" J'afTnmazfon,. del -en. \lr, roni n'>n ;. ahrr, r•h1• Jl lf•ntaliH, di g.iu-tifiearf' la ua pr,liti~ di ,<Jf!gezione per la da'-:>e la\.·oratric.e da una parte 1: pn f!)i ,favi dalraltra. Co<;ì i::ipoO <.piegare il f'.,t)r<;o della lrJtta politira tri,..,tina rhe ("Il]minò nPJrinr...endio cJ,./ Halkan. Jl Congre'"o di Liv·ornr.1 del Partito ~o,-iali•ta italiano dal qualP ,j originiJ JrJ <=bloccamenlo dei comuni-ti nel nuovo partito, rivelò re"i<;tenza di una mag- ;i:ioranza romuni,ta in '-eno alle organizzazioni Lrie- ..tine e regionali del proletariato. Que-ta magP(J• ranza esiste ancora, come hanno documentato p,:;r. •infl Je ultime elrzioni. -...lavi Popolari Repubblicani ~oeiali'-ti unitari Elezioni 1921 ELPzioni 1924 293: 2577 531 4-1;3 3610 ;06 ~ocialisti ma'-•imali,ti -U54 Comunj,ti G667 6i9 46-18 Que,te cifre compro\.·ano lo stato d"animo creato nelle ma'-"e dalla politica del governatore civile e dimoHrano per rappunto come razione di que..-t"ultimo non abbia saputo attenuare nemmeno in parte gli inevitabili ilic;sidi fra i vari poli dell'opinione pubblica triestina. La mancanza di fiducia nen·azione tutelatrice degli organi statati; la constatazione anzi. del loro asservimento ad una concezione tra reazionaria ed illegalistica che era agli antipodi di quella apparentemente au dessus de la mélée degli organi equivalenti del vecchio impero; e. sopratutto. Ja c;;pe~so denegata giustizia da parte degli industriali e da parte dello Stato, doveva inevitabilmente ~o::,,pingere la classe proletaria verso le sue posizioni estreme. così come aceade\"a pei partiti slavi. Intanto però. la lotta inte...ctina fra i vari partiti '-Ociali~ti ne aumentava la debolezza di fronte agli an·er.sari. I fascisti si organizzavano potentemente procedendo di pari passo con le altre regioni d"ltalia. Durante le giornate del Natale di Fiume essi. che pur ùelrimpresa erano stati i più strenui sostenitori, non a,·evano man.ife:-.tato nessuna atività ..... attiva e rivoluz1orrnria come a,•evano giurato più \.·ohe di fare: ed a,evano anzi disertato il campo. abbandonando alla --ua ::corte o·Annunzio ed il morimento. Ormai il fascismo :etava per acquistare la sua fisionomia caratteristica: :,,j ohliaYano le c;;ommoc;;seper il caro, ita capeggiate dallo stesso Giunta: si obliarnno le ripetule dichiarazioni filo-operaistiche; -.i oLliavano. senza rimorso, Fiume e D"Annunzio. per dar sfogo alla ,era natura del partito ed accettarne apertamente la funzione reazionaria che, del resto. rientrava perfettamenle nella mentalità dei capi triestini del movimento. Erano e sono, costoro (eccettuato il Giunta - ormai estraniatosi - che era del rc:--to rnntrario ad ogni pregiudiziale repubblicana). i , ecch.i rappresentanti del partito liberal-nazionale con tutta la loro anima tenacemente antisocialista e con tutte le loro posizioni sociali totalmente borghesi. Accanto .1d e.•--i. uonUni ligi al passalo governo. quali gli e-.ponenti delle grandi indu ..trie divenuti oggi con grande ,candalo dei sopravissut.i della lunga dolorosa lolla irredenlista - benemeriti della patria italiana a malgrndo del passato au!>triaco. Infine le masse di sqnadric;ti recintate qua:.-i e:-:clusirnmente nell'elemento immigralo nel dopoguerra. Questo mo\.imento prendern bentosto possesso in- ~ontrastato della città ed imponeva ~enza am.ha~i la propria incroJlabile \.olontà. Fino a quando. co-n 1..imarcia su Roma, divenuto detentore del governo nella l'apilale. -.i inslaurava la poli1ica del gabinetto :\1u:.-solini. Gli episodi di \.'iolenza dell"una p::1rte e delrallra con la ine,itabile differenza di proporzioni e di (1uali1à. l'Ome nelle altre r-egiori - possono essere ,..o,tointe::-i anche pcrC'ht" in questo luogo interessa di più considerarne la influenza politica nel loro in- ..ieme che la gra\ità singola. L'afiermar::i del fascismo ed il raggiungimento deJ -.uo apogeo con la conqui!:ila del governo centrale e degli cnli ammini~trati\.'i e politici periferici trovò la C'ittà c:ompletamente assente. Ogni cittadino. infatti. ,embra allontanalo ineluttabilmente dalla palpitante l'0mpartecipazione al go,·erno della co~a pubblica. La mcclc:.-imn lotta per 1a liLertà che le oppo:-izioni hanno inizi~llo nei confronli del partito fa::.icista e del :.-uo governo non ha trovato consensi aperti in seno all'opinione pubbllica t:ittaùina, che o:embra <lisinlt!• re"~nr,:i di ogni problema morale ..

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