La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 36 - 30 settembre 1924

INVENTARIO Panzini Il Panzini, più femminile, dal pensiBro i,1ù che mectitativo, ma anche più disciplinalo, fino alla scaltrezza e, purtroppo, fino ill manierato - vero crepuscolare, infine - non giunge mai alle angosce tormentose, di una trmpesla interiore. Già il titolo del suo diario psicologico - che è anch'esso, nella park più interessante, un diario cli vigilia - indica a sufficienza ciò che lo separa dal Serra. Da un EMme di coscienza passio.mo ad UlT Diario sentime11tale dal maggio 1.915 al 11ovembre 1918. Diario sentimentale in quei giorni e su quei giorni fa pensare alla .llalinconia di Pindemonte cantata a mezza voce in un « a parte", in un angolo ciel palcoscenico, mentre sul pro-- scenio si appresta la tragedia eschilea. E' naturale che· in un'atmosfera come quella creal.cL alquanto arti cialmente dal Panzini le inquietudini dell'aninm trovino .a portata di mano elem~nti di consolazione, e prima che da altre cose da un ccl'to ironico compatimento per gli altri e per sè stesso, che attutisce anche i rimbombi della tragedia circostante. Il Pazini si trova alJa stazione al momento che parte uno dei primi treni, che portano ufficiali verso il c,onfine, e un tenente del genio, che era stato suo discepolo, gli grida dal finestrino: - Vedrà che belle cose faremo ! E lui, tornando, indietro, rimugina tra sè: « Ma che strane parole quel giovane ufficiale del genio: - Vedrà che belle cose faremo ! "· Sarebbe difficile comprendere il motivo della meraviglia del Panzini, se non ci si riportasse al continuo trasferimento che egli f,1 o tenta di fare dei valori normali della vita, per cui la zona d~l nieraviglioso è allargata in maniera artificiosa e lo scrittore finisce per trovarsi di fronte alla vita nell'aspetto preciso di uno spettatore miope, che a teatro abbia improvvisamente smarriti' gli occhiali. . . . . E' pur vero però che, alcum istanti di più lucida introspezione lo portano a sentirsi in una condizione d' inferiorità e ad immalincònirsi d'un tratto: « Ah, io ho presso di me - esclama a un certo momento - questa scarna, macera, gelida ironia, che, m'apre gli uomini e le cose e non mi fa vedere se non ciò ch'è più tristo e più vano ! "· S'inganna però lo scritto-re nel credere sia che la sua ironia apra uornin i e cose, sia che essa gli faccia vedere solamente il più tristo ,e, il più vano. Non c'è niente di assoluto nella vita quale appare al Panzini : è una vita troppo frammentaria, non aperta, ma spiata da una fessura, e non comporla superlativi. Ma un momentaneo senso di disinganno'· e un molo di repulsione da quel continuo gioco cerebrale di deformazioni umoristiche delle proporzioni reali delle cose, spinge una volta tanto al superlativo fuori posto ; e quel sentimento e quel movimento, se sono in quel punto una debolezza nspetto allo stile dell'artista, fanno intravedere qualche cosa, che comincia a staccarsi dal « crepuscolarismo"· Ferrero e Labriola I flebili lamenti dei crepuscolari nelle ore e.attive sono voci di poca consistenza, e si possono raccogliere - in sede di storia della cultura - in quanto sono le pnme manifestazioni inconsce di reazione ad una letteruturn di moda, che .JJOigli stessi crepuscolai·i, nel complesso della loro opera:' contribuivano ad ingrossare. Ma una pm seria e rnscienle reazione si determinava, e per dir meglio riprendeva forz_a da parte non di poeti e letterati in istanti di turbamento, ma per opera cosciente e_nfiess1va di studiosi che nel periodo «vociano" apparivano come attardati e irrimediabilmente ·condannati pel loro pel!'S1stente attaccamento ai metodi delle scienze positive. E' un fenomeno non raro nella storia del 1,ensiero quello di scrittori, che _si potrebbe dire che sai tino una generazione o una zona culturale, ritrovandosi in quella seo·uente molto più a loro agio e come rm- ~ovali sia nella esperienza propria sia nella generale considerazione. Avvenne così in Italia che, passata la prima ondata an_t1positivisla, akuni dei migliori e più g10Yani campioni, che aveva nutrito la sc_uola positiva, si trovarono ancora 111 piedi, al loro posto; ma perchè, facendo tesoro delle esperienze acquistate durante la lotta, avernno saputo gettare parecchia suppellettile 0cadente di casa propria e avevano cercato di apprend,ere quale era la suppellettile utile cli casa altrui. . . . li pubblico apprezzò il loro spinto _g10rnnile e si riaccostò ad essi con rmno~ato interesse, anche per effetto delle prime disillusioni dell' idealismo «vociano", che 5 ; sbanclava. La guerra e il dopo gu,e,rra ];anno faUo rivolgere ancora più gli occhi su questi studiosi, che, liberi da molte pr~- giudiziali di schemi teoret1c1, appat0no p,u adatti a quel paziente lavoro di ortopedia, a cui bisogna oggigiorno assogge,ttarn molte idee, fracassate dal consenso metodico. Le figure rappresentative di questo grupLA RJ VOLUZlU:S lt LllJElC>\L1·, DI CULTURA po mi paiono quattro - due che provengono dagli studi storici, due da quel!, eco• nomici: - il Ferrero e il Salvcmini l'lsi na11d1 e il Labriola. Quantunque moi'to distanti 1J€>J' temperamrnto, per studi, per opinioni, il Ferrcro e il LabFiola hanno in comune un istint,o chiarificatore, talvolla semplificai.ore, che li ha spinti a misurarsi coraggiosamente con le antinomie e i paradossi risultanti da un tempo di crisi e di rivolgimento cli valm·i. Naturalmente la loro risposta è quella ,d~l due più due fanno quattro, l'appello ai principi fondamentali della logica tradizionale. La morale degli scritti dettali loro dagli ultimi eventi potrebbe riassumersi così: - Il mondo, che agli inesperti ed ai sognatori può parere sapiente di infinite soluzioni ai casi della vita, ne possiecte invece un numero circoscritto e che non può essere aumentato. variato o combinato a capriccio. Qualsi;1si acçozzamento artificiale, arbitrar rio degli eJ,ementii, che costituiscono il terreno comune,. su c,ui ci muoviamo, o qualsiasi illusoria attesa di soluzioni miracoJc;se è pagalo a caro prezzo con dolori e disastri materiali e morali. L'Europa del dopo-guerra si trova a mal partito per essersi abbandonata a simili giochi azzardosi rli combinazioni arbitrarie (trattato di Versailles) o di caccia al Messia (bolscevismo, fascismo, conati ditLaloriali, ecc.). I nuovi regimi, le nuove istituzioni non si fabbricano come giocattoli. Essi spuntano lentamente dalla terra, sapientemente seminata r. faticosamente lavorata. Anche il regime socialista - ammonisce il Labriola interpretando Marx per uso di molti suoi amici socialisti - non potrà sfuggire a questa legge storica e non potrà cominciare a fiorire, se non quando il massimo sviluppo e rnssodamenlo delle istituzioni borghesi - cioè della democrazia - offrirà il fondamento necessario per sollevare un nuovo edificio economico di tanta mole. Il Ferrero, che non crede o non crede più in Marx, non trascura il fattore economico della crisi - che vede -però più che come problema di produzione, alla maniera marxista, come fenomeno ai distribuzione, in rapporto all'altro problema della sorvrapopolazione d' Europa -; ma in un primo p_iano pone un problema prettamente politico. Gli avvenimenti degli ultimi anni hanno messo in pericolo lo stesso principio di legitti'l'J'li,tà. Bisogna cominciare con riconoscere qual'esso sia, nel nostro secolo, e poi rinsaldarlo, poichè fuori di esso non c'è che anarchia e barbarie. Onnai in Europa, anche nei paesi -in cui la monarchia vige ancora, un governo non è con- -siderato legittimo, se non può affennare, d 'accordo almeno con una convenzione di verità, di esprimere la volontà della 11a?iione.. Al di fuori di quel po' che resta dell'antico ordinamento monarchico, la. sola foute di a1,1torità legittima è oggi il suffragio universale, 91:gano della supr posta autorità del popolo. Escluso il governo rappresentativo, non ciè più per l' Eurnp~ se non Ja dittatura di Lenin, poco importa se Yestita cli rosso o di bianco. Senonchè, se ciò è vero, è pur vero che la sfiducia, il malcontento, la paura della democr.az.ia hanno una ragione. Fino al 1914 tutta l° Europa, esclusa la Svfa.zera e la Francia, era governata da una combinazione ingegnosa di due princil)[ di autotità - il monarchico e j} dcmoc1'atico -, per cui i due p.riudpt si punlel1ava110 a Yicenda. La volontà popolare si appoggiava alla tradizione dinastica e la tradizione dinastica alla volontà popolare. Il terremoto del r914 ha spezzato uno degli archi e l'altro sospeso in aria minaccia di cadere ... L'inquietudine oscura che travaglia le giovani 1~epubbliche e le ultime monarchie superstitii che s'iusiuua anche nelle repubbliche più antiche, nas.ce dal pi:esentimento Yago di questo pericolo ... L'Europa entra ora.mai iu una. fase nuo,·a della sua storia1 quella. iu cui, sciolta per sempre nei suoi elementi la ingegnosa combina- ;,:ione del principio monarchico e del dem<Xratico; i m possibi lei il ritorno al pttro principio 111011archico 1 i popoli del vecchio mondo do- \-ranno far~ della sovranità popolare una realtà ,·iYa..... Al punto in cui sono giunte le cose 1 l'Europa si trova innanzi a questo dilemma: o cadere in balìa deIJa for1..ae delle sue dittature precarie o riuscire a fondare degli Stati forti c operosi sulla finziouc della sovranità popo,lare. Il Ferrero offre uno de,i miglio,ri e più rispettabili esempi del potere educativo delgli studi sperimentali, col preparare la mente a una continua revisione, alla luce dei fatti che si susseguono. Via via che egli ha meditato sugli avvenimenti che precipitano ha bandito come pernicioso il facile ottimismo dei primi anni (Europa giovane; il/ ilitarism,o) intorno alla pace e ai destini dell'umanità. D'altra parte non si dà alla folle disperazione o al fantasticare soluzioni catastrofiche. La catastrofe bisogna evitarla, i,on correrci incontro: ciò è nella natura cle0 ·li uomini normali, in forza dell'isi,int.o cli 0 conservazione. Il positivis~a ha sempre un po' del medico, per affinità intellettiva. Il Ferrero vede il caso molto grave, ma resta presso il letto dell'ammalato, con viso severo, ma con dentro un' infinita pietà. !Ed ecco una delle piu a.cute diagnosi cle, nostri tempi: Il male di cui soffrono tutti gli Stati <l'Europa i:. appunto questo 1 che 11cssuno sa r,recisarnente quello che: vuole:. Jn tutti i partiti, in tutte le classi, in tutte le scuole 1 in tultc le istituzfoni, in t1ttli gli /itali, quasi rlirci in tutte le C<>- scicnzc, ad cccczio11e di p<x:hissime, cozzano dot.t.ri11ci aspirazioni, intcrf.!ssi c:ootraddittorL Che cosa vogliamo? gi un mi!-..tero, che non possiamo mai chiarire con noi stessi, perch(: ,·ogliamo sempre l'opposto di ~iò che vogliamo. Xoi yogliamo la pace e la guerra1 1a potenza e la giustizia, la tirannide e la libertà, la parsimonia e lo spreco, l'equilibrio del bilancio e il disavanzo, la sicurezza e l'avventura. Xessuna cidltà e ncs.-;uua epoca furono mai più contraddillorie con s(; medesime ... Xelle condizioni presenti l'aspirazione alla dittatura, oggi cosi diffusa tra gl' ignoranti e tra i colti, è una forma romantica, dello scoraggiamento. In genere, il pensiero cilC fa appello al buon senso ecl ai principi della logica tradizionale è un pensiero « a circolo chiuso", vale a dire che non ammette scarti. Una linea :e, che si slanci fuori dalla periferia tracciata, è destinata a cadere pesantemente al suolo, subito dopo. In questo senso il pensiero della riscossa positivista, e più particolarmente di Guglielmo FeITero, può dirsi classico, e può dirsi l'unica seria reazione classica all'anarchia intellettuale che è sotto la presente crisi sociale. Einaudi La mentalità del F>errero e del Labriola •è sopratutto di sperimentatori, quella del Salvemini e dell' Einaudi di moralisti. Potrà parere strano considerare com.e moralista uno scrittore di economia politica di grande serietà come l' Einaudi, che si guarda bene dall'entrare in altri campi di studi con fare dilettantesco. Ma appunto l'economia non è per lui un ferro del mestiere, ma una dottrina di vita, cioè, in sostanza, la norma morale e ja fede, nella quale lo studioso desidera ferventemente di richiamare la società, che devia dietro false immagini cli benessere. Da questa fede sincera e profonda deriva quel carattere sermocinativo della sua prosa. L' Einaufti è un meraviglioso propagandista, un missionario di principi classici del liberismo economico; un propagandista, che rifugge dai pjstolotti e dalle perorazioni, ma che s' insinua con sapienza anche stilistica nell',!- nimo del lettore. Pochi scrittori della sua materia sanno, come lui, proiettare luce ins;ieme sulla scena e dietro le quinte, durante una di quelle grandi féeries dE;)ll'alta finanza, nelle quali pare che non ci sia gamba di ballerina che non sia ben tornita. E inveoe, quanta stoppa! Meglio gli stinchi che la stoppa, pensa l'Einaudi ; meglio la nuda e scarna realtà della vita ecònomica che le superstrutture della vita po! itic.a, che si addossano alla .vita economica, nell' illusione, magari in buona f~de, di punbelLarla o irrobustirla, e invece la soffocano e l'anemizzano. Prendete il suo recente libro Le lotte del lavoro. Sono articoli scritti nel corso di ·oltre un ventennio, dal 1897 al 1919, eppure, perfettamente in armonia l'uno con l'altro, rami che si dipartono dallo stesso tronco di una dottrina interamente compene.Lrata dallo -scrittore. I risuHaU di questa lunga esperienza sono riassunti nella prefazione che è una nuova e più categorica profetlsione di fede liberista: l'equilibrio economico non s'impone dall'esterno, 'l1a si stabilisce come, risultato di una lotta ; non s1 raggiunge dai politici, ma dai tecnici, ed· attraverso la lotta. E sapete come s'intitola la prefazione ? « La beJl,e~za della lotta ". Proprio così: questo rigido studioso, scrittore incisivo, miL asciutto, nel raccogliere nella memoria la sua attività di molti anni e nel riassumere le idee che l'hanno guidata non sfugge ad un .movimento lirico, che gli fa vedere la bellezza di quella che è la necessità storica della lotta. Bellezza, che per l' Einaudi non ha un signifii:ato estetico sibbene morale: beHezza significa qui ele~ento di affermazine del carattt>re, di elevazione umana. Avviene in taJ modo - almeno come conseo-uenza implicita - che mentre i principi economici astratti, nei_quali crede l' E;inaudi, gli -fanno separare 11 mondo m due emisferi, quello della economia e quello della politica, in due emisfel'i. impenetrabili - che è un'utopia, perchè l'homo ,economicus è un'astrazione, un' ipotesi scientifica -; la fede stessa che pervade lo scrittore circa il valore etico della lotta economica lo porla a ristabilire i rapporti tra l'uomo economico e l'uomo politico, col sot. tinteso però che siano rovesciaLi i valori correnti e cioè che l'uomo economico puro - e quin~li-più educato e più moralmente for_teintluenzi in modo benefico l'uomo polltico. Questo pensiero non è enunciato e resta indistinto negli scritti del!' Einaudi, ma discende diiiettamente dalla sua fede nella bellezza della lotta economica, in contrasto con la diffidenza verso i « politicanti"· !VIARIO VINC!GUERRA lH Xci numero 32 della Ri-::oluzionc Liberale (2 scttC'.111brcJcompariva una mia bre\'e postilla con un viol<:uto attac:cc, alla maggioran,.a parlame;ntare e a11'on. JJdcroix. I1 mio intento era di ribadire un concetto che dovrebbe ormai essere famigliare ai 1105tri kttori. ,MussoJini e il fascismo sono tutt'altro che vinti. Per vincerli occorre combatte-rii apertamente sape11do di combattere insltm<: i costumi itaJiani di tra~formismo e rli corruzione politica. In quc:sta lotta gJi intrighi parlamentari, le manovre de1la maggioranr..a. non servono: se sen-issero noi ci rifinti~mo di usa111e. JJue anni di fascismo hanno <liviso definitivamente JJ campo tra c-ortigiani e cittadini: noi e-i vergogniamo di òover vivere sn una stessa terra con i ,servi che .si sono fatti eleggere dal IJuce il 6 aprile, \'endendogli la loro anima. 8crivendo quella postilla ero perfettamente conscio delle reazioni che avrei inc.-ontrate, come uon mi i: ignc,la la natura e la psicol<Y,çiadegli schiavi desiderosi <li non veder dichi:irata la propria schiadtù. Xel caso specifico poi è evidente che io disturba,·o anebe i piani di quella parte clèll'opposizioue che, per credulità o per riposto desiderio di arrendersi, spera di dn".".ereil fascismo di 11ussolini facendo lega col fascismo cli Benelli e di Libero Tancredi. 1Ii trovai quindi tra due fuochi : e in due giorni assistetti alla sollevazione universale della stampa italiana, fascista o di opposizione, guidata dalla Gazzetta del Popolo e dal professore Cian, fiancheggiata dalla Stampa e dal .\/on.do. Un giornale di Trieste annunciò che io ern stato linciato dalla folla. Sezioni di mutilati e di fascisti di tutta Italia mi facevano giungere i loro telegrammi di deplorazione. L'esaltazione dei giornali torinesi 1 come La Gazzetta del Popolo e La Stampa pro\'ocava subito i suoi effetti pratici. Venerdì, 5 settembre, scend.eYo le scale di casa mia, verso le 18. )Ii si aYYicinò un individuo che mi chiese se io fossi Piero Gobetti .. \Ila mia risposta affermath·a aggiunse che un suo amico i,ell'alrio desidemrn parlarmi. Capita l'antifona i0 scesi con lui. Quattro persone subito mi in- \ estirouo per sapere se fossi io Pautore dell'articolo contro Delcroix. - Precisamente. - Si era giunti in strada e cominciarono a percuotermi tutti insieme: altri aggressori che aYe,·ano atte- ~ pazientemente si aggiunsero ai primi. Ignaro delle regole del corpo a corpo io mi difendevo alla meglio e bencbè circondato, quasi sopraffatto, con gli occhiali rotti, badavo non ]asciare nessuno <lei colpi avversari senza risposta. Una gran folla si era radunata e assisteva. prudente e impassibile alla lotta di uno contro una dozzina di aggressori. Quando ci separammo io rimasi sul portone di casa mia insultando i miei provocatori finchè essi non si furono allontanati. Questa aggressione fu narrata dalla Stampa cli Torillo come se un •·m.utiLa-to si fosse presentato da me e mi a Yesse schiaffeggiato, senza che :io reagissi. Per ottenere la rettifica di questa notizia falsa (che persona da me incaricata s'era affrettato a far notare al comm. Banzatti, direttore, e al dott. Pestelli, redattore capo, ricevendone ampie proteste di rammarico e assicurazioni) dovettì provocare l 'inten:ento del mio legale. Ù fenomeno più interessante non era dunque la violenza delle reazioni : era il tentatiYo freddo di falsificare il mio pensiero 1 per stroncare come mostruosa ogni mia atth-ità. A questo tentati ,·o di sopraffaz.ioue si prestarono volentieri ex runici ed e..~ simpatizzanti. Essi tro\·avano comodo seppellire una YOC:enon abituata .1 tacere per compiacenza. Si dispiegaYano naturalmente i sistemi della camorra e del boicottaggio. 1vli decisi allora ad offrire i documenti indispensabili per le persone di buona fede che non si volessero prestare al gioco degli interessati e dei politicanti. ~!andai ai giornali la seguente lettera : « Egregio Signor Direttore 1 .-Poichè la mia postilla a llll articolo della Ri-volu,zion.e Liberale, intitolato « Come combattere il fascismo , 1 ha suscitato infinite deplorazioni e proteste credo necessarie le seguenti dichiarazioni per la pubblicazione delle quali mi affido alla Sua cortesia. « Pcl"'Carlo Delcroix, m11tilato cli guerra, io 11011. posso non professare il rispetto che professo per ogni mutilato cli guena. « Per Carlo Delcroix, deputato del listone1 leader della maggioranza goYernatfrai autore di un ordine del gioruo di incondiziona.t.,'l.ticlucia al Duce, oggi esponente dei crepuscolaTi spii-iii cli fronda <li una parte di questa maggioranza 1 ~opo aver cednto a tutte le lusinghe del mussolinismo, mi sono riserbato e mi riserbo la più ampia libertà. cli critica e cli stroncatun. « Quanto al testo della mia postilla, chitmque 11011 ne sia lettore pregiudicato) de\·c i11tcudere che la l1efinizioue aborto mo.raie 11011 è rivolta alla pcrsoua del Dekroix, u1a al suo atteggiamento politico, come ai giuochetti parlamentari e alle ,·arie mano\Te di maggioranza, per mezzo èei quali gli iugenui credono di poter _liquidare il fascismo. « Contro le offese personali la11ci1tem1 col pretesto della mia postilla sto pro\'\'eclcndo uei modi opportuni. Con osser\'anza 1 l'iero Gobctti ».

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