La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 23 - 7 giugno 1925

verso. tali infrazioni del Decalogo compiute dai reazionari, che non basteranno decenni d'intesa coi socialisti per ristabilire il pareggio. Conclusione. Per evitare disorientamenti spirituali, occorre che i polemizzanti tutti non tendano a far eredcre ehc, in tema d·ì principio, si adouano due pesi e due 1nis11rc. Tale impressione si prova leggendo gli spunti polemici del Direttore dell'Osservatore Rom,ano (il pensiero di questo conservatore è ben diverso da quello del Card. Gasparri, come è stato nel caso della candidatura Marx, in cui il Segretario di Stato non ba fatto questione di dare e di avere): secondo quanto in essi si afferma i ciuadinj cauolici possono allearsi anche con omicidi, anche con incendiari, ma non n1ai con socialisti. Il che, cristianamente parlando, è forse conservatorisn10, rna non cauo]icismo. RonERTO ATTouco. Storiadi unsecolo Vecchia di una esperienza otto volte secolare, la dinastia piemontese si presenta alla soglia del decimonono secolo priva di regno. Anche degli ori e dei gioielli della Corona era stato privato l'ultimo re del Pie111onte dai luogotenenti del Buonaparte; e ridotto a scontare in terra d'esilio la propria personale miseria, ed il peccato d'appartenere ad una razza logora, cerca invano consolazione nelle povere parole della sua santa moglie Clotilde. Tradito da tutti e giocrlto, come avviene coi deboli, Carlo Emanuele IV nel 1802 i, costretto ad abdicare ed a cambi.are l'"rmellino reale colla funerea veste del novizio gesuita, per rimaner tale fino al 1819 e languirvi, « cieco, senza denti, con poco fiato e meno giudizio )>, com'egJi stesso scriveva al San Marzano nel 1815. Dalle mani d'un notaio ed in presenza di due testimoni convenuti nelle stanze d'una privata dimora romana, Vittorio Emanuele I riceve la Corona reale; e si ritira giù in Sardegna, fra pastori e caprari, in umile silenzio, da buon uomo qual era. Era costui il padre dell'Italo Amleto ed il fratello del quarto Carlo Emanuele. Altra aspirazione forse non avrebbe avuto che di rimanere fra i suoi isolani Sardignoli; se alla caduta di Napoleone le Potenze occidentali alleate non avessero avuto bisogno del Piemonte quale d'un muro da frapporre all'avanzata della Francia verso i nostri mari, e quale un ,cuneo da porre tra Austria e Francia per tenerle in iscacco entrambi. Fu in grazia di ciò che Vittorio Emanuele l diventò di fatto Re della Sardegna e del Piemonte; ma di fatto per modo di. dire, poichè dietro il paravento della sna Corona stavano effettiva~el\te l'Austria e l'Inghilterra, a cui le terre dell'ex-repubblica Cisalpina dovevan eventualmente servire quale luogo d'accantonamento d'armati, e campo di battaglia. Il vizio di tale origine non poteva non pesare sul nuovo Regno, e renderlo fragile ai primi urti che fosse per ricevere; nel tempo stesso che la coscienza di tale sua fragilità non poteva non mettere negli animi dei suoi sudditi. La congiura del 1821 e la relativa abdicazione di Vittorio Emanuele bisogna spieg.are con ciò: al modo stesso che bisogna con ciò spiegare la parte avuta dal principe di Carignano negli avveni1nenti. Fòrse uu eccesso di impulsività ed un abbandono al-' l'odio contro l'Austria che umiliava la Sua Casa fu lo stato d'animo del Principe, che nori per altro che per utilità accettò l'invito dei liberali, forse sperando di poter ricavare dalla loro propaganda per l'indipendenza e l'unità, i cardini sOpra i quali far girare i suoi desideri d'espansione nel Lombardo-Veneto, che 1·imase la preoccupazione precipua della sua vita. Il fallimento dell\mpresa viziò per sempre il già vacillante temperamento del Principe; che finì per essere inviso tanto ai liberali che ai Principi ed alla Corte, dalla quale fu sbandito fino alla morte di suo zio il Re Garlo Felice (1831). Da questa data fino alla sna abdicazione l'attività politica di Carlo Alberto fu caratterizzata dalla lotta contr0 l'Austria per la Lombardia, irÌ ciò aiutato dal tacito favore deJl'lnghiltena, e dal consenso dei liberali che in lui volevan soitanto vedere l'elargitore dello Statuto ed il riformatore che .aveva compiuto il trapasso dalh feudalità alla Costituzione. Effettivamente a questa come all'unità e da supporre che credesse poco; se no, di più avrebbe curalo· il suo esercito., che avrebbe continuato a guidare anche dopo la sconfitta di Novara (che forse non sarebbe avvenuta); ed il suo Regno, che nonostante i] rovescio n1ilitare gli era rimasto fedele. È probabile che Carlo Alberlo abbia elargita la Costituzione percl1è altri due Principi Regnanti l'avevano elargita: Ferdinando di Napoli e di Pio IX; i quali non meno di lui erano preoccupati di smontare con riforme e pannicelli caldi, i bollori rivoluzionari della parte rumorosa del popolo e della borghesia ur]lana, la cui passione si voleva e &i crede ,a di poter sfruttare. Id Messisi fuor di contesa Pio IX e Fenlinando, non rimase sul cainpo a ra<·coµ:licre i frulli e gli allori d1e Carlo A lherto, i I qua]e però fu sehiacciato dagli avvf'nimcntj <' dovetlf' anchf' Juj sorro1nhcrc, abhandùnando al figlio ed al liberalismo che ncll., sconfrua militarf' aveva trovalo la proprj,l vittoria politiC'a, j] Rc!(nO e 1a Corona. È a questo punto che appan· f,11lla scena politica Cavour per imporre alla. Dinastic1 ed agli i1aliani i principii lih<'rali e la Costituzione; mentre stavan scivolando nr-lJa penombra Carlo Albcno e Gioberti, il c·ui fedcrali~ruo rra stato sconfiuo. Dopo i I l848 la nosl ra storia è la storia della ditLatura liberale in Italia, della suJ fortuna e della sua utilità: divisibile nelle parti che in essa vi hanno esplicato i vari minjsteri, e g'iudicahiJe ne1le carallenstiche che v'hanno i.mpresse j suoi ministri. Non dobbiamo parlare qui 11è dei rncriti di Cavonr, nè degli errori di Crispi, o di altri ministri; poichè ciò esorbita dai nostri propositi, ma dobbjamo invece dire co1ne tale diu.atura, clic non fu espressa Ja una radicale e profonda rivoluzione di popolo, fu sin dal principio bisognosa degli appoggi delle Potenze estere; di modo che la formazione cl~11a nostra unità nazionale è più un risultato dell'abilità diplomatica di pochi uomini, e cli politici com1nomessi con le nazioni occidentali: il che spieg,a la gran p rtc che in essa vi ha esercitata il Cavour, a detrimento di quella che vi avrebbe potuto esercitare il Mazzini; che in quell'epoca non ebbe quasi altro scopo che di fornire nuclei di arditi enunciatori e di volontari, sempre utilizzati, se non diretti, dall'uomo di Stato Piemontese. Questo non toglie però che quel tanto di matui-ità politica attraverso essi si esprimeva, non avesse i peculiari caratteri dell'autonomia del repubblicanesimo, solo valentesi delle istituzioni monarchiche, quale concreta oggettivazione t di essa maturità e di esso repubblicanesimo. La Monarchia insomma era un princ1p10, era un idea; che andava rispettata e che doveva essere conservata, poichè era uno dei pochi punti fermi sopra i quali gli Italiani erano chiamati a raccolta, e dal quale erano educati e legati; mentre per l'Estero era non soltanto una garanzia. In questo senso la Monarchia ha avuto una funzione politica e pedagogica. Quando a questa ha voluto aggiungere la funzione redentrice per mezzo del socialismo monarchico e della politica riformatrice di Giolitl;i, le cose I sono radicalmente cambiate. Si può anche ammettere che tale politica fosse dovuta alla necessità di rimediare gli errori della politica megalomane e demagogica del Crispi, tragicamente finita com'è finita; ma il nuovo indirizzo se in parte riuscì a conseguire gli scopi che s'era proposto, col raigliorare la condizione sociale· e politica degli operai, impedì tuttavia l'irrobustirsi dei partiti col trasformismo. La guerra europea ci ha sorpresi così, e noi siamo corsi ad essa, senza sapere perchè; e privi di nostri pa1·ticolari scopi. L 'i.i-redentismo adriatico era troppo v.ago quanto capziosa era la finalità rivoluzionaria della guerra predicata dagli improvvisi illuminati. Senonchè la guerra era sul serio un fen::>- meno rivoluzionario e democratico; e lo si è subito visto allorchè s'è imposta la l'ecessità di chiamare cinque milioni di -italiani sotto le anni, e tutta la naZione ha dovuto resistere al cozzo non soltanto d'un ~sc,rcito nemico, ma di quello di più nazioni anch'esse al completo mobilizzate ed attrezzate per la guerra. Non I indaghiamo qui se il congresso di Versaglia dei nostri giorni sia stato più f·quanime di quello di Vienna del 1815, nè se la democrazia vi abbia presa parte. Questo ap-...._ partiene ad un altro ordine di fatti. Conveniamo piuttosto che a guerra finita le vecchie oligarchie politiche degli Stati belligeranti han dovuto far largo alle masse dei combaLLenLi, le quali come una fiu111ana si sono riversate sopra le vecchie istituzioni, finendo per stritolarle. Vecchie e gloriose Corone sÙno anelate così in frantunn; non meno di quattro fra le principali dell 'Europa; n1entre in tre stati già da esse f overnati, le suddette masse han tentato, con efficacia soltanto in una, d'attuare i postu.lati estremi ed immediati delle loro aspinr,ioni. Che è avvenuto in Italia? Non parliamo del periodo che fu detto bolscevico, nè ài quello che gli è succeduto; il nostro popolo, dopo la guerra, ·:1a aggiunto all'avito scetticismo la stanchez:ta che gli dèrivava da quattro pesanti anni di trincea. D'a"ftra p~_rle le richieste che un 'altra parte di esso (la parte agricola avventizia) foe11nlava per avere la terra in proprio do111inio, non era che un'eco delL'l propaganda che a base di cle111agogias'era falla nel '915 da parte clegli illuminati e dei Salandrini; mentre le elezioni colla proporzionale erano effettivamente il battesimo politico di molti str.ali sociali ain allo1·a ri1nasti nella penon1bra discreta della sudditanza. Come le vecchie e chiuse oligarchie del liberalismo abbiano allontanato dalla vita politica della Nazione queste giov.ani energie, è ancora oggetto della cronaca spic6ola; e non ancora materja per uno Bpassionalo giudjzjo. Sta di fallo tuttavia che il rapporto di forze ,, di maturità tra Monarchi,a e, Popolo non e nJulalo. La rondu8ione dj <Juesta storia <)j un see,1Jo è per <Juesto aspetto an<·ora Jontana. A. CAVALLI. . Il fronte unico Il nostro Bilancio ha mosso uno stuolo di polemiche. Una risposta agli attacchi fascisti sarebbe superflua. A un articolo del Mondo, invece, che vorrebbe essere maligno, 6sponde, ci sembra, sufficientemente il fatto che il Mondo si trovi in perfetto accordo col Popolo d'fu,lia. Non e la prima volta che la cosa succede aJ giornaJe romano. Nei giornj in n1i certi oppositori moho furbi contavano sul dannunziano Delcroix, il Mondo aiutò dolcemente il tentativo di sopraffazione della stampa fascjsta contro ehi aveva sniascherato i] gioco. Al Mondo sembra ora che articoli come il Bilancio rompano la solidarietà tra oppositori Evidentemente questa solidarietà è intesa dal Mondo in maniera assai curiosa ee a un nostro chiaro articolo in difesa dell'Aventino intransigente si risponde con ripicchi polemici. Su questo terreno quando faremo 1111 altro bilancio potremo offrire degli elementi assai precisi a chi vorrà giudicare tra la nostra condotta e quella degli amici del Mondo. Ora preferiamo lasciar loro la parte di suocera, e, quasi per fanatismo di disciplina, non rispondere alle insinuazioni che più ci son spiaciute e più ci rendono incerti sulla serietà dei nostri contraddittori. Più interessanti sono invece le lettere private che abbiamo ricevute in questi giorl"}i. Eccone nna di un operaio metallnrgido: Scarto a priori la questione dell'Aventino cui la massa operaia nulla ha a che vedere nè da sperare; ma tutto invece deve compiere lo sforzo supremo per il « fronte unìco operaio >>. • È questo l'unico modo, preciso e chiar.o, che potrà ineluttabilmente 1isolvere tutti i problemi in questione; fattore primo da tutti riconosciuto e messo in discussione. Esiste u.na differenza, grande differenza, ed è il modo come esso si interpreta, come ~i vuole questo fronte unico. Ciò posto domando: _ 1° Cosa intendono per fronte unico? 2° Come, in pratica, vogliono <irrivarci? 3° Da questo cosa può scaturire e crearsi? 4° Come servirsene e quale appoggio loro intellettuali gli darebbero? •5' Il fronte unico operaio lo intendono come. tale, cioè creazione dei Comitati o per ai e contadini? 6° Per la conquista del potere o continuare ad essere servi e sfruttati? È a questo che desidero una precisa risposta come io l'ho fatta, da opera.io rozz9 e ignorante sì, ma con tanta volontà d'istruirsi ed imparare e senza equivoci bene impostare i problenii proletari e saper dire cosa si vuole. Abbiamo parlato di fronte unico operaio sin dal 1922. Il fascismo è un movimento complesso e importante: sotto ai suoi aspetti ... pittoreschi stanno interessi precisi. R. L. lo ha sempre studiato tenendo presenti due criteri: inquadrarlo come fenomeno italiano (sagre, sanfedismo, signoria del Rinascimento, costu1ne politico e morale non europeo), intenderne le basi economiche alla luce di un metodo marxista.,Perciò abbiamo parlato sempre di lotta che durerà per decenni, che deve svolgersi con assoluta intransigenza, ecc. Se si considerano le classi che oggi partecipano alla lotta politica, il fascismo si può considerare stabi]e e sicuro. Nessun colpo di mano può fargli paur.a perchè gli uomini capaci di fare un colpo di mano sono nel fascismo. E noi siamo risolutamente nemici di llll antifascismo che si fondi sui colpi <li n1ano e sulle congiure. Dunqnc non si può coptare se non s1ùla p'artecipa.zione di nuove forze alla lotta po- .litica. Un movimento di masse porterà nella lotta la franchezza della tattica a perla e della combattività senza quartiere. L'Unità protesta quando noi dichiariamo che il proletariato è ancorµ in un n1on1ento di depressione. La realtà è che gli operai e i contadini hanno oggi lU1peso minin10 nella lolla politica italiana. Perchè? 1) Perchè !"offensiva fascista ha fatto emigrare i più audaci e resi incerti o inoperosi i Limidi, anche con l'iucnLo della disoccupazione. Solo quando il tenore di vita ,niglioi-a, il proletariato è padrone di tutto 'I suo 1;3pirtio cli resistenza; 2) Perchè la divisione dei tre part1t1, inevitabile per circoslanze conlingenti, allontana molti dalla lotta e consun1a l'energia dei partecipanti in lotte intestine. Bisogna la,·orare con spirito di lealtà a ::uperare queste divisioni. Noi crediamo che il movimenlo operaio lasciato alla sua iniziativa, aiutato in buona fede, troverà da sè Je vie e gli strnmenli della lotta. Con quali fini? Noi non abbiamo nessun limite a priori da proporre: il risultato dipenderà dalla matnrità e dalla capacità del moyjmento. E crediamo in ogni caso che dalla partecipazione operaia alla vita pubblica la chiarezza e l'onestà della politica avrà lnlto da quadagnare. Come arrivare al fronte unico? Da parte nostra nessuna pregiudiziale contro j Cornitatj operai e contadini. L'importante è non farsi jJiusioni e sapere che si lavora a lnnga 8cadenza per una lotta poHtica più seria e dignitosa. fntanlo il compito di R. L. noi lo vediamo in questo: creare tra i giovani di tutti indistintamente i partiti di massa che Ei oppongono al fascismo un'atmosfera di lealtà <"ritica f:. una r:c,mune voJontà di lotta, &en7...a. preor·c·11pazionj parlamentari ,~ senza possibiJjt[i di r·ompro-me8~i. p. g. L'offensivdaellapace i\ncora prf'diche per l'unione dei cuori. f.~ di ieri la notizja che l'on. Rossini si é offerto come padere tra i comhattentL...4'tf~ Governo. Ma il deputato di :',c,vara ,,; il P~a che ~ussoHni ha g-ià intorno tr<Yppi a:~Jfranti bOllosegretari insoddfafatti? I. Bonomj ha scrjtto: « 0,b'lli rivoJuz-ione <leve trovare i] suo acquietamento in un oròine; ogni resi;::;tenza deve sboccare jn un equilibrio "· Anche l'on. Bonomi ignora che troppe tessere ad honorem, troppe firme del manifesto degli intellettuali fascisti aspettano il laticlavio. È pressochè certo che il Cerchio entro cui avverrà la scelta è già Hato chiuso. Bisogna poi che egli si com{n"a che il problema della successione a Salandra per Ginevra non si può riaprire per lui. Altro che equilibri e acquietamenti! Comprendiamo che questa gente sia delUEa di essere passata all'opposizione. Essi non riescono a capaci.tarsi che il regime di pane e acqua, scelto dagli oppositori, sia un regime ideale. - Gli ecclesiastici dell'Azione, giornale honorniano, affermano che l'Italia, stanca di lotte fa:dose, chiede a gran ,;oce la pacifica convivenza di tutti i suoi figli. Le voci salgono su dal cuore profondo del popolo e ormai attingono le cime. Le irose intransigenze cedono il passo davanti al pacato ragionamento di coloro che mirano alla pacifica:done della Patria. Il direttore di questo mistico foglio ha anche rivendicato la gloria di essersi trovato d'accordo con !'on. Mussolini. Da costoro noi reclamiamo una sola sincerità: di stare senza equivoco dalla parte dei vincitori. Gli uomini che hanno conserrata dignità sono tutti al loro posto di combattimento: non ci seccHino con le loro grida ferninee di pace. Chi parla di pace quando la lotta è sempre più chiaramente posta: senza quartiere'; s'è già a11eato col nemico. I signori dell'-~zione sono infatti più muss\?li1Uani di Farinacci. PIERO GOBETTI - Editore TOI'.ino - Yia XX Settembre. 60 DfMISEXTE: GUIDO ZADEI L"Abate Lamennais e gli italiani del suo tempo Ai prenotatori L. 10. La figura delrabate Félicité de Lamenna.is (17821854) di Saint-M3.lo è una delle più interessanti fra_ quante primeggiarono in Europa nella prima metà ciel secolo XIX. L'abate bretone ebbe grande rinomanza in Italia dal 1820 al 1848, poi le sue opere furono dimenticate ed oggi le nostre biblioteche sono quasi aff::iuo spro,·• viste degli scritti suoi e degli studi che nel Lamenuais sono usciti, numerosissimi. in Francia. Uno studioso bresciano (la cui ctÙtura lamennaisiana è stata recentemente consacrata in Francia dalla Bibliographie de Lame11nai.s del Duine e dalia acco• glienza ch'ebl-e a Saint-Malo una sua comuuicaz.ione fatta dinanzi ai migliori storici del Lamennais) si è accinto all"opcra di far conoscere lo ~,siuore francese agli italiani e mostr:n·a quanto sia stata gra.n<le I"influenza sua sugli uomini nostri del suo tempo. Nel \ olume t·i saranno alcune delle più belle pagine lamennaisianc e si leggeranno iniere!:santissim.i giudizi sull'Italia. In appositi capitoli sar:.mno stu. diati con ampiezza di informazioni ! rapporti del• L::nnennais eon la Santa Sede. t'Oll Giuseppe Mnzzini. con Vincenzo Gioberti~ con Gino Capponi e col Tommaseo.- con Pier Silvestro Leopardi e con Giuseppe )lontanelli. Notizie pressocbè inediie interno a.i rea• zionari rnoi oppositori quali il conte ).Ionaldo Leopardi e il c:mo1ùco Borioni di Ancona e sull·opera de1 principe cli Metternich renderanno il \~olume inter0s::;ante anche per i francesi. François Duine, indubbiamente il più profondo conoscitore di tuao ciò che si riferisce al Lamennais., seri \·eya alcuni mesi fa, dopo a\·er letto i due articoli che, con lo stesso titolo del nostro \·olume, Guido Fadei ave,u pubblicato in una rivista nùlanesc: ccJe espère bicn que vous reprendrez ce mt'me sujet: L',1. berle de Lamemrnis e gli italiani del suo tempo. pour le déveiopper en un volume, qui serait très lu, et I rès précieux pour les étrangcrs comrne moi )). L"abate Chades Boutard, autore di tre grossi volumi e di parecchi opuscoli lameonaisiani, scriveva il 25 marzo 1923 a proposito dei due articoli suac• cennati: te Dès les premières pages, fai vu que vous possidcz votre sujet et que rien ne vous manque pour • le t.raiter avec compétence )J.

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