La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 28 - 12 luglio 1925

1J4. LA RIVOLUZIONE LIBERALE ----------------------- mente incub,na, soffrono della medesima malattia. Le minoranze etniche cWedooo il riconoscimento dc·i p10pri dirìtti a Trento ed a Leopoli, a Pi1sen ed a Trieste. E le energie cittadine sono convogliate verso fo dura e faticosa lotta di stirpe. L' ani eguerra Il quadro delle baltaglie poJittichc triestine, negli aoni anteriori alla guerra e dopo il imcrificio dcll'Ohcrdank, ha per sfondo questa lotta che non è stahl scevra di danni e-di delusioni. Da una parte. dunque, i liberali n.:izionaJj cd i mazziniani. DaH'ahra gli sloveni. Nel mezzo, meno forti ma pw· sempre minacciosi, i socialisti che, avendo compreso come i due nazionr\Usmi rispondessero fatalmente alla necessità politfoa <li un Governo che aspirava a dominare sulle divisioni dei sudditi e, nello stesso tempo, giovassero esclusivamente alla locale borghesi.i, cercavano di ,11perare il conflitto trasportando la lotta su altro terreno: quello di classe. Non si può certamente asserire che il partito mazziniano non trovasse qualche rispondenza ncJl'cleruento intellettuale più ardimentoso. Sarebbe una menzogna'. Ma è certo che esso doveva inevitabjl. mente costituire soltanto una minoranza intelligenle. Esso doveva, cioè, sentirsi isdlato nel cuore di una città trafficallte, nella quale Ja ricerca del guadagno aveva oscurato ogni possibilità di adeguate reazioni spirituali. Quello che era l'espressione della maggior parte della cittadinanza, il partito liberale nazionale, infotti, non fu (e non poteva essere) conseguente ali,.: proprie premesse ideologiche. I repubblicani tric• srini ne sanno qualcosa. Del resto ognuno conosce anche oggi di che panni si vestano molti che si son muniti del passaporto liberale. j Iil,erali triestini non erano diversi. Essi erano gli esponenti di una classe che dominava mediante l'intensificato sfruttamento delle altre e non potevano SC\ttrarsi perciò alla necessità di sempre maggiori compromessi. La borghesia locale, aderente toto corde al liberalismo nazionale, sapeva transigere con la propria coscienza al momento necessario. Quando s:i tra.ttava di operare a vantaggio proprio essa sapeva opportunamente spingere il proprio zelo partigiano e patriottico fino ad assumere in servizio proprio gli odiati slavi! Così le persone di servizio o i facchini ,l: aziende private erano esclusivamente e logicamente appartenenti all'altra razza. E si capisce: gli slavi ciano un po' come i coolies di Trieste. Erano disorganizzati e si contentavano di salari bassissimi. n feno111eno assumeva proporzioni più vaste durante gli scioperi. Il crumiro era al di sopra della nazione: slavo per i padroni italiani, italiano per quelli slavi, era l'inviato di Dio. La solidarietà borghese, in ':Jllel campo, non ayeva limiti. In queste condizioni l'opera del partito nazionaleliberale non poteva g_iovar:eche al Governo di'vienna·. I Pitacco ed i Valerio, infatti, non potevano r:ifiutare l'aumento delle spese militari se l'esercito doveva servire non a soffocare lo .slavismo, ma a tutelare i grandi interessi di cast~: La loro opera, quindi, doveva essere inefficace. Se si eccettua L'Indipendente, l 'uniea gazzetta del liberalismo di sinistra, e le forze intellettuali che gli si appoggiavano, il resto del partito era un amalgama di imparruccati conservatori incapaci di sottrarsi agli imperativi della propria posizione economica e sociale. I liberali, naturalmente, si sono risvegliati all'idea unitaria molto tardi. I pochi precursori erano tendenzialmente repubblicani-mazziniani. Venne poi iJ grande partito: ma fu pigro e inintelligente come tatti i corpi ol:.esati di tropp3: pinguedine. Sì che quando, durante il periodo per l'annessione delle terre bosn,iache, l'imperatore annunciò una visita :t Trieste., esso non si trovò - e non volle trovarsi - p1 eparato: e un giovane, ancora mazziniano, gettò b sua vita a rampogna sempiterna dei fiacchi e degli inetti. Altro doveva fare Il Piccolo, intento a barcamc• narsi fra gli scogli dell'essere e non parere e vice• versa. AJtro' dovevano fare i ministeriali deputati italiani che si giustificavano colle necessità di patteggiare col Governo concessioni a favore della città. Un terzo partito si affaccia alla ribalta con il volgere degli anni ed il compiuto affermarsi dell'economia capitalistica: il partito socialista. Più bestemOJiata creatura non poteva nascere, qui ed altrove; più qui che altrove. Molte pagine si sono scritte sul socialismo trieHtioo anteguerra e tutte intonate ad un così vacuo e prnfondo senso di incomprensione che reca stupore dover constatare l'aprioristicità dei giudizi e la ostenlata falsa interpretazione dei fatti. Tutti lo hanno rinnegato. La pigrizia mentale della borghesia triestina non al'rivava a comprendere appieno il fenomeno ma ne intuiva il pericolo. ·Ed essa che, col suo contegno, aveva meritato alla città il nome di « Fedelissima u e che soltanto da un cinquantennio si lasciava tenzo• oare nel cuore l'amore per la patria e quello per la Corte di Vienna ... , fece suo .il grido di Tecoppa contro i sociofo;ti e tentò di inchlodadi alla gogna sotto l'infamante accusa di (< dir, male di Garibaldi >>. Anche i giovani, nudriti di vieti luoghi comuni r.dle rancide scuole comunali, cd impotenti a qualsiasi serio tentativo di indipendenza intellettuale, non s,ipevano sfuggire alla tentazione di dirne male, per i I pessimo gusto di non esser da meno degli altri. Era il tempo in cui il giornale di Monicelli aprjva le sue colonne all'irredentismo imperiali6ta. 11 21 marzo 1912 Wl giovane, morto per la sua idea (e perciò è doveroso rendergli il saluto dell'armi) sr,riveva su l'Idea Nazionale, parlando del P. S.: • (<Continuò (del partito leaHsta austriaco) le diffanwzioni, continuò Je diffamazioni contro l'lt11Jia, na• !:icose ]'impo.rtanza deHa difesa nazionale ed esagerò h1lvolta con metodi delatori le aspirazioni irredentiste attribuendole d1rettamente al partito nazionale, quale organhrnazione politica e amministrativa ». A ciuesta sfuriata risponde dalle colonne della Voce un altro giovane, non socialista, intorno al quale si era streuo L•n nucleo di pensatori triestini e regnicoli che ave• "ano una visione non impedalista dell'irredentismo: Sci pio Slataper, morto in guerra. 11 quale sct"iveva: « E invece la tattica, semplicista e crista]Jjzzata del J>art.ito &ocialista è di dimostrare che il partitQ Hberale è partito affarista <: non irrr.<lcntista, hencbè ogni tanto faccia fint.J di eascrlo, ,! "h1} "i vuol JJroprio fo polizia au8triaca per credergli in parola"· Un allro, il liberale prof. Vic1oRsich, in una polemico sulla Voce con il direttore del quotidiano so1·ialista di Trjestc, Angiolo Laniu, &ullc elezioni comunali triestine che sollevarono scalpore per il fatto t·hc i Aocialisti avevano accolto ne'Jla loro lista due lnro compagni di nazionaliliì slava, li accut.a <li cs- <,(rsi al.leali coo il Governo e con gli slavi. L'accusa ron è nuova. Ma lo S1atape,:, non soci:.dista (tanto t·he aveva sostenuto che non tutte le nazioni hanno g!i stessi d'iritti e che per ottenerli esfie devono sentii ne il bisogno, cioè volere e comhauere), sente il biFogno di affermare che tuuo ciò può essere al più urw i,;upposizionc astratta, individuale o di partito, o d·occasione: non un dogma. Ma quei concetti diffamatori del i;ocialismo 11011 crnno particolari a pochi, bensì parte integrante delle concezioni piccolo-borghesi e borghesi degli intellettuali e dei politicanti triestini. L'arco era tropp0 teno, fra le due nazionalità, perchè chi tcnlasse <li <listo• glierlc dal loro cristallizzato antagonismo non si vedesse dardeggiato e vituperato. Ora l'inserzione del nuovo partito nella grande l('.tta nazionale non poteva avvenire che atlrav'crso un tentativo di superarla. Il risveglio del nazionalismo slavo non era dj lunga data. Ancora facile sarebbe stato, pareva ai socialisti, ricacciarlo nelle sue posizioni di partenza. Bastava riuscir ad impedire alle grandi masse che gravitavano . intorno ai due contendenti di distogliersi da obl:.ic,t• tfri di pacifica convivenza civile, economica e politicu (il socialismo), per gettarsi a capofitto in una guerriglia che minacciava di far naufragare ed isterilire ogni fonte di .progresso cd ogni possibilità di resurrezione delle plebi. Una tale iniziativa non poteva essere compresa uè d:ii liberali nè dai mazziniani. Ma l'idea particolare risp0ndeva alla concezione stessa che della lotta politica triestina avevano avuto, nel cegno, anche molti studiosi del problema adriatico ed uomini politici non sospetti. Da Camilla Cavour a Mazzini. Da Nicolò Tommaseo a Scipio Slataper. Il proble"Ja fo~damentale posto dalla convivenza delle due stirpi non doveva essere risolto con la violenza che incuba sentimenti di révanche e nemmeno con la sopraffazione dell'una o dell'altra na• zionalità. Esso doveva piuttosto trovare la propria soluzione definitiva in un consaputo (anche se non convenuto, data la riluttanza di molti), equilibrio che, rispettando gli up.i e gli altri, permettesse a, tutti di attingere le più lontane mète avvenire. J,>er la città e per la civiltà. Nebulosa,mente si intravvedeva 1a possibilità di un regime tipo svizzero applicato all'Austria o - almeno \ alla Venezia Giulia. -~ 11 pro_gramma nazionale del partito operaio socia· lista in Austria, votalo al Con.gresso di Briinn nell'anno 1899, costituiva le tavole della sua legge. In e~so era proclamato, fra l'altro, che: a) la definitiva soluzione della questione nazionale e linguistica in Austria, in base alla uguaglianza dei diritti ed alla ragione, è anzitutto una questione di cultura e come tale di vitale interesse per il pro• letariato; " b) soltanto sulla base dell'uguale diritto ed evitando 'qualunque sopraffazione è possibile coltivare :> sviluppare le qualità specifiche nazionali di tutti i popoli dell'Austria, perciò si deve anzitutto comtat• terc il ce,ntralismo burocratico di Stato ,come pure i privilegi feudali dei singoli paesi; c) dichiara solennemente che riconosce ad ogni nazione il diritto all'esistenza ed al proprio sviluppo, ma afferma che i popoli possono assicurarsi ogni pro• gresso della propria coltura soltanto nella stretta solidarielà con gli altri popoli, non nella lotta meschina dell'uno contro l'altro ... La tesi dei socialie:ti giuliani partiva appunto dalla confidenza nel valore della civiltà più forte. Il Jibendismo spinto a11e sue estreme conse,guenze: semm inquinamenti bergsoniat).i. Se di due civiltà antagonistiche una non ha capacità di r~istere aII'assor.biment0 pacifico dell'altra, questo vuol dire che essa non ha intrinseche qualità per conquistarsi un posto rwJ mondo. Il concetto è sviluppato da Angelo Vivante ne! libro più volte citato (che è poi l'unico -studio serio (" Coscienzioso della questione triestina, sotto tutti gli aspetti); il Vivante sosteneva per l'appunto che minacciando e comprimendo gli slavi non si faceva una pc.litica realistica. Sciocco sarebbe stato pretendere <li poter stuzzicare il vespaio senza correr rischio di puntute. Ben nltrirncnti avrebbero dovuto procedere gli italiani. Dotati di civiltà millenaria e sicuri di se stessi, gli italiani avrebbero dovuto tranquillare gli slavi su1le loro intenzioni: e forse l'operaio slavo, .inzichè irrigidirsi, sicuro che nessuno penserebbe più ad italianificarlo per forna, non avrebbe più guardato• alla coltura italiana come ad una nemica. « Donde il sorgtre di una psicologia repugnante dal sopruso nazionale, epperò tutelatrice degli italiani contro l'unica eHnlualità che possa Jcgitlimamente ollarmaJi ... E !a cultura italiana, smesse le punte che la rendono ancor ininacciosa, potrebbe dilTondcrsi, con ritmo più largo di <Juaoto abbia potuto o saputo fin <Jui tra connazio- •~ali ed estranei )). Controprova: nella <1uestione dcli" Università ila· liana a Trieste, che tanta passione ha suscitato in t·egnicoli e 1t·iestini, i socialisti slavi si sono dichiar:iti, senza chieder compensi <li sorta, favorevoli all:i concessione. Gli unici!! Che i socialisti stessi, del resto, non J)0tessero sol.• tr.:1rsi all'influenza della loro cultura nazionale, non "'ha dubbio. Ad onta dei loro sforzi, è naturale do- \'(·Sse essere impossibile Ja completa assunzione nel limbo ed il distacco da ogni particola terrestre. Nè essi avevano ricevuto crismi particolari dallo Spirito Santo, nè e....i erano differentemente C05tratli dagli altri 'uomini. Onde ]a difesa deJJ.a cultura italiana, ad onta di tutto, trac;pare da ogni l<Jro attività. Pochj '!'">f!mpjba&teranno o dimoMrare J"a,nsunto. u Circolo di ,stadi sori ali: fondato ne] 1899 per e<ln- , vre il popolo. E un'i,i:tituzione che gli italiani, sen,.a diftinzione di partiti: dovrebbero ,studiare: in p<Jcbi anni <li vita, con pochil!Himi mezzi, ha. aaputo formare unù bit,lioteca a preistito, seria, Kenza romanzi di apJH.mdice, di piiì 4;h,, 2000 opere; l'unica .'.I Trief5tc che poKsa acrvin! per eludi <li Kociol<igfa ed eMnomia. fo "°'' fa,;cio l'apologiKta: 11w mi ricordo che <Juando cntraj nelle ..aJe del Circolo (la rossa è per dviste ed opere no11a~porta.hjJi; J'ahra per j numcrQKi giornali) provai un r,eni:;o gioiOH> di fiducia. Onque <J l'!ei Jj. h,crie di manuali, collezionj, enciclopedie; sui tavoli amneatc 30 riviste, &ui muri tavole coforatc, c-jprodazioni artibliche, gessi: una gliptoteca embrionale. E n:giw il buon gusto anche in tutte le piccole particolarità. <' Un altro merito, grande, di queBto Circolo: far ..,j che il movimento intellettuale d'ltalia, giunto allo ludrio, non rinculasi;e, come certe bestie pauro~e dell'acqua, nu1 conLinuassc a vivere nelJa vita di Triente, per opera dei buoi migliori rappresentanti. Noi dohbiurno ai 8ùcialis1i d','.IVer conosciuto Lomhroso, Fer• rero, Salvemini, Labriola, ZerbogJio, Sergi, Battelli; l'aver sentito parlare, per Ja prima volta, di Mazzini e di Garibaldi da Salveminj e Ferri. E come! Preche è un fatto nteressante: dopo iJ 1902 il Circolo socialista fa propaganda di coltura, di coscienza, di spirilo italiano. E dunque anche dé1 sotj.alismo itaJj3no: ma « anche,> e « italiano ». Ancora un esempio, l'ultimo, dell'atteggiamenlO socialista nei confronti della cultura italiana. Nel 1910 h Voce, giunta al suo secondo anno, dedica i numeri 52 e 53 del dicembre all'irredentismo. La Impeciai Regia Censura ne vieta la libera circolazione r,el territorio dell'Impero. Il 28 gennaio 1911 il Lavoratore pubblica le interpeJlanze dell'on. Fittoni t-d altri socialisti « contro i frequenti e incessanti sequestri in danno dei giornali, opuscoli e libri italiani e nelle quali si protesta sarcasticamente contro H provvedimento che ha colpito la Voce». Gli altri stanno zitti e son qu<lsi contenti perchè il movimento della Voce non è il 1oto. Altro che difesa di italianità: difesa di bottega! Tanto è vero che lo Slataper aggiunge di veder nell'atteggiamento de] Piccolo <<un po' del compiacimento del lacchè che vede finalmente cacciato di c:asa dall'odiato padrone l'ospite importuno che non dava mance, neanche nelle grandi occasioni )). Queste le caraUeristiche principali delle appassionete lotte poliliche d~ll'anteguerra, in Trieste. Senonchè il fattore principale nella determinazione delle varie ideologie restava pur sempre quello economico. l :1 lotta contro gli slavi era la preoccupazione pre• cipua di molti i ma le soluzioni diverse ·cbe si prosi.;ettavano dalle parti contrastanti era giuocoforza sc,ttost~ssero alla necessità di contemperare l'esito fa. vorevole di questa ilifesa dell'italianità con le sorti avv~nire dell'emporio triestino. Invece l'Austria e finita. La guerra L'Impero millenario, rammentate? A. E. I. O. U. (Ausciiae est imperare orbi universo) è stato distrutto. Indubbiamente esso doveva aver le sue radici ben abbarbicate nel suolo europeo se, per reciderle, e stata necessaria una lotta disperata come quella del 1914-18. Tuttavia Ia maggior parte era riluttante ad immagini /apocalittiche:' e i trìestini fra questi. Essi, sopratutto; Ja città viveva della libertà dei mari e dei grandi traffici su gli oceani e su le rombanti pacifiche ferrovie che s'addentravano nel cuore delle nazioni; la città aveva bisogno, perciò, di pace e confidava in essa ad occhi chiusi per confortare la sua speranza di ulteriori guadagni e di rinnovate afferm::.zioni villoriose. L'uccisione del principe ereditario, a Sarajevo, disorientò uomini e partiti. Un esempio per tutti. Il Piccolo (proprietà di Teodoro Mayer, oggi senatore tesserato fascista ad honorem), organo dei liberali-nazi?nali, uscì rivestito di lutto: perfino la testata era entrata nella cornice della linea nera! E nessuno ne l'aveva rich" esto. Non solo: ma in occasione del trasporto della si.1lma dei morti di Sarajevo, tanto il Comune quanto i·! giornale e la Lega Nazionale si bardarono, esternamente, ad ognifincstra, di drappi come avrebbero fatto se il lutto fosse stato loro: e qualche triestino ,,e conserva la fotografia in sempiterna memoria di certe manifestazioni di lealismo ..... Passi il Comune: ma il Piccolo e la Lega NazionuJe! Pochi, ad ogni modo, arrivavano ad intravvedere, lontanamente la possibilità di una guerra. Fu necessario l'ultimatum alla Serbia per aprire gli occhi agli nitri. La guerr:i. l triestini aderenti ai Partiti italiani, la maggior parte, meno che gli altri si soffermarono su questo problema. Parve pii1 semplice ad essi lasciarsi sopraffare dalla passione an1islava sapientemente sfruttata dal Governv di Vienna. Guerr:i contro la Serbia; cioè contro gli slavi: accettato. Il rancore a lungo impedito ~i sfogò con l'impeto di un'acqua che trovi un improvvis-o sbocco. Tranne pochi, lrattenuti dalla propria intuizione, gli altri, quelli che d'ogni evento traggono una ragione di vita purchessia, afferrarono il lato utile della guerra così. com'era prospettalo in quel momento, e si sgolarono ad urlare invetthe contro gli s'ciavi nl rilmo della Marcia Reale suonata rer la prima volta ue11c orchestrine dei caffè. Era però fermento incomposto dei primi giorni. Come l'intcrvenLo <le1l'Inghiltcrra fu sicuro, Ja borghesia cittadina - d"ogni nazioi1,1li1à - si spauri to1,.lmentc. Racconta lo SJataper, che, in Borsa, quando giunse la notizia, ci fu un silenzio tremendo: poi un pezzo grosso esclamò: t<L'è finita )}. Era finita veramente per l'Austria e per Trieste. Molte Banche e molti privati avevano messo al sicuro le loro riserve e i loro patrimoni in Inghilterra e H:. Ji vedevano sequestrali. Per di più i1 l:.loeco in, gJese rovinava Trieste, mentre affamava gli Imperi ,-entrali. JJ pùrto fu cJjgertato. Gli opifici e i cantieri ta,·quero. Le navi &i trasportarono a Sebenico. e la eiltà Hi avviò lentamente al suo calvari(} di guerra: il pili triPtc, forfte} queJl,J d,eUa fame ,-,ome in ne.~~ -nna ahra parte. L"Au11:trja, in un primo tempù, ebbe cura di e1-ser. tollerante verw g.Ji. italiani. L'Italia aveva dichiarato lu pror,ri.t neutraHtit e convenjva non offrici,- il de- '-lr<• per trasformare <ruesta neutra]jtiJ, vigile ed ~rmata, in c.lichiarat.a oppo.sid.one. ·Ma, in probiegoo rli llAnpo, man mano <"he -..j andava afiernfando fa cor• renV:. inwrvenzioni:,t.a nel Regno, parve venuto il rr:ùmentù e.li rimettere a nuovo il regime della t;<.1rda ,. dd ~ap,.,ne. Le miaure di gut:rra -i andarono inasprend,,. La cen<-ura, f'ofitamente acefala, divenne cretina. Le non am;he f}rganizzate m(JdaJila deiU apprc,vvigi,,namenti ,-ittadini comindavano, intanto, a mostrar le creJ1e (!l'-JrQrgani ...mr.,. Tanto più e~~ facevanù la eittà :n~ ..1,fTerente di ogni limitazione dei cc,nwrni jo qnantc, e,;ba, ahituaw a vivere Mmodamente. mal tollerava h rinuneia. Aggfongi le passio~i poUtiChe rinfoMlate wl ,•..,a,·erhate da nuove per:ie(,·u.zfoni: arresti e depor• tazioni di i.lavi allo Sc<Jppio della guerra e di italiani :;Jll-' vigilia dell'entrata in campo delPitaJi.a. li principe Hohenlohe era già stato Jevat,., di mezzo. Era oostui J'aatore di quei fam%i decreti contro rautonomia de] Comune triestino al quale veni"ano tolte parecchie attribuziorri, tutte d'indole -.e• cond.ari.a. Era anche chiamato il Principe R.os$0 per• <;h;, non era stato soverchiamente feroce contro i '-O· cialisti ehe, anz-i, blandiva per quel tanto che era r,ossibile ad un principe austriaco. fl Benco asserisce che, dopo ricevuto i capi del p,ntito, si faceva portare una bacinella d~acqua per lavarsi le mani! Ora ]'Austria lo aveva sostituito ritenendolo il bersaglio degJi odi liberali della città ;ed eca ,·cauto vn nuovo Luogotenente piò duttile e meno astuto: 1I barone Frie-Skene. Qaes:ti - }'ultimo della .serie -- aveva iniziato la lotta contro gli italiani con molta circospezione. In quel periodo, come ho già detto, si chiudevan volentieri gli occhi, e molti conniventi di facili diserzioni verso a Regno giravano indiJ:tnr• bati per la città. La polizia aveva Pordine di tollerare: non si volevano incidenti con l'Italia. Al 23 maggio 1915 la sitnazii;me si capovoke. La caccia agli italiani od ai sospetti di italianità fu permessa. Forse organizzata. I negozi di italiani fa.cono devastati dalla teppa aizzata dalla polizia. Il Piccolo e la Lega Nazionale vennero incendiati. Il monumento a Giuseppe Verdi fu indegnamente sfigurato. Alla città venne imposta una bardatura ultragoer• resca. L'Amministrazione comunale fn sciolta e ~- stitnita da un commissario imperiale, il consigliere aulico de Krekich-Strassoldo, mangia-italiani di prima qualità. La maggior parte degli impiegati municipali furono sostituiti con personale di fiducia. n Comando militare, il commissario imperiale al Comune ed un Comitato di austriacanti, governavano. la città. Quest'ultimo s'incaricava di preparar liste dì proscrizione; e quanto potessero gli odi ed i rancori pt:rsonali si immagina facilmente. Le associazioni sciolte: oltre una trentina. Le scuole educate in quei §iorni al sentimento della patria austriaca, dfreotar(lno strumento per riviste e per festività patriottarde: i tambini furono incaricati d'ogni sorta di questo.e '-' d: sottoscrizioni. Più grave la libertà lasciata agli 1( scauti >>: giovani studenti sedotti dalla sgargiante divisa e dagli svaghi delJa prepotenza. Comandavano on1nque, costoro: ed era loro còmpito, come rammenta i} Benco, « smascherare j traditori >>. « sco'fare gli irredentisti >), << epurare l'ambiente >>. Di tutto questo periodo di costrizione militare e dì persecuzione poliziesca, Silvio Benco, il piò chiaro scrittore triestino contemporaneo, ha tentato una pittura: Gli ultimi anni della domina::ione austriaca a Trieste (Milano, 1919). Tutta 1a vita di Trieste. in quegli ultimi tre anni, si può dire, si dipana agli occhi del ltetore come ~u uno schermo cinematografico. sbebene manchi talvolta la visione complessiva della sinrnzione di tutta l'Europa durante la guerra e ratteggiamento dell'autore sia u npo' troppo liberale uieux style. Di fronte alle soperchierie ed alle angherie degli austriacanti la città aveva conservato ben poche difese. Con l'instaurazione della censura, il Governo controlla severamente la stampa che, con l'entrata in guerra dell'Italia, è ridotta al Lavoratore. (L'Indipendente aveva cessoto le sue pubblicazioni appena introdotta la censura). Intorno al Lavoratore si stringono perciò i pochi rimasti. Il giornale socialista-anstriaco, lo hanno chiama io certi nuovi venuti che, probabilmente, fino all'ieri della guerra, conoscevano così bene Trieste da ritenerla unita a Trento con un ponte, fu !"unico presidio della residua indipendenza lriestina durante il periodo belJìco: e fu generoso. Ma la loua politica era ridotta ai minimi termini, orm.ii: e Je libertà giacevano sotto il ferr3to tal1one militare. Al giornale non rimaneva spazio che per una strenua difesa del consumatore scorticato senza abilità C con petulante ferocia dagli strozzini de1la cituì, anche di nazionalità italiana, e dai contadini slavi del Lerritorio. Più tardi, coll'avvicinarsi lento della non preveduta catastrofe del1a monarchia ahsburghese, si ebbe qualche azione di piazza: sopralutto moti per il carovivere e per la carestia. La farne in Austria non era più :ilJa porla: ei:;i:-a spadroneggi:lva ormai, unica dominalr.ice, in tutto il paese. Le illusioni sulle grnndi riserve che i campi opimi. delle provincie italiane invase dopo Caporetto rn rebbero offerto alle popolazioni dell'Austria, erano dileguate miscrnmente. A Trieste, poi, come scriveva il Lavoratore i I ~3 novembre, si era per le vje della disperazione e della fome >>. La Commissione di approvvigionamento distribuiva settimanalmente un quarto di pasta, un ottavo di miscela di caliè e, .qualche volta, un ottavo di marmellata. La tubercolosi, in tanta inopia, dilaniava la popolnzione. L'eccedenza dei morti sui natj aveva raggiunto nel 1917 la cifra di 3518!

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