La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 26 - 28 giugno 1925

bi IL BARETTI Quindicinale di letteratura Edl1ore PIERO GOBETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI - TORINO VIA XX SETTEMBRE, 60 NOVITÀ DELLA SETTIMANA I. GIORDANI .Jb&on.m,nw a,w;uo J,. 10 - Estero L. Jf, U,t ,i,muro (.,, 0,50 ABBONAMENTO: Per il 1925 L. 20 - Semestre L. 10 - Estero L. 30 - Sostenitore L. 100 - Un numero L. 0,50 - C. C. POSTALE Rivolta Cattolica Anno IV • N. 26 - 28 Giugno 1925 SOMMARIO. - N. Papafava: Democrnzia e libernlismo. - p. y.: Dell'esilio. Gli immortali principi. - G. Nicolclli: Colloc1uio nltlmo. - P. Filod.emo: Antonio Labrlola. - p. g.: Uominl e idee: (Il •ilitu,re - Parte guelfa - Un tribntw). - Lettere inglesi: Ahasvero: Un comizio. - l:lisorgimento: A. Cavalli: Proudhon e l'unità italiana. Democrazia e Liberalism.o Demol:razia senza libertà significa dillntura della maggioranza dei cittadini ossia una tirannia, e liberalismo senza democrazia è 1111 puro <'0ncetto fonnale privo di qualsiasi contenuto. Alla parola 1< democrazia " corrispondono tlue diverse concezioni politiche; l'una secoudo In quale il Governo, ossia il potere poìitico, non è ,e non deve essere che l'espregsione dèlla iJlimitata e illimitabile volontà della maggioranza dei cittadini; l'altra, la quale sostiene che i popoli, giunti ad un alto ~rado di civiltà, possono essere considerati capaci di esprimere dalla loro uuitit, delle 1niuoranze selezionate atte a governare 1o Stato corrispondentemente agli interessi e alle idealità della maggioranza dei cittadini. La prima teoria si fonjta sul principio degli innati diritti e delle innate ot6n1e qualità della maggioranza dei cittadini~ concepita ron1e un qualche cosa di costante e di statico; la seconda si fonda sul principio della formazione e del ricambio delle classi diri- ;;enti. L'errore fondamentale della concezione statica della democrazia consiste nel superficiale ottimismo. La teoria secondo la quale i popoli sarebbero naturnlmente buoni ed intelligenti se non fossero oppressi dall'autorità, che sarebbe sempre la mass-ima respons.abile dei gravi difetti intellettuali e morali degli uomini, è puerilmente sbagliata. Il problema della felicità universale sarebbe molto facile •e per risolverlo fosse sufficiente abolire ogni forma di autorità. Mi eono espresso in forma paradossale, tuttavia mi sen1bra innegabile che nella ecces- •iva fiducia nelle innate buone qualità della maggioranza degli uomini, consista il nobile errore di alcune concezioni democratiche e sopra tntto il punto debole della pratica ca1sacità di azione di molti governi democratici. ln questo grave errore di ottimismo non cndono invece le teorie che ricercano il loro fondamento nel fatto dell'avvicendamento delle classi dirigenti. Mi pare che a queste teorie convenga la denominazione di democratiche liberali, Ma d'altra parte, da un r,anto di vista politico, il puro liberalismo in che cosa può consistere? Libertà vuol dire possibilità di svolgere determinate azioni, e libertà politica significa facoltà concessa ai cittadini di sviluppare in un largo campo cli llzione le proprie iniziative politiche. Ma se la libertà non è che una facoltà, è necessario che esista chi sappia e voglia usare di questa facoltà; e clnnque, perché la libertà politica non resti un puro concetto formale, è neces• sario che i cittadini, che i ,popoli sappiano e vogliano nsare della concessa o conquistata libertà, ossia che veramente sappiano e v_ogliano svolgere u:na propri.a iniziaLiva politica. Ecco in quale senso il liberalismo presuppone la democrazia e la democrazia, se aon vuol essere la tirannia ,di una determinata n1aggioranza in una data epoca, non può manifestarsi che col liberalisn10, ossja adottando il metodo cli governo liberale, Perchè un governo di n1aggioranza che oppri• 1nesee le minoranze impedendp loro di influire sul pubblico nell'intento cli diventare ,;1 loro volta maggioranza, resterebbe certamente un governo di maggioranza in relazione al presente, ma in quanto impedisce la formazione d·i tutte le possibili future maggioranze diventa un governo di casta, oligarchico e {iranni'co, ossia antidemocratico e ri- •-~)etto al corso del tempo, anche antimaggio_: : ;:ario. Insomma, non si deve confondere ~I ,.,,,10 ideale democratico con l'idolatria mag- ::i;:•ritaria, l)oichè è teoricamente e sperimenÌ.f,imente dimostrato cJ1e l'illimitato potere • Iella maggioranza può condurre alla tiranuiu. Le maggioranze possono attentare alla lilJ2rtà aspirando ad una più o meno diretta tirannia, nei momenti di stanchezza e di debolezza, rinunciando alla libertà nelle mani di un dittatore, La libertà politica comp?rta, se non amore, almeno rispetto del prossimo, ma anche il rispetto del prossimo non è certamente il più spontaneo o il primo degli istinti. D'altra parte la libertà implica la responsabilità, e responsabilità significa sforzo, fatica. Ora 1·H) risulta che lo aforzo sia il pri1no amore degli uomini, anzi il togJiersi iJ peso dc11c responsabiJitit è una delle nostre pil1 naturali tendenze. Insomma non è vero che le mag- ~ioranze siano nccessariamenLc sicure e costanti custodi delle proprie e delJe altrui libertà. Pertanto ]a sicurezza del regime liberale democratico non può essere garantita che eia una forza superiore, la quale abbia per compito essenziale di prevenire la soprafl'azione o La rinunzia a1la libertà da parte 'c!cfle maggioranze e questa forza è ]o Stato. Se la teoria di governo liberale democratico si fonda sul fatto dell'avvicendamento 1.1! potere clelJe classi dfrigenti e l'aspiraòone politica sociale della democrazia liberale consjste appunto nel tentativo di rego]are ]a pe- ·renne rotazione delle aristocrazie, è eviidente <'he, per la Leoria liberale democratica, vi sono alcuni valori come la ]ibertà individuale, la libertà di stampa, la libertà cli associazione e la libertà di voto, i quali, appunto in quanto senza di essi non è conce• pibile la possibilità della tranquilla rotazione delle classi dirigenti, sono inviolabi]i, ossia uon possono essere legalmente soppressi, nè Ja m.aggioranze, nè da minoranze, nè da individui. Questi valori sono assoluti, ossia trascendono l'arbitrio degli individui singoli e associati e perciò devono essere custoditi cd imposti da un potere superiore ed indipendente clalJe oscillazioni della volontà popolare. Per questo la classica forma cli governo liberale è la monarchia costituzionale. La libertà è garantita dallo Statuto, ossia dalla legge fondamentale che viincola il Re ed i sudditi. Nè l'uno nè gli ><ù''ti•possono infrangerla. Il Re ha il diritto e il dovere di rerrimere ogni ribellione dei sudclibi allo Statuto, i sudditi hanno il diritto e il dovere <li opporre la più ferma resistenza ad ogni infrazione allo Statuto commessa dal Governo del Re. Nei popoli che hanno una fortissima coscienza giuridica ed un saldo istinto unitario, ossia in quei popoli nei quali le leggi fondamentali della convivenza oivile sono talmente radica.te da non essere più nemmeno discusse, la funzione del Re può essere esercitata da un Presidente della Repubblica, ossia possono vivere in regime repubblicano soltanto i popoli intimamente ultra monarchici. Comunque, sia monarchico o repubhli• cano, lo Statò deve rappresentare l'universalità dei cittadini e gravissimo errore è confondere universalità e maggioranza. Anzi per salvare l'universalità del diritto è necessario sottrarre il àiritto al1'arbitrio della maggioranza. L'unica garanzia della libertà degli Jndividt1i e delle minoranze consiste in un saldo Stato che appunto incarni e in1ponga la uni• versalità e l'unità del diritto. Da un punto cli vista liberale democratico, lo Stato dovrebbe essere il supremo regolatore del ricambio delle classi dirigenti, ossia della formazione e del succedersi dei governi. Per questo il compito e i doveri del Capo dello Stato e del Capo del Gov,erno sono di- ,·ersissin1i. Il Capo de] Governo, come espo11ente ed interprete della corrente prevalente nel P&ese in un detern1inato pe1iiodo, è vin• colato nella sua opera legislativa dalla volontà dei rappresentanti della maggioranza del Paese; invece il Capo dello Stato, nella sua qualità di custode della legge fondamentale dello Stato, è assolutamente snperiore al gioco delle tendenze politiche ed indipendente dalla volontà cli qualsiasi maggioranza. lJon voglio certo toccare la grave e clihatlt1tissima questione della distinzione e dei 1irniti fra pote1·e legislativo e potere costituente; tuttavia è evidente che qualsiasi costitu21ione, se può essere fino ad un certo punto costituzionalmente riformabile, non 1:-otrà mai essere costituzionalmente negabile. Ossia la volontà dei rappresentanti della maggioranza dei cittacliIVi, nell'ambito del potere costituente, deve essere arginata da limiti insuperabili. Insomrna la maggioranza del Parlamento cli uno Stato monarchico non può votare la repubblica, come la maggioranza del Parlamento di uno Stato repubblicano non può votare la rnonarchia. D'altra parte, come la Camera dei deputati di una n1onarchia liberale non pnò votare la repubblica con1nnista, cosi non deve potere, in un momento di mania suicida, votare Ja dhtatura antip.ar1amentare. In questi fon<la1nentali argomenti di carattere costituzionale il Capo ùello Stato ha un potere assoluto superiore ed indipendente dalla temporanea volontà di qualsiasi maggior.anza, e quel Capo di Stato che, in occasione di dibattiti riguardanti gli essenziali argomenti d-i carattere costituzionale, si limi Lasse a fare i] computo <lei voti della maggioran1..a parlamentare e cli conseguenza acconsentisse e giustificasse la radicale trasformazione de!J'essenza di quello Statuto <li cui è garante, non solo nel momento presente, ma anche rispetto al futuro~ quel Capo <li Stato verrebbe meno alla funzione costituziona'le che gli è propria. Il governo di m'Ìnoranze che si siano acquistata fa fiducia della maggioranza, secondo metodi fissali da una larga costituzione garantita da] giuramento di una fedele e salda monarchia, mi sembra l'idea]e politico della teoria democratica liberale. Se lo Stato non deve essere che il supremo regolatore del ricambio delle classi dirigenti espresse dal Paese, lo Stato deve avere essenzi.almente una funzione giuridica piuttosto che etica. Un vero contenuto etico non può essere dello Stato, ma dei governi, ossia delle aristocrazie che si succedono al potere. Ogni classe, ogni aristocrazia che ascenda f1l potere, deve avere un contenuto etico, ossia una concezione propria, ma assoluta dei valori supremi; se non avesse questo contenuto spirituale non potrebbe nè formarsi, nè progredire, nè lanlo meno governare. Ed una aristocrazia che, avendo saputo riscuotere la fiducia della maggioranza, sia al governo, avrà il dove're di difendere tutti i proprii valori, ma non con la V'iolenta quanto inutile soppressione e negazione dei valori altrui, bensì accettando e affrontando tutti i liberi confronti. Lo Stato deve concedere alle aristocrazie che souo al potere il diritto cli difendersi colla forza da chi violentemente le attacca; ma alle ~1uove aristocrazie in for• mazione esso deve garantire la possibilità di giungere pacificamente al governo. E alle nuove classi è vietato dii conquistare con la violenza il potere, appunto perchè è loro concesso di giungervi per le vie legali, ossia mediante la conquista del consenso della maggioranza dei cittadini. Aristocrazia chiusa e democrazia rivoluzionaria sono i veri nemici delJa democrazia li. berale, che invece vuole la continuità e la re• golarità del metabolismo clellé cassi sociali. Dunque, Stato democratico liberale non significa sen1plicemente governo della maggioranza, 1na significa il governo delle minoranze che hanno saputo acquistare e mantenere la fiducia della maggioranza. Ha diritto di governare non chi riesce a sottomettere i più, ma chi riesce a persuadere i più, ossia la teoria liberale democratica dello Stato implica necessariamente il sistema elettorale e parlan1entare. Ma una simile concezione, ap• punto in quanto tende a rego]are i xapporti fra i vari partili, non deve essere propria soltanto di un partito, ma con1une a tutti i partiti. Cattolici, nazionalisti e socialisti; conservatori e progressisti sono implicita1nente liberali democratici se, per difendere i loro inter,essi e attuare la loro eticità, accettano le leggi che lo Stato liberale impone per contenere e regolare la lotta sociale e ideale. Pertanto astrattamente parlando, non dovrebbe esistere un partito liberale o un partito den1ocratico, poichè tutti i partiti, in quanto accettano il metodo politico della libera persuasione per sviluppare la propria iniziativa politica, dovrebbero essere liberali e den1ocratici. Il nostro Paese è ancora lontano da questo ideale e ciò spiega e giustifica la costituzione di partiti liberali e democratici che si battono non tanto per un determinato interesse e per una precisa finalitil ideale, quanl-0 per creare in Italia quelle condizioni giuridiche che acconsentano una civile lotta politica. Ma questa non è la finalità cli tntti i partiti dell'Aventino, questo comune ideale non è appunto il saldo vincolo dell'unità dell'Aventino? Conservatori, liberali; progressisti, cattolici e socialisti si trovano uniti nel voler di~ fendere il metodo cli governare liberale democratico. La tanto derisa eterogeneità dell'alleanza aventiniana, ha invece un profondo significato. Se partiti diversi si trovano uniti nella difesa della libertà, vnol dire che anche jn Italia si comincia a comprendere che al• cuni principii liberali democratici non devono essere monopolio di un solo partito, ma patrimonio comune a tutti i partili di un paese civiJe. Per questo l'Aventino è i.I primo germe dell'Italia moderna. NOVELLO PAPAFAVA. DELL'ESILIO Massimo Rocca all'estero. È un esili.o troppo comodo, a buon prezzo. Le soluzioni e.,tTeme si ammettono in casi estremi per ragioni superiori di dignità politica, di conflitti religiosi, di partito. Sono i casi di Nitti, di Sturzo, di Donati. Massimo Rocca, ex anarchico, ex fascista, ha il dovere di riparare al suo passato, affrontando i pericoli di oggi, di scontare le sue colpe con il sacrifici.o presente, di farsi ammettere nella società delle persone che non si piegano dando esempi e affidamenti di intransigenza. Il nostro programma di oppositori leali e irreducibili è chiaro e semplice: esilio in patria. Solo qnando ogni condizione obbiettiva di attività ci venga tolta accettéremo !'ipotesi di ripetere la sorte degli esuli del Risorgimento. Prima non sarebbe esilio, ma diserzione. Non riusciamo a concepire l'iilea d; un'opposizione al di là della. frontiera; nel/,a situazione presente oppositore vuol dire l'uomo che paga di persona, che non solo non si arrende al nemico, ma neanche alla possibilità di una vita più facile. Se il nuovo tipo morale di italiano deve nascere: l'italiano che non se la intende coJ vincitore, che combatte alla luce del sole non con la complicità delle sette e delle cam~rre, che conosce il disprezzo delle sagre, dei gesti, che non si arrende alle allucinazioni collettive, che non ha bisogno di chiama.re eroismo la sua ferma coscienza morale, che aspetta impassibile le conseguenze delle sue azioni, che preferisce il sacrificio alla furberia e al dinamismo - questo è il cimento definitivo. È naturale che questo tipo di italiano poco indulgente alla morale sportiva, marinettiana è sagraiola non garbi a Libero Tancredi ex anarchico, neo-cattolico. Libero Tancredi non rimane. Libero Tancredi crede « che dopo ,l J gennaio non ci sia più nessuna politica pratica possibile in l talia, solo quella del Governo "· Egli ha chiesto « al Presidente del Consiglio )> due cose: « il passaporto e che i /asci italiani all'estero mi lascino tranquillo)>. '\'oi crediamo che al presidente del Consigli.o un oppositore non possa chiedere nulla: 111,a alla morale stoica il deputato di iYlilano preferisce la morale della resa: (< Conto rimanere lonta,no dall' halia il più a lungo possibile, o <drneno fino a che la.situazione attuale non sia mutata)>. iUassimo Rocca ex anarchico, neocattolico, può fare quanti discorsi voglia alla rnaggioranza parlanientare contro il fascisnio: egli non sarà nw.i un. antifascista; resta l'uomo del revisionism.o, il vice-direttore dell'Istituto di Assicurazioni do po la marcia su Roma, p. g. IL BARE1TI È uscito il n. 10 del 15 giugno col seguente sommariio: P. MIGNOSI: Stile del Settecento - L. P1GNATO: Il Parnaso e Verlaine - J. DE MEN ASCE: Snobisme - M. GROMO: Il teatro italiano - N. FRANK : Mac Orlan - R. FRANCHI: Cinema scuola di pittura. IL prossimo numero sarà dedicato interamente al teatro tedesco contemporaneo.

106 filiimmortali principì La dichiarazione dei diritti, gli immortali principi dell'89, sono veramente antistorico astrattismo? Questo giudizio esecutivo di solito prescinde dalla lettura stessa degli articoli e perciò crediamo che sia bene darne il lesto ai lettori. Art. 1. - Gli uornini nascono e vivono liberi ed eguali nei dji•itti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull'nti1ità comune. Art. 2. - Il fine di ogni associazione poliLica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell'uomo. Questi diritti sono: la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all'oppressione. Art. 3. - Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun ufficio, nessun individuo può esercitare una autori1à che 11011emani espressamente da essa. Art. 4 . .....-La liLertà consiste essen_ziabnent~ nel poter fare tuuo ciò che non nuoce agli altri; così l'esercizio dei diritti naturali di ciascun ·individuo aon h3 altri limili se non quelli che assicurano agli altri membri della Società il godimento di questi stessi diritti. Quei limili non possono essere determinati cbe dalla legge. Art. 5. - La legge ha il diritto cli proibire le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è proibito dalla legge non può essere impedito, e nessuno può essere costrelto a fare cosa che essa non ordina. Art. 6. - La legge è l'espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto a concorrere personahnente o per mezzo dei loro rappresentanti alla sua formazione. Essa deve essere eguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca. Essendo tutti i cÙtadini uguali dio.anzi ad essa, sono ugualmente ammissibili a tulle le dignità, uffizi ed impieghi pubblici, a seconda della loro capacità, e senza altra distinzione che quella della loro virtù e del loro ingegno. Art. 7. - Nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenulo, se non nei casi conten1plati dalla legge e secondo le forme che essa ha prescritte. Coloro che promuovono, trasmettono, eseguiscono e fanno eseguire ordini arbitrari, devono essere puniti; ma ogni cittadino, chiamato o arrestato in forza della legge, deve obbedire all'istante. Egli si rende colpevole resistendo. Art. 8. - La legge non deve stabilire che pene strettamente ed evidentemente necessarie, e nessuno può essere punito se non in forza di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delilto e legalmente applicata. Art. 9. - Poichè ciascuno è presunto innocente finchè non è stato dichiarato colpevole, se è giudicato indispensabile l'arrestarlo, ogni rigore che non sia necessario per assicurarsi della sua persona, deve essere seriamente represso dalla legge. Art. 10. - Nessuno deve essere disllubato nelle sue opinioni, anche religiose, purchè la loro manifestazione non turbi l'ordine pubblico stabilito dalla legge. Art. 11. - La liber~ comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell'uomo. Ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, pubblicare liberamente, salvo a rispondere \lell'abuso di questa libertà nei casi contemplati dalla legge. Art. 12. - La garanzia dei diritti dell'uomo e del cittadino rende necessaria una forza pubblica: questa è dunque istituita per il vantaggio di tutti, e non per l'utilità particolare di coloro ai quali è affidata. Art. 13. - Per l'intervento della forza pubblica e per le spese di amministrazione un contributo comune è indispensabile. Esso deve essere ripartilo fra tutti i cittadini in propoi'zione dei loro averi. Ai-t. 14. - Tutti i cittadini banno il diritto di constatare da sè stessi e per mezzo del loro rappresentante la necessità del contributo pubblico, di consentirlo liberamente, di controllarne l'impiego, e di determinarne la qnota, la distribuzione, l'esazione <', la durata. Art. 15. - La società ha diritto di chiedere conto ad ogni pubblico ufficio della sua amministrazione. LA RIVOLUZIONE LIBERALE Art. 16. - Ogni Socicta nella r1uale non sia assicurata la garanzia rlci diritti <' detcrrninala la aeparazionP Ò<-'j polcri, non ha costituzione. Arl. 17. - La proprietà e•sendo 1111 diritto iuviolahil,. e sacro, non potrà essere tolta in ne'lsun <"a&o,salvo <Juello in cui ]a neces~ 8ilà puhhlir-a, Jr,galmente constatata, lo el!iga chiaramente <' ~emr,re ron Ia condizione ,li una prec·edcntc, gjusta infiennità. p. g. Colloquio ultin10 Per mio padre, io sono LJJI uomo JH'rduto. Co11 IP n1ie idee, egU dice, non fSÌ far mai niente nel n10n<lo. Mi ha visto sC'mprc all'opposizione: dai dodici anni in su, non gli t.~ stato mai più possibile riacrliiapparmi. Cr<'- dc rlic una specie di demone .mi possegga, ,., !rallo dal suo orgoglio di genitore a sopravalulare certe n_1iequalità, è preso - ognjquaJvolta gli parlo - da un doloroso senso rii rarn11tarico, che egli esprjme con uno sco11. solato significallivo moto de] capo, e con un..i ~ola parola: (<Peccalo! ». Opposizione, inlendiamoci bene, non solo alle sue idee politiche, ma .ad ogni attcggiamenlo dc1la sua vita: quel che per lui è hianco, è per me, sempre, irrin1ediabilmente nero. O viceversa. onostanle tullo, io andava di tanto in tanto a parlare con mio padre. E poiché con gli .:.nni anche !a m-ia « .arte >, era prdgredita, non 1no, ocavo più, negli utimj colloqui, gli scoppi violenti d'una vo1ta, e riesciva persino a parlargli lungarnente, per qualche ora, e sugli argomenti più scabrosi e più scottanti. ~a Je cose rimanevano sempre al 1naledetto punto <li prima: un punto, cioè, invariahilu1ente morto. Evitavo, sì, i CLùmini d'una volta, ma le convjnzioni del mio contraddit~ Lore rirnanevan sempre le stesse. Tullo al più, nell'anirna del brav'uorno si accentuava la dol_orosa con11nozione per questo figliolo, così oslmalamente deliberato a perdersi. Perciò prop1·io ier l'altro ho avuto l'ultimo colloq_uio coq mio padre. E non e avrò più: per nspello cli me e di lui. Difficoltà e contrasti comunissimi, voi di. Lete. Eterno conflitto tra due generazioni, soggiungerete. Vera l'nn.a cosa e l'ahra. Ma così dicendo, non direte tutto. Nè spiegherete tutto. Il contrasto che c'è tra noi due non è di natura identica a quello che mio padre ebbe, ai suoi bei dì, con mio nonno. Il dissidio nostro di oggi differisce non solo nelle .forme, il che, mutati i tempi e gli schemi ,'!ella v,ita, sarebbe naturale, ma proprio intrrnsecamente, nella sostanza più profonda. Poichè credo che per la prima volta, in Italia, si sia arrivati a un vero urto di genera• zioni. Quando io parlava per ben tre ore, cou . tutta la calma possibile, con incisi patetici, cercando abilmente di muovere tutte le corde del cuore del mio contraddittore, e vedeva che d'altra parte (mentre tutto il discorso si svolgeva nel tono della più affettuosa sollecitaz~one da parte di un figlio che vuol comunicare con suo padre per sentirsi ·più veramente figlio) mi si opponeva una serrata barriera e un irrigidin1ento 111entale che non avrebbe ceduto a niente, allora ho dovuto convincermi che non si trattava d'assenza di buona fede, di stima verso di me, o di, difetto d'intelligenza - chè mio padre ne ha nna vivacissima, naturale, che francamente gl'invidio - ma di ben altro. Noi si.stava di fronte come se si•provenisse da inondi diversi t.:_ lontanissimi. Con1e se la nostra organizzaZlOl'le cerebrale fosse, nelle sue strutture più ÌJ1time, desunta da razze tra loro non solo differenti, ma adcliritlur.a opposte nella loro stessa finalità biologica ... Parlare di intesa tra due tipi destinati a così diversa flmzione economica nella vita, sarebbe un assurdo. La co~1ciliazione su questo terreno equivarrebbe, po>, alla colpevole rinuncia ai segni, del resto indeclinabili, delle nostre razze. Tra noi due non vi possono essere che i rapporti en1otivi caldissimi, derivanti dal sangue. Per tutto 1Ì resto, faremo bene ciascuno a naviuare nella nostra orbita e a non incontrarci O mai più. E non dovremo, nella disperazione della rolla desolata, più cedere ai dolci imiti che dal cuore incessantemente saluono a sollecita.re un'impresa rivelatasi ormai disperata ... * * * _Mio padre è l'Italia di oggi. O meglio, la- -s~1ando l'astrazione, gl'italiani di oggi, parlo d, quelli che più rnmorosamente calcano la s~na_, sono, grosso 1nodo, dello stesso stampo d1 mio padre: i vecchi e i giovanissimi. E questa identità, stabilita dopo pazienti osservazioni di qualche decennio, 1ni denuncia con vivacissima crudezza la impossibilità materiale di certe conciliazioni, cli certe intese, di certi paterecchi sussurrati dalla gente per bene e amante della pace. Non c'è argomentazione razionale che ba~ sti; non c'è moderazione di eloquio o buona educazione che possa servire; non vi sono miracolosi machiavellismi da escogitare: chi ha pigliato posizione in un senso o nell'allro chi è nel mio mondo o in quello di mio pa'. dre, non l'ha fatto per capriccio o solo per motivi impuri. Ha obbedito sempre a una profonda vocazione. Dei sudicioni e degli arrivisti non mette conto d'occuparsi: non sono mai i detriti che costituiscono le realtà valide ed apprezzabili della vita. E allora: "11<·far<·? E. for ..(• nef•p-.1oarjo rjp trarsi in buddii;;ti,·a eont,~mpJazionc, aspf'tp lando i raggi d'un n,1v"1Jo c.oJP.-?'iiente di tullo ciò. La srop<•rla dcila vanità di cf'rti f'Ontalli dovr<'blic pro,1urr<• Jo blCFSO effetto d'una bene inlena Jpzione <l'economia. J...a colpa cli riuelrimpossihilità di ;tare e di andare insic1ne, che abbiamo or ora denunciata, non è proprio <li nessuno. Le cau5e di t.ssa son 1nolteplici, e si rilrovan tutte nelle trame della nostra storia. Freltoloso procei,!'lo unitario. Servaggio po'Jitico e spfrituale, gra- \ ante per secoli su tulli gl'ita]iani. Defice11za di cull11ra, cli probità mentale. Vita offesa nel suo libero sviluppo dal peso di un opprimente problema economico. E tutte queste cause insieme, e mille altre, mille volte delle. ban concorso a diffondere un 'nggjosa grettezza e a produrre un 'incapacità assoluta a crearci una vita vera,ncnlc moderna. Pcrchè, alla fine, non riesco a jntendermi con mio padre? La risposta ora è facile: pcrchè mio padre non è un uomo moderno. E gli itali.ani, anche quelli che costruiscono le autostrade, che dànno le loro mirabili energie al progresso materiale del Paese, sono - ps·icologicamente parlando - arretrati cli secoli. Mio padre non è un nuomo moderno, per- !:hè ... , ad esempio, ricorda sempre le cose così, all'ingrosso. Per giudicare col rito più Eommario d'un uomo_, g}i b.astan tre o quattro particolari sulla vita del reo, e appresi sempre cli quarta mano. Quando io interveniva a precisar date circostanze e fatti, mi diceva sempre che sofisticavo. Per lui, -itti ha tutte le eccellenti qualità di questo mondo, ma ... Nitti ha elargito l'amnistia ai disertori. Sforza è un'abile negoziatore, forse il più abile che abbia la noslra diplomazia, ma Sforza, trattando con la Jugoslavia, ... fece quel che fece. E così via. Mio padre non è un uomo moderno perchè ... non ha l'assillo della rirerca àella verità. Se nn giudizio su di una siLuazione gli viene ammannito dal giornale preferito, che legge sempre alla sera, in quel crepuscolo di co~~• 0 nza che precede il sonno, iì giudizio del giornale diventa suo, e neppure Domineiddio glielo leverà più di testa, Se poi quel giudizio è calunnioso, allora piglia per oro colato la calunnia, e mette in movimento tutti i suoi rumorosissimi sdégni. Mio padre non è uu nomo moderno perchè ... non sa veder le cose con una certa prospettiva, non sa esercitare neppure uno zinzino di. critica su quel che gli accade sotto il naso, e perchè cinquanta volte al giorno ha sulle labbra il veneralo nome della patri.a, e non rnde in tutti gli altri popoli della terra che una con1butta brigantesca cli irreducibili. ne1nici nostri, che ci salteranno addosso cla un momento all'altro. Lasci.amo stare in pace questo povero Cristo di. mio padre. Ma, ditemi: i contraddittori nostri d'ogni giorno, non sono tutti dello si esso stampo? Ne avete conosciuto uno solo c~pace di seguirvi con onestà in una diSC'Jssioue? Che abbia rinunciato· a colpirvi• cui certi luoghi comnn'i, che avrebbero doYuto produrre il più sconcertante effetto? Che si sia pigliato I.a bega di veder bene sino in fondo chi sia Sforza, chi sia Salvemini, chi sia Sturzo? Che abbia evitato di andare in collera, quando ne poteva benissimo fare a meno? Che abbia il gusto di certe distinzioni? Che sia capace di una sintesi critica, di un serio giudizio storico? Che non si dica crgoglioso del « Borsalino » che porta, o della « Lancia » con la quale va a spasso, e ~on senta il rossore per tante vergogne autenlJcamenle nazionali? L'italiano « antico » (Io c!1iameremo così anche quando ha vent'anni), s1 sente legato al suo paese da un indeclinabile dovere di omertà: l'italiano ha sempre le mani monde, e va sempre nudo aUa meta, anche d'inverno. Egli fa e slrafà. Se è ne"li affari (ho sottomano un tipo di questo ;e nere), agisce einpiricamente, e fintanto chè le cose van bene ti ride in faccia se gli additi un precetto di scienza econon1ica. Protesta per le imposte esorbitanti che gl'impongono non in 1nodo aperto e diretto, rovesciando d..:1.l potere quelli che gliele applicano, ma subdolamente, frodando nel modo più sfacciato il fisco. Dubita sempre di chi ha un dubbio: vuole uomini senza perplessità, mandino pure con la loro disinvoltura tutto a catafascio. È questa presso a poco la materia molle sulla quale poi agiscono gli eroici mestatori. Allora è bene che gl'italia,ù di cui sommariamente s'è discorso sian lasciati vivere come vogliono. Che trascinino sino in fondo il loro destino. Che ognun che senta di aver qualcosa in comune con loro li pigli a braccetto e proceda con loro senza indugi. Noi abbiamo altro da fare. Ci sono, di fronte a noi, i gio- \ aoi della nuova generaz·ione. Ci saranno i giovani delle generazioni venture. Ebbene, e ,erao di loro che dovremo polarizzare il 'IO· slro lavoro e il nostro sforzo. Solo con loro potremo celebrare quella fraternità d'opere ,. di vita eh,· " alala sin qui impossibile con gli altri. Checchè si dica, noj vediamo nel fascismo i,li uomini della vecchia Italia. JI nostro ant,- 1 a,,cismo non ripete la sua ragione el!senziale dalla e.oJa a"verf,ione agli uominj ed ai loro <-jgtemi poJjtjci, ma sopratutto daHa convinzjone che abbiamo d'er;&er diveréi, d'avere altri oceh·i, altro cervel1o, altra anima. Quaa- ,Jo poniam mente a queste differenze di strnttura, certi livori passeggeri rliJegu.ano per cedere H campo a collifiderazjoni pjù serene, e ;enza rluhhio più degne. Ci appare di e-,,ere. ~-'fora, eome deconçcei,tionati, pill sciolti e più liberi daJJc .r;trettedella pas.;jone d'ogni giorno. JJ lavoro assume, fuori dei passeggeri ri• r,.cntimenli, forme e r!ontenuto più profir:uo. Xc guadagniamo, senza akun dubbio, in decoro e jn sostanza d'opere. Quella che abbiamo iniziato è una lotta di <lue mondi. Ciascuno se ne.può stare serenamen Le al suo posto, senza impazieD7.A:.. <;e è vero che la meta lontana e il reisultato integrale non escludono gli obhiettivi ,-icini, ~ allresì vero che non avremo vinto cap-0vojgendo solo certi fattori esteriori della situazione. Potremo parlare di un resultato solr, qaaodo, e cinquant'anni potrebbero e56ere insufficenti, avremo creato stati d'animo analoghi al nostro, avremo cioè soffiato un po· di modernità vivificatrice nel corpo e oell •anima del Paese, che trascina oggi la sua vita in una asfissiante atmosfera provinciale e arretrata. Senza alcun dubbio, i mi{;liori alleati in quest'opera li avremo negli avversari più intransigenti e più decisi. Malgrado le ferite che ci potranno essere inferte da costoro, essi hanno un più giusto titolo alla nostra stima ed al rispetto nostro. Inutile, quindi, ogni scherma.glia polemica con gli avversari. Inutile ogni colloquio con mio padi·e. Ciascuno rimanga al suo 1Josto. hen fermo. La lotta nella quale la nostra generazione s'è impegnata è lunga, perigliosa. clifficilissima. La sopporteremo solo se sarà condotta fuori e lontano dal vùscido terreno degli equivoci . GIOACCHL'W ::'\rCOLRT'ft. G. B. PARAVIA & C. Editori - Librai - Tipografi TORINO·MILA~O - FIHENZE •ROMA-NWOLI •PALER\1O Piccola biblioteca Rosminiana La « Piccola bihljoteca rosminiana », diretta da CARLOCAYIGLIOXE,pubblica, in serie. opere o parti di opere, edite ed inedite, di A. Rosmini (specialmente fra le edite quelle rare o più significative); pubblica altresi opere espositive e critiche di competenti sulla filosofia e la vita del r,,rande roveretano, che volle <e richiamare la scienza nazionale ai suoi principii n. Già usciti: A. RosMINI • Introduzione alla filosofia. Parte I • Discorso sugli studi . . L. 7,- Parte II · Dell'idea della .sapienza . > 7,50 Parte ill - Sistema filosofico 1t i,- Parte IV · Lettere filosofiche • 8.- Quest 'opera era da tempo esaurita e gli studiosi solo pote,·ano consultarla in biblioteche pubbliche e prirnte. Effetto dei nuovi programmi è stata più cli una parziale pubblicazione, ma questa edizione in quattro volumi è l'un.i.ca integrale. Essa è curata da Carlo Caviglione che aggiunse utili prefazioni, sommari, indici ( alla parte III), opportune note dichiarative, non che riferimenti alle altre opere rosminiane. PIERO GOBETTI - Editore Torino - Via XJ, Settembre, 60 Pensieropopolare La Rivoluzione Liberale <-rovò·per prima il valore liberale e moderno del movimento popolare. Questa tesi ha avuto la prova dei fatti. Ora è nata tutta una importante letteratura politica da questo movimento, che noi possiamo raccomandare con perfetta oggettività. IGINO GIORDANI Rivolta cattolica L. 10. È la riaffermazione e la revisione fatta da un giovane del nuovo pensiero cristiano democratico. Oltre che un v.ilore politico ha un valore letterario, di stile polemico. IMMINENTE: V. G. GALATI Religione e Politica con prefazione di A. ANILE. L. 10. Storia della presente lotta politica vista da un popolare.

bi r,\ RIVOLUZIONE Li I H -\I F 107 Antonio Labriola 8tf".RBi, rhc lìfano, gja in a,·, ,. p"'r lungo ,.~r- <·izio, nna or~anizzazion,· politi,·a ,. -iu nient,·. l..e lagrime delle cose si sono giit riz7..at.cjn piPdi~ da r-R,r,ome forza apontanean1,..nte rivendiratrir~. L'etir.a e ]'idealismo «1n;.i~tono <Jrmai jn <:ii,: melterP, il pensiero ><<·1P,ntj{ie11 jn ;4!rvfa,fr.J ,fo] fJr'J1etar.i\:lto. S,! qrwe.ta ,-ti,·a n,Jn parP, moral~ ahha~tanza ai ,~ntim,·ntal1~ d1,! -><>no iJ pju de1Je volte i.,U:.:# rjc•1 ,. fatui. \'adan<J a ,-hic,dr•re l'altrui,mo al Ho visto in parecchi pregevoli articoli di Rivoluzione f,iberale riesumate cd illustrate alcune fra le figure centrali del nostro Risorgimento, opcr.a invero preziosa per noi Italiani che per lunga sequela d'anni abbiam dimenticato ogni serietà di studi storici prrdcodoci in una retorica agiografia e rifiutandoci ostinatamente a vedere, in u11 proluni;ato accesso di infatuazion<' garibaldina, i profondi difelli di cui rnostrasi non immu11r il nostro Risorgirnf:"nto. RipP11samP11to rritl<'o. dunque, per studiare, attraverso quei JH"mrntori, la formazione spirituali, del nostro popolo; e in questo ripensamento è parso a mc che possa. anzi dehha tro,·ar posto, ~'anc·o cronologica1nente vjssuto un pochino in qua degli anni del riscatto, la figura di Antonio Labriola. Il quale sta proprio a cavaliere fra due periodi di storia iLaliana. Formatosi appunt.o acll'cpoca degli entusiasmi nazionali (era nato nel 1843), egli anticipa nell'intimo travaglio suo l' ILalia del secolo xx, quella Tta]ia nuova che sentian10 ormai in noi, f' per La quale lavoriamo. la turba, l'i11fruita f:l<'hicra dei paraMhi d,.Jla po1itira, f' poi rl,·i progf•ttii31i, dr•i fanlaRti,,j <- degli inv<"ntori d'id,~<". His,·l1iara di Jw·1• viviR~ima c111<·~tosingùlare 1,p<"tta,·olo, di nno ~viluppo sor-ia]p inip<>dito, rilardat<,, intral- ,·iato (' p<'rciò ÌIH'<"rto, racuto inw~,rn,,, d)(' ...,, 11011 i· sc•mpr<• frullo ,·d <'Hpn-,u,ion,~ d, molta <' vrra coltura niodC'rna, rN:a JJ<"TÒ in Hi·, fH'l' v<>c·c·hioahito di millenan· civjfla, l"in1pronta di un raflìnanwnto <'<'r<'hralPcprn"i 111<.111><·rahil<•. L'Italia non fu, JH'r rag-ioni OVYÌe, terreno proprio <li unu autog<'n;Lic·a f0rmazionf' di idre <' di trnde11ze ROcia1istidie. Filippo Buonarroti, italian0, da amiN, ~ià d<"I minore c]pj HohC'spicrrc, dhrn11<' il rompagno di Bahcuf (' fu pil.1 t~1rdi il rinoo- , alor<> (lei Babuvismo nf>lla Francia di dopo il 1830! Il socialismo fece la sua prima ap· parizione in Italia ai tempi dd]a l11ternazionaf,.., nella ronfusa e incoerente forma del Bakuni11isn10; c non come n1ovimenlo di massa proletaria, ma anzi ro111c di piccoli horghc!5i, <li déclassés e di rivoluzionari per impulso e per istinto (3). Di recente, in questi ultimi anni, il socialismo vi si è andato fissando e concretando in una forma che riproduce, con molla incertezza però, il tipo generale della dernocrazia sociale. Ebbene, in Italia, il primo segno di vita, che il proletariato abbia dato cli sè, è consistilo nelle ollevazioni dei contadini di Sicilia, alle quali al tre dello stesso ti po ne . ten ner dietro sul Ma guai a t·H·d<'.rt~ d·H· <flJf' ta ,,qranizza- ✓,iOnP politira, 'JIW1<t,, partjto r,p,~raio, di r·ui egli di~c·orr,•, dchhano <·~aurind ndJ\onhito parlamr11t..ar<•. '.\farxi~ta H!r,,. ,p,al,· dopo '1arx f,,r ,: non fW n,d,J,,, ;1hrr, ,w in Jtali;1 nf> altrov,•, q!li d,·nun,·ia l'irn·aliti1 d,·ll"11;!Ha• gfianza politica, in c·11i vcd,· ~olo 1111 11wzY1 p~r mf·ll<·r<' in c·rud,1 rii:i:dto J as-~r•ninwnto rwllu fabl,ri<·a, "iJ ,·,,r1fratl.ft) v,·rtt<>V,tl'P·'> d1f" b dr•m,wruzia p,,Jiti,:a lta mr·11i-.o in ,.~ ,-rr·) fac·c•ndo dt'.gli i-1<•'--i 11<J1nini,. ,-jttadini ,. u·rvi H 1111 t,·mJH> n, e far di ,.,,11-<·1[11<·nza na~<:.f'r<· 1wll'op<·raio il ,.,.n..,, d,·lla dignità u111anac·h,· JH>1 lo r,,pinµ:a a 1111<,vc h,11,· JH'r J'affrarwanwnto da <Ju<•-.La ..,,.rvit11 (" 1 ~o<·iaJiQti no11 doniand.ano ,·on<·<·"Sioni,ma ,·onquit-stP; ,. <:oni;id,·ranQ J,, /ilwrtà politidu· ,·,,mP moJJa ed imp11h,o a 1111ovo lavoro <· rrH,t<, n): arma d- ,oJuzionaria, dunq11,•1 ,~ ,u,n '-lrww·nto di pacifìPazione o ,·omprorn~Q~,,. \fa egli t<•mc,va rhc la parte<·ipazione goc·iali~ta aJIP lotte (•fcttorali poLc,'>e produrr<' 'JI.Jh,ti <•ff Ptti d<·- gran pùnf.f";fi,,: Sp,·n<:-1:;r. e darà 1<.,ro]a -dat# La,,. in,;,ipida. ,; irwondurlent,· definjzione: ,. ,Jj ,-i,, i:.j nppa)!hin,1 ,,. JJ Ru,, pr<,gramrrw. dw l,,;n p<,tr"'J,h 0 <•~~er<· i! f)<J'-Lro,e 'Jllf•Jl,J ,r1Jn partit(.J &o<:iali~ta;.aJ~ dam<!nt,· organiz:zato (1.J, n1~1tamente da-..-!i,ta ,. intran"i7,:;nt<·. <·h<· "')ndu,:.a a fond<1 Ja Jotta ,-,,111ro J,, Stat<, hori.dw-,-. pl11t<,<·rat1<:<.J e militari-ta 1 and1,· :..f• pafudat,, "''>ll<J J,, f<,rme d,d d,:m<1"·ratir·i,.,mo. La '-Ua ,-r.iri<:a, <;ome di conr,uett1 eF}pr<~~~a <:oJ1ama~-jma <·on<·i'-oi<.Jne, ~ Ja <:ritica a11ti<·ipata r),.j Fa ,'.l'".;rn<J,e 1,--alJa p~na di riferirla. « .\1a ,~,·e<, a na'-'<.::t:.:redal fermentrJ ,IPJJ,. nu<Jv<; idee (d,,J XHH secolo) e dall'altritù rspavento~o trP nuove piaghe eodali. Da1Ja li,1uidazfr,n, 1 f r~llfJl<,~a ddJa ve..-:,:hja proprietà -,<,rge il ,:apitalir,mo; dalJo ~Jand,, patriotti<-<, na~<.:e jJ militari~mo; J"elett.orato politico dà la stura alla riarlaLaneria dei demagoghi. 11 no~tro &ecoJo ne ha er~djtat:J) trr• buf!ie. La prirna. è: eh<" padr<,ni tutti di (',Oncorrcre, il vinc;1~rr~ la ;zar't è nH:dto. L"altra .,,..; che ]'onor militare ~fa ]a mhura ,.klle ,:rtu deJie nazioni. La terza è: nelrelettorat<J r.,.c,ni;..isterc ]a "akezza dei popoli e i] prof;{reé~.J degli Stati. La prima serve a ma1,cherare iJ capiLa]e 8Jiadroneggiante: giova la -econda a mantenere il predominio •folla forza hruta i:;ul lavoro paeifico; la terza spinge ne1Je prime linee dPIJa vita pubhlica i prnfes,ioni•ti. gl"intriganti) gf"intraprenditori <li popoiarita~ lusingatori delle ma<:!;enei comizj, ~chiavi poi del capitale e magnificat<Jri del militarismo quando entrino nei ParlamPnti. Que:-.r.afin<1ra ]a principalissima nota di merito del ~ocialismo: d~avere) cioè, sco-..erta e <leE<·ritta la \era nalura de] nuovic;:::imo nemico, il capitale, e d~aver messo alla gogna i ciarlatani. gripocriti e i demagoghi del Jiberalismo >,. lo non dirò qui dell'opera sua di filosofo, per cui a me piace raffigurarlo come il vero j>adre spirituale dell'Italia nostra; io non dirò come fosse !ui a raccogliere il ,·ccchio hegelismo napolitano, depurandolo traverso l'implacabile critica n1arxistica e sollraendolo alla dilagante mare.a positivistica, sinchè da lui lo ripigliò il Croce che poi lo fece trionfare (l); io non dirò nemmeno con1'egli per primo in Italia, sulle orme di Marx, richiamasse a serietà gli studi storici e ne mostrasse l'intimo contenuto filosofico, onde non a Lorto il De Ruggiero lo chiama il teorico di quella scuola ch'ebbe poi illustri rappresentanti in Salvemini, Volpe, Ciccotti, ecc.; nè infine m'indugerò a illuminare la sua opera veramente grandiosa di esegesi marxista, alla quale esclusivamente forse è dovuto se il m.arxismo non degenerò in un piatto e volgare materialismo, 1na anzi ritornò, come negli anni giovanili di Marx, alla sua fonte idealistica, risultando come un inveramento di Hegel. Per chi non si soffermi solamente alle parole, che in lui, attaccato ancora alla terminologia marxi.stica e troppo amico dell 'Engels (e questo fu forse il suo principale difetto), potrebbero ingannare, appan-à ben chiaro come il marxismo sia da lui presentato in veste idealistica (si ricordi l'accanimento con cui si oppose alle degenerazioni positivistiche e a certe affrettate combinazioni Darwin-Spencer-Marx di ferriana memoria), onde é merito suo se in Italia, più che altrove, fiorì questa interpretazione hegeliana del marxismo che ci dette, oltre i saggi cr.l• tici del Croce e del Gentile, gli studi pregevolissimi di Rodolfo Mondolfo e di Arturo Labriola, intenti, tutti a sviluppare le premesse che il nostro aveva poste. E sorvolando ancora sulla singolare ·personalità dell'uomo, ben lumeggiata dal Croce, e sulle sue straordinarie doti di insegnante e di polemsita che pur meriterebbero un'ampia traltazione, io mi limiterò qui ad esaminare il Labriola politico. Come tale pure egli merita di essere considerato il nostro padre spiritnale, poiché, precorrendo i tempi suoi (e per questo appunto piombò di poi nell'oblio) additò in uno sviluppo industriale, promosso dall 'intransigente lotta del proletariato, la sola via del nostro progresso. -Mette conto di riferire innanzi tutto l'acuta e concisa diagnosi storica sulle condizioni del nostro Paese, diagnosi che, s'anco poi sviluppata e diluita fin che si vuole, resta sempre fondamentalmente la stessa: « Istruttivo e, senza dubbio, il caso dell'Italia. Questo paese, data che ebbe già in su la fine del Medio-Evo l'avviata all'epoca capitalistica, uscì per secoli dalla circolazione della storia. Caso tipico di decadenza documentata, e studiabile precisamente nelle sue fasi! (2). Rientrò in parte nella storia ai tempi della dominazione napoleoniCa. Risorta ad unità e diventata stato moderno, dopo l'epoca della reazione e delle cospirazioni, e nei modi e per le vicende che tutti sanno, l'Italia si é trovata di avere di recente tatti gl 'inconvenienti del parlamentarismo, e del militarismo, e della finanza di novello stile, non avendo però in pari tempo la forma piena della produzione moderna, e la conseguente capacità della concorrenza a condizioni eguali. Impedita di concorrere coi paesi d'industria avanzata, per la mancanza assolnta del carbon fossile, per la scarsezza del ferro e per la deficiente preparazione delle operosità e delle attitndini tecniche, aspetta ora, si lusinga che le applicazioni della elettricità le dian modo di riguadagnare il tempo perduto, come si vede per gl'indizii dei varii tentativi da Biella a Schio. Uno stato n1oderno jn una società quasi esclusivamente agricola, e in gran parle di vecchia agricoltura: ciò crea un sentimento di universale disagio, ciò dà la generale coscienza deJla incongruenza di tutto e d'ogni cosa! « Di qui la incoerenza e la inconsistenza dei partiti, di qui le facili oscillazioni dalla demagogia alla dittatura, di qui la folla, continrnte, ed altre a sai probabi]mente ne succederanno in seguilo. Non è ciò assai significativo?». Da queste premesse egli deduceva quale avrebbe dovuto essere Ja via del proletariato italiano (via, purtroppo, non seguila sin qui), « la pressione costante del lavoro sul capitale n non solo per il vantaggio del proletariato, m.a anche per contribuire a formare in halia una vera classe capitalistica a] posto di quella borghesia stracciona che egli vi scorgeva con rammarico. Ma questa pressione implicava uno sviluppo organizzativo allora soltanto sperato, uno sviluppo in senso nettamente classista e intransigente, che non degenerasse nelle forn1e di un insurrezionisino barricadiero o di un rifortuismo puramente parlamentare. Uno dei lati più interessanti e meno studiati del I,abriola è appunto la tenacia con cui combatté quelle due forme di politica operaia e insiste sul1a necessità di 1111'organizzazione <(perla formazione del proletariato nuovo nell'ambito della gr.ande industria e nello stato moderno >>. Conlro i semplicisti dell'insurrezione aveva già an1mon.ilo: « l\1a la banca, atta ad irretire per molte vie 1il lavoro, non si porta al patibolo come Luigi XVI. Ma la legge ferrea del salario non si espugna come costello o palagio. Ma l'organizzazione sociale del lavoro non s'impr9vvisa come la guardia nazionale. Ma gli operai non si riducono in falangi serrate di cooperativa con l'entusiasmo che spinse al confine nel '93 i proletari, preparatori alla patria di infide glorie militari di Napoleone, e a i proprii figliuoli della mala sorte dei salariati. Qui non c'è retorica girondina o audacia giacobina che basti! Si tratta di un lavoro immane e multiforme; si tratta del lavoro che si conviene per rigenerare tutto intero il corpo sooiale ». E altrove: « Ma chi é più ora al mondo, che creda che cotesta trasformazione si operi con comizi, con sbandierate e con tumulti? Ci vuole il partito operaio forle e organiizzato, ci vuole il senso vivo d'un proletariato capace di resistere e di progredire, perché quei concetti, uscendo dal vago della teo1·ia astratta, s'impongano come nuove forme della convivenza sociale ». Questa sua sicura convinzione gli faceva giit .antivedere come compiuto un processo ch'era J; là da venire, ed egli descriveva l'organizzazione proletaria siccome in fallo esistente. « Come la compilazione dello stato moderno fa apparire insufficiente la improvvisata occupazione di un Hotel de Ville, per imporre ad un intero popolo il volere e le idee di una minoranza, sia pur essa coraggiosa c progressiva, così dal canto suo la massa proletaria non istà più alla parola d'ordine di pochi capi, nè rego1a le sue mosse su le prescrizioni di capitani, che possano, se n1ai, ~u Je rovine di un governo di classe o di con~ sorteria, crearne un altro dello stesso genere. La massa proletaria, là dove essa si é svolta politicamente, ha fatto e fà la sua propria educazione democratica. Cioè, elegge e discute i suoi rappresentanti, e fa sue, es.i.mi• nandole, le idee e le proposte, che quelli per anticipazione di studio o di scienza abbiano intuito e presagito; e se già, o comincia almeno ad intendere, secondo i varii paesi, che la conquista del potere politico non deve nè può esser fatta da altri in nome suo, sia pure da gruppi di coraggiosi anlesignaui, e che sopratutto quella conquista non può riuscire con un colpo di 1nano. Essa, la massa proletaria, insomina, o sa, o s'avvia ad intendere, che la dittatura del proletariato, la quale dovrà preparare la specializzazione dei mezzi di produzione, non può procedere da una sommossa di una torba guidata da alcuni, ma deve essere e sarà il resultato dei proletari gcnrrativi <· non Bi stanc·ava di m,'.tt,•rp in guardia contro << Ja frode e rin:!anno dei Parlamenti », contro la bugia eh,. « nell'elett<J• rato consista 1a salvezza dPi 1,opoli <· i] J>TO· gres~:o deg]i Stati ,,. E trac·,·iava aJ profr~tarjato <Jllf'"ìlOrapido programma: " \1aj più i proletari correranno dietro alle \-'anc promesse delle fazioni politiche. rwrchè <JUPSlc. levate su dal favore popoJare, JJT('Jrnrino le amare delusioni parigine del giugno 1848; mai più chiederanno ai governi borghf'si que11'insidioso diritto al Javoro, ehr è poi facile istrumento aJ Cesarismo; mai 1,iù eederanno alle lusinghe di ronsorterie f' di potenti demagoghi ». << Occorre per ciò un vivacissimo spirito cli classe, scuo]a pratica di resistenza, e addesl1 amento a11e future vittorie >>. La qua1c resisteuza, egli notava, e mi pi.ace ricordarlo anche in relazione a recenti polemiche, dev'essere « resistenza organizzala », ma di veri operai, non mescolati a caso ai ra<licalucci e ai piccoli borghesi, dj veri operai non jngannati dai po]iticanti, non fuorviali dai meslalori, non confusi coi turbolenti senza scopo e coi figuranti di dimostrazioni )>. E altrove egli indtava il proletariato a confidare << solo nei suoi proprii mezzi e ne1le sue proprie forze )>. Ma per il formarsi di questo spirito classista, è necessario anzitutto che il proletariato senLa la voce della propria dignità. Il Labriola ha ben visto sollo questo aspetto la funzione educatrice della fabbrica, e nelle agitazioni del Primo Maggio ha salutato cc la dignità umana che si riafferma uel1a limitazione delle ore cli lavoro ». Questo suo concetto di dignità lo portava ad opporsi alle <( inutili rivolte e ai vani lamenti)); non si tratta cli piatire o dj mendicare, ma anzi di conquistare colla potenza dell'organizzazione. Epperò al Mandré, che gli aveva presentato un libro di poesie socialiste intinte d'un vago e malinconico sentimentalismo, egli scrivev1: <( Ma voi, mesto proletario e socialista di sentim~nto, voi non scrivele ancora la poeai::1 dei proletari. La nota ribelle scatta sì, qua e là, dai vostri versi; ma riman poi sopraffatta dalla malinconia che vi vince di cantare di quello soltanto che voi stesso attrista, non di quello che agita i petti e gli animi di tutto i~ gran popolo dei proletari. Condizione cotesta, la quale, a vost1 a insaputa, dimostra come il nuovo popola sia in Italia appena in sul nascere, e come all'arte proletaria nuovissin1a manchi tuttora da noi il sostrato reale della pensata e viva lotta di tutti i giorni. Possiate voi scrivere molte poesie come il « Canto Novo », che sian voce, grido, promessa e giuramento de] proletario armato e pronto al1a ri<Scossa». Tutte queste riflessioni gli fanno legittimamente concludere che il partito socialista non polrà prosperare << se non a patto: di non ricadere nella fatuità dell'anarchismo; di non cristallizzarsi nella goffa idea del !egalitarismo parlamentare, che poi in avvenire può ben risolversi in una nuova requisizjone del bestiame volante; di essere, di voler essere, " di saper essere ispirato sempre al principio della rivoluzione pratica e progressiva, usando modi non preconcetti ma sperimentati di organizzazione, e foro1e tali di propaganda quali le richiedono la condizione del paese e il temperamento degli uomini. Fuori di ciò è il delirio o la viltà: cli qua da Lale linea nasce, e vegeta poj, la sella, la consorleria, ma non sorge e vive il partito ». Come ognun vede, Antonio Labriola era un rivoluzionario, nel senso 'nostro della parola. V'è in lui la coscienza viva delle antitesi congiunta alla volontà lenace di superarle. Ma non certo di superarle per adagiarsi nella quieta beatitudine dell'Assoluto conscguilo: il Labriola non poteva avere e uon aveva cosiffatte utopie. Egli non afferma di contro alla realtà borghese un astratto ideale. Non insegue vane chilnere. Marxista anche qu.i, si tien stretto alla realtà e in essa vede ]'anl.agonismo e la necessità df:'lla rivoluzione. Per questo, egli dice: <e Il comunismo critico non moralizza, non predice, non annunzia, nè predica, uè utopizza: ha già la cosa in 1nano, e nella cosa stessa ha n1esso la sua morale e il suo idealismo ». E poco più oltre: « Il Manifesto non ha retorica di proteste, nè reca piati. Non lamenta il pauperismo per eliminarlo. Non spande lagrime IJ suo compito però rion è finito. E~,;;o deve continuare a promuo,·ere lo spirito dassi:=ta, perché « cotesto spirito ... sarà J" arma morale ed economfra per combattere J"invadente militarismo, miraggio patriottico per alcuni. bandiera dinastica per altri, ma in fondo po, istrumento del capitale e della grossa industria: vincitori o vinti che gli Stati escano dalle guerre, la fesLa é sempre alJo stesso modo la stessa, per aggiotatori e banchieri! ». Chi pensi che tutte queste parole contro la retorica, contro la demagogia elettorale, contro gli sbandieramenti e i tnmulti, le conventicole, il facilonismo barricadiero, il riformismo parlamentare, gli ibridi connuhii, le degenerazioni cooperatid.stiche e via discorrendo, in favore di un partito organizzato, serio, intransigente, che conducesse a fondo la 1lotta cosciente e rivoluzionaria contro lo Stato plutocratico-militari-ta e corruttore, fu. rono scritte più che trent'anni fa, quando il socialismo era demagogia di spostati o bamboleggiamento di utopisti, quando non usci"a dallo sLadio cospiratorio della setta o dall"isterismo sentimentale degli umanitari, quando non sapeva che predicare l'odio cieco e distruttore o invocare dalla democrazia la realizzazione della Giustizia e dell'Eguaglianza, può facilmente comprendere come quelle pa• role dovessero cadere nel vuoto. Antonio Lahriola fu in Italia un secondo ~fan:: come questi fu messo in soffitta, perchè il suo sguardo linceo troppo avea visi.o lontano. )fa oggi che noi sentiamo rivivere fra noi lo spirito cli Marx, e a lui volentieri ci richiamiamo, dobbiamo raccogliere anche il retaggio di Antonio Labriola, dobbiamo ristudiare i suoi ~crit~,. dobbiamo ~editare ancora e a lungo 1 suoi insegnamenti. PRO:\IETEO FILODDIO. (I) Il Croce ha ricordato sempre con affetto questo suo Maestro, di cui ba ra:ccolto e ristampato gli scritti ~rarsi. Si vegga il simpatico cenno che ha posto io appendice a questo volume, o l'opuscolo fuori commercio Contributo alla critica di me stesso, nel quale riconosce la propria formazione spirituale attraverso gli insegnamenti del Labriola. (2) Altrove egli rileva come 1a decadenza italiana sia dovuta alle scoperte geografiche che hanno trasportato fuori del Mediterraneo il centro del commercio. (3) Analogamente il Marx: « L'alleanza (bakn. r.iana, aderente all "Internazionale) in Italia non è un fascio operaio, ma una truppa di spostati, il ri• fiuto della borghesia. Tutte le così dette Sezioni dell"In1ernazionale in Italia sono dirette da aYYocati senza clienti, da medici senza ammalati. e senza cognizioni, da studenti assidui del bigliardo, da viaggiatori e commessi di commercio e sperialmente da gjornalis1i della piccola stampa, di fama più o meno dubbia. Questa già si è impossessata di tutti i po~ti direttivi delle Sezioni, e così l'Alleanza ha costretto i lavoratori italiani, ogni volta che vogliono mettersi in relazione tra loro e con un ufficio estero dell'Internazionale, a valersi dell'opera di questi borghesi decaduti, che nella Internazionale non vedono che una carriera od una via di uscita >>. Si noti questa rassomiglianza fra il primo socialismo italiano e il fascismo, e si vedrà che il male è assai radicato. (4) Nell'organizzazione è compreso il cooperati• vismo, ma a questo proposito egli ammonisce contro il facile degenerare di esso « in egoismo collettivo d'una frazione di operai contro tutti gli altri ».

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