La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 36 - 30 settembre 1924

RIVISTI\ STORICI\ SETTIMI\Nf\LE DI POLITICI\ ESCE Diretta da PIEROOOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 Abbonamentoper il 1924L. 20 - Per un semestre L. IO • Estero L. 30 - Sostenitore L. I()() - Un numero L. 0,50 IL MARTEDÌ ce"e ur, r,un,ero <li saiiio " r,or, ir,ter,<le abbor,arsi r1tspir,1a il tiorr,ale, altrin,er,ti !lii cootir,u1trerr,o l'invio e <lopo un n,1tse pro'v"e<leren,o alla ris<:osi;ion1t n,1t<liante tratta Anno III ~ N. 36 - 30 Settembre 1924 BO MM ARI O: M. Baos10: Il fascismo annacquato. - A. OLIVA.: Prosperità e decadenza deli'agrlcollura Toscana. - U. M. di L.: I liberali. - M. VrNCIGOERRA: Inventarlo di culfura. - Un tentativo di soprallazlone. IL FASCISMO ANNACQUATO • troppo comodo ai governi ed ai parti ti dominanti difendere i proprii interessi, le proprie mene e le proprie combinazioni con lo scudo del rispetto ai militi noti ed ignoti ed alla loro memoria, che 1'Associazione terrà semp.re alto, per non dimenticare, e specialmente per non inaridire le sole sue fonti di potere. E' troppo facile liquidare- i movimenti politici dei reduci, eon la solita ossenraz.ione che i me.ii.ti del combattente hon sono tito1i validi a Wmostrar.e capacità politiche, e sono tutt'al più mezzo per la costituzione di pridlegi. Il politico pratico risponde che, dato il notorio analfabetismo politico italiano, il problema consiste appunto nel trovare i moti sentimentali capaci di guidare le masse Yerso la vita politica, e verso una determinata politica; poniamo, verso la sana democrazia. E' appunto su questo terreno, che occorre non solo negare alla esaltazione della gloriosa guerra ogni valore di fermento attivo; ma riconoscere i» essa il più perfetto dei sonniferi politici. E' infatti e\-idente che il fascino sentimentale della guerra combattuta e Yinta tutto si rac-- cbiude ne11a potenza di un radioso ricordo, e nella contemplazione di gesta passate; mentre, da che gli uomini Yivono in società, non sem. bra abbiano trovato sprone all'azione, se non nella speranza ùi beni futuri. La premessa del politico pratico è quindi del tutto irreale. Vi è un modo soltanto di considerare la guerra, che può incitare e muovere gli spiriti: il ritenerla un punto di partenza, semplice prima tappa; di una vi.ai faticosa; creatrice cli doveri e di respoÌìsabilità, non di diritti, segno di vita e.non prova di perfezione. Ma soltanto pochi iso¼tti moralisti malinconici, possono sentire stimoli di tal._genere. Per la massa la guerra passata, smarrito il ricordo del terrore delle stragi e dci tonnenti, diventa una opera perfetta, in sè -chiusa risolutiva e conclusiva di un periodo storico. Porta Pia e Vittorio Veneto sono, per essi, ugualmente, gli ultimi atti grandiosi di un dramma e lieto fine. Così la guerra diventa, nelle memorie, fonte di nobili sentimenti e di commossa contempla-- zione; se non lo diventa, si annebbia e sparisce dai ricordi. L'illusione di Salvemini e del Rinnovamento consistette precisamente nel comunicare alle masse dei combattenti un sensd preciso ed aderente alle necessità reali, dci doveri imposti dalla guerra combattuta; di avere dimenticato che il senso di ci vis mo, che dalla lotta comune può nascere, permane e dà frutti soltanto se ogni ricordo militare si dilegua. Eppure una attività rumorosa sorg<;._dagli stati d'animo .ben coltivati dei trinceristi: la attività dei discorsi, delle sa.g;re, delle autoesaltazioni delle scomuniche ai miscredenti, e soprauttf:~ degli accaparramenti affannosi cli posti, di cariche e di onori. Se 1:a guenra è il coronar mento di un'opera, dopo di essa non sono più tollerati i sacrifici, ma unicamente permessi i canti, i discorsi, le pensioni e le elargizioni. La politica non è più una serie di azioni, ma una sequ·el.a di rivendicazioni. I capi si disavvez=o alla tratta1ione delle questioni della vita pubblica (dato che si siano mai avvezzati) bastando loro tenere alto il diapason del sentimento con una, serie continua di esplosioni di entusiasmo a ripetizione; e si abituano a considerare uno scoppio di applausi alla fine dei cerimoniali cOine la prova provata che la patria è, per l'ennesima volta, salva. Da questa attività febbrile rimangono fuori, fra i reduci le classi che meno la guerra compresero e f~rse più subirono; esse assistono a questi fuochi d'artificio con l'indifferenza sospettosa ed acre di chi è presente ad una gioia, cui non partecipa. Il culto della vittoria diventa un monopolio di classi determinate e ristrette, mentre si forma e si approfondisce 1 'abisso fra i patrioti e gli antipatrioti, ossia fra quelli che net parlano, e quelli che non ne parlano. Soltanto uomini risoluti, pronti a tutto, cinici decisi a ricercare in ogni modo la buona ventura, posson9 condurre a qualche positivo risul. tato simili scoppi cli passione, approfittando del turbamento che segue ogni guerra, della altrui debolezza e della propria pratica di violenza. Occorre che ~ssi siano abili e indifferenti .agli scopi ed· ai programmi, repubblicani e monarchici reazionari e sovversivi, pronti ad appoggiarsi ad interessi ed a correnti diverse,, per averne co-nteniuto e direttive, ma abbastanza superbi e autoritari per non perdere il possesso del timone. Ad essi allora, se tutto soccorre, il culto della guerra serve di ottima. arma per santificare il pirop1~ioagire, e di sicuro verbo contro il quale non. si possa le,·a.re parola cui non segua immediatamente una bastonata. I gregari più disperati e più illusi si accodano a questi coudottieri 1 i paYidi loro si inchinano, i furbi se ne servono e la corrente sbocca al potere. Il fascismo è il primo figlio del culto del reduce. Altri inn:ee, più incerti, itTesoluti, incapaci, non osano uscire dall'orbita delle norme consuete, rifuggono dalla violenza, e se i discorsi non bastano loro per arrivare alla mèta, si accontentano della dolcezza dei ricordi e sdegnosamente si ritirano in attesa di momenti migliori. .Ecco il figlio minore, il combattentismo puro, ossia il fascismo an.nacquato. I combattentisti sono convinti che le sole sacre memorie, senza il bast.one, senza i partiti, grazie alla loro notoria purezza e buona volontà, siano sufficienti a rinnovare il mondo. D'altra parte pensano che migliore di un alto, improvviso e rischioso posto, sempre malsicuro, sia un piazzamento più 1nodesto, più lento, e più sL crtro. Megtio servi di Cesare, che padroni con POinpeo. L'amore della. legalità, del consenso e del1 'ordine non servono però menoma.mente a distinguere i due gruppi dello stesso movimento, Entrambi avendo come base sentimentale e teorica il rispetto assoluto di un passato idealizzato e sublimato, e di alcuni concetti di patria e di -nazione 'usati per -diritto e per ha.verso, non tcl-· lerano critica alcuna ai loro pensamenti, nè rilievo spregiudicato contro i loro uomini, degni tutti del più assoluto rispetto. Essi sono entrambi ugualmente, in quanto hanno di proprio e di originale 1 al limite, faziosi, partigiani e intollerariti; la nazione e 1 'antinazione nascono meccanicamente dallo sviluppo logico delle loro comuni premesse. Essi hanno in comune la intransigenza non di un ideale politico, ma di una supdna venerazione. Se nella pratica i combattenti dell'Associazione Nazio-nale auspicallo la pace, l'ordine e Ja legalità, ciò dipende semp.Jicemente dal fatto già osservato, che il loro movimento è intimamente debole, incerto e timoroso; impari ai piroprii presupposti essi giustificano il sensn di superiérità sprezzante, con cui i fascisti veri guardano 1 fascisti senza. manganello. E' appunto per questa differenza fondamentale, che i primi si sono imposti e sono saliti al pote.re, i secondi si sono ridotti a. semplici pedine nel gioco dei partiti, a comparse figurative sulla scena politica. Rispondono i fru:bi tlella opposizione, che appunto come pedine nel loro gioco i combattenti sono utili all'opera legalitaria è antifascista. E con questo bel ragionamento rigonfi.ino l'autorità politica dei combattenti, strombazza.no i diritti dei combattenti, proclamano la loro venerazione per i combattenti; cosicchè di un movimento, che con l'avvento del fascismo aveva suggellata· la propria disfatta, stanno rifacendo il salvatore d'Italia, e dei suoi piccoli duci le promesse del domani. Dunque ciò che era prerogativa dei fascisti, è diventato nonna comune di tutti i partiti in lotta,. i quali non solo cercano di allearsi il combattentismo, ma si ispirano ai suoi sacri principii; alle sagre dei fasci risponde a sinistra una sagta, e i congressi e le riviste e le adunate e persino i concet;ti delle bande servono, fra evviva e sbandieramenti, a 1nantene,re il culto degli eroi e quel giusto livello di sentimento patrio, senza d_el quale non vi può essere salvezza. Questo chiamano i furbi, servirsi d'altrui come di pedina nel proprio &"ioco; ma forse vi è un poco di esagerazione. Che sia proprio questo inseguirsi di gare per la maggior valorizzazione della vittoria, a favorire la eliminazione del fascismo, dubito fierissimamente. Poicbè tutto è questione di tono, troveranno sempre combattenti e fascisti il modo di mettersi d 'acc-ordo, ossia i primi di ritornare sulla scia dei secopdi. Se ciò tuttavia accadesse, sorgerebbe immediato ed urgente il problema della liquidazione dei combattenti, dopo la liquidazione dei fascisti. Liquidazione pa:essochè impossibile, se si continµa su questo tono, perchè sarà sempre Illusione dunque o malafede, credere che, :fi- . nito il servizio, terminata la parentesi fascista: l:t mentalità bellica possa essere placata, e gli uomini che la rappresentano messi da parte. Nu11a si fa finora in questo senso, ed un simile S<"onvolgimento della mentalità politica italiana non può effettuarsi per subitaneo prodigio. Forse soltanto le classi che, pur avendo dato il loro contributo di sangue alla guerra ,non ne hanno tratta alcuna ragione di comune entusiasmo o soddisfazione, ma solo la ricordano come una dura e dolorosa prova non voluta, possono nella vita politica attuale compiere una azione non :nquinata da11a retorica dominante. E' inutile sperare che essa sfumi dalle menti piccoleborghesi, che ritrovano in essa Ja loro vita. Coloro che sperano in uno sviluppo diverso, possono meditare, a loro edificazione, sul profondo valore del principio, anche recentemente riaffermato in perfetta buona fede, che i gioQuando Roma con la forza delle armi debellava 1'ultimo: re etrusco- e univa al suo dominio la regione Toscana, distruggeva una delle più mf' ,•-o.iglios~ e raffinate civiltà antiche. Se Roma non avesse avuto la potenza d 'assorbimento della civiltà che abbatteva nel suo sforzo di espansione, potrebbe sembrare colposo il destino che la portava al compimento della sua missione, poichè il popolo etrusco fu vera~ mente gra11de nelle arti.1 nelle armi e nell'agricoltura. - Che fosse stato grande nelle arti e nelle anni lo attestan9 i copiosi monumenti originali e fre• schi che ci ha tramandato e la lunga, tenace e· spesso incerta guerra di offesa e di difesa. sostenuta contro Roma. Che fosse stato grande nell'agricoltura, in senso relativo e assoluto, lo attesta l'alto grado delle opere d; architettura, idrauliche e di bo. nifica dettate da una superiore sapienza ed esperienza. Mentre nei primi secoli della fondazione di Roma l'Italia settentrionale è semjl4'e imbarbarita, e nella meridionale soltanto sulle coste' si alimentano i centri di civiltà delle colonie greche, nell'Italia centrale, e particolarmente in Toscana, sussiste dunque, una profonda tradizione agricola. Gli studii che dovranno svela.re ulterionnente la meravigliosa civiltà etrusca., diranno il grado e l'importanza di tale tradizione, che è la più antica d'Italia. Ci basta l'avere accennato al fatto storico, poichè può avere importanza straordinaria per chi crede nella lenta e successiva evoluzione delle diverse Ior'lne e sistemi di agricoltura, per chi ritiene che le forme attuali della proprietà fondiaria, dei contratti agrari, di sfruttamento, abbiano dei genni lontani che si sono andati via via elaborando attraverso lunghi periodi sotrici 1 non tanto per opera degli uomini, quanto per le fatalità economiche che sono il substrato della Yita dei popoli. Il regime fondiario e agrario di Roma repubblicana, caratterizzato dalla piccola proprietà coltivatrice, si accordò magnifica.mente con l'ambient, agricolo naturale della Toscana, poichè a.ncor'.a oggi questa regione non ha _vaste pia. nure coltivab~li se non a prezzo di bonifiche idrauliche ed agrarie, e sulle pendici dei poggi, ancora oggi, le modeste superfici coltivate sono intramezzate da boschi o da terreni sodivi: la Toscana è, infatti, la regione della piccola unità coltivatrice, in quanto la natura del terreno ed il suo rilievo, ha, sempre posto al coltivatore toscano j! limite, difficilmente superabile, della estensione dell'attuale podere, a seconda delle progressive fertilità, da 5 a 25 ettari. La piccola proprietà coltivatrice è stata la forza iniziale di espansione di Roma, il periodo d'oro d'ell 'agricoltura romana e toscana. I rurali erano agricolt01-i ed anche soldati. Nulla mancava al fabbisogno alimentare ,di Roma. vani de11e nuove generazioni non dovrebbero criticare, neppure in sede politica, coJoro che hanno fatto la guerra. Con questo canone davvero solenne e fondamentale, riprenderà il libero e spregiudicato dibattito politico quando l'ultimo nipote del! 'ultimo reduce esalerà l'u]timo respiro, salvi i diritti che saranno per nascere dalle guerre future. Di fronte a simili abberrazioni il senso morale si rivolta. Ammessa la guerra' come necessità. intima dello spirito e della realtà, essa deYe pur sempre essere sentita come dovere necessario e doloroso, come una sanzione della serietà delia vita; quindi, chi l'ha Yoluta, accettata e combattuta risponde della sua necessità, dei suoi frutti e dei suoi flagelli a11e generazioni nuove, o, come si dice, alJa storia . Farsene merito, è intima debolezza; sen·irsene a scudo e pretendere a cagion di essa il rispetto, significa essere inferiori alla sua unica giustificazione. Cosi suggerisce il più semplice SEnso morale, e questa esigenza invincibile sta alla base di ogni critica del combattentismo. M.-1.xuo BROSIO Il podere della piccola proprietà coltivatrice di Roma repubblicana aveva una estensione non superiore a 200 < jugeri, (50 ettari), ed era fornito di abitazione per il proprietario e per i pochi servi, e di ricoveri per il bestiame# La superficie era minore se esistevano colture arboree: viti ed olivi che richiede\ano molta. mano d'opera. In tempi più ·remoti il podere si riduceva a pochi ettari poichè si ritenern che bastassero dUe e: jugeri ,, coltivati a grano per coltivatore. Cincinnato e Regolo poosedettero soltanto sette « jugeri ». Verosimilmente l'avvicendamento consisteva nel grana-riposo, salvo che non fosse fave, o veccie, o piselli-riposo. Il hestiame era costituito da buoi, pecore, maiali ed asini. I buoi, da un paio a due per podere, rappresenta.Yano il mezzo per la laYorazione del ter. reno mediante l'aratro e per fare i trasporti delle derrate. Le pecore, in ragione di un capo ogni due ettari circa, aveYano oltre la funzione ¾O'TI.cola di utilizzare il pascolo delle stoppie dei cereali e quello spontaneo del podere, la funzione forse più importante di quella giuocata dai boYini, .,; essere le produttrici di carne e di latticini, e sopratµtto, di materiale tessile. Infatti la lana era l'unica, se non esclusiva materia del tempo, mancando allora la produzione del cotone e della seta 1 non essendo che poco nota.1 o scarsa.mente coltivata, la canapa ed il lino. I maiali erano pure i produttori di carn~ erano tenuti generalmente al bosco. Gli asini ser,·'lsano per i piccoli trasporti, come ora. Il bestia.me trovava, infine, nei pascoli ccmuui di proprietà dello Stato, il fabbisogno alimenta.re integratore. Però il bestiame Yeniva tenuto in appositi rico- \-eri, e durante l'inverno veniva goYernato specialmente con fogliame di pioppo e d'olmo. La lettiera veniva pure usata. Il letame veniva peraltro raccolto, conser~:ato con 1uolta curai e del pari accuratamente impie• gato. La produzione del grano, del vino e dell'olio 110n era inferiore a quella odierna.. L'organizzazione di Roma repubblicana è, dunque, la medesima, se non migliore, dei tempi presenti. .. Chi vuol saperne di più legga il capitolo X delle Cose rii.stie/te di Marco Porci o Catone. C'è da restare meravigliati e sbalorditi; non a torto molti ritengono Rom.a maestra d'agri. coltura. Certo è la grande madre della nostra agricoltura ! La organizzazione agricola della Toscana era tale da potere in seguito, durante l'Impero, in parte sopperire ai bisogni alimentari dell'Urbe, accresciuti dalle tmbe dei parassiti e degli oziosi che vivevano sui margini della accresciuta ricchezzza dovuta alle guerre vittoriose e delle

/' LA RIVOLUZIONE J,JBERALE distribuzioni gratuite o semigratuite Jj grano e cli olio. Crcmo1ia e iYlauto,·a ilinalr~no gli argini al I)() (nso-1200). Kella ,·alle del Po nasce la praticoltura artificiale e con essa l'allevamento del bestiame da latte e l'industria casearia. .Kell'Italia centraleJ e specialmente in Toscana, i rurali liberi assw·gono alla c:ondizi<>11c di ,·eri coloni mezzadri col diritto alla metà <h frullo delle loro fatiche ed alla libc1ià personaIl periodo che si inizia nc:l 1814 con Ja re5taurazicme di Ferdina11do 111 ad oggi, per quanto storicamente: ùreve, deve c..;sere esaminato partit.am<:ntc: e ci(>(:: avanti e dopo l'annessione: della Toscana al Regno d'Italia. Ferdinando !Il e Levpolclo II preroouti dal tradizione:: legislativa ed ammilUstrati\:a ùel loro ,·cramcntc sommo avo Leopoldo, tr<Jvarono in condizioni ;elativamentc fclicj l'ugricolt.u.ra t/J. Solto Augusto il decadimento dell'agricoltura italiru1a ormai era iniziato per quella complessa crisi sociale, militare e tributaria che doveva clissolYere Roma sotto la pressione dei barbru;. La terra sotto le mura di Romf)J ve11iva abbaudouata. a pascolo, ed il deserto si face\·a laddove il_ terreno era stato fertile e j:,rodultivo 1 in cou- ~gue111,a delle forze negative combinate del lali fo11do e della scbia, itù. le, aventi petsonalità giuridica e costituiti in scana.. eguaglianza legale di fronte al proprietario, col La ri\·oluzionc france.,;.c: é le gw::rre napoko· .\ugusto con uno sforzo grandioso crea le Colonie agricole iu varii punti dcll'lmpero, inYianclovi i reduci c.lelle guerre ed i cittadiui romani ai quali coucedc gralnit.amcntc la terra. Sorge così tra le varie ciltà che ancora 1·cstano, Siena.. quale firmavano contratti di mezzeria per un uicbe avevano avute in misura minore che n ·P lasso di tempo vai-ianle a stcc,nda ckgli ac.:conli altre r!.!gioni italiane le:: loro ripcrcussiùni c:coslabiliti dalla JYJitc contrattuale:. nomic:amcntc da11nosc, mentre. la 1x,-Jitic,.1. agra. L'esposizione può procedC'rc quindi uel campo ria avcYa delle profonde e chiare: din:.tti n: s1:- c!ella documentazione che il Casabianca ha por- gnate dal sol mo luminoso kopol<lino; la libtn;,. lato con dei documenti di ccc<.:zioualc impor- e:.conomica, il contratto puro di mc:z:r;-,dria, é l opere statali cli bonifiche idrauliche e agrarie t'n gruppo cli uomi11i eh<.: mcr:n·igliano per la. loro genialità e la profondi là del sapere: Catone, \'arrone, Columella, Plinio, e con insuperabile potenza Virgilio, a,·evano già denuncialo, disperatamente, ma invano, il pericolo. Si sente i11fatti, attran?rso al lbro liuguaggio, la sen~zioue che la fine della coltivazione dei cereaìi, l'estendersi del pascolo e delle brughiere, l'àbba.ndono del bestiame in mru1i serdli, nou è soltanto la fine dello splendore dell'agdcoltura, ma la lenta agouia di Roma. tauzai che riguardano il periodo dal 1224 al 1300. della :;H,n·.miii Ormai il podere si ricostruisce nelle fonne 1 fili della politica erano tenuti ne:llc mani tecniche del podere di Roma repubb1icana; la dell'aristocrazia che era contemporanc.-ame:11te la casa, la stalla, la stabulazione 1tlel bestiame, Jc1 avvicendamento, salvo che nella forma contrat- proprietaria terriera non assenteista, 1a quale tuale non sia più perfetta. av:,·~ delle i~ee _e della cultura nvn in~i~erenti. Il salto può sembrare enorme ed improvviso ~Ia1 Stato italiano 11:3. avuto una poJ1ttca. così 1 · . 1 . 1 1 . • chiara ed una classe dmgente consapevole come quauc o s1 pens,1 c 1e 1 co ono raggiunge cond . 1 . d 1 temporaneamente la libertà giuddica e, se ha ur?~t~ 1 regime gran uca e. . . Yolontà e la fortuna la possibilità di diventare (,li <: .che 11~ 11 do,·~~·a ~~re <l:ffic:ilc ~c,vemar~ esso stesso prop,rìet~rio col proprio lisparmio. una re~t?ne di 24 m1ho~1 dt cl11lomet11 q~dr~t1 Qua11do ,:enne l'ulio fatale tra ci,·iltà e barbarie, l' Impero cadc,·a straziato pc1· molti secoli dalle atrocità delle inYasioni, e fu, forse, fortuna della Toscana 1 'essere tagliata fuori dalle grandi linee di comunicazioni, se poteva essere in parte rispanniata. Nasce pertanto la proprietà privata legittimata e(l .r 1~11hone_ e mezzo d1 persone, co~ territori.~~ tlal rispan1'1io, cioè moralmente e o-iuridica..- qu1n_d1, relati;amente v8:5to, che off~va ._tut~ t · mente perfetta. i-, ~abb1sog11~aluuent~re: 11 grano, l 'oho, ~1 vino, 1 prodotti del bestLalile a mezzo dell'agncoltura bene orgauiz:r~ta dal sistema. colonico; e che: a,·e,·a, in più, gli syariati prodotti minerari che può richiedere un ... paese industriale moderno, ed un'industria ed un commercio di tessuti,. il migllorc del tempo! ~lentre i barbari che si erano impadroniti dell'Italia abbandonavano in parte le loro tradizioni ed in parte assumeano quelle romane, sulla scena de1l'Italia e della Toscana sorgono tre forze nuoYe alimentate da altrettanti diversi sentimenti: il monachesimo, il feudalesìmo e le città libere. Sui rott.aJJ1i di tanti secoli tragici il mondo italiano cerca di ricomporsi e di Yivere. 11 1nonachesimo sorge co11temporanea111ente in Francia, in Inghilterra ed iu Italia : qui per opera di Benedetto da Norcia. Il beuedettismo raccoglie le scarse tradizioni agricole rimaste; s'impone, assieme a,lla propria regola, una regola trgricch: 7 (.';-..:-..~11 giorno di lavoro compreso il lavoro della tt:rra, e YÌYere con i 1 so li prodotti della tena : la' potenza e la attraz,ione religiosa di quel tempo era tale che il benedettismo si irradiava per ogui dove con l'efficacia e risultati più grandi di que11i che non abbiano dato le Colonie di Augusto. ·i\lontecassino, 1Bobbio, ·Nonantola, F,arfa, Vallombrosa, Cam.a.ldoli, Certosa, ecc., furOuo oltre che i depositari delle reliquie .della civiltà romana, i viYa.i di buoni agricoltori. Quando fa terra sop.r.aYan:r...a, e lo era regolarmente percbè i possessi erano imponenti per Je coJ1ces~ioni. regie, diffondono largamente l'enfiteusi : il livelh> è generalmente in natura : grano, Yino, lana, polli, ova, '<la portarsi al Conve11to. Il livellario è, pertanto, un coltivatore quasi libero: è almeilo libero nell'esercizio de1l'agricoltura. e nel commercio dei suoi prodotti. Dlll"'ante il monachesimo se non soI'.gono, certo Sopra questi av,·e11imeuti passano sette secoli di graricli straordinarie vic;encle sociali e poli tiche; invasioni militarj, la scoperta dell'Ame1ica, gue1Te fratricide, dominazioni straniere ed iu.fiue l'unità politica dell'lt.1lia oei suoi confini nattua1i, ma sostanzialmente l'assetto rurale fondiario ed agrariu resta il medesimo: la medi.ai p1·op,rietà condotta a salariati liberi o a colonfo, .la piccola proprietà coltivatrice, il latifoudo. Vi è un punto cl1e non può sembrare chiaro 11elloS\"iluppo del processo storico della. proprietà fondiaria, ed è la diversa ampiezza ed il diverso grado c1i progresso al quale è pervenuta la proprietà fondiaria, delle di verse regioni. italiane .. Si tro,·a, infatti, che mentre all'inizio dell'evo moderno nell'Italia settentrionale si andava formando una media, e soltanto eccezioualmente la grande proprietà che applicava nei modi miglio- 1 ri le tradizioni tecniche cli Rom.a antica, via da che si _scende in Toscana e nellUtalia ineridionale si trova che si è consoljdata 1a g.ra1lde proprietà, e, particolarmente, ne1 i\ilezzogiorno, il ·latifoi;i.p.o. Con,s~g~eijtewente i ,s~mboli estre1!1i di queste due agricolture, con punti di ù[eriJneut9- intermedii per la Toscana, sono la vacca da latte . nel settentrione e la pecora tran~umaulte p.elPitaliaTmeridionale. - · "?\011 è a dir:e c-he all' inir..io dell'evo moderno e µei secoli '~uccessivi 1,a b.uona .t.eC11icaagricola uo~ fQsse çonosciuta ed .a.oche pr:o_pagand,ata. ,La sco17erta della &ta,mpa e )a sua rapida appliC<\Z~one,la rinascita degli studi diffusero i11ton10 aJ 1500 i georgici di Roma, ed assie,rne ad .essi lavori di altis~imo valore del f''lattio~=. del1' 1\..lamanni, del Vettori, del >$oderiui, del Daassurgono a nuova e maggiore importanza, j •• v~an7...ati. . mercati e sopratutto le .fiere annuali di derrate ,Vi ~ stp.ta., insomma. uua. npresa poderosa, e di bestiame. ma Che raggiunge risultati diversi: positivi nel Le :fiere ricotrono presso località, stabilite or- nord, in,c.erti iu Tosca.n,a e uegativi uel sud. dinariamente per la festa i,atronale e durano I tecnici attribu.iscono tale diverso g,;ado di -parecchi giorni. Sono a,·venimenti grandiosi progresso agricolo al diYerso fattore fisico, e pru·- perchè raccolgono migliaia di capi e migliaia di ticolarn1eute al dive1so grado di piovosità: nelpe.rsone. Per pochi giorni si improvvisa.no dei la valle del Po piovono 800 mm., in Toscana paesi che poi scompaiono. 600-700; nel sud .400-500, in questo ultimo con Essi seguano una ripresa commerciale note- una sfavorevole distribuzjoue. vole anche coi paesi più lontaui,.ed atth·o scarn-• Certamente- questo è ~~ro, ma non è tutto. bio <li. bestiame e di derrate cli og..ui genere. Gli stessi ~ecpici trascurano cl\e la stess.a pioII feudalismo sorto in seguito all'onlinamento vosità nei ·suoi benefici effetti ·è alterata dalla politico di Carlo ;J\'.J.agnocreava un u11ovo ordi- maggiore evaporazione particolannente per opeuame.nto che ma.uten.eva. ancor.a 1a schiavitù del- rn del calore e dei venti scend~n-do dal Po alla la gleba. I ruta1i che vive,·ano nel d01ninio del Sicilia; e mi sev.1bra cl1e troscurino c.he via via Castello doYeYano lavorare per alcull.i giorni de]- che i terreni si allontanano (\al quaternario della Ja settimana uell'e.'5clusivo interesse del feuda- Valle del Po, diyentano meccani~amente- e chi-• tario, e dargli alb·esi p.resta.zio.n.i clurante la cac- micamente più difettosi: valgono .per tutti le -eia, la pesca e<l i lavori straordinarii della fie• arete ed i mattajoni toscani chimicamente buoni nazione, ck:11.amietitura e bosc-hi\"i. Lo splen- ma meccanicrune.nte irriducibili, o quasi. • <Gore talora eccessivo clei feudatari che solevano :Nia si trascura altresì un fatto storico che ha a,·ere una vita. lunga, e certo costosa, non .sem- qp,erato sinzolar11;1.ente, e che ancora oggi non pre doveva potersi sostenere a lungo: i.l tor- è riuscito ad ;1111,111ae$trare,ed è il so.rgere e .naconto consigliava di alleggerire il numero dei l'affermarsi nell'Alta Italia, e partico~armen_te .sen·i costosi ed inutili : forse il sentimento reti- in Toscana, delle pri,me cor.renti capitalistiche •gioso cont1-ib1ù a questo nuovo .avvenimento. coll'affer,1,narsi <lei liberi Comuni. Così il verso il IJoo, l\1ati1de cli Canossa lascia Se sulla fin.e dell'evo Jnedio Venezia, Brescia, per testamento che molti se1Ti sieno emanci- Bologna· e singolar~ente Firenze, furono cen- -pati. n conte Alberto di Bergamo emancipa ser- tro <li sapere classico e agrario, furono altresì YÌ e loro dotm terreni da colti ,·are. i\i!a. tale centro cli )]Ul}.leto?'icom.t:ç\erci ricchi e fortunati. moYimento doveva. essere portato a buon fine Le nuove a.r.i.stocrazie che sorgevano coi guadadai Comuni italiani. ani delle mercature, se si affermavano col (asto Le città italiane del contado risorte a vita ver- del.le belle arti, seppero abilmente impiegare il • so il 12 00 colla. progres-;i,·a conquista de1la pro- loro denaro nell'esercizio clell:agricoltura. Se alpria atttorità ed all'arbitrio dei faudatarii laici cu.ni secoli p-rìmn. i Comuni armati avevano ed ecclesiastici, dànno il definitivo trncollo alla portato Fagricoltura nelle campagne, ora ve la seriittì della, gleba. ~ei scrd augru·iati, nel riportano con . la fqrz.a, del pari potente, del senso vero delfa parola del .. feudatario, essi tro- denaro: van0 i naturali al1enti per abbattere la. potenza Il [euomeno non do,·eva avvenire a. caso dopo e per intensificare le proprie industrie e com- la scoperta dell'America e delle Indie che spomérci. E' l'ora cleÌla libertà, ma è l'ora, altre.sì 1 stavano il centro dell'attività marittima dal i\'Iedi u.na, febbre di commerci e di .ricchezze. diterxa □ eo aiU'Ocea,µo, .dall'Europa alle cvionie, Carlo Cattaneo dice esatta1nente, affermando cl 'oltremare. Se la pot~nrA:'l marittimlll passa. ,·a che 1'aaricoltura nel medio evo usci dalle città. alla Spagna, al Portogallo, all 'Lnghilterra, J.'eco. Peit~:to nel 1199 il Connme di Verona repar- nomia italiana poteva ancora sah·arsi, in parte, tisc.e 4000 èampi e Pistoia nel 1205 decreta la portante il risparmio alla terra. emancipazione dei servi della gleba. Più tardi li Così la valle del Po potè salYarsi e vivere, seguono Vercelli, Bologna e Firenze. la Toscana rins-aldar's-i, mentre l'Italia meridioL'agdcoltura risorge attraverso ad una nuova nale continuava la 5:ua. agonia ecouomica per ,·isione industriale: Dergamo, Brescia e l\1i1ano 'opet'a cli un semplice fenomeno cli imp.ecuniocomincianò l'escaYarjone di canali irrigatori; sità che ancora oggi la caratterizza. La Toscana. ave,·a, pertanto, nel periodo che . va da] 1814 al 1859 un suo «sistema economico», un sistema certo modesto che non può competere con quello che s.i sarebbe creato nella \'alle del Po dopo il 1859 con i trafori alpini, l'energia icb'aulica e l'irrigazione, il sorgere di una c1ass·e sttpet·iore a quello de11'Italia meridionale per la .$~plice ragione che ... non ne ha alcuno, avendolo perduto quando si spegntvano i suoi rn.p,. porti cou i paesi de] le coste africane ed asiatiche del Mediterraneo .. Io s-piego, naturalmente non giusti.fico, -il gesto dei contadini di GajoJe che per quanto dipen. denti di Bettino Ricasoli, ruppero le urne durante la ,·otazione pet· l'annessione. Il colono toscano che bada più all'economia che alla politica, comp,rendeva e ,·altttava che la fine del Grauducato era la fine c).ella prosperità ecouo. mica., era la fine della prosperità del! 'agricoltura. L)annespione a.I regno d'Italia è stato, dunque, un nobile errore del la aristocrazia e della borghesia toscana. Dai quel tempo l'agrkoltura toscana ha vis. sutÒ Q.ei ricordi di aYvenimenti passati, e dei bei nomi storici. Si potrebbero Tiempire de11e 1 P,3-gine j.ntere di tanti nomi c:a.ri e si~tici, ma le cose non muta110 affatto. E' C"hiaro che quando il dominio della cosa pubblica passava da Firenze a Ro,;na, la proprietà tem·ic;-.raperdeva le fila dell11 .cosa pubblica, e l.n..1011 per lei se ancora per qualche decent1lo ha potuto dare qualcl1e suo uom,_o·a sen 1izio de1là monarchia. Da Roma è venuto reg_olannente uu sistema fiscale, dei P,•ro,rveµ..4:rientiagricoli gene,rali. e speci,~li, gel).eralmente in antitesi con gli inten;ssi fo:r.idiari ed ~grari della Toscana, co_sicchè i redditi p.on migliore1:anno mentre i bisogni si accresceranno. Kell'ultimo YeHtennio la - p-roP'rietà terriera, sempre in mano alle vec:chie famiglie, .ern sf: duciata e rispondeva. s,l, ma a parole, ai richiami del progresso ~gricolo. Il fenomeno _Saliente dell'epoca era, appunto, il costante incremento dei debiti ipotecarii. La proprietà era sempre più afflitta dal fenonmo della .impecuniosità, da quel carat~1·e fenome,no _spiccatamente mericlio~ale, dovuto alla imponenr,,a del capiL'lle fondiario e la m~estia o 1 'assenz.a del circolante, e dal grave fenomeno cJell'aÌto co~to dei migliora,n;_euti e trasfonnazioni agricole nei confronti nel basso valore co;nmerciale della terra in pi:11a produzione. La. prop1·ietà terriera alla ,;ilia. del 19141 ossia al1o scadere di un secolo delPinizio del periodo della sna maggiore prosperità, iu parte vh·acchia,·a ed iu parte andaYa alla de.riva. );"e.ss1.111aformula sboccia,-~1 dalla elisi: non la Yellclita, 11011 l'affitto, 11011 l'industrializza_ zione. Scoppia,·a, iuvece, .lai guerra mondiale. P.an·e per un momento che l'agricoltura s'inabissa$se, poi si 1iprese poichè tutti _si sentirono arricchiti, ~oi si seutl piegare sQt.to la preoccupazione della tiYoluzione proJetaiin. Venne, invece, il Fascismo. - ALBERTO OLIVA. J\. our. - Il presente articolo ha la sola pretesa <li essere- tuio schema <li uno studio storico economico dell'agricoltura tosca11a. Esso riassunse, in. parte, UJl capitolo cli ..un Ja\"oto :inedito dell' .\ ..: Probfem-i d,i, ec0H0miai agra.ria, tratto specialtueute dalle sezue11ti ··pubblicazi01U: ROSA·_ Storia dell'agricoLlu ra; Vn,1,ARI _ Le invasion,i qarbM·iche in Italia; Rossi _ J..e isUt11zin11.; di benej-icenza dell'antica Roma-; UtPrANI _ Le georgiche; TOBr - iliawualc storico. Al.UAS - La quesNo-11emel'idionale; CATONE - Delle cose rnst-iche; CARABL\NCA - La. mezzadria. in Toscana, ili alcu.ni documenti medioe1ia,l·i; Azrnror'>TI _ Il .Wezzogio-rno agrcr-rio qual','. I LIBERALI Che: i 1iberali ~i radunino a congresso, non è c:osa importante oltre la contingenza politica di qu.e:s.t'ora. E' un po' come una radunata di \·eterani e di _pcns.ionati, che s'accorgono all'improvvLo d'un gra\·c mam.:amentc, fra le:: schk-rc dei loro s.ucces:-;<.>ri, e, stupiti, ~j do\:cssero trarre dal loro ,nio remato per rity;tere un mònito e una lezione che t.-rcdc:vano oramai o'"·via e assimilata, o, come si dJce, superata. Bisogna guardare in fondo al loro animo. Si rc~ta ~tupefatti a tro\.·ani tanta os.tinata e rassegnata drtù. Lib<::rtà come normalità e come ordine: sono parole oggi ripc.--tutee w1 po' vuote di senso, ma nacquero &pcmtanee, e -=-,tanno nel cuore <lj molti, quasi un incessante richiamc, a tempi che .JYàic,no in,·erosimilmente rosei e sen:.-ni. Ora quei beni tan1o semp1id e naturali banno il sapore d 1una cosa. proibita; pc.,r ottenerli, bisogna riconquistarli. Intorno alle idh, più comuni, alle frasi più viète, che sembrano fJ"'"GLCific.o patrimonio de:1 be-npc.-nsante e del borghese, i vili hanno fatto il vu<,-to. J pochi SUfJC.-rstitihanno dimostrato che do\'e sernbra\·a vigere uno spirito di transigenza e di sfruttamento. ~i nascondeva la possibilita della passione e del coraggio. . Si può esser contenti di questo mutamento di fortuna, e della ricca lezione che comporta, ma solo perchè rimedia a gravi malattie e cleficienr...e. '.Se il nostro liberalismo fu la spinta e il criterio dell'unità nazionale, dedò dalla sua tendenza n1zionale riformatrice, e mirò a risultati forma.li, cui non poteva corrispondere il contenuto. Siccht non si fonda,·a l'Italia liberale, ma l'unità. cl1Jtalia; e dopo, a fare che questa non fosse una parola yuota, si tenta,·a 1'W1ità coattaJ cioè i~ U,·cllarnento legale e l'accentramento. 1Ia poL cbè in quel clima non erano nati i dèspoti e a uessWJo conveniva d1istigare le velleità ditta.totie, dalla. mancanza. di n:re e proprie attività. politiche e di bisogni collettid che fossero abbastanza coscienti per trm·are una ,·oce, la vita pubblica era ridotta alla stregua degl' interessi del1e beghe, de1le Yanità e delle psicologie particolari, e la dominaYa naturalmente il trasfor~ mismo. Questa scienza (tattica.) del nostro go,;-erno si può anche chiamare liberale. ~è si può dire che abbia fatto catti rn pro,·a. E' tipica della Terza Italia in quanto è il primo prodotto nazionale ·prh-o di ragioni e d 'espressioni letterarie. In questo modo ha suscitato molto risentimento retorico fin dal suo inizio e più che dai problemi concreti ai quali non fosse pari e dalla tragedia cli una nuoYa generazione, dall'onda retorica è stata Yinta. · Il patrimonio spirituale dei liberali Italiani, quali furono e quali sonoJ è proprio questo: una tradizione di buon governo antiretorico da rivendicare e da ri ,·aiutare. Accanto ad essi, si nota una ebullizione di propòsiti num,; e di ço_ lontà più recise che Yengono dalle _sezioni gio- ,·anili e diciamo pure dalle più preparate e meno ammonitrici -schiere dei combattenti. E' il _segno più conforte,-ole nel loro moYimento, ~chè darebbe a sperare che oltre a sobbarcarsi alle decorazioni ·e agli onori, vogliono assumere senza e1tfemis-mi le responsabilità di classe. dirigente. Quando a,-essero con le loro forze, con Q_,uelle ris~·e sicure e ~tenti che posseggono di uomini probi, oggi, speriamo, fatti dall'esperien.,.,a più i-igidi, riassù.uto in pieno il potere e tagliati i pont.i, e riammesso in Italia il d1ritto, allora si potrebbe discutere di cl1e cosa è il liberalismo e ch_ied.ere le. pto,·e della loro fede e ,agliare il conttibn,todelle loro opere. La storia, si sa, comincia sempre domani. u. :ll. DI L. -PH;RO-B(;}B-t,_:ififi :::1:.Jùore TORINO - Uia XX S.etlembre, 60 Dovere di ogni abbonato della Rivolvcione Liberale è di abbonarsi subito alla prima serie dei QuadErni dBllaRivoluzionB Lib PalB Int.egrano l'opera della rivista e raccolgono gli scritti fondamentali della nostra cultura politica. PRIMA SERIE 1. i\1. i\'IISSIROLI: Il colpo di Stato 2-3. V. NITTI: L'opera di Nitti . 4. A. CAPPA: Vilfredo Pareto 5. S. MILL: La libertà, prefa.z. di Luigi Einaudi 6-7. L. STURZO: Sintesi sociali, con una storia dr.l movimento politico cattolico in Italia 8. A. POGGI: Socialisnw e cultura . 9. O. ZUCCARTNI: Lo Stato repubblicqno iO. G. GANG.\LE: La rivolvcione protestante L. 5 » 12 " 6 " 8 )) 12 )) 8 " 9 " 8 L' abbonamento alla prima serie costa solo 50 li1:e. - I vòlumi si spediscono agli abbonati che hanno pagato raccomandati franchi di porlo. Chi possiede già uno o due volumi può abbonarsi ai rimanenti togliendo ali' importo L. 5 per ciascun numero posseduto. Fino al 15 ottobre gli abbonati di Rivolucione Liberale potranno abbonarsi alla prima serie dei quaderni spectendo vaglia di sole lire 1,5 (quarantacinque).

INVENTARIO Panzini Il Panzini, più femminile, dal pensiBro i,1ù che mectitativo, ma anche più disciplinalo, fino alla scaltrezza e, purtroppo, fino ill manierato - vero crepuscolare, infine - non giunge mai alle angosce tormentose, di una trmpesla interiore. Già il titolo del suo diario psicologico - che è anch'esso, nella park più interessante, un diario cli vigilia - indica a sufficienza ciò che lo separa dal Serra. Da un EMme di coscienza passio.mo ad UlT Diario sentime11tale dal maggio 1.915 al 11ovembre 1918. Diario sentimentale in quei giorni e su quei giorni fa pensare alla .llalinconia di Pindemonte cantata a mezza voce in un « a parte", in un angolo ciel palcoscenico, mentre sul pro-- scenio si appresta la tragedia eschilea. E' naturale che· in un'atmosfera come quella creal.cL alquanto arti cialmente dal Panzini le inquietudini dell'aninm trovino .a portata di mano elem~nti di consolazione, e prima che da altre cose da un ccl'to ironico compatimento per gli altri e per sè stesso, che attutisce anche i rimbombi della tragedia circostante. Il Pazini si trova alJa stazione al momento che parte uno dei primi treni, che portano ufficiali verso il c,onfine, e un tenente del genio, che era stato suo discepolo, gli grida dal finestrino: - Vedrà che belle cose faremo ! E lui, tornando, indietro, rimugina tra sè: « Ma che strane parole quel giovane ufficiale del genio: - Vedrà che belle cose faremo ! "· Sarebbe difficile comprendere il motivo della meraviglia del Panzini, se non ci si riportasse al continuo trasferimento che egli f,1 o tenta di fare dei valori normali della vita, per cui la zona d~l nieraviglioso è allargata in maniera artificiosa e lo scrittore finisce per trovarsi di fronte alla vita nell'aspetto preciso di uno spettatore miope, che a teatro abbia improvvisamente smarriti' gli occhiali. . . . . E' pur vero però che, alcum istanti di più lucida introspezione lo portano a sentirsi in una condizione d' inferiorità e ad immalincònirsi d'un tratto: « Ah, io ho presso di me - esclama a un certo momento - questa scarna, macera, gelida ironia, che, m'apre gli uomini e le cose e non mi fa vedere se non ciò ch'è più tristo e più vano ! "· S'inganna però lo scritto-re nel credere sia che la sua ironia apra uornin i e cose, sia che essa gli faccia vedere solamente il più tristo ,e, il più vano. Non c'è niente di assoluto nella vita quale appare al Panzini : è una vita troppo frammentaria, non aperta, ma spiata da una fessura, e non comporla superlativi. Ma un momentaneo senso di disinganno'· e un molo di repulsione da quel continuo gioco cerebrale di deformazioni umoristiche delle proporzioni reali delle cose, spinge una volta tanto al superlativo fuori posto ; e quel sentimento e quel movimento, se sono in quel punto una debolezza nspetto allo stile dell'artista, fanno intravedere qualche cosa, che comincia a staccarsi dal « crepuscolarismo"· Ferrero e Labriola I flebili lamenti dei crepuscolari nelle ore e.attive sono voci di poca consistenza, e si possono raccogliere - in sede di storia della cultura - in quanto sono le pnme manifestazioni inconsce di reazione ad una letteruturn di moda, che .JJOigli stessi crepuscolai·i, nel complesso della loro opera:' contribuivano ad ingrossare. Ma una pm seria e rnscienle reazione si determinava, e per dir meglio riprendeva forz_a da parte non di poeti e letterati in istanti di turbamento, ma per opera cosciente e_nfiess1va di studiosi che nel periodo «vociano" apparivano come attardati e irrimediabilmente ·condannati pel loro pel!'S1stente attaccamento ai metodi delle scienze positive. E' un fenomeno non raro nella storia del 1,ensiero quello di scrittori, che _si potrebbe dire che sai tino una generazione o una zona culturale, ritrovandosi in quella seo·uente molto più a loro agio e come rm- ~ovali sia nella esperienza propria sia nella generale considerazione. Avvenne così in Italia che, passata la prima ondata an_t1positivisla, akuni dei migliori e più g10Yani campioni, che aveva nutrito la sc_uola positiva, si trovarono ancora 111 piedi, al loro posto; ma perchè, facendo tesoro delle esperienze acquistate durante la lotta, avernno saputo gettare parecchia suppellettile 0cadente di casa propria e avevano cercato di apprend,ere quale era la suppellettile utile cli casa altrui. . . . li pubblico apprezzò il loro spinto _g10rnnile e si riaccostò ad essi con rmno~ato interesse, anche per effetto delle prime disillusioni dell' idealismo «vociano", che 5 ; sbanclava. La guerra e il dopo gu,e,rra ];anno faUo rivolgere ancora più gli occhi su questi studiosi, che, liberi da molte pr~- giudiziali di schemi teoret1c1, appat0no p,u adatti a quel paziente lavoro di ortopedia, a cui bisogna oggigiorno assogge,ttarn molte idee, fracassate dal consenso metodico. Le figure rappresentative di questo grupLA RJ VOLUZlU:S lt LllJElC>\L1·, DI CULTURA po mi paiono quattro - due che provengono dagli studi storici, due da quel!, eco• nomici: - il Ferrero e il Salvcmini l'lsi na11d1 e il Labriola. Quantunque moi'to distanti 1J€>J' temperamrnto, per studi, per opinioni, il Ferrcro e il LabFiola hanno in comune un istint,o chiarificatore, talvolla semplificai.ore, che li ha spinti a misurarsi coraggiosamente con le antinomie e i paradossi risultanti da un tempo di crisi e di rivolgimento cli valm·i. Naturalmente la loro risposta è quella ,d~l due più due fanno quattro, l'appello ai principi fondamentali della logica tradizionale. La morale degli scritti dettali loro dagli ultimi eventi potrebbe riassumersi così: - Il mondo, che agli inesperti ed ai sognatori può parere sapiente di infinite soluzioni ai casi della vita, ne possiecte invece un numero circoscritto e che non può essere aumentato. variato o combinato a capriccio. Qualsi;1si acçozzamento artificiale, arbitrar rio degli eJ,ementii, che costituiscono il terreno comune,. su c,ui ci muoviamo, o qualsiasi illusoria attesa di soluzioni miracoJc;se è pagalo a caro prezzo con dolori e disastri materiali e morali. L'Europa del dopo-guerra si trova a mal partito per essersi abbandonata a simili giochi azzardosi rli combinazioni arbitrarie (trattato di Versailles) o di caccia al Messia (bolscevismo, fascismo, conati ditLaloriali, ecc.). I nuovi regimi, le nuove istituzioni non si fabbricano come giocattoli. Essi spuntano lentamente dalla terra, sapientemente seminata r. faticosamente lavorata. Anche il regime socialista - ammonisce il Labriola interpretando Marx per uso di molti suoi amici socialisti - non potrà sfuggire a questa legge storica e non potrà cominciare a fiorire, se non quando il massimo sviluppo e rnssodamenlo delle istituzioni borghesi - cioè della democrazia - offrirà il fondamento necessario per sollevare un nuovo edificio economico di tanta mole. Il Ferrero, che non crede o non crede più in Marx, non trascura il fattore economico della crisi - che vede -però più che come problema di produzione, alla maniera marxista, come fenomeno ai distribuzione, in rapporto all'altro problema della sorvrapopolazione d' Europa -; ma in un primo p_iano pone un problema prettamente politico. Gli avvenimenti degli ultimi anni hanno messo in pericolo lo stesso principio di legitti'l'J'li,tà. Bisogna cominciare con riconoscere qual'esso sia, nel nostro secolo, e poi rinsaldarlo, poichè fuori di esso non c'è che anarchia e barbarie. Onnai in Europa, anche nei paesi -in cui la monarchia vige ancora, un governo non è con- -siderato legittimo, se non può affennare, d 'accordo almeno con una convenzione di verità, di esprimere la volontà della 11a?iione.. Al di fuori di quel po' che resta dell'antico ordinamento monarchico, la. sola foute di a1,1torità legittima è oggi il suffragio universale, 91:gano della supr posta autorità del popolo. Escluso il governo rappresentativo, non ciè più per l' Eurnp~ se non Ja dittatura di Lenin, poco importa se Yestita cli rosso o di bianco. Senonchè, se ciò è vero, è pur vero che la sfiducia, il malcontento, la paura della democr.az.ia hanno una ragione. Fino al 1914 tutta l° Europa, esclusa la Svfa.zera e la Francia, era governata da una combinazione ingegnosa di due princil)[ di autotità - il monarchico e j} dcmoc1'atico -, per cui i due p.riudpt si punlel1ava110 a Yicenda. La volontà popolare si appoggiava alla tradizione dinastica e la tradizione dinastica alla volontà popolare. Il terremoto del r914 ha spezzato uno degli archi e l'altro sospeso in aria minaccia di cadere ... L'inquietudine oscura che travaglia le giovani 1~epubbliche e le ultime monarchie superstitii che s'iusiuua anche nelle repubbliche più antiche, nas.ce dal pi:esentimento Yago di questo pericolo ... L'Europa entra ora.mai iu una. fase nuo,·a della sua storia1 quella. iu cui, sciolta per sempre nei suoi elementi la ingegnosa combina- ;,:ione del principio monarchico e del dem<Xratico; i m possibi lei il ritorno al pttro principio 111011archico 1 i popoli del vecchio mondo do- \-ranno far~ della sovranità popolare una realtà ,·iYa..... Al punto in cui sono giunte le cose 1 l'Europa si trova innanzi a questo dilemma: o cadere in balìa deIJa for1..ae delle sue dittature precarie o riuscire a fondare degli Stati forti c operosi sulla finziouc della sovranità popo,lare. Il Ferrero offre uno de,i miglio,ri e più rispettabili esempi del potere educativo delgli studi sperimentali, col preparare la mente a una continua revisione, alla luce dei fatti che si susseguono. Via via che egli ha meditato sugli avvenimenti che precipitano ha bandito come pernicioso il facile ottimismo dei primi anni (Europa giovane; il/ ilitarism,o) intorno alla pace e ai destini dell'umanità. D'altra parte non si dà alla folle disperazione o al fantasticare soluzioni catastrofiche. La catastrofe bisogna evitarla, i,on correrci incontro: ciò è nella natura cle0 ·li uomini normali, in forza dell'isi,int.o cli 0 conservazione. Il positivis~a ha sempre un po' del medico, per affinità intellettiva. Il Ferrero vede il caso molto grave, ma resta presso il letto dell'ammalato, con viso severo, ma con dentro un' infinita pietà. !Ed ecco una delle piu a.cute diagnosi cle, nostri tempi: Il male di cui soffrono tutti gli Stati <l'Europa i:. appunto questo 1 che 11cssuno sa r,recisarnente quello che: vuole:. Jn tutti i partiti, in tutte le classi, in tutte le scuole 1 in tultc le istituzfoni, in t1ttli gli /itali, quasi rlirci in tutte le C<>- scicnzc, ad cccczio11e di p<x:hissime, cozzano dot.t.ri11ci aspirazioni, intcrf.!ssi c:ootraddittorL Che cosa vogliamo? gi un mi!-..tero, che non possiamo mai chiarire con noi stessi, perch(: ,·ogliamo sempre l'opposto di ~iò che vogliamo. Xoi yogliamo la pace e la guerra1 1a potenza e la giustizia, la tirannide e la libertà, la parsimonia e lo spreco, l'equilibrio del bilancio e il disavanzo, la sicurezza e l'avventura. Xessuna cidltà e ncs.-;uua epoca furono mai più contraddillorie con s(; medesime ... Xelle condizioni presenti l'aspirazione alla dittatura, oggi cosi diffusa tra gl' ignoranti e tra i colti, è una forma romantica, dello scoraggiamento. In genere, il pensiero cilC fa appello al buon senso ecl ai principi della logica tradizionale è un pensiero « a circolo chiuso", vale a dire che non ammette scarti. Una linea :e, che si slanci fuori dalla periferia tracciata, è destinata a cadere pesantemente al suolo, subito dopo. In questo senso il pensiero della riscossa positivista, e più particolarmente di Guglielmo FeITero, può dirsi classico, e può dirsi l'unica seria reazione classica all'anarchia intellettuale che è sotto la presente crisi sociale. Einaudi La mentalità del F>errero e del Labriola •è sopratutto di sperimentatori, quella del Salvemini e dell' Einaudi di moralisti. Potrà parere strano considerare com.e moralista uno scrittore di economia politica di grande serietà come l' Einaudi, che si guarda bene dall'entrare in altri campi di studi con fare dilettantesco. Ma appunto l'economia non è per lui un ferro del mestiere, ma una dottrina di vita, cioè, in sostanza, la norma morale e ja fede, nella quale lo studioso desidera ferventemente di richiamare la società, che devia dietro false immagini cli benessere. Da questa fede sincera e profonda deriva quel carattere sermocinativo della sua prosa. L' Einaufti è un meraviglioso propagandista, un missionario di principi classici del liberismo economico; un propagandista, che rifugge dai pjstolotti e dalle perorazioni, ma che s' insinua con sapienza anche stilistica nell',!- nimo del lettore. Pochi scrittori della sua materia sanno, come lui, proiettare luce ins;ieme sulla scena e dietro le quinte, durante una di quelle grandi féeries dE;)ll'alta finanza, nelle quali pare che non ci sia gamba di ballerina che non sia ben tornita. E inveoe, quanta stoppa! Meglio gli stinchi che la stoppa, pensa l'Einaudi ; meglio la nuda e scarna realtà della vita ecònomica che le superstrutture della vita po! itic.a, che si addossano alla .vita economica, nell' illusione, magari in buona f~de, di punbelLarla o irrobustirla, e invece la soffocano e l'anemizzano. Prendete il suo recente libro Le lotte del lavoro. Sono articoli scritti nel corso di ·oltre un ventennio, dal 1897 al 1919, eppure, perfettamente in armonia l'uno con l'altro, rami che si dipartono dallo stesso tronco di una dottrina interamente compene.Lrata dallo -scrittore. I risuHaU di questa lunga esperienza sono riassunti nella prefazione che è una nuova e più categorica profetlsione di fede liberista: l'equilibrio economico non s'impone dall'esterno, 'l1a si stabilisce come, risultato di una lotta ; non s1 raggiunge dai politici, ma dai tecnici, ed· attraverso la lotta. E sapete come s'intitola la prefazione ? « La beJl,e~za della lotta ". Proprio così: questo rigido studioso, scrittore incisivo, miL asciutto, nel raccogliere nella memoria la sua attività di molti anni e nel riassumere le idee che l'hanno guidata non sfugge ad un .movimento lirico, che gli fa vedere la bellezza di quella che è la necessità storica della lotta. Bellezza, che per l' Einaudi non ha un signifii:ato estetico sibbene morale: beHezza significa qui ele~ento di affermazine del carattt>re, di elevazione umana. Avviene in taJ modo - almeno come conseo-uenza implicita - che mentre i principi economici astratti, nei_quali crede l' E;inaudi, gli -fanno separare 11 mondo m due emisferi, quello della economia e quello della politica, in due emisfel'i. impenetrabili - che è un'utopia, perchè l'homo ,economicus è un'astrazione, un' ipotesi scientifica -; la fede stessa che pervade lo scrittore circa il valore etico della lotta economica lo porla a ristabilire i rapporti tra l'uomo economico e l'uomo politico, col sot. tinteso però che siano rovesciaLi i valori correnti e cioè che l'uomo economico puro - e quin~li-più educato e più moralmente for_teintluenzi in modo benefico l'uomo polltico. Questo pensiero non è enunciato e resta indistinto negli scritti del!' Einaudi, ma discende diiiettamente dalla sua fede nella bellezza della lotta economica, in contrasto con la diffidenza verso i « politicanti"· !VIARIO VINC!GUERRA lH Xci numero 32 della Ri-::oluzionc Liberale (2 scttC'.111brcJcompariva una mia bre\'e postilla con un viol<:uto attac:cc, alla maggioran,.a parlame;ntare e a11'on. JJdcroix. I1 mio intento era di ribadire un concetto che dovrebbe ormai essere famigliare ai 1105tri kttori. ,MussoJini e il fascismo sono tutt'altro che vinti. Per vincerli occorre combatte-rii apertamente sape11do di combattere insltm<: i costumi itaJiani di tra~formismo e rli corruzione politica. In quc:sta lotta gJi intrighi parlamentari, le manovre de1la maggioranr..a. non servono: se sen-issero noi ci rifinti~mo di usa111e. JJue anni di fascismo hanno <liviso definitivamente JJ campo tra c-ortigiani e cittadini: noi e-i vergogniamo di òover vivere sn una stessa terra con i ,servi che .si sono fatti eleggere dal IJuce il 6 aprile, \'endendogli la loro anima. 8crivendo quella postilla ero perfettamente conscio delle reazioni che avrei inc.-ontrate, come uon mi i: ignc,la la natura e la psicol<Y,çiadegli schiavi desiderosi <li non veder dichi:irata la propria schiadtù. Xel caso specifico poi è evidente che io disturba,·o anebe i piani di quella parte clèll'opposizioue che, per credulità o per riposto desiderio di arrendersi, spera di dn".".ereil fascismo di 11ussolini facendo lega col fascismo cli Benelli e di Libero Tancredi. 1Ii trovai quindi tra due fuochi : e in due giorni assistetti alla sollevazione universale della stampa italiana, fascista o di opposizione, guidata dalla Gazzetta del Popolo e dal professore Cian, fiancheggiata dalla Stampa e dal .\/on.do. Un giornale di Trieste annunciò che io ern stato linciato dalla folla. Sezioni di mutilati e di fascisti di tutta Italia mi facevano giungere i loro telegrammi di deplorazione. L'esaltazione dei giornali torinesi 1 come La Gazzetta del Popolo e La Stampa pro\'ocava subito i suoi effetti pratici. Venerdì, 5 settembre, scend.eYo le scale di casa mia, verso le 18. )Ii si aYYicinò un individuo che mi chiese se io fossi Piero Gobetti .. \Ila mia risposta affermath·a aggiunse che un suo amico i,ell'alrio desidemrn parlarmi. Capita l'antifona i0 scesi con lui. Quattro persone subito mi in- \ estirouo per sapere se fossi io Pautore dell'articolo contro Delcroix. - Precisamente. - Si era giunti in strada e cominciarono a percuotermi tutti insieme: altri aggressori che aYe,·ano atte- ~ pazientemente si aggiunsero ai primi. Ignaro delle regole del corpo a corpo io mi difendevo alla meglio e bencbè circondato, quasi sopraffatto, con gli occhiali rotti, badavo non ]asciare nessuno <lei colpi avversari senza risposta. Una gran folla si era radunata e assisteva. prudente e impassibile alla lotta di uno contro una dozzina di aggressori. Quando ci separammo io rimasi sul portone di casa mia insultando i miei provocatori finchè essi non si furono allontanati. Questa aggressione fu narrata dalla Stampa cli Torillo come se un •·m.utiLa-to si fosse presentato da me e mi a Yesse schiaffeggiato, senza che :io reagissi. Per ottenere la rettifica di questa notizia falsa (che persona da me incaricata s'era affrettato a far notare al comm. Banzatti, direttore, e al dott. Pestelli, redattore capo, ricevendone ampie proteste di rammarico e assicurazioni) dovettì provocare l 'inten:ento del mio legale. Ù fenomeno più interessante non era dunque la violenza delle reazioni : era il tentatiYo freddo di falsificare il mio pensiero 1 per stroncare come mostruosa ogni mia atth-ità. A questo tentati ,·o di sopraffaz.ioue si prestarono volentieri ex runici ed e..~ simpatizzanti. Essi tro\·avano comodo seppellire una YOC:enon abituata .1 tacere per compiacenza. Si dispiegaYano naturalmente i sistemi della camorra e del boicottaggio. 1vli decisi allora ad offrire i documenti indispensabili per le persone di buona fede che non si volessero prestare al gioco degli interessati e dei politicanti. ~!andai ai giornali la seguente lettera : « Egregio Signor Direttore 1 .-Poichè la mia postilla a llll articolo della Ri-volu,zion.e Liberale, intitolato « Come combattere il fascismo , 1 ha suscitato infinite deplorazioni e proteste credo necessarie le seguenti dichiarazioni per la pubblicazione delle quali mi affido alla Sua cortesia. « Pcl"'Carlo Delcroix, m11tilato cli guerra, io 11011. posso non professare il rispetto che professo per ogni mutilato cli guena. « Per Carlo Delcroix, deputato del listone1 leader della maggioranza goYernatfrai autore di un ordine del gioruo di incondiziona.t.,'l.ticlucia al Duce, oggi esponente dei crepuscolaTi spii-iii cli fronda <li una parte di questa maggioranza 1 ~opo aver cednto a tutte le lusinghe del mussolinismo, mi sono riserbato e mi riserbo la più ampia libertà. cli critica e cli stroncatun. « Quanto al testo della mia postilla, chitmque 11011 ne sia lettore pregiudicato) de\·c i11tcudere che la l1efinizioue aborto mo.raie 11011 è rivolta alla pcrsoua del Dekroix, u1a al suo atteggiamento politico, come ai giuochetti parlamentari e alle ,·arie mano\Te di maggioranza, per mezzo èei quali gli iugenui credono di poter _liquidare il fascismo. « Contro le offese personali la11ci1tem1 col pretesto della mia postilla sto pro\'\'eclcndo uei modi opportuni. Con osser\'anza 1 l'iero Gobctti ».

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==