La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 23 - 7 giugno 1925

b . ---- - rrr AJ ' d 4-12 LIULII IL BARETTI Qulndlcinale di letteratura Editore PIERO GOBETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI - TORINO VIA XX SETTEMBRE, 60 NOVITÀ DELLA SETTIMANA ADRIANO TILGHER Al>ho1tnm,.11.foamuto /, l(J - Ester,) L. I:j r ,,,,.,,,m r,. n.!ifJ ABBONAMENTO: Per il 1925 L :?O - Semestre L. 10 - Estero L. 30 - Sosten11ore L. 100 Un numero L 0.50 - C. C. POSTALE Il bestione trionfante rw}V,l°J {TIJ'fVQ ,ti, y.trln Il ,.,, ffl~ u;tw d, t, j alt'l!Aitrn,. r;,;,1,,.4, ~ Tr.triM Anno IV N. 23 - 7 Giugno 1925 LI.! r-esponsahililà della ~ucn·a. - R. .Allolico: Cattolici e socialisti. A. Cavalli: Slol'ia di un secolo. v g.: li fronte unico. - 1.:offensiva della pace. p. g.· Pre,-UJorgime1do: Adalherl11 Hadicati. - Les appels dc l'Orìcnt. \'. G Galati: La crisi del 1922 vi8la da un popoh1re. - *** La politica di Mistral. ~er cÌ11 r 'e P llo,,,,,c ·:.tSPUNSABILITÀ DE LA GUERRA È noto che l'avangna , •Jlir-dù 1~1ri ,erba. la u Giovane llali:t «· 1 ;otlc1 I'< l 'l 11ità. era ...~ostituila p1 in:~l del 1,1 g11t clalror~auizzazione « L0 Unità , fu 'lo, 1 L "aye,·a fonffo.tH il colonnello Di11u.11;c-, \pi,, , .. ~ del eolpo di ,tal<> rld J," contro · 1 )nreno,7.c. La fondaz1(': ,. ,le al mai;r-~10 l'Jll ed è una rispost,l ai!'anJJC"~- sione della Bosnia-ErzegoYina all'Austria. TI C'olonnello Dimitrievic er,a un beJ ~arallere di patriota fa:tioso e sovversivo; il suo progranuna era l'unità serbo . croato . slovena; nella scelta dei inezzi d'azioue procedeva con .a soJuta spregiudicatezza: lerrorisino, al• tentati. riYolte. L'organizzazione del e;olonnello Din1itrievi.c preparò prima della guerra gli attentati di Juchic e di Doicic: durante la guerra balcanica seppe compoi-tarsi eroicamente, fu l'avanguardia dei con1hattenti. Prin1a della guerra euTopea scoppiano tra il Comitato Centrale dell'Unità o la Mort:e e il partito i-adicale di Pasic e di Protic i primi conflitti: è la lotta per la, priorità. in Macedonia finita coll'abdicazione di re Pietro in favore di Alessandro. In realtà in que~to periodo il colonnello Dimitrievic si sta orientando deC'isamente contro la reazione Pasic. Caragiorgievic. Tuttavia egli è ancora io prima linea al tempo dell'attentalo di Saraievo. Saraievo. l:attentato di Saraievo fu dunque organizzato dall'Unità o la Morte. Ma quale parte vi ha avuto Pasic? Le ultime testimonianze pubblicate in questi giorni illuminano questo punlo oscuro. Le prove a carico di Pasic sembrano decisive. Liuba Jovanovic ministro di Pasic uel 1924, ex presidente della Seupcina, scrive nella prefazione al libro di Csiunin: Il sangue degli Slavi (Belgrado, 1924): « Non ricordo esattamente se alla fine di maggi{, o al principio rii giugno Pasic ci ha det;o un giorno (stava 11arlondo di queste cose col ministro .degli interni Protic rna lo disse anche a noi) che si stavano facendo preparativi da. parte di certe persone per andare a. Saraievo a uccidervi Francesco Ferdinarulo il mattino del ricevi. 111,entoufficiale >>. Victor• Serge nell'ultima Clarté pubblica le dichiarazioni del colonnello Simic, amico intimo di Dimitrievic-Apis. Ecco le parole di Simic: Apis collaborait de façon quotidienne, avec C attaclié militaire russe Arta.m.anov. Par A r• tanianov il connut les résultats de l' entrevne de Konopicht, fort naturels en raison rie la fermentation des slaves cl' Autriche, depuis la vktoire serbe. Par Artanianov, il sut que Françoi.s-Ferdinand assisterait mix gra,ules m.anoouvres de Bosnie. François-Ferdinand lui apparaissait cornrne l' lio,n,ne qui nous avait chassés d' Albanie, de Durazzo, de Scutari, l'hom,me qui voulait anttuler la paix de Bucarest. Sa niort, e' était la ctimarilla ,nilitaire austro-allem.ande décapitée, lei guerre diflérée - nous n' étions pas prets - ou ciu contraire la préparat.ion autrichienne interrornpue par de brusques hostilités. C' était, peut-etre, le soulèvement des slaves d' Autriche-Hongrie. L'hypothèse de la guerre immédiate étant plausible, Apis cn,t devoir avant d'agir cons1tlter A rtamanov. Il le mit ai, courant des préparatifs de l'attentat. L'attaché rnilitaire russe di!Jéra de quelques jours sa résponse. Ce /ut textuellenient: << Alurchez! si l'on uo11s ttllaque VOllS ne S()f"CZ JJ<IS se,tl,'i! l/i1ilCJ:.ValLe ntre la questioll et la répons~ 11111,:tr ;qu· Artnmanor.: cn,ait co11sul1é sr~s c1te!,. Qi).i? Hartwig certainem.ent. Hartwig ,r-1 ; ,d'jt, c'était lo conuiction d'.Apis. Pro- •· r. ~ht aussi Saint-Petersbourg, où I-lari ~~ ,·vn.it des aniis personnels . lrtam.anov connaissait bien l'actiuitf' de la « 1 't.;,r'N~ire )). le crnis qu'il lui ·versa quelque 8000 fran.cs pour la propagande serbe en 1.utriche. È noto1·io che l'influenza dell'arnhaspiaLore russo .a Belgrado HarLwig su Pasic era assoluLan1ente dominante. ~a Pasic conosceva e ispirava i congiurati anche per un ~altra Yia: aveva tra i cospiratori una SLLacreatLu-a, Milan Ziganovic. Voia Tancosic prendeva le armi dalla fabbrica di stato di Craguievaz; Ziganovic era direttan1ente a contatto degli esecutori. La Mano Nera disponeva di tre itinerari illegali sicuri verso la Bosnia: Sepacta Ada, i dintornidi Zvornich, Linbovia. Per i due primi itinerari passarono i congiurati Prinzip, Ciabrinovic e Danilo Ilic. Per Sepatca Ada furono portale le bombe a Tuzla da M. Jovanovic. A Tuzia le ricevette Ilic di ritorno da Belgrado, dove aveva avuto un ultimo colloquio con Dimitrievic alla fine di maggio, e le portò a Saraievo in una valigia. Al processo di Saraievo Prinzip e Ilic dichiararono che le armi erano state procurate da Zigauovic che le aveva portate sino a Sepacta Ada al maggiore Jtùovic. Il maggiore J ulovic è stato poi fucilato nel 1917 nell'affare di Salonicco. Che Ziganovic fosse un uomo di Pasic è clitnostrato: alla nota austriaca che chiedeva il suo arresto, Pasic fece rispondere dal prefetto di polizia di Belgrado che non esisteva a Belgrado nessLLnapersona che si chia.masse Milan Ziganovic. Egli abitava invece nella città fin dal 1908. Si dovelle dare ordine alla direzione delle ferrovie, dove Ziganovic godeva di W1a sinecura, di cancellare il suo no1ne da tutte le liste e registri di funz.ionari. Intanto lo facevano fuggfre in Albania. Ziganovic ricomparirli nel 1917 come principale teste d'accusa nel processo di Salonicco. Il processo di Salonicco. Nel processo di Salonicco trovano la morte gli uomini princi1;ali dell'Unità o la Morte. È l'epilogo della lotta per la priorità in Macedonia: ma il processo, è se111brato anche a taluno l'epilogo di Sarai evo; la difesa di Pasic contro la possihilità di rivelazioni pericolose sulla sua opera del '14. Non si può negare che in que.sto .affare di Salonicco ci sia del torbido e dell'equivoco. Il colonnello Dimitrievic, il maggiore Julovic e Malobabic sono condannati a morle: 1 ° per aver voluto consegnare il fronte agli austro-tedeschi; 2° per aver organizzato un .attentato contro il re Alessandro il 29 agosto 1916. Ma esisteva quest'attentato? Pare che l'inchiesta fatta dai poliziotti francesi che accompagnavano il re in quel giorno risultasse negativa. Certo è che questa inchiesta fr.ancese non fu !ella al processo per qnanto Dimitrievic lo reclamasse. E la rivolta? Il luogotenente colonnello Catalovic, membro del consiglio supremo <li guerra ha votato nel processo contro la condanna. Egli giustificò il suo voto con questa diC'hiarazione: t< Non c~istù110 nè l'allentalo 11P la rivoJtu "· 11 colonnf>llo Sturm Juri&ic, d1e al pro<·eooo <li Sal.0111c<·oav<•va alte5laLo contro A 11i-;di a\eCJ" udilo fisrhiartt Je palle intorno all'auto111ol,jJe d<•l re il 29 agosto ·1916, si è ue<·io,o lasciando una lettera deila qual~ in Serbia vien<' proibita la ,.,uhh]frazione. La V0C'C'pubblica riferisc·e il suicidio al 11enlimento per la testimonianza di Salonicco. Allo stato rlellc co,e solo la pubblicazione de] processo di Salonicco potrebbe recare una luce completa. Ma 11011 se ne fa nulla perchè al processo di Salonicco Dimitrjevic ha confessalo di .aver organizzato "l'allentato di Saraievo ma ha pure indicato i nomi di tutti g1i uomini che erano a conoscenza de1lo svolCattolici e Si è spenta o quasi, in Italia e fuori, la polemica stilla liceità di intese politiche tra cattolici e socialisti. La polemica si è svolta abbdstanza corretta; e la correttezza ste~sa è stata da parte dei teorici marxisti già un discreto indizio di abbandono di molti pregiudizi anticattolici liquidati per metà dalla realtà storica ed esulati per l'altra metà con l'esodo degli anticlericali podrecchiani verso nuove terre politiche. Cattolici e socialisti già da qualche anno er>l}ab.n-ano un po' da per tutto, alJ;overno e nelle amministrazioni locali. Non solo: ma intese elettorali si sono già effettuate in vari siti, specie in Belgio e Jugoslavia, senza parlare della recente grandiosa intesa compiutasi in Germania, a vantaggio sopra tutto dei cattolici, per la caodidatura di Marx. È, a n1io parere, nella natura delle cose che la col1.aborazione si compia, presto o tardi, nell'Europa, dove le masse si dislocano prevalentemente attorno al tnarxismo e alla democrazia cristiana; e anche la ripresa religiosa ci ha da guadagnare. Da parte di alcuni cattolici si muove contro tali intese una obiezione pregiudiziale, di principio. Costoro dicono: Il socialismo è anticattolico, è peccato; dunque un buon cattolico non può intendersi con esso. Se la cosa dovesse risolversi soltanto secondo la tesi, come dicono i teologi, quei cattolici avrebbero pie11Ktmente ragione, e non si dovrebbe neppure parlare di possibilità <l'intese. Ma la t.esi (cioè, l'assoluto, il principio) va contemperata dalla ipotesi ( cioè il caso contingente, il c.aso per caso). Anche il Sillabo condannava il liberalismo. E logicamente. Per il cattolicistno, la filosofia liberale è peccato. Tal quale come il socialismo. Eppure da parecchi anni i cattolici stanno dando voti a bizzeffe ai liberali, e talora ne ricevono ynu·e. L'arguto minisu·o delle armi di Pio n::, e suo confidente, Mons. Saverio De Merode, così giustificava, subito dopo la promulgazione del Sillabo, la situazione di principio e di fatto: <e Bisogna proclamare la verità e la gjustizia, ma si deve nell'applicarle prendere la misura degli uou1ini e delle cose. Ad eseinpio: nessuno più di 111eannl.Ura l'Apollo del Belvedere. Ma quando ordino un paio cli scarpe, il mio calzolaio prende la misura sul piede mio e non su quello d'Apollo. Ecco la tesi e l'ipotesi"· Ma, pur restando nelJa zona dei principi, a qu.alunque mediocre studioso di filosofia consta come anche il neo.idealismo coi suoi annessi (statolatria nazionalista, putacaso), da cui la politica vigente e il partito gover• nativo sono in1prontati, r.app1·esentino un'antitesi 11etta rou Ja dottrina cattolica e costituiscano quindi peccato. Eppure si è votato e collaborato a piacere con gli esponenti di tali teorie, si è cooperato alla legislazione .a tali Leorie ispirata, e nulla s'è trovato da ridire neanche in casi cli corresponsabilità audaci. Eppure l'intesa con costoro è molto più compromettente, non solo perché fatta senza riserve e senza garenzie, ma perchè, se il n1aterialisn10 storico nega Dio, il neoirime11to dei preparativi dell'impre.,a. Eliminalo a Salonicco con Apis il ma1<giore .Iulovic (dw nP! mal'gio 1914 ricevette le hom.he a Sc•patca Ada da Ziganovic) è Ziganovic, dirello a~ente <li Pasic, il testimonio principale. !\la Ziganovic ha sostenuta J"aceusa nel proce--.o di Saloniec;o: subito dopo il µ:o,·erno sPrho di Corfù lo ha mandato in America con un pas.~aporto al fah:o nome ,Ji Dando..-ir.. Dopo la l!w:.rra si è ritiralo a Lc;cub dovP J.>f"T i servizi re.-.i ~li hanno donato e~te~i po,-.~edi~ menti. &; qui la chiave delle respon•ahilità di Pa ic e indirettamente della Russia. '.on sj può nep:are che i] contegno di ZiganoVÌ<' e i modi con cui è stato trattato daJ go\·f"rno autorizzino molte supposizioni. Socialisti idealismo. dopo arnrlo negato, trattandolo da mito, lo soppianta con una propria divinizzazione; cioè peggiora la negazione con una propria affermazione. Il che dal Gentile è chiamato laicismo positivo. Logica vorrebbe dunque che si dicesse: - Liberalismo, Socialismo, Fascismo, sono tre posizioni antitetiche al cattolicismo; ergo è obbligo di coscienza astenersi da contatti con tutti e tre. • Ma la verità è che la discussione, dai piani nobili della tesi, si deve abbassarla al piano terra della ipotesi: esaminare cioè, se. per evitare un male maggiore: la reazione (col conseguente sbocco in turbamenti sociali), no1Yconvenga, secondo la prassi tradizionale, sobbarcarsi al male minore: l'intesa (non la fusione) momentanea coi socialisti. Il modesto parere di chi scrive è che questa seconda risoluzione sia la conveniente. In realtà, le masse cattoliche procedono già spi.ritualmente affiancate con le socialiste, avendo un comune obiettivo di libera convivenza civile da ricostruire. Rompere questo legame che già c'è - e non l'ho creato io - potrebbe forse arrecare un danno che peserebbe per generazioni. Certo i conservatori, i quali ieri si oppo ero a qualsiasi transazione coi liberali, domani combatteranno, scomodando teologia e filosofia, qualsiasi contatto coi socialisti. Se fossero intelligenti trarrebbero dalla loro condolla passata la illazione pel futuro: in passato, quando ebbero di fronte la minaccia rivoluzionaria, gittarono a mare i principi e s'abbracciarono agli stinchi dei liberali. Dovrebbero capire che anche oggi, per stornare il peri~olo con1unista, che li accappona, conviene allearsi con le frazioni più moderate del socialismo, le quali rappresentano la più vigorosa e pennanente resistenza al comunismo, mentre i mezzi adoperati dalla dittatura porl'ano .alle esasperazioni bulgare, e non risolvono, ma differiscono la crisi patu·osa. Questo dovrebbero meditare giacchè il dibattito sul collaborazionismo è in loro mosso da sole preoccupazioni economiche e politiche. Salvi i loro privilegi di casta, difatti, trattano i principi con molta spregiudicatezza. Germania insegna: ivi le destre hanno contrastalo la formazione del blocco cattolico-socialista di Marx in nome delle dollrine catLoliche; viceversn, per loro conto, hanno disinvoltamente scav.alcato le invocate dottrine cattoliche, dando i voti e la vittoria a Hindenburg, cioè a un luterano. L"aueggiamento in proposito assunto dal Vaticano dà ragione al tnio asserto. Sollecitalo a pronunziarsi, s'è dichiaralo estraueo alla vertenza, perchè si trattava di questione di politica interna: e tale è stata la linea costante della anta Sede nella lotta tra Centro e Bismarck. Questa, la ragione del contegno del Vaticano, e non già 1a distinzione, per nulla fatta in que11a circostanza, se i cattolici des~ sero o pigliassero voti . La ragion del contendere è prevalenteiuente politica, dunque. In politica, sì, debbono vigere i 1nolivi della morale. Ora quanto a questi, la collaborazione con le desLJ·e in Europa, nel dopo guerra, s'è operata altra-

verso. tali infrazioni del Decalogo compiute dai reazionari, che non basteranno decenni d'intesa coi socialisti per ristabilire il pareggio. Conclusione. Per evitare disorientamenti spirituali, occorre che i polemizzanti tutti non tendano a far eredcre ehc, in tema d·ì principio, si adouano due pesi e due 1nis11rc. Tale impressione si prova leggendo gli spunti polemici del Direttore dell'Osservatore Rom,ano (il pensiero di questo conservatore è ben diverso da quello del Card. Gasparri, come è stato nel caso della candidatura Marx, in cui il Segretario di Stato non ba fatto questione di dare e di avere): secondo quanto in essi si afferma i ciuadinj cauolici possono allearsi anche con omicidi, anche con incendiari, ma non n1ai con socialisti. Il che, cristianamente parlando, è forse conservatorisn10, rna non cauo]icismo. RonERTO ATTouco. Storiadi unsecolo Vecchia di una esperienza otto volte secolare, la dinastia piemontese si presenta alla soglia del decimonono secolo priva di regno. Anche degli ori e dei gioielli della Corona era stato privato l'ultimo re del Pie111onte dai luogotenenti del Buonaparte; e ridotto a scontare in terra d'esilio la propria personale miseria, ed il peccato d'appartenere ad una razza logora, cerca invano consolazione nelle povere parole della sua santa moglie Clotilde. Tradito da tutti e giocrlto, come avviene coi deboli, Carlo Emanuele IV nel 1802 i, costretto ad abdicare ed a cambi.are l'"rmellino reale colla funerea veste del novizio gesuita, per rimaner tale fino al 1819 e languirvi, « cieco, senza denti, con poco fiato e meno giudizio )>, com'egJi stesso scriveva al San Marzano nel 1815. Dalle mani d'un notaio ed in presenza di due testimoni convenuti nelle stanze d'una privata dimora romana, Vittorio Emanuele I riceve la Corona reale; e si ritira giù in Sardegna, fra pastori e caprari, in umile silenzio, da buon uomo qual era. Era costui il padre dell'Italo Amleto ed il fratello del quarto Carlo Emanuele. Altra aspirazione forse non avrebbe avuto che di rimanere fra i suoi isolani Sardignoli; se alla caduta di Napoleone le Potenze occidentali alleate non avessero avuto bisogno del Piemonte quale d'un muro da frapporre all'avanzata della Francia verso i nostri mari, e quale un ,cuneo da porre tra Austria e Francia per tenerle in iscacco entrambi. Fu in grazia di ciò che Vittorio Emanuele l diventò di fatto Re della Sardegna e del Piemonte; ma di fatto per modo di. dire, poichè dietro il paravento della sna Corona stavano effettiva~el\te l'Austria e l'Inghilterra, a cui le terre dell'ex-repubblica Cisalpina dovevan eventualmente servire quale luogo d'accantonamento d'armati, e campo di battaglia. Il vizio di tale origine non poteva non pesare sul nuovo Regno, e renderlo fragile ai primi urti che fosse per ricevere; nel tempo stesso che la coscienza di tale sua fragilità non poteva non mettere negli animi dei suoi sudditi. La congiura del 1821 e la relativa abdicazione di Vittorio Emanuele bisogna spieg.are con ciò: al modo stesso che bisogna con ciò spiegare la parte avuta dal principe di Carignano negli avveni1nenti. Fòrse uu eccesso di impulsività ed un abbandono al-' l'odio contro l'Austria che umiliava la Sua Casa fu lo stato d'animo del Principe, che nori per altro che per utilità accettò l'invito dei liberali, forse sperando di poter ricavare dalla loro propaganda per l'indipendenza e l'unità, i cardini sOpra i quali far girare i suoi desideri d'espansione nel Lombardo-Veneto, che 1·imase la preoccupazione precipua della sua vita. Il fallimento dell\mpresa viziò per sempre il già vacillante temperamento del Principe; che finì per essere inviso tanto ai liberali che ai Principi ed alla Corte, dalla quale fu sbandito fino alla morte di suo zio il Re Garlo Felice (1831). Da questa data fino alla sna abdicazione l'attività politica di Carlo Alberto fu caratterizzata dalla lotta contr0 l'Austria per la Lombardia, irÌ ciò aiutato dal tacito favore deJl'lnghiltena, e dal consenso dei liberali che in lui volevan soitanto vedere l'elargitore dello Statuto ed il riformatore che .aveva compiuto il trapasso dalh feudalità alla Costituzione. Effettivamente a questa come all'unità e da supporre che credesse poco; se no, di più avrebbe curalo· il suo esercito., che avrebbe continuato a guidare anche dopo la sconfitta di Novara (che forse non sarebbe avvenuta); ed il suo Regno, che nonostante i] rovescio n1ilitare gli era rimasto fedele. È probabile che Carlo Alberlo abbia elargita la Costituzione percl1è altri due Principi Regnanti l'avevano elargita: Ferdinando di Napoli e di Pio IX; i quali non meno di lui erano preoccupati di smontare con riforme e pannicelli caldi, i bollori rivoluzionari della parte rumorosa del popolo e della borghesia ur]lana, la cui passione si voleva e &i crede ,a di poter sfruttare. Id Messisi fuor di contesa Pio IX e Fenlinando, non rimase sul cainpo a ra<·coµ:licre i frulli e gli allori d1e Carlo A lherto, i I qua]e però fu sehiacciato dagli avvf'nimcntj <' dovetlf' anchf' Juj sorro1nhcrc, abhandùnando al figlio ed al liberalismo che ncll., sconfrua militarf' aveva trovalo la proprj,l vittoria politiC'a, j] Rc!(nO e 1a Corona. È a questo punto che appan· f,11lla scena politica Cavour per imporre alla. Dinastic1 ed agli i1aliani i principii lih<'rali e la Costituzione; mentre stavan scivolando nr-lJa penombra Carlo Albcno e Gioberti, il c·ui fedcrali~ruo rra stato sconfiuo. Dopo i I l848 la nosl ra storia è la storia della ditLatura liberale in Italia, della suJ fortuna e della sua utilità: divisibile nelle parti che in essa vi hanno esplicato i vari minjsteri, e g'iudicahiJe ne1le carallenstiche che v'hanno i.mpresse j suoi ministri. Non dobbiamo parlare qui 11è dei rncriti di Cavonr, nè degli errori di Crispi, o di altri ministri; poichè ciò esorbita dai nostri propositi, ma dobbjamo invece dire co1ne tale diu.atura, clic non fu espressa Ja una radicale e profonda rivoluzione di popolo, fu sin dal principio bisognosa degli appoggi delle Potenze estere; di modo che la formazione cl~11a nostra unità nazionale è più un risultato dell'abilità diplomatica di pochi uomini, e cli politici com1nomessi con le nazioni occidentali: il che spieg,a la gran p rtc che in essa vi ha esercitata il Cavour, a detrimento di quella che vi avrebbe potuto esercitare il Mazzini; che in quell'epoca non ebbe quasi altro scopo che di fornire nuclei di arditi enunciatori e di volontari, sempre utilizzati, se non diretti, dall'uomo di Stato Piemontese. Questo non toglie però che quel tanto di matui-ità politica attraverso essi si esprimeva, non avesse i peculiari caratteri dell'autonomia del repubblicanesimo, solo valentesi delle istituzioni monarchiche, quale concreta oggettivazione t di essa maturità e di esso repubblicanesimo. La Monarchia insomma era un princ1p10, era un idea; che andava rispettata e che doveva essere conservata, poichè era uno dei pochi punti fermi sopra i quali gli Italiani erano chiamati a raccolta, e dal quale erano educati e legati; mentre per l'Estero era non soltanto una garanzia. In questo senso la Monarchia ha avuto una funzione politica e pedagogica. Quando a questa ha voluto aggiungere la funzione redentrice per mezzo del socialismo monarchico e della politica riformatrice di Giolitl;i, le cose I sono radicalmente cambiate. Si può anche ammettere che tale politica fosse dovuta alla necessità di rimediare gli errori della politica megalomane e demagogica del Crispi, tragicamente finita com'è finita; ma il nuovo indirizzo se in parte riuscì a conseguire gli scopi che s'era proposto, col raigliorare la condizione sociale· e politica degli operai, impedì tuttavia l'irrobustirsi dei partiti col trasformismo. La guerra europea ci ha sorpresi così, e noi siamo corsi ad essa, senza sapere perchè; e privi di nostri pa1·ticolari scopi. L 'i.i-redentismo adriatico era troppo v.ago quanto capziosa era la finalità rivoluzionaria della guerra predicata dagli improvvisi illuminati. Senonchè la guerra era sul serio un fen::>- meno rivoluzionario e democratico; e lo si è subito visto allorchè s'è imposta la l'ecessità di chiamare cinque milioni di -italiani sotto le anni, e tutta la naZione ha dovuto resistere al cozzo non soltanto d'un ~sc,rcito nemico, ma di quello di più nazioni anch'esse al completo mobilizzate ed attrezzate per la guerra. Non I indaghiamo qui se il congresso di Versaglia dei nostri giorni sia stato più f·quanime di quello di Vienna del 1815, nè se la democrazia vi abbia presa parte. Questo ap-...._ partiene ad un altro ordine di fatti. Conveniamo piuttosto che a guerra finita le vecchie oligarchie politiche degli Stati belligeranti han dovuto far largo alle masse dei combaLLenLi, le quali come una fiu111ana si sono riversate sopra le vecchie istituzioni, finendo per stritolarle. Vecchie e gloriose Corone sÙno anelate così in frantunn; non meno di quattro fra le principali dell 'Europa; n1entre in tre stati già da esse f overnati, le suddette masse han tentato, con efficacia soltanto in una, d'attuare i postu.lati estremi ed immediati delle loro aspinr,ioni. Che è avvenuto in Italia? Non parliamo del periodo che fu detto bolscevico, nè ài quello che gli è succeduto; il nostro popolo, dopo la guerra, ·:1a aggiunto all'avito scetticismo la stanchez:ta che gli dèrivava da quattro pesanti anni di trincea. D'a"ftra p~_rle le richieste che un 'altra parte di esso (la parte agricola avventizia) foe11nlava per avere la terra in proprio do111inio, non era che un'eco delL'l propaganda che a base di cle111agogias'era falla nel '915 da parte clegli illuminati e dei Salandrini; mentre le elezioni colla proporzionale erano effettivamente il battesimo politico di molti str.ali sociali ain allo1·a ri1nasti nella penon1bra discreta della sudditanza. Come le vecchie e chiuse oligarchie del liberalismo abbiano allontanato dalla vita politica della Nazione queste giov.ani energie, è ancora oggetto della cronaca spic6ola; e non ancora materja per uno Bpassionalo giudjzjo. Sta di fallo tuttavia che il rapporto di forze ,, di maturità tra Monarchi,a e, Popolo non e nJulalo. La rondu8ione dj <Juesta storia <)j un see,1Jo è per <Juesto aspetto an<·ora Jontana. A. CAVALLI. . Il fronte unico Il nostro Bilancio ha mosso uno stuolo di polemiche. Una risposta agli attacchi fascisti sarebbe superflua. A un articolo del Mondo, invece, che vorrebbe essere maligno, 6sponde, ci sembra, sufficientemente il fatto che il Mondo si trovi in perfetto accordo col Popolo d'fu,lia. Non e la prima volta che la cosa succede aJ giornaJe romano. Nei giornj in n1i certi oppositori moho furbi contavano sul dannunziano Delcroix, il Mondo aiutò dolcemente il tentativo di sopraffazione della stampa fascjsta contro ehi aveva sniascherato i] gioco. Al Mondo sembra ora che articoli come il Bilancio rompano la solidarietà tra oppositori Evidentemente questa solidarietà è intesa dal Mondo in maniera assai curiosa ee a un nostro chiaro articolo in difesa dell'Aventino intransigente si risponde con ripicchi polemici. Su questo terreno quando faremo 1111 altro bilancio potremo offrire degli elementi assai precisi a chi vorrà giudicare tra la nostra condotta e quella degli amici del Mondo. Ora preferiamo lasciar loro la parte di suocera, e, quasi per fanatismo di disciplina, non rispondere alle insinuazioni che più ci son spiaciute e più ci rendono incerti sulla serietà dei nostri contraddittori. Più interessanti sono invece le lettere private che abbiamo ricevute in questi giorl"}i. Eccone nna di un operaio metallnrgido: Scarto a priori la questione dell'Aventino cui la massa operaia nulla ha a che vedere nè da sperare; ma tutto invece deve compiere lo sforzo supremo per il « fronte unìco operaio >>. • È questo l'unico modo, preciso e chiar.o, che potrà ineluttabilmente 1isolvere tutti i problemi in questione; fattore primo da tutti riconosciuto e messo in discussione. Esiste u.na differenza, grande differenza, ed è il modo come esso si interpreta, come ~i vuole questo fronte unico. Ciò posto domando: _ 1° Cosa intendono per fronte unico? 2° Come, in pratica, vogliono <irrivarci? 3° Da questo cosa può scaturire e crearsi? 4° Come servirsene e quale appoggio loro intellettuali gli darebbero? •5' Il fronte unico operaio lo intendono come. tale, cioè creazione dei Comitati o per ai e contadini? 6° Per la conquista del potere o continuare ad essere servi e sfruttati? È a questo che desidero una precisa risposta come io l'ho fatta, da opera.io rozz9 e ignorante sì, ma con tanta volontà d'istruirsi ed imparare e senza equivoci bene impostare i problenii proletari e saper dire cosa si vuole. Abbiamo parlato di fronte unico operaio sin dal 1922. Il fascismo è un movimento complesso e importante: sotto ai suoi aspetti ... pittoreschi stanno interessi precisi. R. L. lo ha sempre studiato tenendo presenti due criteri: inquadrarlo come fenomeno italiano (sagre, sanfedismo, signoria del Rinascimento, costu1ne politico e morale non europeo), intenderne le basi economiche alla luce di un metodo marxista.,Perciò abbiamo parlato sempre di lotta che durerà per decenni, che deve svolgersi con assoluta intransigenza, ecc. Se si considerano le classi che oggi partecipano alla lotta politica, il fascismo si può considerare stabi]e e sicuro. Nessun colpo di mano può fargli paur.a perchè gli uomini capaci di fare un colpo di mano sono nel fascismo. E noi siamo risolutamente nemici di llll antifascismo che si fondi sui colpi <li n1ano e sulle congiure. Dunqnc non si può coptare se non s1ùla p'artecipa.zione di nuove forze alla lotta po- .litica. Un movimento di masse porterà nella lotta la franchezza della tattica a perla e della combattività senza quartiere. L'Unità protesta quando noi dichiariamo che il proletariato è ancorµ in un n1on1ento di depressione. La realtà è che gli operai e i contadini hanno oggi lU1peso minin10 nella lolla politica italiana. Perchè? 1) Perchè !"offensiva fascista ha fatto emigrare i più audaci e resi incerti o inoperosi i Limidi, anche con l'iucnLo della disoccupazione. Solo quando il tenore di vita ,niglioi-a, il proletariato è padrone di tutto 'I suo 1;3pirtio cli resistenza; 2) Perchè la divisione dei tre part1t1, inevitabile per circoslanze conlingenti, allontana molti dalla lotta e consun1a l'energia dei partecipanti in lotte intestine. Bisogna la,·orare con spirito di lealtà a ::uperare queste divisioni. Noi crediamo che il movimenlo operaio lasciato alla sua iniziativa, aiutato in buona fede, troverà da sè Je vie e gli strnmenli della lotta. Con quali fini? Noi non abbiamo nessun limite a priori da proporre: il risultato dipenderà dalla matnrità e dalla capacità del moyjmento. E crediamo in ogni caso che dalla partecipazione operaia alla vita pubblica la chiarezza e l'onestà della politica avrà lnlto da quadagnare. Come arrivare al fronte unico? Da parte nostra nessuna pregiudiziale contro j Cornitatj operai e contadini. L'importante è non farsi jJiusioni e sapere che si lavora a lnnga 8cadenza per una lotta poHtica più seria e dignitosa. fntanlo il compito di R. L. noi lo vediamo in questo: creare tra i giovani di tutti indistintamente i partiti di massa che Ei oppongono al fascismo un'atmosfera di lealtà <"ritica f:. una r:c,mune voJontà di lotta, &en7...a. preor·c·11pazionj parlamentari ,~ senza possibiJjt[i di r·ompro-me8~i. p. g. L'offensivdaellapace i\ncora prf'diche per l'unione dei cuori. f.~ di ieri la notizja che l'on. Rossini si é offerto come padere tra i comhattentL...4'tf~ Governo. Ma il deputato di :',c,vara ,,; il P~a che ~ussoHni ha g-ià intorno tr<Yppi a:~Jfranti bOllosegretari insoddfafatti? I. Bonomj ha scrjtto: « 0,b'lli rivoJuz-ione <leve trovare i] suo acquietamento in un oròine; ogni resi;::;tenza deve sboccare jn un equilibrio "· Anche l'on. Bonomi ignora che troppe tessere ad honorem, troppe firme del manifesto degli intellettuali fascisti aspettano il laticlavio. È pressochè certo che il Cerchio entro cui avverrà la scelta è già Hato chiuso. Bisogna poi che egli si com{n"a che il problema della successione a Salandra per Ginevra non si può riaprire per lui. Altro che equilibri e acquietamenti! Comprendiamo che questa gente sia delUEa di essere passata all'opposizione. Essi non riescono a capaci.tarsi che il regime di pane e acqua, scelto dagli oppositori, sia un regime ideale. - Gli ecclesiastici dell'Azione, giornale honorniano, affermano che l'Italia, stanca di lotte fa:dose, chiede a gran ,;oce la pacifica convivenza di tutti i suoi figli. Le voci salgono su dal cuore profondo del popolo e ormai attingono le cime. Le irose intransigenze cedono il passo davanti al pacato ragionamento di coloro che mirano alla pacifica:done della Patria. Il direttore di questo mistico foglio ha anche rivendicato la gloria di essersi trovato d'accordo con !'on. Mussolini. Da costoro noi reclamiamo una sola sincerità: di stare senza equivoco dalla parte dei vincitori. Gli uomini che hanno conserrata dignità sono tutti al loro posto di combattimento: non ci seccHino con le loro grida ferninee di pace. Chi parla di pace quando la lotta è sempre più chiaramente posta: senza quartiere'; s'è già a11eato col nemico. I signori dell'-~zione sono infatti più muss\?li1Uani di Farinacci. PIERO GOBETTI - Editore TOI'.ino - Yia XX Settembre. 60 DfMISEXTE: GUIDO ZADEI L"Abate Lamennais e gli italiani del suo tempo Ai prenotatori L. 10. La figura delrabate Félicité de Lamenna.is (17821854) di Saint-M3.lo è una delle più interessanti fra_ quante primeggiarono in Europa nella prima metà ciel secolo XIX. L'abate bretone ebbe grande rinomanza in Italia dal 1820 al 1848, poi le sue opere furono dimenticate ed oggi le nostre biblioteche sono quasi aff::iuo spro,·• viste degli scritti suoi e degli studi che nel Lamenuais sono usciti, numerosissimi. in Francia. Uno studioso bresciano (la cui ctÙtura lamennaisiana è stata recentemente consacrata in Francia dalla Bibliographie de Lame11nai.s del Duine e dalia acco• glienza ch'ebl-e a Saint-Malo una sua comuuicaz.ione fatta dinanzi ai migliori storici del Lamennais) si è accinto all"opcra di far conoscere lo ~,siuore francese agli italiani e mostr:n·a quanto sia stata gra.n<le I"influenza sua sugli uomini nostri del suo tempo. Nel \ olume t·i saranno alcune delle più belle pagine lamennaisianc e si leggeranno iniere!:santissim.i giudizi sull'Italia. In appositi capitoli sar:.mno stu. diati con ampiezza di informazioni ! rapporti del• L::nnennais eon la Santa Sede. t'Oll Giuseppe Mnzzini. con Vincenzo Gioberti~ con Gino Capponi e col Tommaseo.- con Pier Silvestro Leopardi e con Giuseppe )lontanelli. Notizie pressocbè inediie interno a.i rea• zionari rnoi oppositori quali il conte ).Ionaldo Leopardi e il c:mo1ùco Borioni di Ancona e sull·opera de1 principe cli Metternich renderanno il \~olume inter0s::;ante anche per i francesi. François Duine, indubbiamente il più profondo conoscitore di tuao ciò che si riferisce al Lamennais., seri \·eya alcuni mesi fa, dopo a\·er letto i due articoli che, con lo stesso titolo del nostro \·olume, Guido Fadei ave,u pubblicato in una rivista nùlanesc: ccJe espère bicn que vous reprendrez ce mt'me sujet: L',1. berle de Lamemrnis e gli italiani del suo tempo. pour le déveiopper en un volume, qui serait très lu, et I rès précieux pour les étrangcrs comrne moi )). L"abate Chades Boutard, autore di tre grossi volumi e di parecchi opuscoli lameonaisiani, scriveva il 25 marzo 1923 a proposito dei due articoli suac• cennati: te Dès les premières pages, fai vu que vous possidcz votre sujet et que rien ne vous manque pour • le t.raiter avec compétence )J.

b Prerisorgimenfo Adalberto Radicati I. Nel Sellecenlo "i piemontesi - scrive il conte Adalberto Radicali di Passerano, che sarà .il protagonista di questa nostra rievocazione - godevano di un dolce riposo e di una libertà quasi grande come quella dei fortunali popoli della Gran Bretagna: infalli i preti che parteggiavano per la Corte di Roma non ave, ano potenza nè credito, e quelli che favorivano la nostra Corte erano ottime persone che odiavano a morLe la gerarchia ecclesiastica, non potendo sperare nella loro carriera un vescovado o una ricca prebenda. Queste ottime persone predicavano sempre e in ogni luogo a favore deJ sovrano ed era loro concesso valersi del suo fa, ore per difendere la buona causa. lo po, che ero fedele e affezionatissimo al mio sovrano, la difesi così bene che gli ecclesiastici partigiani della Corte di Roma mi onorarono col titolo di eretico perchè, dicevano, io protestavo continuamente contro i vizi e gli abusi del nostro clero. E insomma feci il mio dovere tanto compitamente che fui citato tre volte davanti all'inquisitore per imputazioni che mi restarono sempre sconosciute; 111.a io me ne vendicavo allegra1nente non andandoci. Così mi condannarono in contumacia, attendendo tempo più favorevole per eseguire la crudele sentenza di questo tribunale "· Veramente la politica ecclesiastica fu per il Piemonte del '700 la prima esperienza cti una volontà statale. Nelle vicende di Vittorio Amedeo II, impegnato dal 1686 al 1727 ininterrottamente in lotte. religiose e in conflitti di giurisdizione con vescovi e arcivescovi del suo territorio, si scorgono le espressioni cli una coscienza laica. Forse le lotte religiose erano allora piuttosto contrasti di piccoli interessi, non sostenuti nè da ideali politici inesorabili, nè da limpide visioni ginridiche; ma in questi a1·gomenti l'umile pratica viene sempre prima delle idee. E ci troviamo, a secoli di distanza, a riconoscere difensori di l'aicità, trascinati da 1ma logica superiore aJla loro grettezza, anche certi buoni duchi di Savoia, voraci goditori di badie,' astuti nel contenderle alle decisioni ecclesiastiche per attribuirle ai propri bastardi o alle favorite. Invece che di una lotta per la investitura Fi tratta delle piccoìe astuzie del duca che combatte con ambizioni regali. Nè si deve dar torto al marchese d'Ormea di aver lavorato in queste situazioni « religiose >>da buon diplomatjco, senza risparmiare ipocrisie e giochetti come se la questione fosse tutta di bilancio e di equilibrio internazionale. Invece sembra qualcosa più che una curiosità storica ricordare che alla Corte di Savoia vi fu in c1uegli anni accanto ai diplomatici il teorico. accanto ai riformisti il riformatore, pro~to a dare un contenuto dottrinale alla battaglia pratica e a gridare la sua, protesta. Curiosa figura di canwuatore dell'lnquisi- :<ione. il conte Adalberto Radicati, e davvero non s,apresti dire se più originale nella vita o negli studi! C'è in quest'nomo lo spirito di una nobiltà antica e inquieta (Alfieri) capace non tanto di teorie quanto di fortissime reazioni critiche alle idee, inetto a soddisfare la passione innata verso la politica, per un desiderio sempre leso di avventure; cervello anarchico e sentimenti austeri di autoriLario, disposto al lealismo e al gusto per la ,ita di corte. Preoccupazione ispirata alla ragione di Stato, un odio anticlericale quasi furente. Vittorio Amedeo ne traeva partito quando la lotta con la Corte di Roma era più accesa. Chian1ano un giorno d'urgenza il conte alla reggia. « J'y allai un peu inquiet )> e ..~,i trova in antican1era il procuratore fiscale e il grande Inqnisitore, che attendevano seduti vicino al fuoco; « il n 'y manquoit que 1e bourreau et mon affaire étoit faite "· Ma il principe, « d \me 1nauière fort afiable et gracieuse "' gli conferma la sna fiducia benchè gli sia stata presentala proprio allora contro il conte accusa di ateismo. e< C'étoit la n1éthode ordinaire du Clergé de décrier par le nome odieux d'.athée, tous ceux qui ne veulent pas s'en laisser imposer en utalière de foi )>. ccConnoissez-vous, me dit-il, les droits des Rois el de l 'Eglise? .le lui reparlis humblemenl que fen avois fail 1na parLiculière étude depuis plusieurs années >L E gli presenta la su.a tesi rad·icalissima: non si deve perrnettere ai sudditi di riconoscere altro diritto che quello del loro sovrano. "Qne cleviendroit clone l'autorité de l'Eglise, me repliqna ce Roi, si les princes suivoienL cette niaxin1e? )). << EJle deviendroiL, Sire, lui répondis-je, une Chimère telle que elle est ". E del resto: « Bien loin d 'etre divine l'autoriLé d.u Pape, jc prUs prouver à Votre Majesté qn'elle est entièremente contraire à l'esprit de l'Evangile "· Alla fine del colloquio il Principe pensa cli utilizzare queste nuove dottrine e gli dà incarico di seri• verne un libro. « Je me chargeai avec un plaisir extrèine de cette corr1missione, me flatc.; a tanl rlf' pouvoir un jour délivrer ma Palrfr· dn <'l"l1eJ joug dPs rccJésiasliqw·8 ». Con quc•sle idee fisse il co,;tP Radi<·ali doveva apparfre tra i suoi contemporanei al- <fuanlo stravagante <"' avcrnr- noie interminabili. Del n·sto il suo spirito si dilettava della condolta pili jmpopolarc anche negJi affari domestici e jnnorui. I1 suo primo 1nalrin1onio si risolve in uno scandalo. GJi muore Ja moglie, e viene accusato di veneficio e si sa]va a slcnto col consullo ,li un medico. Durante una peregrinazione in Francia risoJvc di unirsi « ad una persona c-he per raggiane e per affcllo tulla dipendesse dai miei voleri " e si porla la seconda moglie, non nohi]e, a Passerano, urtando -j pii1 chiusi n1isoneismi. Quivi ronlraddice clamorosamente ai nobili del suo consortile, in lolla fiera con la plebe, predicando <ein un governo n1onarch ico cd assoluto iJ nobile come il plebeo sono parimenti sudditi del Principe, dimodochè il Principe deve render giustizia eguale al i-ico come al povero, al nobile el al contadino per farsi teu1ere ed an1are ugualmente da tutti e potere cosl facendo mantenere smnpre Ja sua aulodtà assoluta)). Cerca nuovi nemici a Torino dimoslrando ai cattolici << che la superstiziosa venerazione e il troppo rispetto che essi avevano per il vescovo di. Ro1na loro facevano dimenticare quello che legittimmnenle devono al loro principe n. Anche secondo Cristo << tutti i regni, t11lle ]e p1·ovi11cie et insomma tutta la terra con le sue ricchezze dovea esser comandata e ordinata e possednta da monarchi principi o repubbliche, da tulli quelli che hanno il maneggio del civile governo, che a loro appartiene lo stabilimento delle leggi e di farle osservare dai popoli non solamente laici 1na anche ecclesiastici >>. Di qui minaccie dell'Incp.1isitore: vane perché egli potrebbe essere arrestato solo se capitasse nel convento dei Domenicani dov'è posta l'Inquisizione « di che venni avvertito, dimodochè non capitai più in quella Chiesa e quindi certamente perdetti la protezione del gran Domenico e dei suoi discepoli "· Gli arrestano i domenicani un cameriere cc il quale ogni mattina udiva due o tre Messe et pareva che si nutrisse di Avemarie e di Paternoster perchè sempre li aveva tra i denti et era delle compagnie fradelato et arolato ». Ma sperano invano che col venire al convento per averne spiegazioni egli cada nel tranello. Tuttavia solo per l'ultima insidia di questa diutuxna battaglia mossagli da preti e frati gli pare di poter conoscere « la frode e l'impossibilità che vi è di potersi fidare a coloro. che militano sotto le insegne de frati che sono la cintola di Agostino, la corda di Francesco e il rosario di Domenico e un'infinità d'altre bande dette compagnie tutte inventate e stabilite per cavar danari e la divozione del popolo ignoo:ante e superstizioso ». Solo il favore dei re riesce infatti a salvarlo contro l'accusa che gli fanno gli ecclesiastici « fra i quali vi fu la stessa mia sorella monac.a in S. Chiara cli Chieri ))"di maltrattare la figlia e trascurarne l'educazione. Non era vero e soltanto « non era ancora stata a confessarsi, m.a ne dilungavo il tempo espressamente per mantener]a in quello stato innocente che fu ritrovala dal Ministro di Sua Maestà quando glie la consegnai; perchè sapevo che la confes6ione è lo scoglio contro del quale fa sempre naufragio l'innocenza delle tenere verginelle; in1perocchè non sapendo esse che dire è di dovere che il confessore le interroghi ed alle interogazioni imprudenti ed ai quesiti disonesti e lascivi talvolta ignorantemente e ben spesso maliziosan1ente fatti dai confessori egli è certissimo che per queste sante str.ade di penitenza il vizio e ]a malizia s'insinuano nei cuori innocenti)>. Fu rnltima sua vittoria contro ]e pe1·secu- ;::ion.i. Il marchese d 'Onnea stava meditando il concordato con la Corte di Roma, la tregua era jn1minente. cc Je pensai donc à me mettre è ]'abri de l'orage quj me menaçoil et pour cet effet je 1ne reugeai en Angleterre "· Gli furono confiscati i beni poichè non gli si poteva apprestare jl rogo. I conteinpo:ranei rimasero incerti se chiamarlo aLeo o protestante o razionalista. I casi della sua vita lasciano indecisi anche noi se le sue fossero convinzioni meditate o accese iinprovvisazioni. C'è in lui qualcosa c.ìelravventuriero. Vedia1110 dunque cosa ci dicono le sue opere. II. Au 8érénissi1ne et très pnissa!1I, prince Don Carlos. Roi des deux Sicilcs, héritier présomptif du Grand Duché de Toscane, Due de Parme et de Plaisance, etc. etc. è dedicata per disperazione l'ope1·a compiuta da Adalberto Radicali, dopo che egli aveva tentalo invano di presentarla a Vittorio Amedeo II e a Carlo Emanuele III. Già dalla dedica puoi arguire il carattere del libro nel quale cercheresti invano lo stile teorico e le intuizioni metafisiche e critiche predominanti negli scrittori inglesi contemporanei cli questi argomenti. Chi volesse ricostruire nei dialoghi del Radicati un edifido logic·o c·ompiulo, riuscirebbe per Jo meno inopportuno e jnad.atLo a scorgere j pregi di un 'opera che è tutta scrjtta 1,ollo l'in<'alzanle ne<:cs"ità polcrnica, quasi tra una alternativa di vita o di morte. JJ filosofo è sacri/ìcalo al comhallcnte. Per altro la stessa cultura del Radicati ,i può LJ.'aJTf" in in~anno. EgJi è jl pdmo italiano (·lie abhia famigliari scrittori <;om,~ Toland, Collins, Algcrnon Sydney, Bayle, Vollain•. \,alo intorno al 1690, morto nel 1737, ~ il primo illuminista della penisola. GiannonP, Dc11ina, Pietro Verrj sono lucidamente anticipali. La sua pa8sione vive naturaJmenle ncll'atmosfc,-a europea del libero pensiPro. Sulle ormP di Lockc anticipa Rousseau, parlando di stato di natura e di governo del popolo. Teorizza i governi <·oslituzionali; deonoscc J"eguaglianza pratica deJle va,-je forme statali (monarchia, aristocrazia, democrazia) quando siano liberamente accettate e si fondino sulle leggi. La laicità è un risultato chiaro e definitivo nel suo pensiero. Tullavia ncJl'alfermazione di tulle queste idee, nelle pil, acute disquisizioni teor:iche c'è semp,-e un fondo di dilellantismo. Trovi delle affermazioni vigorosamente rnoderne, ma soltanto perchè le parole vanno oltre le intenzioni e la sua cultura rj_mane vaga e indipendente daJlc esigenze· del carattere e della realli1. Per crederg]i vorre1nmo la costanza co1ne prova delle sue convinz·ioni e troviamo invece mutevolezza. Non saremo lontani dal vero concludendo quesla circoscrizione dei suoi limiti col segnalare come enciclopedista pmlloslo la sua curiosità che il suo pensiero. La categoria del romanticismo, o del proloron1anlicismo di cui parlava Croce, a proposito d~Jl'Alfieri, aderisce meglio a questo spinto d1 avventura. Cosi resterebbe senz'altro definito anche il suo cristianesimo ostile :1.i dogmi e alle intransigenze del callolicismo (fenomeno non ignoto all'Inghilterra e che rivedremo in Italia per tnllo il Risorgimento).Ora l'opposizione del cristianesimo al cattolicismo è proprio alla Riforma. Invece Radicati sfiora le più scottanti queslioui senza affrontare nè vedere i pericoli. Dove vorremmo un 'indagine teorica c'è una satira o un motto di spirito. L'indulgere ai motivi volt~riani di stile è un altro segno di spirito d .avventura. Per trovare qualche cosa di più solido e un interesse veramente centrale dobbiamo passar all'esame del diplomatico, dove si trovano per l'appnnto i limiti. del cnrioso. Lo spirito letterario della sua inda!rine si risolve in un eclettismo e in uno sce;ticismo verso le teorie. Senonchè proprio in questa indifferenza c'è l'astuzia del politico che abbandona le questioni di principio per risolverle nel mondo dei fatti. La tradizione è sabauda e _lo stesso Cavonr la riprenderà in grand; stile. Le ideologie, in Radicati come in tutti i prepa~·atori de~ Risorgimento, sono precise finche s1 appogg1ano allo Stato e al Re; l'inte1·esse teorico, l'eresia, la riforma non suscitano energie pratiche. • Il pensiero di Radicati è lutto percorso Ja inotivi eretici, ma nel mon1ento in cui egli potrebbe pensare ad una Riforma, le ra«ioni P?litiche lo fam10 rivolge1·e con maggior ~ompiacenza al concetto di un cattolicisn10 schiavo de] principe. La ragion di Stato è assolutamente don1inante; il libero esame serve al polemista come slnnnenlo per ,111 fine polil1co. A quale profession di fede egli volesse poi _giungere da questa pregiudiziale di liberta, non ci riesce di precisare. Anzi il seg~o della natura eretica del suo pensiero sarebbe appunto in c1ue~ta ùnunzia alle preoccupazioni di salvezza metafisica. In realtà .la loti" contro il potere temporale è la chiave di volta di tutta la sua speclÙazione. La liLcrLà religiosa, ]'affermazione ddla t?lleranza, la lotta contro la su1jerstiz1.one .vi .s1connei !ono come ideali vagheggiati d1 nnghoramento dei costu1ni e di serietà etica. Trm·i perfino uua difesa dell'ateismo defi11:itocome quello che sa << riconoscere u1~aDivjnità senza professare come vPri santissin1i le n1enzogL1e più assurde ed esecrabili de«li no1nini >>. E qui sembrerebbe addirittura :r. fermato il rnlore della reli,riositit contro le religioni. Invece in tutta la '"'polemica contro la Chiesa alluale il Radicati ar«omenta ,la p_erf~t~o cristiano che all'ann-izia 0 degli ecclesrnstw1 oppone lo spirito del Vangelo e dei primi cristiani. La diagnosi dei 1uali che vengo!.10 dominando nel1a rehgione cattolica è condotta come sloria della corrnzione dclh Chiesa, deformata e ri<loua a una storia rli artifi.z.i e di me'nzogne. È naturale che in questo processo ven!!:ano affior.an<lo motivi protestanti e n\zÌonal'isti. Leggere la Scrittura, non commenta:-la. Tutti fratelli, ness11n ~e.scot:?· Disonestà riel celibat_o dei preti che e servilo soltanto ad accumulare le ricche;;ze, ecc., ecc. La confessione, il Purgatorio, le Messe e le indulgenze, j uwnaci, le compagnie 1·eligiose sono tntti pericoli per la laicità dello Sta,o. Bis.oµna dnnque combattere all' oriaine quPsLi ma"li. Al sovrano appartiene l'auto~·ità Laoto sacra che civile. Egli deve con·eggere la ,·ita degli ecclesiastici, ormai completamente opposta allo spirito del Vangelo. Per qnPsto fine non vi è che un mezzo: togliere ie ricchezze agli ecclesiastici, non consentire alla Chi,--a lil,ntà e immunità, limitare Jo "'ll<'.~0potere 1,0,J Lifìcio. JI lihc·ralismo di Radicati era cosi posticcio ,·lw (•,!.di c·oncludf: tutta la -ua hattagJja in un pro~rarnma .,latolatra. Per far prcvalerf" iJ "lllO di-,~µ-110~ut!µ-erj.,_<'.eabilmente ai prin<·ipi C'.atloli<·i di ar,pog~iarc;j nella Jolta contro 1a Chie.,a ai ~o"rani protcHanli. JJa i] fini'! dj. d1jaratCJ i~ di averf' un CattoJicesimo -oltornc•sso alle esiw·nze dello Stato. Perriò dovrà essere il prjncjpe a (Jjsporre di \f"'-(•01,adi, parrocd1ie e abbazie, investendone ,.hj f!li pia<'e: iJ numero dei monaci e preti dovrà eFr;.ere preµ-iudjzialmente fissato i.,alvo a H.:nfrJo dimiuuenòo man mano; j beni errle1,ia"tir:j diventeranno potf're deJJo Stato ,·lie li assegnerà ai nohili e ai eomuni to- ~li<'ndo J°<·senzione delle imposle; o,:rnj donazion,A ai prcli ,;,;arà proib-ita ne ,..j con~en• ti,·à Joro di <·rlehrare Mei;'-e 2 pagamento •0llo pcn.a di condanna di simonia. Projhi- ;::io11eai µ:e~uiti di tener s.cuole; abolizione dPll'JnquiFizio,w, abolizione delle confraternite P deJJe frste reliµ:ioae. De1Ja confessione. disciplinata a suo modo, il princ-ipe si servirà come d'una ;;pe<·ie di istituto ù·i propa• µ:anda tra i sudditi; e penserà esso a mantenere i poveri a spese dello Stato con i beni tolti. alla Chiesa, e a istituire scuole decorose. Lo spirito intollerante di questa lolla era di attualità; e Vittorio Amedeo II alluò coraggiosamente contro il Pontefice alcune di si/Talle riforme. La lotta contro i Gesuiti p contro ]'Inquisizione favoriva Je correnti più radicali di politica ecclesiastica, che il conte cli.Passerano riprendeva per primo dopo Machiavelli. Ma perchè questo sogno avesse nn effetto, la premessa indispensabile era che si formasse uno Stato nazionale. Adalberto Radicati giunse sino a questa intuizione. La politica ecclesiastica di Vittorio Amedeo II e del suo successore aveva invece i suoi limiti inesorabili in una situazjone di diplomazia inLernazionale. E la cultura piemontese era rimasta cattolica. p. g. Lesappelsdel'Orient A. provare una ripresa di interesse in Francia per le cose d'Oriente basterebbero il ritorno di Gobineau, il successo ottenuto dai libri di Offendorschi, i libri di Rolland da una parte e dall'altra di René Guénon e di Jean Caves, l'interesse per tipi come Keyserling. Tuttavia la larga e audace inchiesta che abbiamo sotto gli occhi, promossa da Les e<1hiers dLL 1nois, non conclude e non vuol concludere nulla sulla sostanza del problema. Essa ci indica gli stati d'animo della cultura francese di fronte all'idea di influenze orientali. Quindi si hanno piuttosto sensazioni e sospetli che conoscenze. Sull'argomento del resto jn Francia come nelle, altre nazioni occidentali (Germania esclusa) non ci può essere ancora una coscienza equilibrala di valori e di distinzioni. Sta cli fatto che persino uomini come Gide di fronte alle domande poste dai direttori dei Cahiers du. mois non hanno trovato altro da dire che una generica affermazione di libertà dello spirito e di collaborazione internazionale alla verità. Quasi tutti gli altri hanno ricamalo sul motivo dell'Occidente concreto e praLico e dell'Oriente mistico. Il problema è così poco malmo che i più coscienziosi haouo dovuto fare una distinzione pregiudiziale e confessare che non si può pt·endere in blocco l'Oriente: Cina, India, Arabi, ecc. Lo stato d'animo francese sn argo1nenti di questo genere è sempre diviso tra i due istinti dominanti: fiducia, amore, cordialità umanitari.a (così Rolla ud, Barbusse, Claudel, il quaìe tùtimo almeno raccomanda con conoscenza di causa, ài pensare al teatro giapponese); e fi~~~tci~i;nolatino, attaccamento alle tradizioni, 11~gazione di tutto ciò che non rientra nello stile òell 'intelligenza. Massis si è di,·ertito a dimostr:P·e che Lutto questo orientalismo è disfaltisn1.) e ei1e in realtà e' è dietro l'arte dei boches. In reaìtà 1·orientalismo francese è tullora su nn tono mondano, ancora più che non succeda a Keyserling. È un sintomo di Yaghe aspettazioni, di cu.riosiLà esotica pili stanca che desiderosa di ricerche. Perciò a discuterne si viene su lln terreno di polemic~1 tendenziosa e quasi di politicanlismo. Les aµpels de l'Orie11t, Emile Paul frères editeur. Paris, 1925. - Les cahiers du mois. 9-10 a cura di François et André Berge. G. B. PARAYIA & C. Editori - Librai - Tipografi TORINO· ~llU\O· flxEnZ[- IWMA-N4POLI •PALERMO Gll(O LORIA Pagine di storia della scienza Un volume L. 9. È b prima oper::i. italiana che permetrn alle per- :;one di medio. co!tura di formarsi \Ul concetto gener~1le della evol11z1onc attraverso i secoli del multiforme pensiero scientifico. Il Prof. Gino Loria - dell'Università di Geno, a - ha infatti delineato questa storia deJJa scienza dall'alba della civiltà tBabilonesi Egiziani) fino al giorno d'oggi, in modo sobrio, efficace, sicuro.

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