La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 27 - 1 luglio 1924

\ bi )06 Il socialista persecutore di socialisli Eretico e opposii,ore nel partilo socialisla, poi tra gli unitari una specie di guarclian•i della retlitudine politica e della resistenza dei caratteri: sempre alle funzioni più iograte e alle battaglie più compromesse. Combatlè tutta la ,·ita il coofusiooismo dei b_locchi, la massoneria, l'affarismo dei partili popolari. Era implacabile critico dei dirigenti e si ricorda eh€<giovanissimo io una riunione socialista, un nume del socialismo locale, aveva dovuto iolerromperlo: - Tasi ti che tega le braqhe curie I lo Polesine l'uomo di t,1tte le traosaziorn e cli tutte le confusioni era Nicola Badaloni che passava per il Prampolioi della prn'. v1nc1a, un vero santone del partilo che rappresentò il collegio di Badia ininterrottamente clall' '82 al 1910. Era venuto dalle Marche, medico condotto, poi libero docente. Nella lobta contro la pellagra questo medie~ diligente e affaceodato fu scambialo per uo apostolo. Chi noo conosce il tipo del medico 'socialista umanitario che su l'assistenza e i com;ulti gratuiti ai lavoratori si guadagna uo collegio? Eppure non era dello che i massimalisti di Rovigo non si adattassero a ripresentare anche oel 1919 questo vecchio tipo di massone in'trigante, neppure iscritto al partito socialista: lo dovette liquidare Matteotti minacciando di contrapporgli la candidatura di Turati ! Nicola Badaloni, eroe di purezza, che si doveva soltanto confrontare con Prampolini. sostenne poi oel '21 le.candidature fìlofasciste e ne ebbe in premio da Giolitti il laticlavio. In questi esempi Matteotti imparava il suo ruolo di persecutore di socialisti! Per la sua eneTgia eccessiva, invadente, per il suo spirito critico lo accettavano senza troppo entusiasm-0 ; il suo disprezzo per il qpieto vivere e per le abitudini di sopportazione gli alienava i tanti furbi che se ne sentivano umiliati: lo accusa.vano di ambizione, non lo capivano. Invece nel momento dell'azione aveva il cooser\so di tutti, e riusciva a sacrifìcare anche i più pacifìci mostrando come sapeva sacrifìcare sè stesso. Anche di questa apparente arroganza e severità la spiegazione è nella sua· ascetica solitudine. La sua diffìcoltà di conoscere le persone e di esse1'e conosciuto ;:,er quel che valeva rientrano in un austero culto dèl sileoho, in una ferrea sicurezza di sè. In lui era fonda.mentale. la difficoltà di comunicare il disagio· di esprimer'Si, proprio di tuibe le anime religiose _oetiche ; che si traduce.va in una indifferénza per le opinioni correnti, audace sino ad assalire le fame più inconcusse. In realtà l'audacia della sua critica dissolvente era piuttosto indifferenza e impassibilità verso le cootingffize. N:el 1916 al Congre-ssodei Comuni socialisti che lo rivelò a tutto il socialismo italiano, stupì per la sua completa mancanza del senso dell'oppor1JU11itàcosì indispensabile per i mediocri e per le furbizie piccolo-borghesi ! Maliteotti ebbe la bella idea di smontare tutta la relazione Caldara, come dire i titoli di un profoosore universitario di Comuni socialisti, e di imporsi coo tanta evidenza che il socialista milanese venuto per trovare i larutri dell'unanimi.là.l'dovette salvarsi coo un ordine del giorno di conciliazione. Infatti Caldara aveva fondata butta la sua costruzione, in materia di rapporti fìoaoziari tra Stato e Comuni, sul!' esperienza milanese: MatteotU in una de.liberazione che riguardava i Comuni di tutta Italia portava la esperienza del piccolo Comune," i bisogni sorpresi nella sua opera di amministratore di almeno 10 piccoli Comuni del Po-lesine: era la rivoluzione federalista contro il pericolo dell'accentramento! Ma è facile dedurre da un lai gesto lo spavento e la diffidenza dei cari tl3entioi, Modigliani, Zanardi ! Credo che ,,soltanto Nino Mazzoni, Treves e Turati lo capissero e lo amassero seriame~te ; gli altri erano offesi della sua scortesia e della sua superiorità. Il nemico dell,e sagre Il partito socialista in Italia, durante trent'anni, continuò gli storici costumi dei _ congressi, dei comizi, col culto del bell'ora- - tore come Ennco Ferri, coo l'ab,tudrne '.l.l convegni che terminano in. una formidabile pappato·ria. Era anch'esso italiano sebbene il freno naturale del proletariato e della stessa lotta intrapresa oon lo lasciassero giuog,ere mai, nemmeno quando lo guidò un romagnolo come Mussolini, alle raffinatezze e ai capolavori sagraioli di entusiasm0 e cli devozione gaudente che dovevano essere la caratteristica e l'essenza del movimento .fascista. In realtà il tipo in cui si mostrò il nostro socialismo è più il tribuno che il politico, e ne venne uoa classe dirigente di avvocati penalisti, oratori facondi invece che dottori di diritto, accomodanti per vanità e per odio della politica. Formarono una specie di classe che e.serchtava professione di assistere il popolo e di « discutere la situazione,, e perciò si scusava di non aver tempo cli_leggere libri e di farsi una cultu-ra politica realistica. Dovevano rispondere alle lettere degli elettori e trovarsi 'a, caffè per scamLA RIVOLUZIONE LIBERAL~ biarsi lo impres~ioni e inventare nuove tendenze. Anche dopo che fu deputato, Mattéott1 repugnò sempre il. questi compiti domagogici; rifiutava le raccomandazioni e lutti i casi personali che non implicassero questirm, generali cli ingiuslir.ia dichiuranrJo: - l'er queste cose rivulgelevi a Gallan i e il. 13egh, i Sino al 'HJ aveva dala tubta la sua open alle amministrazioni locali (era consigliere cli una decina di cornuni, drJVepossedeva le sue terre disperse) <' ali' organizzazione di sindacati e di coopen,tivc. Matlcotli organizzai,(" l'osse,;sione della semplicità, della chiarezza., della pralicità. gsemplificava nei particolari, proponeva modelli di slatuti, di regolameni,o, parlando coi contadini come uno, dei loro. Trattandosi di fondare uoa cooperntiva peo&1va a lutto, consigliava, disponeva, dava l'esempio, dai modi cli servire al banco alla contabilità dei registri. La sua severità di amministratore era addiribtura paradossale in un socialista: sentivi io tanta rigidezza il padre conservatore. Così era diventato - pur senza mandati precisi, l'ispettore volontario di tutte le coopera,bive e di tutte lo leghe, l'incubo degli amministrai,ori per_ la sua implacabile incontentabilità di spulciatore di conti e di bilanci, il carabiniere dei facili e tolleranti impiega,ti. Così era il suo stile di giornalista, prima che arrivasse agli articoli magistrali su temi di bilancio nella Critica Sociale. Infatti anche nella sua educazione economica noo ebbe la disinvoltura italiana del prog-ebLista: prima di studiare il bilancio dello Stato aveva lavorato per anni ai bilanci dei comuni. Nella Lolla di Rovigo, diretta da Parini e da Zane.Ila si possono scorgere le sue preferenze cli scrittore: articoli brevi, facili, semplici. Un'idea sola; con dati precisi, con numeri evidenti, preferibilmente senza polemiche, senza scandctli. Un giornale illeggibile per i pettegoli e per gli svagati che si diri,geva al senso pratico e alla pazienza del contadino, C'era infatti del corutadiho in questo signore che dov•etbeassistere 'll.I1 giorno in Rovigo dopo un comizio a una manifestazione vioIinta dei cittadini che gli gridavano: - Via da Rovigo ! Va a Fratta ! Anche i socialisti si lamentavano, a Rovigo e ad Adria, che egli non parlasse mai in città. Sembrava un insulto il fatto che egli avesse preferito parlare a pochi contadini invece di tenere una conf€lrenza con ovazioni sicure al bel pubblico di città. Ma egli non voleva essere l'oratore delle grandi occasioni. Non si montava mai. Cominciava quasi piaiLto.Poi l'argomento - preparalo sempre coo accuratezza su un foglietto di carta magari in ferrovia con la matita che teneva appesa sempre per una catenella all'occhiello della giacca - lo• prendeva e la. voc.e urtante, irritante, eneTgica e ruqe squillava come per dominare. Allora parlava da padrone, come chi non improvvisa mai. Ma il suo posto era oei contraddittori. Si presentava, spesso solo, non preceduto da soffieitti, alieno da ogni coreografia. Severa-. mente eleganbe, senza distint/i.vi, &e/Ilzacravatte rosse al vento: Enrico Ferri trovava in lui il physique du r6le del conservatore. Ma piuttosto appariva subito come il combattente pronto, energico, sempre a posto, ragiona,to-re freddo e sicuro, sempre. Nessuno l'ha mai battuto in un. contradditorio. Era sempre l'ultimo a replicare. In Polesine ricordano ancora com.e smontò Pozzato, depu. lato repubblicano, principe di arato-ria forénse. Tra il t919 e il 1921, con le masse insoff,erenti, Ma,tteotti esigeva che si lasciasse. libertà di parola a qualunque avver. sario, altrimenti non interloquiva, ritenendo che si fosse recata off.esa a lui. A Lendinara, in un comizi-o essendosi lwati i bastoni contro !'on. M:erlin, Matteotti gli fu scudo e s'ebbe lui le legnate. Temevano tutta.via gli avversari la sua audacia dialettica e preferivano la fuga, come successe a, Michelino Bianchi, candidato per gli agrari nel '19 per la circoscrizione di Ferrara-Rovigo che rifiutò coraggiosamente il conibraddiborio a Matbeotti presentatosi solo in uo comizio del blocco. Sdegnava le parate, la febbre degli scioperi.. Ma a Boara dwante uno sciopero, quando si decise contro il suo parere di cacciare i crumiri dell'Alto Veneto, ad affrontare la forza pubblica che li proteggeva noo si videro più i rivoluzionari, ma primo tra tutti Matteotti, che pagava di persona anche in quel caso, disciplinato e audace. Perciò la sua autorità fu sempre grande lra le masse cl1e sentono d'istinto il valore del sacrificio. I contadini dei paesi sperduti che egli visitava la domenica invece di partecipare alle feste ed ai banchetti cl i città oon se oe dimenticavano più. Gente semplice, ma che sa discernere dove si nasconde una· serietà interiore e dove risuonano soltanto discorsi d'obbligo. Ripugnava alle sagre per quello· stesso riserbo che portava per tutti gli atti della vita privata. Nel '19 un organizzatore che voleva il suo ritratto di deputato mandava tranquillamente il ritratto d'un amico, che per poco non venne pubblicato: valga quale prova di come egli considerasse gli esibizionismi più consueti. Sapeva far rispettare la sua solitudine e pochi ebbero le sue con. fidenze o conobbero la sua vita intima. S1 car,eva s,,1tanl.<1ehe era rigidissimo, sobrio, rettilineo, senza vizi cmne dicono-: e rr,s, si rispettava la sua severità verso gli allri, il suo fanatismo proteslaote contro r-lliunque avesse avuto uoa debolezza colpevole. !.,Juesta sicurezza noo era sostenuta da una r-red<•nzareligiosa, ma s<,lr, da uoa fooe di stampo austero e pessimi,Lico, nei valori. di individualismo e cli libertà. Del suo rispetto di ateo per butte le forme religiose si h<Lla prova nel callolicismo fervido di suu moglie: o in questa repugoanza di laico moderno verso l'anticlericali,mo grossolano dei prim( socialisti si rivela una spirituali là c-onscia dei motivi più deliectti di lolleranza e di au l.<Joornia. Il suo marxismo /\on ostentava presunzioni teoriche: dichiarava candidamente di non a.ver bempo per risolvere i problemi fì losofìci perche doveva studiare bilanci e rivedere i conti degli amministratori socialisti. 8 cosi si risparmiava ogni sfoggio di cultura. Yla il suo marxismo non era ignaro di Hegel, nè aveva trascurato Sorel e il bergsonismo. E' soreliana la sua intransigenza. La concezione riformista di un sindacalismo graduale invece non era tanto teorica quanto suggeritagli dall'esperienza di ogni giorno io un paese servile che è difficile scuotere senza che si abbandoni a intemperanze penose. Egli fu forse il solo socialista italiano (preceduto nel decennio gioliltiaoo da Gaetano Salvemioi) per il quale riformismo ooo fosse sinonimo di opportunismo. Accettava da Marx l'imperativo di scuotere il proletariat-0per aprirgli il sogno di una vita libera ,2 cosciente ; e pur coo critiche non ortodosse non repudiava neppure il collelJtivismo. Ma !et sua attenzione era poi tutta a uo momento d'azione intermedio e realistico: formare tra i socialisti i nuclei della nuova società: il comune, la scuola, la cooperativa, la lega. Cosi la rivoluzione avviene in quanto i lavoratori imparano a gestire la cosa pubblica, non per un decreto o per una rivoluzione quarantottooca. La base della conquista del potere e della violenza ostetrica della nuova storia non sarebbe stata vitale senza que. sta preparazione. E del resto, troppo intento alla difesa presente dei lavoratori, Matteotti non aveva tempç>per le profezie. Più gli premeva che o!)e'i.'aie contadini si provassero come amministrai,ori, affinchè imparassero e perciò nei varii Consigli comunali soleva starsene come un consigliere di rise•rva, pronto a riparare gli errori, ma vole- . va i più umili allo sperimento delle cariche esecutive. Ma ebbe mai in comune coi riformisti la complicità nel probezionismo, anzi non esitò a rimanere solo col vecchio Modigliani ostinato nelle bat,taglie liberisbe, che per lui non erano soltanto uoa denuncia delle imp,1,esespeculative di sfruttatori del proletariato, ma anche uoa scuola di autonomia e di maturi4.à politica concr~ta nella sua provincia. Cosi procede tutta la cu1tura e tutta la azione cli Matteotti, per esigenze federaliste, dalla perifeiria al centro, dalla cooperativc1 al Comune, dalla provincia allo Stato. Il suo sooiali&mo fu sempre un socialismo applicato, una difesa economica dei lavoratori, .sia che proponesse sulla Lolla di Rovigo o nella Lega dei comuni socialisti dei passi progressivi, sia che parlasse dal1' Avanti! o dalla Giustizia a tutt-0 il proletariato italiano, sia che come relatore della Giunta di Bilancio portasse nella sede più d~a.mmatica e travolgente il suo processo alle dominanti oligarchie plutocratiche,, Tanta si dimostrò la sua passione per il concreto, per il particolare, per i falbti c-he nel 1921 preferì esercitare la sua opera di assistenza e di difesa in una situazione diffìcilissima per il proletariato in provincia di Ferrara, piuttosto che andare a Livorno a raccogliere i successi rumorosi di una accademia di «tendenze,, e di «frazioni"· . Il suo antifascismo Giacomo Matteotti vide nasceire nel Polesine il movim'ento fascista come schiavismo agrario, come cortigia.neria servile degli spostati verso chi li pagava ; come medioevale cnidellà e torbido oscurantismo verso qualunque sforzo dei lavora,tori volti a ra.ggiung,ere la propria dignità e libertà. Con questa iniziazione infallibile Matbeotti non poteva prendere sul serio• le scherzose teorie dei vari nazionaffnscisti, nè i mediocri piogetti machiavellici di Mussolini: c'era una questione più fondamffitale di incomp,~Libilitàetica e di antitesi istintiva. Sentiva che per combattere utilmente il fascismo nel campo politico occorreva opporgli esempi di dignità con resistenza tenace. Fame una questione di carattere, di intransigenza1 di rigorismo. Cosi s'era condotto contro (rul,jji ministerialismi, senza piegarsi mai. Nel '21 il prefetto di Ferrara che lo chiamava in un morncnlr, critico della lotta agraria aveva ri... sposh per telefono: « Qualunque colloquio tra o,i, e inutile. Se lei vuole conoscere le noslrr, intenzioni oon ha bis<,gno di me perc,hoha le sue spie. E delle sue parole io non ini fido"· r-;on fu mai visto cedere alle lusin~he degli uomini del poi.ere costituii.o nè salire volentieri le scale della prefettura. S'ern cr,,, r.;reata intorno a !'ui un'atmosfera rl i asti,, pauroso da parte degli agrari : rnenlrr, lo stimavano capivano che l'avn,bberr, avuto rnm,ico implacabile. J l 12 marzo 1921 .Vfa.t!YAtidoveva parlare a Castelgu;d ,elmo. La lotta si era fatta da alcuni mesi violentis5ima; s'era avuto m Polesine il primo assassinio. Quel &1bato egli perr;orr~v,~le strwe in calesse e Stefano Stievano, di Cincara, sindaco, g-li era compagne,. Ciclisti gli -i faooo incontro dal paese per mtctlerlo in guardia: gli agrari hanno pre1,arat<, un'irnbr,scata. Ylatlootti vuole che lo Stievano torni indietro e compie da solo il r;arnrnino che aYaoza. A Castelguglielmo si nota infatti movimento insolito di fa.scisti ass,,ldati ; uoa folla armata: alla. sede della Leg-a lo aspettano i lavoratori e :\fatteotti parla pacatamente esortandoli alla resistenza: ad alcuni agrari che si presentano per il contraddi torio rifiuta ; era di costoro una vecchia tattica quando volevano trovare un alibi per la propria violenza: parlare ingiuriosa.mE:nteai lavoratori per provocarne la reazione facendoli cadere nell'insidia. '.\.Jatteotti si offre invece di seguirli solo e di parlare alla sede agraria: cosi resta convenuto e dai lavoratori riesce ad ottenere che non si muovano per evitare incidenti più gravi. Noo so se il coraggio e l'avvedutezza parvero provocazione. Certo non appena egli ebbe varcata la soglia padronale - attraverso doppia fila di armati -, dimentichi del patto gli sono intorno furenti, le rivoltelle in mano, perchè s'ioduca a ritrattare ciò che fece alla Camera e dichiari che lascierà il Polesine. - Ho una dichiarazione sola da farvi : che non vi faccio dichiarazioni. Bastonato, sputacchiato oon aggiunge sillaba, o5linato nella resistenza. Lo spingono a viva forza io un camion; sparando in alto tengono lontani i proletari accorsi in suo aiuto. I cttrabinieri rimaneYano chiusi in caserma. Lo portano in giro µer la campagna con la rivolbella spianata e tenendogli il ginocchio sul petto, sempre minacciandolo di morte se non promette di ritirarsi dalla Yita politica. Visto inutile ogni sforw fìnalmente si decidono a buttarlo dal camion nella via. Matteotti percorre a piedi dieci chilometri e rientra a mezzanotte a Rovigo dove lo attendevano • alla sede della Deputazione provinciale per la proroga del patto agricolo il cav. Piero IVIenlasti, popolare, l'avvocato Altieri, fascista, in rappresentanza dei piccoli proprietari e dei fittavoli ; Giovanni Franchi e Aldo Parini; rappresentanti dei lavoratori. Gli abiti un poco in disordine, ma sereno e tranquillo. Solo dopo che uscirono gli avversari, rimproverato dai compagni per il ritardo, si scusò sorridendo: • - I m'ha robà. Aveva riconosciuto alcuni dei suoi aggressori, tra gli altri un suo fittavolo a cui uoa volta aveva condonato l'aifìtto: ma non volle farne i nomi. Invece assicurò che mandanti dovevano essere il comm. Vittorio Pelà di Gastelg-uglielrno e i Finzi di Badia, parenti dell'ex-sottosegrntario di Mussolini. Poichè si parlò e si continua a parlare di violenze innominabili che Giacomo Matteotti avrebbe subito in questa occasione è giusto dichiarare con testimonianza definitirn che la sua serenità e impassibilità, di cui possono far testimonianza i nominati interlocutori di quella sera, ci consentono di escludere il iatto e di ridurlo ad una ignobile vanteria fascista. . La f.loria di questo rapimento è tutlaYia impressionante e perciò abbiamo voluto raccoglierne eia testimonianze incontestabili tutti i particolari. Finchè non ci sarà descritta l'aggressione di Roma il ricordo di questa prova può dirci con quale animo Matteotti andò incontro alla morte. Ne aveva il presentimento. A Torino il giorno della conferenza Turati un profugo veneto gli chiese: - Non ti aspetti una spedizione pun;tim da qualche Farinacci? Rispose testualmente così: - Se devo subire ancora uoa volta delle violenze saranno i sicari degli agrari del . Polesine o la banda romana della Presidenza. • Come segre.lario del Partito Socialista Unitario avéva condotto la lotta contro il fa,ci&mo con la più ferma intransigenza. Rimane il suo volume: Un a:nno di domina~ione fascista, un atto d'accusa completo, fatto alla luce dei bilanci, e, insieme una rivolta della coscienza morale. E fu Matteotti a stroncare non appena se ne parlò ogni ipotesi collaborazionista della Confederazione del Lavoro: non si poteva collaborare col fascismo per una pregiudiziale di 1,epugnanza morale, per la necessità di dimostrargli che restavano quelli che non si ar-

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