La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 28 - 12 luglio 1925

b \Jgg1 lutti i parl1l1 poJitiri trie='>tini, dal fascif1mo a que1li ~ocialisti, operano in mezzo a un rlemcnto clw <;eml>ra <"'ilnmiarsi da tutto. Pare non esif-lla, per i triestini, che lo sport cd il divertimrnto; la volont~ ideale di giungere oltr<' ]e forme mcsrhin(• della vita c1uoti<liana per <'rcare qualche l'O'-a di più df'gno la Naziom~, l'JmpC'ro, la Repubblica, il Sorialismo, rAnarthia manra rompletamentr nellr giovani generazioni. Anche i ceti inte1lcttua]i non partecipano in neRsuna forma alla lotta odierna e, senza parlare dei partiti e!llrcmi, basterà dire che, nonostante i reiterati lenwtivi di qualche volonteroso, l'unione democratica non ì• ancora riu..srita a trovare tanti seguari sufficienti a CO!itituirf' una sezione!! Tanto per <lare un"idea apprOb!--imativa <lell"apatia dei triestini. Non è sollanto il distocco dalla lotta odierna, così C'om'è. per Ja impOS!,ibilità di parteciparvi in piena libertà: nrn è qualche cosa che dovrehLc preoccupare infinitamente di pili, poichè è l'isolamento completo della ciuà che ~i e,ta compiendo, con un ritmo sempre più accelerato, SOLLOgli occhi impassibili delle autorità centrali ~ locali. Trieste non può essere soddisfoua. E. intuitivo. Aveva bisogno di respiro e Jomandava libertà maggiori cli quelle dell"anteguerra cd invece essa è stata ridoua ad un ambiente grigio cd amorfo le cui luci -opache si riflettono stupendamente nelle colonne del suo maggior giornale (l'unico si può dire, poichè ·il quotidiano fascista non ha lettori): Il Piccolo. Basta leggerne un numero per vedere, come in uno specchio, la città: un notiziario arretrato, senz'anima, senza commenti, !:lenza passione; e molte pagine alla pipelet con fatti di nonaca cucinati in tutte le peg• giori .:.alse.... .-\veva bisogno di concordia e di pace dopo l'agitato periodo del cinquantennio precedente ed invece i! stata chiamata a partecipare ad una lotta •che es~la completamente dalla sua coscienza: la lotta fra fasci~mo e democrazia. Tutto ciò non la può interessare perchè esorbita dalla ti.ua anima. La lotta per la libertà e per la democrazia era stata combattuta aspramente e tenacemente dai trie• slini contro il governo di Vienna: ecco perchè deve riuscire impossibile ad essi riprendere la propria esistenza rinnovando una battaglia che si illudeva tli aver vinto. A Trieste l'Italia aveva un còmpito solo: conce• dere più ampie garanzie di Hberalismo che non avesse conceduto il vecchio impero. Dimostrare che l'un.ione al regno rappresentava veramente, per i triestini, il sopraggiungere di un periodo diverso dal precedente per la maggior tutela del diritto di ognuno e per la scomparsa assoluta di tutte le costrizioni poliziesche alle quali essa era abituata nel regime d'avantiguerra. Occorreva una politica di intesa con l'elemento slavo, poichè non si doveva dimenticare la missione da Mazzini affidata all'Italia. Bisognava riconoscere negli allogeni la legittimità delle aspirazioni alla propria scuola ed alla propria cultura perchè questi riconoscessero alla lor volta la nostra buona volontà ed imparassero ad amare gli italiani come fratelli e non come dominatori. Tutto questo, naturalmente, non è stato fatto. Si è giunti, al contrario, a proibire persino recite nella loro lingua. A cinque anni e più dalla conclusione dell'armistizio nemmeno la tanto invocata unione legislativa non è stata ancora compiuta. Cosi, per citare un esempio, gli avvocati italiani non possono ancora esercitare a Trieste se non in materia penale e commerciale percbè in materia civile vigono, ancora, i codici e le leggi del vecchio impero! E se si pensa che il vecchio codice italiano non popà essere introdotto se non a riforma compiuta, si vede che questo stato di cose non si modificherà molto presto. Il problema economico Il problema economico è il tallone d'Achille della città. Intorno ad esso, prima della guerra, si era polarizzata ostensibilmente l'attenzione di tutti quelli che anelavano al congiungimento della città adriatica all'Italia. Pareva problema insolubile ed era, ad ogni modo, gravissimo. La storia dello sviluppo di Trieste è intimamente connessa alle franchigie concesse. alla città sulla fine del XVIII secolo e mantenute inalterate durante lr, epoche teresiana e giuseppina. Tuttavia con le invenzioni scientifiche del XIX secolo e sopratutto in seguito a quella della macchina a vapore il centro di gravità dei commerci e delle industrie andò spostandosi rapidamente: sì che quelle franchigie di vennero superflue. Alle città di mare, infatti, congiunte rapidamente con le zone interne del proprio retroterra, Veniva meno la funzione caratteristica di centri di transazioni commerciali che era stata loro riser• vala attraverso i secoli - vedi Venezia, Genova, Bruges, Amburgo, Trieste, ecc. - e, in conseguenza, esse dovevano assoggettarsi ad una trasformazione radicale della struttura della loro vita economcia. Io altre parole, il lorot traffico andava diventando un traffico di tram:.ito poichè la possibilità di trasportare rapidamente le merci mediante le ferrovie, intensamente sviluppate, consentiva che la lavora• zione delle materie prime e la loro trasformazione in prodotti finiti si operasse nelle città continentali dove, con l'invenzione del telegrafo e con l'aumentata rapidità delle comunicazioni postali, era anche possibile concludere le transazioni commerciali senza l'intervento di mercati intermediari. Se è vero che u.na delle caratteristiche dell'attuale sistema di produzione - e non di esso solo - è quella del grande numero di intermediari fra il produttore e il consumatore, è anche vero che, con le importanti invenzioni dell'ultimo secolo, i grandi mercati nei quali operano codesti sensali, mediatori, ecc., si sono o avvicinati ai centri di produzione o a quelli di cousumo. Le città marittime, sotto questo aspetto, si son visLo aumentato in grande misura il traffico di transito in ragione diretta con 1o sviluppo estensivo della produjone e del relativo consumo. \ i rH•'-lf• quc--tr, lrn,,m,·no 1• ,tatr, part,r,,larnu·ntr nolcvolt•. IA· primP rnina1·61• di privan; la rilla dr·llr ~erolari rranf'hi~dc avr•vano ~f'tlato nPJla f"Q-.tnna• ziom: la rittadln<rnia. Pareva I voJcijp:f•privarla df•Ì pr,lmoni f•d invecf• non olo rr>~h,tè, ma pro.11c~u, imrwrtf'rrita il suo 1·a1runi110 :.i ,1•,·nionaJ, •. Uni,·o gran<lf' porto di un l(randP impno organiz- ;.:Ho ..u '-Olidr ba,;;i 1•f'Qnomif'o-ammini.,trativc 1 n,,n pot1•\a manf'arf' alla du,·, l'o..,,.igcnr, n~N·- -ari o. S,• ant·h(~, prr<'iù, il nwrr·ato triP'iLinr, ,·ra ridott,,, in -i• f' rwr •w, ad un mc·rc•ato di 1•oloniali ( nwnato J tcrmi1w Jlt'r il <·affii, i1d t'H.J ,. d"llr, zuf'dwro, J,, ri• ...or ..e ,·iuadinC' non nanr, affatto i,minuhc pnf'hiTri(",lf' 1•ra ancora ,•1mtro (·onmu.:rriale di primaria imporlanza per J'i11111cro.Es'ia era non f,Olo f>c<lc•di grandi f'Ompagnie di a!i!,Ìl'Urazioni, di grandi f"3f-'' di !;pf•dizioni e di c,uf'f'Un,ali ddle maggiori aziende· del retroterra, ma anrorn delle grandi rompagnif di navigazione rncdianlc le quali Ja produzione dell'impero raggiungeva i mt•rt·uti d'oltremare ,. i;opratutto quelli levantini. Le u~pirazioni all'unio1w con l'Italia dovevano irn•vi1abilmentc cozzare conlro J'oi,tacolo rreato da1l'auività e dalla funzioni' dell'emporio trici;tino. Già ne~li ultimi anni della guerra, Trieste era grandemente minacciata da unu formidat.ile concorrente f' rivale: Amburgo. Che cosa sarf'hbe avvenuto dopo la redenzione della citti1'! L'cr;arne anche sommario di una carta geografica dell'Europa hasta a far •·onoscere <1uali regioni gravitino naturalmente ven.o Trieste. Pur tenendo conto, infatti, delle interferenze inevitabili e dei punti d'incrocio dei contrastanti interessi delle varie città marittime che si contendono le medesime zone, Ei può facilmente individuale l'hinterland specifico di Trieste. Ove non subentrassero influenze d'altra ori• gine e fo-;se lasciata ampia libertà al giuoco de11e forze economiche in un regime, cioè, nel quale ~i pote~~c praticare effettivamente la legge del minimo ~forzo - gli ex paebi dell'Austria troverebbero la loro convenienza a servirsi di questo porto. Ma basta un ben congegnalo sistema tariffario per deviare notevolmente i traffici da una via all'altra. Ed ~ quanto sta accadendo oggi. Negli ultimi due anni il porto triestino aveva ripreso vigore. Il suo traffico complessivo aveva rag• giunto il 91,05 per cento di quello anteguerra (1913). La ripresa sembrava sfatare le tristi previsioni èi tutti coloro che avevano sostenuto la tesi della decadenza economica di Trieste per effetto dello smembramento del suo retroterra. Ma ecco quanto asseriva un competente - il capitano AntOnio Cosulich - in una delle ultime r.ssemhlee del Rotary Clut. di Trieste: « Una vasta serie di riduzioni tariffarie delle ferrovie germaniche, che va oltre il 60 per cento, ha già fatto sviare da Trieste una parte delle merci destinate o provenienti dalla Cecoslovacchia ed Austria, non solo, ma dette ferrovie hanno organizzato nei centri !ndustriali del retrplerra uffici che sono autorizzati a far pure concessioni che non sempre sono controllabili; queste circostanze hanno portato un sensibile danno al porto di Trieste e ciò è dimostrato dalle statistiche di quest'anno che segnano una perdita lli oltre il 20 per cento, in confronto al traffico medio dell'anno 1924 >). La percentuale di questa perdita non si è arrestata nel mese successivo. Nella seconda quindicina di maggio il traffico merci totale (importazione e esportazione, compreso il carbone), è in diminuzione ··i• spetto alla seconda quindicina di marzo di ben 42.675 e di 65.650 tonnellate rispetto alla corrispondente del 1924: la percentuale della diminuzione dei traffici è salita dal 20 al 35,5 per cento! Così il movimento totale nei magazzini generali è sceso .-la 1.241.123 quintali nel gennaio a 357.067 nel maggio e la media giornaliera è scesa rispettivamente Ja 40.036 a 11.518 q.li; cifre significative, anche dopo depurate dal contribuito inevitabile della diminuzione in rapporto alle stagioni. Che cosa vuol dire tutto ciò? Senza dubbio non è possibile - e lo ,i vuole sperare con tutto il cuore - che queste cifre rappresentino il punto d'arresto definitivo. Ma esse sono tali da far vedere quanto fallaci fossero i ragiona• menti di quelli che ritenevano ormai risolto il problema economico di Trieste. Costoro non avevano compreso, cioè, che l'incremento delJ'anno scorso era in funzione di ben altre cause che non l'assestamento dalla situazione dell'hinterland triestino. Concorrevano, cioè, ad alimentarlo, molteplici fattori e sopratutto quello inerente all'aumentato costo delle tariffe ferroviarie le• desche in rapporto al passaggio dalla valuta cartralla valuta oro, oltre alle incertezze determinate dalle conseguenze ancora vive dell'occupazione dei territori della Ruhr, ecc., che originarono il noto travaglio politico di alcune regioni della repubblica tedesca. • Ruggero Fauro, nel suo lil:.ro già citato (Trieste, Roma, 1914), scriveva che « difficilmente le ferrovie e le compagnie di navigazione tedesche sarebbero disposte a rovinarsi per fare dei prezzi tanto bassi quanto occorrerebbero all'Austria » per facilitarle la rappresaglia contro Trieste italiana. Senza dubbio il Fauro aveva ragione, quantunque la realtà odierna gli dia completamente torto. Aveva ragione, cioè, :n teoria ed in pratica, perchè è assolutamente inamissibile che uno Stato estraneo sia disposto a sacrificarsi per favorire una politica di dispetti dell'Austria contro l'Italia, ed anche viceversa; ma aveva torto percbè già prima della guerra la concorrente Amburgo minacciava di strappare al porlo triestino molti dei mercati austriaci a causa del minor costo delle linee fluviali che uniscono la prima al retroterra ex-austriaco. Nel 1923, ad esempio, un clecimo del commercio cecoslovacco si e svolto attraverso quelle medesime vie fluviali e SO· pratull? mediante l'Elba, verso Amburgo. Se a queste condizioni naturali si aggiungono quelle politiche - create dallo smembramento dell'ex impero austro-ungarico - e si pensa che così lu Cecoslovacchia con relativi dazi e tariffe ferroviarie - sulla delerminazionc delle quali l'Italia non può influire rhf' 1,arz1alm,·nt1•. ru•hjp,j,,mJr, pf.!'s,!,O un .accord'> 3 trf' i w·rJ,, f't,mr: Ja via di A mhurgo, pn 1a quafo l,a ta ~upr·rar,· una •ola frr,ntina P ~Ji arcordi rf':rroviarj r,n dir~tti, pO<l"a veramenl~ f'o;,tituire un t,~mibilc r,nj1•01', ,,,·r TrieHf'. J-',,d,i d.iti p<n onr, "nvirP .i dare un "idPa e~att.i rl,.jla rhui1:1ir,nf• r,dinna. Pn quantr, rij:uarda la tarHTa dell'Elha, un ('tJm· JWlf•ntf• ha rilf'vatr, d1P J,· J(randi fabhrir:be <li za•·- <·hno ,l,!ll.:t CN·o lova,.1:hia pr,'! ,,nr, raggfongere Amhurgo ,:on Vi " al<-une """ 3;; ,-u;llini ,Ji men,, r;h~ non Td1, ..,,.. l'n p<Jf'hf' z,,n,; 1foJ pac;,;e e~i~te Jwrhit N,n Trii' t1• ,, v::intag;do Jwr ,,u•!rt'uhima. Quanto ai noli marittimi lw•lanrJ que'-lf! <'ifn·: Amburgo-C,,1,t .antinopflli J<J ,•..Jfjni; #J rie!ile-Co wntinor,oli 19. Am• hurg,,-!-,rnirn,• 20,6; Trief!U.!•Smirn,: 23. Amburg,,- AJ,.....andria 18: TrirH~-AJe~,,andd.:t J9. Amburg,,• Jaffa-CaifTa-H,~rutti 23; Trie&ll:-JaJTa-Caiffa#Berutti 2:'i. Arnhurgr,-V,Jlr, 20; Trif!<.l<;-V,,l,J 23. Amhurgo-Sali,- nif'<'o l'J; Tri,•-Lf•-Sal,mi,•cr, 19. E lo i,tci;f.i, ,·rJJnp,•Lenlf' rilevu d1e le linee g,;rmani,•hf> '-Ono attive ,. f'he l~ 1,ovvenzioni da loro per# ,·epite non giui,tifì<-ano la differenza, u;nendo conto dei novf• giorni di più di viaggio. Gli armatori tri"• -.iini intenti J digerire li; f-covvenzioni deJ govern,J fa~1·i':>ta~ono '-Ordi ad ogni .ippeJlr,, w:riJ. e r;i Jimit.ino ad invo(·arne ahrc Ad aggravare tale 1,ituazione concorre in parte il follo ,·he la J ugo<-,Javiamentre aumenta notevolmente i! ~uo naviglio mercantile a Trieste I.a bandiera jugo&l.i.,,ia raggiunge il primo posto per Le navi CE;tere <-,iapprc!->la pure ad attrezzare i &uoi &bocchi adriatici e ad incan.ilare ver ..o ei;&i molta parte dd i,uo co111mcrcio e di quello dei paesj !:iUOi CQnfinanti. Non ~olo, ma, a .;capito deU'emporio triestino, si è incrementalo naturalmente H porto commerciale di Venezia, che ha ai,sorbito la zona austro-svizzera ~.:d austro-Lecle8ca attraverso la linea del Brennero. L~accordo italo-austriaco per le tariffe mercantili dirette è una prova incontrovertibile di questo fatto, tant'è vero che nei dodici articoli il nome di Trieste non è richiamato nemmeno una volta. Era ineviLaiJile: come sarà inevitabile che, qu.1lora non si riesca a risolvere in modo favorevole alla ciuà redenta la questione del suo hinterland, esea dovrà cercare dei commerci in quello che è il retroterra specifico del porto di Venezia: le regioni austro-svizzere sopratutto. Rinascerebbe, cioè, il dualismo fra le due città, dualismo già adombrato nella lotta per i servizi sovvenzionali ver:.o l"Oriente. Occorre provvedere con una politica lungimirante a ridare a Trieste la sua efficienza e a garantirgliela, perchè soltanto con la riacquistata funzione economica si risolverà in modo naturale il problema della Sua assimilazione effettiva. Bisogna tener presente che le vie della prosperità di Trieste sono nel mare e che è illusione volerie affidare il compito ad altri elementi. Oggi, ad esempio, l'industria triestina ha avuto una grande ripresa. I ·cantieri navali, già potenti prima della guerra (e se intuiscono le ragioni), Je ferriere, le industrie alimentari ed altre ancora, hanno riacquistato e superato l'efficienza dell'ante• guerra. Non è stato necessario concedere alcuna fran• chigia e tanto meno quella del porto franco reclamata a gran voce, in un primo tempo, anche dai fascisti: il miracolo si è compiuto lo stesso. Come mai? La regione giulia non ha un sottosuolo più ricco di quello delle altre regioni italiane, se si eccettua un po• di carbone e un po• di bauxite nell'Istria e, agricolamente (se si astrae sempre dall'Istria che, tuttavia, difetta d'acqua ed ha punti di contatto col Mezzogiorno), è poverissima a cagione dell'altopiano carsico che costituisce la sua ~ssatura principale. Il rifiorire inaspettato dell'industria tTova invece le sue ragioni d'essere nella svalutazione della lira e nel basso costo della mano d'opera. Questi due fattori, come ognuno sa, offrono la possibiHtà cli esercitare un vero dumping e così si può assistere :\J fatto stranissimo che i cantieri triestini - la cui attrezzatura è veramente solida - riescano a strap, pare ordinazioni persino all'Inghilterra! Ma questa situazione non può durare all'infinito. Quando sarà raggiunto l'equilibrio monetario - qualunque sia il punto nel quale esso si stabilirà verrà meno necessariamente la prima causa e la situazione de/ salari dovrà pure, oggi o domani, livellarsi al costo effettivo della vita. Non è nell'industria che si può consolidare la rifioritura di Trieste. Bisogna volgere gli sguardi al mare, perchè Trieste è, sopratutto e innanzi tutto, un emporio marittimo. lo non ho certamente in uno degli scompartimenti del mio cervello il rimedio unico ed infallibile per capovolgere la situazione. Soltanto dei cerretani o degli incoscienti possono aver di tali pretese. E poi nessuno può ancora prevedere quale sarà effettivamente il punto d'arresto della crisi del dopoguerra, così come nessuno può affermare che il traffico triestino debba assolutamente cristallizzarsi intorno alle cifre odierne o intorno ad altre più o meno prossime ad esse. Ma poicbè le ragioni che hanno determinato queste condizioni permarranno inevitabilmente se non ei tenterà di combatterle in qualche modo, si può concorrere al capovolgimento lento della situazione stessa con un preordinalo piano di lavoro le r,uì grandi linee possono fin d'ora indicarsi. Certamente questo piano non può essere quello consigliato dal cap. Cosulich .- grande armatore sotto l'Auslria e più grande ancora sotto l'Italia -: « l'Italia dovrà pure ammettere che uno Stato debitore come la Germania, non possa nè debba ridurre artificialmente le proprie tariffe ferroviarie e principalmente quelle di transito per sottrarre allo Stato creditore un traffico che naturalmente gli spetta ». Con una politica simile, che risenle la nostalgia del malfamato bastone austriaco, si può senza dubbio risolvere temporaneamente la lotta fra Amburgo e Trieste a vantaggio di quest'ultimo porto; ma non si riuscirebbe a gettar basi durature ed efficaci per il comn.1ercio triestino, poichè rimosse, in un più o meno prossimo avvenire. le posililità di tener in ~O~l;f!Zion,. la (.,.Prm:mia. 11.iripregPDtPrl!bbero imr»:•· tate le f"Ondizioni odierne. Altra, dunque,dev'eu,ere la via: f"he, a cam:&6an.i in gf'ndarmi ,,d in 11birri, gli jtaJiani hanno tatto •~ JJ"rd,:rP ~ nulJa da goada,i:nare, f'beerhè oe pen.sillQ il r:ap. Co.,uJir.h ~d il balilla RaHigna". E nf;r:,-:.~ari,, inverE; con•idecare quali !ODOstate le n,n~1:;tu,.nz1- d1-Jl"infau lo trattalo di Versaillea co• rdativl! djp,::nd'!nz1-. Da effflJ P "'Ortito IQ 11.mecabra• m,.n1'1 di 'JUell'fonaturaJe ,. mo~trnQQO moaaico clle r-ra firnrwm au,tdaf'o: ma che cosa •i è ~ostituito? Ba-t.i preci11an: , he la Cecoo:;Jovacchfa è. pur essa o.oo ',lato mi,;tilingu,• nel 11uaJP>una minoranza di eecbi dr,rnina una ma~;!i11ranza di allogeni e che la m.edeirna -ituazion~. mr,di1icandl'.J j nomi delle narionalita, i ripe~ w~r gJi altd Stati imcce-:•ori, l)'!r lrarre l:1 u,nrlu,it,ne dw il prnblema deJle nazil'.Jnalità dei p.'.l,;"i ex-au~tria,·i m,n è '-lato rir;o]t.o. Forse ea,s,, era in~rJlubiJe. In o~nuno di que~t.i. 5,tati convivono da ~(•1•0Ji eJernPnti di~rJarati; e daJ trattato di Saint• (,ermain, f"ome ,]ire \itti. .._ono germinate Jogicam,:nte mol~ Au:,tde invee.e d"una wla. Senonch~ ar:cantr1 a r1ue~t,1 dannr., in Jinea poJitica, on altro ,. ben più grave danno in Jinea economica ~ ~ci.u, dal medeéim1, tratt.it,J: 'JueJl.o delJa moltiplica.rione delle barriere ecom,miehe che ooHito:i'"OOn<Jun g:raTe impedimenu-, ali,, •viluppo deJle diverS4! eC11nomie ed al f1ropagar~i mede~imo della civiltà ... La .oluzione ideale, non v·ha chi non lo veda, ~ {1ue1Ja alla qu.aJe t"ndr..no i Ji.heni,ti d'ogni paege ed i partiti di e,trema ~inhtra. N'ell'aLr11izione di ogni barriera dogana)~ r- di ogni i.nter,rento «tatale, !e fone economiche naturali pcendereblero il Y.tp:ravvento P- J"organicità della p_roduz:ione e dei traffici ,i produrrebbe spontaneamente. Pec quel die riguarda il problema ~peci6cc, di Trieste, nn tale a'i<,e-..tamento porterebbe f'ome conseguen7..a immediata il ;.uo rifiorire, poichè es•a ritornerebbe ad es:&ere1o «bono cr naturale n delle regioni de1 &no hinterland. Si era parlato e icj parla mq1to 6pes:s.o d'una a.DÌ.O· ne doganale o di una federaziQne economica - degli Stati wcces-ori. È evidente che ana forma siffatta ~arehbe sufficiente a smas,are molti a.ngoli. Quando la Ceco&lovacchia. la Polonia, l'Ao.;nia, la Jugo_..Iavia e l"ltal.ia riu_•ciEsero a coEtitoire un nucleo economico compatto ed omogeneo ::i sarebbe fatto un gran pas:::o in avanti. L'economia europea avrelbe tutto da guadagnare e nulla da perdere: i porti adriatici pulserebbero di nuova vita. Trieste in modo particolare abbisogna di o.na .sola• zione che temperi le conseguenze del dissolvimento dell"u.nità economjca dell"ex impero austro-ungarico. fl traffico di Trieste verso rltalia non rappresenta. infatti, che una parte lieffisima di quello totale. Nel 1923 le merci italiane esportate (per ferrovia e per mare) raggiunsero una cifra appena di 203.000 quintali in confronto di quella globale di oltre da.e milioni di quintali per il solo bimestre gennaiofebbraio. Non è quindi dall'Italia che possono giun• gere le energie necessarie allo sviluppo dell'emporio. E ancora e sempre dal suo hinterland ex austriaco~ e per orientare questo verso il suo sbocco nato.rale, occorre togliere di mezzo tutti gli ostacoli che si frappongono a questa ripresa. Bisogna. cioè, eliminare tutte le ragioni che tendono a disgiungere Trieste dal suo retroterra. Già una volta Cesare Combi, triestino, aveva detto che per poter valorizzare u.n porto è necessario aver in mano tutte le strade che Y--i adducono. A tanto. fino ad oggi almeno, nessun imperialista italiano osa giungere: onde non rimane che una politica che tenti di riallacciare le file sparse della vecchia unità economico-politica la quale, oltre ad essere indispensabile per Trieste, è indispensabile per gli ate6si paesi dell'Europa Centrale. Insomma il nocciolo del prol.lema triestino sta tutto nella possibilità italiana di attuare una politica cli pace con gli Stati successori per arrivare ad nn comune accordo che garantisca il fnnzionameoto del porto di Trieste. È evidente che, mancando la volontà di pace, non si potrà mai rattoppare i laceramenti prodotti dal trattato di Saint-Gennain: si potrà, tutt"al più, rifare qualche brutta copia della vecchi.a Triplice senza alcun giovamento per l'emporio triestino. I presupposti logici per una politica tendente a superare le cerchie immediate dei confini politici sono, evidentemente, quelli di una sincera democrazia in tutti i paesi interessali. Ma una cosifatta politica estera non può essere che in funzione di un'eguale politica interna. Solo una grande democrazia in Italia potrà ottenere la collaborazione fattiva, scevra di infingimenti e di sospetti dei paesi confinanti. E solo una grande democrazia in Italia riuscirà ad amalgamare veramente le Nuove Provincie, memori ancora delle infinite restrizioni che l'impero austriaco poneva alla estrinsecazione delle libertà individua 1i dei cittadini; percbè una sana e forte democrazia ridarebbe ad esse le condirioni spirituali ed economiche per una vita concorde iodiriszata verso mète di civiltà superiore. ER.111.ANNOBARTELLINI. G. B. PARAVIA & C. Editori - Librai - Tipografi TORINO· MILAi\0-FIRENZE - ROM\-NWOLI •PALER-\10 ERODA I MIMIAMBI introduzione e traduzione di NICOLA TERZAGID Un'ampia introduzione crilico-estetica, una efDcace fedele traduzione, riportano a1P-esame d'ognuno l'opera del poeta di Cos. È un po' della vita di Grecia che rivive in questi mimiambi ed è una magaifica natura di ironista che si svela nell'autore. Un volume L. 10. PIElRO GOIHJ'lv.l'l Direttore responsa~il6. 'l'ipografia Carlo .lccume - Torino.

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