La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 37 - 27 novembre 1923

b CONTO 6:ORRENTE POSTALE RIVISTI\ STORICI\ SETTIMf\NftLE D! POLITICI\ ESCE Diretta da PIEROGOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 :: IL MARTEDÌ Abbonamentoper il 1924L. 20 - Per il Il semestre 1923L. IO (condirittoagliarretrati) . EsteroL. 30 - Sostenitore L. 100- Unnumero L. 0,50 (Llabbona1nento non ,1i,uletto prima, ciel :1_5di<;e1nln•r- H'1nte-nrle ri11no1•flff"J per nn an11c,J Anno II ~ N. 37 - 27 Novembre 1q23 8 O~ hl ARI O : N. '.'· Fov.,,,: _:Ne•lzir.to_ di _Libertà •. - R. M.OND01,,·o: Ln lotta di elnAse in Russi 11. - _-, SAPEG'<O: {;, For!u!lot" - Antr,Jogia di J)rn•ini di G. l'ortnnat-0 - I,r. Sanu. Sed~ tras~ort•la " lldrid ! • li presidente leonino. - f1ia wternaz,onule: il. Gn1ECO: La ,·risi tede8ca. - G. A~SALf('': JJ val'fi<·ol11rlP1110lw,or,_.. - /!'~: :l"oiizin ,ui partiti foi;-lf•Hi (prirr.a delle elezivnì). NOVIZl'DTO DILIBERTÀ lJ liberalismo politico enuncia o sottinl•nde, come una deJle sue idee fondamenta! i, il co_nvincimento che la competizione delle opm1om, 11 contrasto de0 li interessi la colli~ione degli opposti id;ali pubblici ~no destinati a produrre, in sono al con- !!Orzio degli associati, la più grande somma t'!i affetLi utili, storicamente possibili: per- ~hè dal conflitto dei principii e dei gruppi "' contesa emergono i valori migliori e, mollre, perchè gli stessi valori, già in pos- '3-0SSO della supremazia, si affinano, si perfer;10nano nel quotidiano attrito a cui vengono ,ottoposti. Stuart Mili ed Humboldt hanno_ scritto sull'argomento delle pagine èefimt,ve. In essi non è difficile riscontrare una ripercussione fedele di quei principii elle, nello stesso giro di tempo, andavanq esponendo i classici del liberalismo econo- ,nico; e non sarebbe quindi ingiustificato wllevare contro il liberalismo politico la slessa obiezione di eccessivo ottimismo che, J11ei rapporti dell'economia, ha sempre colpito i liberisti assoluti. Tale ottimismo è, a suo modo, anch'esso una forma. di utopismo non diversa dalle molte, che sono ve1'1Utesu dal crogiolo della grande rivoluzione, che ha realizzato in breve tempo tutta la esperienza della libertà e tutta la esperienza dell'autorità;, conviene però an1mettere che non vi è forma più elastica, mobile e indeterminata di utopismo di quella contemplata. dal liberalismo. A differenza p. es. di tutte le utopie socialiste, ch·e hanJIIO in comune la caratteristica di precedere e di anticipare dei rapporti di morfologb. sociale fissi, vuoti e inattuabili, la concezione liberistica si risolve neJla visione d'una oliiitazione incessante e di un continuo moto, .be formano, deformano, riformano senza posa gli aspetti della vita sociale. Con perfetta ragione Marx qualificava i diversi soC!ialismi utopistici, che fiorirono prima di lui, come utopie reazionarie; e, per la opposta ragione si può dire che, se nel liberali- ~rno vi sono elementi di artificiale e azzardala costruzione del futuro, esso può essere descritto come un utopismo rivoluzioDario, - , Il parallelismò e la mescolanza della nozione di liberalismo con quella di lotta politica è, in ogni modo, indiscutibile, e que- ~i,o rende ragione del come l'insorgere o il 1isorgere di tutte le idee coJlegate al coneetto di libertà sia, dal più a.l meno, contemporaneo ai periodi di intenso sommovimento politico e sociale, e, anzi, si identifichi col movimento stesso. In questo senso, puramente formale, del liberalismo non può negarsi che il dopo guerra italiano, appu,nto perché fu ed è tuttora un periodo di intensissima inquietudine- civile, ossia, di decomposizione e di ricomposizione di co- ~i,enze politiche, è od è stato un periodo per ecceJlenza liberale. Essendo il dominio politico, ossia la classe dirigente, ossia. l'insieme degli individui di spiriti già emancipati e non più governati - qui è ·poi tutta la libertà - appartenente a quelte conenti, che si richiamavamo per antonomasia al liberali&mo, si e determinata una. situazione paradossale: che le nuove masse, che si metteva.no in moto e che perciò erano liberal i per modo di essere, si muovevano' contro i liber-a.li tradizionali e fermi, cioè contro i liberali per modo di dire. Ma, nono.- stante questo apparente assurdo, la realtà è che il risveglio e il ringiovanimento della, politica italiana coinciòe con una sua progressiva. realizzazione di libe1ià. Missiroli ha scritto che ormai i soli liberali italiani non sono nè Salandra, nè Giolitti, nè Orlando ma Turati e i suoi: Rivoluzione Liberale, a.Ila sua volta vede il demone liberale 1,puntare anche' di sotto alla sottaina di don Sturzo e pa.rla del partito popolare come cli una specie di iniziale Riforma malgré soi. Sono nel vero, con un grano cli sale, tulti due; e, accettato questo modo di giudicare e valutare i fenomeni politici e i partiti, bisogna conchiudere che anche il movimento fascista, in quanto è movimento e innovazione e non in quanto è Governo e autorità, ebb8 in sè delle possibilitit liberali indetìnite. Questa constatazione, ovvia come è, di un movimento, come quello fascista, che è lÌberale nel suo sviluppo e poi sbocca in un Governo illiberale, serve molto bene a indicare una cautela necessaria nell'impiego d_ella parola «liberalismo». L'interpretazione purament.e formale e meccanica della parola, secondo cui il principio del liberalismo è, come dice Humboldt, « l'importanza essenziale e assoluta dello sviluppo umano neJla sua più ricca diversità », è praticamente inconcludente e tecnicamente contradditoria: poichè essa può risolversi nel lasciar il passo anrhe a quelle forze politiche che, in quanto sono un aspetto della diversità, sono liberalismo in atto ma in quanto sono indirizzate a conseguire' un ob1eU1voloro proprio, sono invece, per forza di cose, antiliberali. Si può, anzi, sul terreno del!' azione poliLica, tenere per fermo questo: che, quanto più un movimento è forte, e non contiene in sè della libertà sprigionata, tanto più esso ha la tendenza a comportarsi in modo che altre libertà di altri gruppi o di altri interessi non possano entrare in circolazione: o, in altri termini, che esso è tanto più illiberale 'rio-uardo altrui quanto più rappresenta, esso O stesso, una grossa massa di liberalismo in azione. E, quindi, la questione che,· sia per la teoria che per la pratica, si impone è doppia: di suscitare dei nuclei d'energie, deJle correnti e degli orientamenti di spirito i quali siano liberali; ed è anche quella che lo siano nel senso superiore e sostanziale - che sapranno, sì, dischiudere liberamente il varco ad ogni altra forza e ad ogni altro orientamento della' coscienza <pubblica, ma anche precluderlo recisamente a: chiunque adottasse metodi o programmi antiliberali. Quella nuova « classe dirigente», che Rivoluzione Liberale vorrebbe educare non può essere inspirata che a questo principio. FAso non è però solo un criterio per comprendere tutte le forze politiche in gioco, ma è uno stimolo per operare attivamente in mezzo ad esse. E, per conseguenza, la prima e principale difficoltà che una nuova classe dirigente liberale dovrà superare "sarà quella di serbare, verso tutte le forze sociali che man mano entreranno in lizza, queJla indifferenza qua.si sovrumana, che il liberalismo vero e proprio ha in sè; e, nello stesso tempo, aver le indispensabili radici in alcune classi e in alcuni strati di interessi della società, che nella. nuova formula, intendano, libera.Imeni.e, di difendersi. Alla necessità di questa doppia condizione ci si potrebbe, a rigore di logica, sottrarre in una sola, ipotesi: che le condizioni generali deJla società italiana in tutti i suoi aspetti; ma, particolarmente, sotto l'aspetto dello sviluppo economico, della prosperità, della distribuzione della ricchezza, ecc. ecc. fossero tali da consentire una visione ottimistica, fidente e speranzosa dell'avvenire. In tale caso la pratica liberale, qualunque poi siano i ceti e i gruppi che diretta.mente la conducono, sarebbe fatta senza nessun pericolo, senza l'ombra di rischio; e non insorgerebbero, perciò, quelle crisi di"coscien- ;,,e, - fra la dottrina professata e gli interessi da difendere - di cui dà, p. es., 1frova da cinque anni ad oggi il partito liberale propriamente detto. Ma tale crisi è, viceversa, insorta, e così viYace da determinare, di fatto, la dissoluzione di ogni gruppo liberale che non sia una semplice mascheratura; ed è, quindi, assurdo proporsi, nelle/ stesse circostanze, la soluzione di un problema che, proprio in quelle ste e circostanze, è già stato risolto. In realtà la soluzione liberale, rigornsarnente e intransigentemente liberale, delle situazioni po.Jitiche è una soluzione di lusso,_ di gran lusso, e rir,i, per esempio, non avremmo forse potuto applicarla mai all'infuori di quel dodi- <:ennio di pro.•perità - 1902-1914 - che I ,,re ,1 effetti sperimentò, sì, un governr, apertamente democratico, ma non già un regime decisamente liberale. Il ravvicinamento tante volte fatto tra liberalismo politico e liberalismo economico trova qui una nuova assoluta conferma. Tanto l'uno quanto l'altro si sviluppano e si af(ermano ener, gicamente quando l'incrcmentn della prbcluzione è tale che non e,iste, si può dire, nessun problema, cioè, nessuna dispota, ùi gruppi e di classi circa aJla distribuzione; oppure quando la immaturità di alcune classi come consumatrici (basso tenore di vita, esclusione dalla vita politica ecc. ecc.) rende inesistente ogni conflitto per la di- ,tribuzione stessa. Ma tanto l'uno quanto 1·a1tro si arrestano, degenerano e scompaiono non appena, o per la diminuita prosperità della produzione o per la cresciuta avidità delle diverse classi nell'impossessarsi del prodotto, anche lo Stato - ultima riserva deJla collettività 1,,overa- viene utilizzato come produttore, come distributore e come ridistributore di ricchezza: perché, in tal caso, lo Stato, pur avendo una denominazione politica copre in realtà una sostanza immeùiatamente e trasparentemente economica. E' difficile sapere in quale senso (che non ,ia quello dell'ironia) qualcuno ha voluto ,.;swntrare nel fascismo !'epig-:l!lo del cla•- sico, e alquanto mitologico, liberalismo italiano. Bisogna però riconoscere che, dalla costituzione del Regno in giù, non si era mai presentato un mo,·imento che, per fa. sua origine singola~issima, artificiosa e in w1 certo senso extrasociale (i residui d'una _società militare introdotti di colpo nel governo della società civile) potesse più facilmente dar corpo alla formula d'uno Stato sovras\ante a tutti i governa.ti, imparziale cli fronte a tutti, e, perciò, liberale. Infatti anche il fascismo ha avuto il suo quarto d'ora liberista. AJlora si poteva veder la vecchia « politica dei produttori", residuo sindacalista, piegato a nuovi evidenti significati conservatori, ma pur now deflettente dal concetto di uno Stato deterso d'ogni incrostazione economica, ricondotto nei limiti della pura e semplice tutela giuridica, assolutamente egualitaria. Non mancò in quell'attimo, attimo fuggente, di accentuare le proprie simpatie programmatiche al fascismo il Corriere della Sera, che è pertinace e nobilissimo nel tentativo di traghettare nell'Italia povera e nuova le pratiche politico-economiche 'dell'Inghilterra che è ricca e antica; ma il bel sogno non durò che pochi giorni: e, diventato Governo, il fascismo si mise subito a cancellare ·1e tradiZ'ionali orme della nostra politica riformistica, che è la politica,' minorenne ma indispensabile, della nostra gracilità economica. Essendo poi il fascismo appoggiato sulle forze e sugli interessi delle classi abbienti, il suo tradimento liberale, ossia il suo riformismo, acquistò rapidamente in tutti i ca.mpi'l'andatura di una politica a favore di ristretti gruppi, esponenti d'una minoranza censitaria e, per quel che l'Italia può dare, plutocratica. Inoltre, spinto dall'intima contraddizione che vi è fra l'esercizio dei diritti politici moderni formalmente egualitarii e democratici e l'esercizio dell'attività economica sostanzialmente dislivellatrice e aristocratica, esso è stato condotto a una limitazione progressiva, dichiarata o no poco importa, delle pubbliche libertà. Ma le condizioni generali di disagio dell'economia produttrice - per ragioni internazionali, sopratutt.o - e di dissesto della finanza pubblica - anche qui per le ragioni della conseguente politica degli armamenti - perdurano, e 1·esta immutata la necessità cli far funzionare lo Stato come un organo strettamente mescolato ai processi della produzione e della' ripartizione della ricchezza; e pf\rciò continuano a essere prescritte le condizioni a cui sono legate· le fortune d'una q1UJlsiasi ripresa liberali. In primo luogo si dovrà avere la coscir,nz.,. chiara, determinata, volitiva. nuovissima nella nostra ~toria politica, che la libert;,. è nn bene etico - civile invulnerabil€: e chi e, immediatamente o mediatamente. la vin imirliore per lo sviluppo del paese: tÌ(j i, q,;i che la Rivoluzion.P Libr:rale svolge ur cou.- pit,0 rilevantissimo. In secondo luogo la circostanza, obiettivamente accertabile che la situazione delle classi e dei gruppi: che -i fanno assertori di libertà sia tale, dal punlo di vu,ia della pertezione dei loro divr,r,i rr,dditi, che non sia possibile chE>,tra la loro personalità economica e la loro personalil•• politica, possano insorgere troppo gravi a d!1ratmi conflitti. Però, da questo punto di vista, 11 panorama deJla vita politica, è di uno sa•1allore evidente. ,-ano sarebbe. ~ iHiche irutile dirlo, fare un a.sse=a, .<'nt,, qualsi si su tutti i trnnconi. niù, ,, men,, ahilment.e incollati insieme. del partito liberale: questo non ha più n whe un'oncia di quel vecchio spiriw liberale. che fu proprio del resto di qualche magno spiritr, e mai dei liherali politicamente militanti: e non ha neanche una diretta rappresèntanza degli interessi organizzati della nuo~ va borghesia. Tutti i partiti deP-10"ratici hanno perduto ogni contatto sia. con !"idealità r;pubblicana che can quella anticlericale, ,.;heè poi, se è sul eerio, il repubblicanesimo interiore: e sono una brmazione va;n. informe, incoerente, es•enzialmen~ parlair,entare, cioè parlamentaristica per definizione, in cui Yi è. più ancora che non nei liberali, !a prova della nostra -tina ta immaturità civile. ·è i socialisti si oresenlano in condizioni migliori. Cna voltà. liquidato il tentativo sindacalista, vi iu un ra2'- gio di risveglio proletario eccitato da un po' di letteratura d'importazione e poi subito spentosi, e una volta che il « riYoluzionarismo intransigente» ebbe trovalo il suo assetto stabile e, in un certo seaso, consel'\"atore, il socialismo è diventato un semplicP corporativismo più o meno lato, con punti di interferenza e cioè di soggezione, palesi con lo Stato. Labriola pensa diYersamente: egli ritiene infatti che. dal più al meno. tutte quelli classi che si sogliono chiamare «borghesi» siano ormai definitirnmente negate ad Oi?ni int.elligenza e ad ogni propensione Yerso le nozioni cli libertà; e che in conseguenza tutto il peso d"una rinascita liberale gravi sulk spalle delle classi operaie, eredi, a un secolo di distanza, dei programmi. che le borghesie agitavano cento anni fa. Ma si può opporre che la classe operaia non soltanto avrebbe la possibilità, ma avrebbe, in certo modo, la necessità, di essere la portavoce della libe1ià \non per sè sola, naturalmente, ma per tutti) solo quando avesse una piena, totale coscienza di classe. Se essa fosse matura classisticamente sarebbe anche, nello stesso istante, matura nazionalmente, sarebbP già pPnetrata e si sarebbe già compenetrata della cultura storica del paese. Al contrario l'attuale crisi degli strati operai non è altro, invece, che la crisi della loro anelratezza nel processo vertiginoso di autonomismo nazionale che percorre tutta l'Europa e oltre, e, quindi, essa deve tradursi in altrettanta incapacità a intendere e .proclamare i principii integrali di un rinnovato liberalismo. Questo in so tanzu, non può mai essere la richiesta di una clas,e vinta, ma l'affermazione, sicura di sè, di una classe vittoriosa. Evidentemente il socialismo italiano non è stato mai tanto vicino a capire, e attuare poggiando sulla propria forza. dei principi di libertà, come nel periodo della illusoria ma vigorosa Yentata massimalista. Le riaffermazioni di libertà, dottrinalmente genuine, economicamente fondal.e e poli\icamenLe vitali, che sono, senza dubbio il compito politico di domani, saranno dunque prodotto di formazioni e di riformazioni politiche to.talrnente nuove. N. MASSTi\10 !i'OVEL.

' ' LA RIVOLUZIONE LIBERALE LA LOTTA DI CLASSEIN RUSSIA piccola privata, l'atteggiamento dello Stato in ràpporto agli operai s'è in certo modo capovolto. Per il proletariato le nuove condizioni segnano una continuazione ed accentuazione di quel progressivo allontanameuto della legislazione del lavo1:o dalle originarie applicazioni della teo1ia comunista, che ·già da tempo si veniva compiendo. Già con l 1ordina11za del 17 giugno 1920 Lenin a,veva rinunciato alla teoria comunista del suo Stato e rivo!usione, di quel livellamento egualihrio dei compensi, as.sociato alla distribuzione del compenso in natura (paiok.), cui la mancanza dei generi necessari non aveva consentito d'i riu-. sc:ir pari alle necessità della sussistenza. Simile politica, applicata nei primi 'anni della rivoluzione, aveva aYuto effetti disastrosi. « Distntggendo ogni senso di proporzione tra lavoro e sa- .lo.mo e tra salario e costo della vita (riassume il Pagliari da uno studio del Levin), questa politica scoraggiò I 'operaio, che cominciò a •considerare il lavoro come l'unico mezzo per ottenere il più grande pos.sibile paiok - razione alimentare - con un minimo di lavoro possibile, e usò la miglior energia per procurarsi i mezzi di s.ussi-, stenza mediante la spe:culazione, il commerci_o minuto o il furto; e 1a fabbrica divenne una co~ ~ondaria, e il lavoro UDa semplice occupazione fortuita e la disciplina industriale un peso •. L'ordinanza de.l 17 giugno 1920, eliminando l'uguaglianza dei compensi, mirava a stimolare il laYoro e la produttività con 1'introd.uzione di quel sistema dei premi di produttività, che si può vedere ampiamente esposto nel cap. IX della Russia sindaca/e del Bianchi. Cosi il principio, pr~lamato da Lenin nel discorso dell'ottobre • 1921, che bisogna u basarsi sull'aiuto delPinteresse personale J) era stato già da pitì d\1n anno inna.nzi sentito e seguito nell'azione economica <lei Governo dei Sovieti. E allo stes.so fine dell 'accres<'imento della produzione il decr. 7 apiile 1921 aggillllgeva ai sistemi dei premi, delle multe, del cottimo ecc. anche l'abolizione cli ogni limite al lavoro fuori orario; e il decr. 9 aprile anche la facoltà, di servirsi delle officine per fabbricare nelle ore supplementari oggetti adatti a costituire un supplemento in natura ai salari. Ciò che era al tempo stesso anche una confessione di quella insufficienza dei compensi alle •necessità della vita, che è stata per il proletariato industriale la dura condizione permanente ~ tutti questi anni di riYoluzione, e che è tuttora persistente: si da far concludere al Levin che le conseguenze della rivoluzione, per la classe degli eper.ai industriali, non si sono concretate affatto in aJcun vantaggio tangibile e materiale, come per i contadini, ma in evidenti perdite e-peggioramenti, che ne han prodotto , una completa disintegrazione, quantitativa e qualitativa J). Confenna nuoYa - se ce ne fosse bisogno - della essenza reale della rivoluzione effettivamente compiuta: agraria borghese, e non affatto proletaria socialista. ~. tornando ai mutamenti della legislazione del Jayoro, riconosciuto il fallimento della completa 1laturali=zazione dei sala1·i (pagamento in natura anzi che in moneta), l'ordinanza. del giugno 1920 aveva tentato la via che L-Osowski cosi esponeYa: , data la penuria dei prodotti, si è nsato il pagamento in natura solo a scopo di incoraggiamento .,. l\1[a neanche il sistema dei premi potè mantenetsi; e dovè quindi convertirsi in regola senza eccezioni quella, che a un certo momento lo Schliapnikoff. indicava come ecce7Jone aHa regola: «i salari in contanti deYono talvolta sostituire i ptodotti naturali fomiti dallo Stato,. E con l'introduzione generale dei salari in contant_i, il problema delle tariffe si poneva in t!ltta la sua gravità. Il secondo congresso panrnsso per le tariffe operaie nel settembre del 1921, preoccupandosene in relazione col problema dell'aumento della produzione, veniva a decisioni importanti per l'industria-di Stato : 1° con la classificazione dei salari in varie categorie (17), distribuite in grnppi notevolmente distanziati fra di loro ,per es.sere le !ispettive retribuzioni stabilite nel rapporto di un.o (salario pari al necessario per il ma11tenim2nto di una famiglia di tre persone) per gli operai non qualificati, di tre per i qua/ijicat:t e di cinque per il personale amministrativo; 2!) con la sostituzione, al si..<,."tema dei premi, dei sistema della partecipazione di operai ed impiegati agli utili dell'azienda. Deliberazioni, rimaste poi afferma:doni teoriche 5e117,a attuazione reale; perchi: i salari (come vedremo) son restati sempre, nell'industria di Stato enormemente inferiori alle necessità elenfen~ri della sussistenza, e là ~rteci.pazione agli utili è un'amara ironia in azieru:le che sono in gra,-e deficit persistente. Ma come affermazioni di principio ha.nno una notevole grav1tà, st.a 1u quanto dividono la classe lavoratrice in tre categorie ben differenziate come ceti djstinti, sia in qu;,urtO'introducono teoricmnente il principio della concorrenza industriale e commerciale anche fra i gruppi proletari (maestraID'..e) appartenenti alle diverse aziende, che se potessero in realtà trovarsi cointeres<,ati ognuno alla maggior sonm1a di uti Jj nell'azienda propria, assumerebhero, in luogo della netta figura di salaiiati e ,1e1la coscie:n:t..adi dasse, una figura e coscie-11:t..a miste cli elementi proletari e capitalistici, fra i ~uaH l'egoismo e l'interesse particolare, stimolati dalla cointeresse11za, tendercbbe,-o a far preyaJere i secondi sopra i prlini. é:l Nell'inctustt'ia di Stato sia l'inettitudine dei . dirigenti, e la catti,,a organizzazione, sia la graJ;,a partecipazione delle maeStranze agli utili vezza dell'enorme apparato burocratico e d'imdelle singole aziende (dove veramente se ne ab- piegati, sia l'improduttività degli operai depresr biano) può essere, senza dubbio, un mezzo di si da.Jla denutrizione e dalla sfiducia, ,i" deficitaumentare la produzione; ma, nell'applicare in persistente imp011e il problema dei costi di proquesto campo il motto della imova politica ·eco- duzione: e, come clice lo Schwarz e conferma la nontica proclamato da Lenin : - r l1iuteresse stessa Econornic. Zisn nel 11. del 25 febbraio 1923, personale aumenta la produzione; e noi dobbia- '- il metodo car'atteiistico degli industriali rossi mo, sopra tutto, aumentare la produzione 'ad (i dirigenti. le azie11de statali) è cli seguir là linea ogni costo » -, i comunisti non guard.avano al della minore diffiooltà, cercando il pareggio a rischio di atomizzare e dissolvere in antagoni- spese dei salari. Ora la riduzione di questi nella smi particolaristici di maeS t ranze quella solida- industria na:oioua,lizzata e il parallelo aumento rietà e coscienza di classe del proletariato, che in quella privata riutiovano, sotto altro aspetto, per un partito comuniS t a dovrebb'essere il porro il fenomeno del riflusso della mano d'opera (sou.,i·win necessariu.nz.. Quando, in Italia, i capitali- pra tutto spedalizzata)., eh~ già prima della nuosti proposero, in luogo del chiesto controllo sulle va politica economica minacciava di dis.solnz.ioindustrie, la partecipazione delle maeStranze ne -l'industria d-i Stato, abbandollata. \dai lavoraagli utili delle aziende, le organizzazioni siutla- tori che tornavano all'artigiallato e alla campacali intuirono Subito il pericolo e respinsero la · gn,a. E il Govérno ora, non sapendo altrimenti proposta. E in Germania uel gennaio 19 22 g-li arrestare questa corrente prodotta dal dislivello .operai <lelle officine Krupp, respingend◊ ,mani- · bb . . . . 1 . crescente, avre e (secondo comunicazioni fatte rru. an.aloga o~e.rta. di a~~onanato: cos .motiva- nell1aprile 1923 al Consigli◊ panrusso dei Sindava~o. 11 loro nfiuto: « L introd:tztone. eh quest_e/ cati) emanate istruzioni per la sospensione degli az1oru.non può che nuocere agh operm._.. lo spi- al.l.menti alle quali i &indacati operai si sarebrito di solidarietà, che solo può assicurare 1:av- bei-o att~nut/ - • venire delle classi lavoratrici, sar~bbe considerevolmente ·i11debolitodal fatto che alcuni operai si trovino ad avere gli stessi interessi dei padroni J) (Avlltnti.!~ 29 gennaiq 1922). La Repubblica dei .Sovieti app,licherebbe invece (se la passività persistente delle sue aziruide non l'impedisse) il sistema, pw· riconoscendo - come si esprimeva Kruneneff in una relazione, che abbiamo già citata - che u anche fra gli operai noi ci troviamo nella corrente piccolo borghese"· In realtà il ri1nprovero di Kameneff non era intieramente giustificato. Egli accusa'!a di tendenze piccolo-borghes; gli operai, in quanto fra loro si andava « manifestando sempre più l'aspirazione a ricevere un sala.rio esattamente fissato,. Ma questo era inevitabile, visto il fallimento della naturalizzazione dei salari, e la sostituzione sua col pagamento in una moneta di valore continuamente deprezzato. Il problema del sahu-io s'imponeva in tutta la su.a gravità per Je necessità impellenti della _vita. Nelle aziende private è· di _nuovo riconosciuto e ristabilito j.n pienç,, nel fatto e nel diiitto, il salariato, con1e soggetto alla legge economica der· ra'pporto fra la dòmanda e l'offerta, ossia assumente la natw·a di m.erce (nel regno della merce anche la forza di lavoro, inevitabilmente, dìvien tale) ; e pei le aziende statali ,il problema del salario e ùella sua corrispondenza ai bisogni della. Yita si complica col rapporto al livello dei salàri nella ind:ustria privata, e si converte in antitesi fra le esigenze degli operai e le resistenze degt amminis.tra'.torie dirigenti. Vero è che i decreti· 10 noveÌ:nbre1921, 23 gennaio e 15 febbraio 1922, affidando alla Commissione centrale del fondo salari il compito di fiss~re mensilmente un minimo legale obbligatorio per le singole industrie, di Stato o private, sembravano prevenire ùna grave causa di competizioni. ì\.1a questi minimi son rin1asti (secondo una dichiarazione dello stesso capo della. statistica uffici,llei sempre insufficienti a soddisfare i bisogni anche più elementari degli operai. Una ,·olta che sono fissati in moneta, risentono gli effetti della caduta del valore del rublo; anche se l'aumento enorme dei salari nom,imali abbia trasformati in mUùniari gH operai) il salario reale' è in discesa : secondo la tabella statistica del 11. no del Trnd, organo ufficiale dei sindacati, dal novembre 1921 al maggio 1922 i pre:.tzi di derrate e manufatti erano aumentati di 50 volte, e i salari soltanto di 15 volte. Dati ufficiali ottimisti) riferiti in Russian Injor,m,ation a.nd Re- -view, presentano medie <li salari che van110 dal 50 al 7 3 % (solo per clue categorie si avrebbe I'89 e il 98) <leisalari, già estremamente bassi, del periodo prebellico: dati pure ufficiali, ma meno ot- -timisti, della fine d.el 1922 dànno ,ma media generale \li solo il 50%. dei salari dell'anteguerra; e uel secondo sem12stredel, 1923 risultano ancora per i ferrovieri i1 27 % e meno ancora per i maestri elementari. Lu.nadarski, al X Congresso dei Sovieti (dicembre 1922J, dichiarava che il personale sanitario ha solo il 33%, gli addetti ai trasporti il 24 % , e i maestri elementari i! 12% della sonim,a ritenuta indispensabile per il 1ninùn.o de/l'esistenza! Queste cifre, di una gravità ilnpressionante, costituiscono quel. salario legafo o rnin.ltmo, stabilito me11silmc~1te dagli organi di Stato cornpctc,nti per le diverse industrie, e pagato quindi ai lavoratori delie aziende di· Stato. )Jcll'industria privata, i11vece, le conclizioui degli operai, che riescono ad, ottenere salari più alti che in quella di Stato, raggiµ11genclo spesso e talora supera11clo anche il livello dell'anteguerra, sono notevolmente migliori. Così, mentre il Codice del lavoro stabiliva che il sala.rio contrattuale nell'incl1Lstria privata non potesse essere inferiore al 1ni1tùnio legale fissato per la relativa industria di Stato, già TolllSk.i al Congresso comuni.<;tadel 1922 osservava che, ripre~o lo svi h1ppo de] capitale pri \'ato, non si pcte•:a più ammettere un massimo legale di pa· ghe: < ora (dkcva) sarebbe ridicolo esigere che gli operai rifiutino p'<lghe superiori a quelle stabilite». Pure:, di fronte aJ dislivello che si viene a produrre fra la grande iuduslria statole e la Ora questo passaggio da]la imposizione di un 11'1,ùii?no a quella di 1u1 m.assi?no di salari, se ançhe attuato con l'adesione .momentanea dei Sindacati, che non si sono ancora spogliati dell 'abito e -della funzione di organi Stata.li, non mancherà cli esser gravido di conseguenze: tanto più con la .crescente abolizione di quella partecipazione dei Sindacati alle funzioni direttive delle aziend'.e industriali, già attribuita loto,· ed oggi sempre piiù riconosciuta incompatibile con l'inizi,tiva e l'unità di col11alld'ocli una gestione a base commerciale. Da organi di Stato, i Sindacati si avviano a .tornare organi di tu.tela. e difesa della classe lavoratrice, .in tutto ciò che riguarda i contra:tti di lavor0; come già dichiarava Tomski al citato Congresso comunista del 1922. • « Le nuove condizioni ii:p..pongonoai Sindaeati la neces.sità cli 1ifiutare l'intervento diretto nella produzione. Il compito principale dei Sindacati sta ora, nel difendere gli interessi degli operai seguendo hn 'twica linea politica. Non si deve vedere una differenza fra gli operai delle imprese pr.i~,ate e que.11,idelle imprese statali': quando , nélle prime si ottiene t111 aumento delle paghe, non si deve ..chiedere agli opera.i statali di accontentarsi di paghe inferiori». • Cosi che il compito dei Sindacati torna ad. essere, in ogni campo, quello deUa difesa., della resistenza, della conquista: tornano organi di e.lasse e di lotta, dopo la temporanea conversione in organi stata1i, partecipi delle funzioni clir~ttive e regolative della produzione e distribuzione sociale. Il passaggio dell'industria nazionalizzata dalla fw1zio11e di sendzio pubblico a quella di impresa commercia]e nou poteva non produrre simile effettç,. La funzione di resistenza e di lotta era stata immediatamente :riconosciuta e proclamata nei rapporti con 1~ risorgenti industrie private, sin_ dal 1921. « Attualn1ente, (scriveva l'Econom. Z-tsn nel n. 89, 19921), in presenza della libertà di scambio, il prezw d'acquisto della forza di lavoro si assimila a quello delle merci soggette al libero scambio ». E poichè « la for7.a operaia esige di poter aumentare continuamente il suo prezzo", ha necessità di contrapporre all'azione depressiva de11a concorrenza la resisten1...a e il contrappeso della propria _U!Jionesolidale. Tanto più in vista (come notava il Trud, organo della lega sindaca]e p"'1rus.sa, nell'ottobre 1921), della formazione dell'esercito dei clisoccupati, che la nuova politim economica ha fatto subito risorgere, con l 'abolizione del] 'approvvigionamento statale e con 1:i. riduzione e il licenziam·ento di forti percentuali cli lavoratori nelle aziende e negli uffici sovietisti. Un articolo clell'Ecòm. Zeisn del marzo 1922 p,re~ vedeva già per .l'aprile un'ascesa. del ui.nne:rodei disoccupati da 600 1uila a un milione; e questa crescente ar;nata di 1--iserva sarebbe stata un formidabile mezzo cli abbassamento delle condizioni dei salariati in mano dei capitalisti, qualora non vi avesse fatto argine la resistenza dei Sindacati. Gli ultimi mesi clel 1921 e i primi del 1922 sono appunto segnati da una serie cli processi penali contro padroni di imp1reseprh·ate, per violazioni _de1le leggi sul lavoro: prolungamenti d'orario sino a 121 16, e fin 17 ore, coudizioni antigie11iclte delle officine, mancato rispetto alle tariffe stabilite dalla Federa'l~ionesindacale-, opposi1,ione al1'inscdzio11e degli operai nelle org·auizzaz.ioui di mestiere, assnn:done di essi al di fuori della mediazione deHa :Borsa cli lavoro, sfruttamento illegale di minorenni, ecc. I Sindacati così si trovarono dinanzi un immediato còmpito di resislenza. e di difesa contro il padronato e lo sfruttamento del lavoratori; e in qnesto còmpito si presentava loro anche qtte1l.a nuova condizione, espressa da Tomski nel ciiato discorso: " Ora non si deve iJ:1 modo assoluto rifiutare lo sciopero,. E il Trud fin dall'ottobre 1921 presagiva: a: gli scioperi nelle aziende pri• vate saranno inevitabili :n. l\11.a, mtnlrc al101·a, rilevando che il massimo i11teresse tlclla Russia stava 11ell'a'llmento della produ;,,ione, j] Trud ~oggiungcva.: tt ne pofrebbe conseguire che i Sindacati, uelhute:resse degli operai ,tessi, a,·rebbero il dovere di impedire scio, peri nelle ·ind41-StTieprivate • --:: pochi mesi do,., nella primavera del 1922 (n. 102 e 137), dove..a riconoscere una, realtà di fatto superiore alla ..,.,... lontà delle stesse organizzazioni: • gli ultimi 1nesi sono sta.ti caratterizzati da una- serie di o-ravi contlitti nelle industrie principali (stata/<) : dalla fuga di operai qualificati dai più impo,- !anti cli'stretti industriali. Tutta l'industria sta,- tale è seriamente miMèe'iata ». Al Congresso commtis_ta de.li 1922, Tomski, pur riaffermando il principio dello sciopero, cù-, chiarava: « bi-sogj.a però d'istinguere gli scieperi nelle imprese private, che costituiscono una lotta contro lo sfruttamento, dagli scioperi nelle imprese statali contro i rappresentanti dello Su1; to che adempiono al loro dovere con trascuratezz,a e minano in questo modo~il potere sovietista, e dagli scioperi infine che son mezzo di lotta contro il potere sovieti&ta. Contro quest'ulti111.0 genere di scioperi bisogna lottare con tutti 1 mezz'i possibili , . Distinzione troppo sottile, che in pratica si traduce in un ricouoscimenta effettivo del diritto di sciopero soJo. nelle aziende pt·ivate e in una repressione costante nell'industria cli Stato·. il1a se tale ancora è la politica dei Sindacati, la graduale' abolizione delle loro funzioni di organi statali e della loro ingerenza. nella direzione industriale coopererà sempre più coo. 1 'impellente interesse degli associati a ricondurli ali 'orientamento e all'azione di classe. Le tesi della Federazione centrale pan.t116S8. dei Sindacati già nel febbraio 1922 ponevano chiarrunente la questione. Come le aziende private, ùl- • sì anche ora quelle statali, « trasformate in azieade su base mercantile , , si troveranno « Per c•nseguenza i,ieli,ttabile cogli oper,i.i in antitesi più o meno aspra ... La necessità imperiosa di aumeatare la prod~ttività del lavoro e il rendimente delle aziende, determinerà inevitabili antagoaisrni fra le masse lavoratrici e i capi delll, aziende statali nelle questioni iigu.ardanti le condizi~- ni di lavoro. Per ciò incombe ai Sindacati il dovere di tutelare gl'interessi dei lavoratori, di mtgliorare per quanto possibile la loro condiziou.e materiale, di correggere errori ed esagerazioni ·de:. gli organi amministrativi». Così la lotta di classe e ia necessità della difesa sindacale risorgono: non soltanto nei rapporti del proletariato col capitalismo privato, beBsì anche in quelli con lo S!fto dei Sovieti, che pure si chiama lo Stato degli operai e dei cont«-~ dini. In qu'ista lotta - che sarebbe assurda fra un proleta1iato dittatore e la sua dittatura - appare nella massima evidenza. il mutamento di carattere che Jo Stato c01npie, convertendosi da proleta.riato, quale voleva es.sere, in capitaJisticc:,, qual'è costretto aà essere di fatto, tramutando il cru·attere delle sue aziende da servizio pubblic<- in impresa commerciale. Ke deri,va quindi an- t che tutto un rn,utamento dei rapporti suoi con le organi~zazioni sindacali : che prima, nei Sovieti cui veniva deferita la determinazione delle c~ndizioni di salario, co.nìe ad organo legiferante in mate.ria; •oggi, nella difesa Sindacale, diventano strumenti di una lotta, che può be!! essere anche antistatale. Onde mentre prima l'iscrizione dei salariati ai Sindaca.ti era obbligatoria, appunto per la ftmzione statale che al Sindacato era deferita, d,al febbraio 1922 la federa- , zioue dichiara « assolutamente necessario rendere facoltativo l'aggregamento ai Sindacati ». Lo Stato non potrebbe mantenere l'obbligatorietà di una iscrizione dei salariati ad prganizzazioni, che verranno a trovarsi anche contro di lui con le anni al piede in vigile difesa; e il Sindacato, d'altra parte, non può formarsi che di volo11tà e di coscienze liberamente aderenti, per averle convinte e decise alle azioni, e-be fin d'oggi considera inevitabili. « L'adesione ad una organizzazione « scriveva. Jarotzki nel Trud, nel febbraio 1922) dovrebbe scaturire da 11,nbisogn<J spontaneo e dal.la logica i.nsita nella vita eco-ncnnica ». JI bisogno spontru1eo risponde all'esigenza clel1' , as.soluta libeiià dell'operaio di decidere se voo-li'ao no esser membro di 1{11 sindacato J); la lo;ica insita nella vita economica'giustifica. ii.- ve~ la p.ressione delle organizzazioni sui singoli operai (anche con gli scioperi) per _ottenerne l'iscdzione, pressione, cli ClÙ Jarotz.k1 riconosce la rao-ion d'essere e l'utilità in Russia, come negli al;ri paesi d'Europa e d'America. Ma questa logica delle realtà economica, rie<>- nosci ut.:"1. per la Russia sovietista eo1ne ~r le uaz.ionl estere, s~gnifi~a la coscienza. di._un~ ideutità che nei rapporti fra classe lavoratrice ed aziende iuclustriali la Repubblica dei Soviet.i pre- ·senta con i paesi capit'ali~tici. Anche per questo rispetto, della posizione dei lavo,·atori salariati e della lotta di classe, il ca, pitalismo che si crea le sne leggi, si vien delineando nella sua potenza dominatrice del prncesso storico in corso. RODOLFO MONDOLH. " b'EC!ODEbbA5TArnPA ,, il ben noto ufficio di ritagli da giorna1i e rin.te fondato nel 1901, ha sede ESc1.us1vAMENT1t in Milano (12) Corso Porta Nuova, 24. Chiedete opuscoli esplicativi e taril'le cou S\"mplice biglietto cJ.a visita.

LA RIVOLUZIONE LJBERALF GIUS'TINO FORì~UNATO è f;iulltino Fortunato dev'essere anzittttto llll si- ~.n~: a quel 111odoche possono esserci dei sig!101;1 anche da noi, in It.alia. Gentiluomo d'i proYBlCU\. 1 e padron dj lerre con cura di anime. La chiarezza istruttiva ed ornata dei suoi discorsi &nelle di 111.ateriafin.a11ziariao in altro modo tee~ lilfca, mi piace. Co111eil suo stile largo, riposato e'fiorito, e le sue citar .i.oni oraziane. Vorrei poter vedere da vicino le domestiche sedi e il pubblico f.,_mìgliare delle Società Operaie di Melfi di VL~ nosa., di Palazzo S. Gervasio, e dei co~uni cli Lavello e di l\luro Lucano, OYC egH si recava a _parlare, per poter degnamente raffigura.re, iulor- ».oa\la su_a.:figura, l'ambiente paesano e casalingo. 1 I'n 1 pohl1canli del suo tempo, per quanto fatto ~o d'onori, visse appartato e solitario : « profeta di scingure •, per forza di cose, e sebbeue e: C06lantemente lontano dalle ire di parte», costretto troppo spesso ad« an<lar contro corrente:». La politica, considerò in fondo sempre, e non a to1to, sfogo di passjoni, nonchè bn.1.tali morbose e torbide, stolte e vane. Onde chi vi partecipa deve, per 1iscattare la sua iu11ocew...a 1 proporsi ""comp;to di sinceiità spietata, di calmo e attento g-iudlzio, di rigorosa onestà. ~ell'onestà privala anzi egli vide, la difesa più stabile dell'ottestà politica». Nè l'integrità 1norale gli parve qualità di poco conto, e insomma non necessaria, a coloro che in qualunque modo partecipano al governo della cosa pubblica. E 11011contento d'ofhire c~·li stesso uu esempio cli saldo carattere e di con0.otta. diritta e serena, volle anche studi.are e iiconoscere le cause delle nostre più profonde mis.e...-iec, onvinto fin da' pirimi alll1i « che Plta.Iia; dopo se-coli di abiezione e cli schiavitù, era moralmente fradicia ed economicamente povera, molto più povera di quello che anche ora ere- -dm.mo, e, per giu.nta, niente aff3itto omogenea. l'!. Cotesta nattuale povertà e pochezza 1norale, si compiacqtte di porre quante più volte gli fu possibile, sotto gli occhi dei suoi concittadini e co111patrioti, deciso di tutto posporre ali'« esat: ta minuta percez~one del vero )'), e preoccupato S.e11a necessità d'aver coscien:za della « suprema ,dolorosa verità delle cose». Insonuna, vivendoci 0entro ne] 111o<lopiù corretto dignitoso ecl esempla.re, egli ebbe camoo di conoscere a fondo tutta la miseria e l;intttilità della vita pubblica. E oe.rtrunente ru1che suo, e maturato d~ lui, dopo ess.ersi 11uoyamente ritratto, fuor delle cure parJ.a.menta.ri, nella solitudine napoleta.n.a, deve esieTe quel convincimento, che egli attribuisce al :tratello, da lui onorato con affetto così alto e eommosso: « rinascita civile ed elevamento morale essere. t~nnini inseparabili, e tutto il resto ciarla, non ehe vana, dannosa» ✓ Spirito cli predicatore, e quasi d'apostolo, c'è -infatti in questo ic pessilnista ,, : in questo « provYe<:litore d'inquietuclini' », come lo chiamaxono per dileggio. Perthè a' molti, quel suo tono di pedagogo,. e quelle nozioni fredde e tristi offerte con monoto11a. (se pur cOm.mossa) insistenza, dov-evan riuscire senza dubbio noiose, terribilmente n.o1ose. Lui che ci aveva sempre negli occhi le terre bruciate dalla mala,ria e'dal sole, e la lauda desolata e nttda dell'Oianto, si sgolava a descrivere e ragionare le difficili condizioni nattu-ali di mezu..a.Italia - la povertà del suo1o, 1'inclemenzia. del cielo, la mancanza d'acque sorgive, la cieca letta contro le argille avvelenate - e anche, pe11etrando più addentro, osservava che « l'a terµ-a nu-ddiona1e, più che sterile, è esaurita, <lacchè per secoli la nostra economia agra.ria si è fondata su Jo sfnittaruento, meno del suolo che del coltivatore, e là p~oduzione fu ed è dovuta più All'opera ciel lavoro che al contiibuto d.el. mpi- -tole ». Da. queste prem.esse faceva discendere bitte Je sue conclusioni. Perchè, una volta climo- :ètrata la precaria situazione economica (e morale) d'ltalia, diventava natruale per llli chiedere "''" politica cli sincerità e di raccoglimento, alie1!2. da ogni fasto e vanagloria.: convinto che « il p.-oblema agricolo di tanta parte d'Italia,, qttello d'i passare clà,lla cultura estensiva alla cuJtrua intensiva, è un .p.roblema puramente agronomico: 14che YUOl di.re, più chiaramente, un problema di ca:pitali a buon mercato», - non poteva non inYocare una politica finanziai·ia cauta e senza illlraloni, un governo cìe1nocratico preoccupato di moderar saggiamente e co111porre le aspre diffen:J1¼esociali, somministrando pace e giustizia, qu}ncli un limi.te alle spe:3e militari, e 1Lna condotta all'estero pn1dente e parca cli grandezza e gral.l.diosità. S2uesta 1'idea fissa di Fortunato: predicare agli italiani la coscienza e il p-roblema della loro m1.seria. Senonchè, essendo partito per 1a sua ~niS• ~one con un discreto bagaglio di entusiasmi e m speranze, gli accadde <li doverli !asciare ad uno ad uno per Yia, rien1piendo invece Ja sua bisaccia cli nuovi timori e sospetti. Chè se dapprima, come a t"utti gli uomini clel1.a sua. generazione l'rnnità polit~~a. conquistata qnasi per caso gli pa1rve dovesse diventare il principio d'una nuova era più prospera e fortuna,ta, o·iunse più tardi' a ·convincers<i, con 1'espedenza degli uomini e lo studio <lene cose, che proprio un.1nnità effettiva e sostanziale era tutt'altro cl1e - rag-giunta - e quello appunto era i1 pr~blema che ~i doveva risolvere, supel'an.clo ostacoli forse :in.sormontabiU. - Allc condizioni natuirali-storiche e geografiche ìella penisola, che egli conosceva e descriveva .coN. cosi stoica, disperata ed arci~,na esattezza, -.J e a correggere i modi della politica nostrana, egli volle applicare le forme cli quelle dottrine forestiere - liberali e democratiche - che gli erauo care. Cosi difese in ogui istante e proclamò la necessità di confermare e rafforzare il sacro pat,imonio delle istitttzioni monarchiche c parlamentari, a.uzichè abbatterlo, come troppe volte allri avrebbe volttlo, cedendo alla sfidttcia d'un momento e alla naturale .. apatia cinica e dem.olitiice del volgo,. Perchè in questo ordinamento formale, quanto più esso è lontano e forse contrario alle nostre consuetttdini secolari, egli vedeva il più efficace - se non l'unico - sistema di educazioue progressiva, per un popolo come l'italiano, nel fondo antoritario, e uso per eredità e per costurni e o a troppo comanda.re o a ,troppo obbedire,. Contro l'antica parlizioue della Camera - Destra e Sinistra - predicò un più logico e sostanzioso ordinamento dei partiti : la necessità che essi « abbiano, 1.Wabuona volta, distinzioni ve.re e profonde, teorie non saltuarie 11è eventua]j, contrasto di idee non opposizione di uom.ini. .. Bisogna che la Destra cl-vienti realmente un partito conservatore, libero dall'empirismo ciel s110 passato, e la Sinistra, scartando ttttto ciò ehe è vieta re.m.iru.iscenzascolastica, si ricomponga tutta, con tendenze positive, in partito de~ mocratico; l'una e l'altra inspirate da nobili sistemi più che da gonfi programmi di Governo,. Egli appartenne a llll ideai partito di Sinistra, o progressista. - come allora si diceva - sostenendo fin dal r88o il " concetto moderno di llllO Stato democratico : dello Stato, cioè, in cui la partecipai.ione dei cittadini a' diritti garantiti ~dallo Stc~tuto sia larga ed. effettiva, e in cui gli interessi delle varie classi siamo, il più che possibile, in eqwi rapporti fr,i loro e rivolti al maggior utile dell'uni versale ». Poichè II un regime di libertà, nel mondo moderno, non è assoltttamente compatibile se non· col benessere delle moltitudini , , compito precipuo dello Stato democratico doveva essere l'assictuare ai molti pace, libertà e giustjzia, diminuendo il distacco, cosi g.rande da noi, tra le classi dirigenti e il popolo. « Concilia.Ie l1Italia con gli italiani >i. E' d'uopo riconoscere francamente che questi s1ioi principi democratici non rassomigliarono mai alle teorie moderne cl 'origine tedesca e calvinista. Anche per lui (come per Albertini, per Eiuattdi, e qualcun altro .degli ottimati, dei signori italiani) il pensiero di creare in Italia grandi partiti di 11U1Sse dar luogo a llUa piena e integrale lotta di classe e politica, non gli parve cosa. seria. E il suo ideale rimase sempre quello d'un'onesta pedagogia. Si preoccupava anzi àel fatto che gli ltaliani volessero « progrediire troppo in poco· tempo, imitar troppo dagli altri in quello che non ancora 1ispondeva al nostro sviluppo storico». B di recente, interrogato a proposito della proporzionale 1ispose che, anche questa volta, si era voluto correr troppo, al solito. Insomma ebbe in qualche· modo coscienza del fatto che, in Italia, anche la dottrina democratica, diventa una predica, con frutti lenti e qttasi insensibili : e miglior consiglio gli parve quello di andar avanti adagio e con j-uicio. Sperò dapprima in un/opera di saggia moderazione ed educazione governati va : « U110 Stato cosi forte di autorità e: di ·mezzi 'da condurre esso tutto il popolo italiano Sll le' vie 'della cultrua, della morale, della pubblica ricchezza». Più t,,rdi s'avvide d'aver sognato,, e si convinse ~h1era (< vana impresa concepire una qualsiasi g1~anclc: opera. fuori o al di sopra delle libere endgie individuali ii, lasciando al Governo il co·mpr:ito di « rendere giustiz.ia a tutti, e instaurare il' regno deJla sicurezza personale». Errerebbe tuttavia chi interpretasse quelle paro!<; - libere energie individuali - altrime11ti che cosi : sforzi singoli e sporadici di edtica7,ion; politica e mo1·aJe compiuti da ciascuno nel suo paese, tra la su.a gente, per uno scopo coi:nu.ne che si raggi tt11gerà, forse, in un tempo lontano. Invero una delle sue ultime parole in, pubblico, lasciando il Parla1nento nel 19091 fu questa~ « Educhiamo l'uo- ·mo, tutti gli uomini della terra che ci vi<le nascere e ci nutrisce, - sèhiavi se non più del peccato, del1a 1nateria, - e confidiamo nell 'av• venire». Se a taluno, per avventura, l'opera sembri b'oppo lunga e difficile, o magari astratta, e 1a speranza cl 1u111,risultato futuro irriso1io; - gli ·confesseremo che, anche noi, dopo aver esplorato e studiato a ltu1go tutte le strade, non abbiam poi saputo trovare UD p-iù saldo e sincero cam1nino. NATALINO SAPEGNO. .Pe:n.sieri di G. Fort:u.:n.ato I. - Il problema dell'unità e della libertà. Se li1tnità del.la grande. pat1'ia i.taliana, il mw.g· gior a1rven.i'-m,entopolitico del secolo decùnonono, « pM'Ve m:ira.colo e resterà ·ltna favola » 1 perchè piuttosto che ·il frutto della energia, nazionale fu' . u:na niirabile ini,pro'Vvisazionei sorretta. solo dalln forza d,i u11a idea; se essa,, come t;,u,tti, ci augu• ·,.fa.m,o,è chia1nata ad atteggiare la penisola, fino a -ieri ig11ot(1'a sè -niedesf:ma, ini una n1t01Jase'tnbianza di vita, la q11.alevalga a. carncella1'e le d,i. sparità. storiche, gli antagonism,i ·regionali, i dis• siài po/.1.tici, I.e 1'iva.lità. economiche, le varietà etno.efra.fìche,ossia, t1itte le ca.usedeU.a,1niJ.lenari.a -impote·Hza -nost·ra: la. q'l!-estione che anco·ra ci so- ' vrasta, il problema the ancora ci resta da risobve, r, sotto peru, di essere fatalmente respinti nella tragica forturu, del passato, è sempre quello del/.a stessa unità. (Il Mezwgiorno " lo Stato Italiano. I 5-6). La rivomzione italiaru, fu essenzialmente, esclUsvvamente politica, conseguenza integrdle di un avvenimento storico, non effetto diuru, trasforma. zione delle energie moraU del diritto pubblico e privalo, delle credenze, delle norme stesse della vita quotidiana. Di qui la ragion prima di tutte le nostre incertezze, forse anche di tutti i nostri traviamenti, non appena l'esercizio della libertà nel pensiero e nella azione, è venuto e 'Viene alle prese col vecchio concetto e con la vecchia pratica dell'autorità. Noi siarno autoritari nelle ossa; e per eredità, per educazione, per costumi, siamo imdotli o a troppo comandare o a troppo obbedire. Ad essere sinceramente con ta Libertà, a vo• lerla intera e sempre per tutti come per sè stessi, devota e ossequente alle leggi, riguardosa, gelosa financo : a volerla edlucatrice e moralizzatrice, J>remio non gastigo di Dio, a noi insegru, soltanto, qua:ndo insegna, la scuola, il libro, magari la i-mitazione straniera; non mai, assolutamente non. ma·i l'intimo, profondo con-vincimento dell'anim.o. (Ibid. I, 398). II. - Debolezza. e ambiguità della pubblica opinione. La vita pubbUca, fra noi, scade per difetto di correnti spontanee e sincere, non per mancanza di uomini poW.tici, che quelle correnti sappiano rappresentare con intelletto d'amore, con nobiltà di carattere, cv1i autorità, con perseveranza. Il male è nella pochezza di quella sorw,na di ideali, di c1·edenzee di sentimenti, che si chiama ed è la coscienza nazionale. , (Ibid. I, 400). Siamo parlamentarrnente deboli, perchè mamca tra noi l'elemento integrante d'ogni buon go- -ve,rno Ubero: la pitbblica opinione, la vera, non quella dei giornali, non quella de' caffè e de' circoli, meno di ccniverSazione, che di giuoco e di mormoraoione... Perchè tra noi La vita poli, tica, priva di ogni solida e larga corrente di pubblica opinione, è organata come l'antica nostra vita letteraria: sul fond:amento delle accademie. (Ibid. Il, r74). III. - Antinazionalismo protestante. Un paese non può essere nè glorioso nè grande se ancora è 1nisero e iinci1Jile; e non è cer/Jo col pascere i nostri orgogli nè con l1accrescere le nostre 1.llusioni che daremo nz.ai, a.l niondo 1noder• no, il concetto di un popolo degnamente risorto dalle ceneri. L'Italia ufficiale è ammalata della peggiore delle malattie politiche: La mancanza <li sincerità. (Ibid. II, 217). So bene tutto quello che, non i più, ma i più cla1norosi, i più romantici fra noi, gli apostoli di u.n -verbo no1JeJ.lo ,' il naziona.lisrno, che pare non debba esser più sinoni1-no di patriottis11w, rispondono: • Come appartarci .dal mondo? sa.- re·nimo forse tornati a nascere, noi, gU eredi di Vènezia, de1 C01nivni e della Rinascenza,, per rap: presentare la parte che oggi rappresenta.no la Spagna. e la Grecia»'? Ahimè, se non 'VOglia11io i,n eterno rasso11,igliare alla Spagna e alla C,,.ecia, se non vogliamio 7estare i'n eterno il paese ~ per 'eccellenza - degit spos~, noi dobbiamo, il più presto po,ssib-ile, fare appmito quanto esse non !J~nno voluto mwi fare: risorgere, nello spirito e 'nel corpo, liberi da ogyii esagerazi0ne, da ogni sterile i11inui,gin.azione dèl passato. (Ibid. II, 225). IV. - Il problema della miseria. Di fronte a noi non 'Vi, ha paese ove le classi popolari sopportino niaggiori oneri., e ove il ststem,a. dti tassa,zi.one 1·edda il salari:o dell'opera.io. più che il pro'Vento del capitalista e del proprie, tario: chè il nostro bil.ancio è costit·1<•toin modo, dall'i•n.g?anaggio dell 1a-11i1ninistrazione e dai me• todi d.i accerta.nient o, che i pesi m,aggiori sono a ca:rico dei più piccoli e i maggiori benefizi a, vantaggio dei più gra.ndi, cosl che i potenti possono sf«ggire facilniente a certi aggravi cui diffici/,, mente è dato ai deboli di potere sottrarsi .. (Ibid. I, 278). (A proposito della crisi bancaria). Io non ho 1nai partecipato alle queri111,owie;:Ji coloro) che > ham. c1·eduto·e credono a 1,na.-decadenza occasioa nale d.ella fortwna del paese : per me non è stato e no,n è questione se non tÌi· wn. ri,torno benefico al.lo stato norma.Le, povero e lento, di littta quanta l.a v'llta ecmw1n:ica ,itaLitÌna.; 'Vermn.ente bene• fico se è valso e va1·rà a distogliere le m.enti. dal, l.a im.magi-ne di una ricchezza che non abbia·mo, o ,11-ieglio, di 1ina progressfone ibi ricchezza che 1ion raggi1'ngere1no mai. (Ibid. I, 388). Sia•mo pove·ri; e non volere accm·ge1;sene, sognando un'llal.ia ricca d·i Jorz-ierb e li.be·ra disponitrice di d.entwo è col.pa... A bbiamio avu.to, pol'itica1nente, troppa fidu,çia nei. nost1~i entu...sias111,1c,h) e n.o·n si'gnifi.ca'Vano nè voJ.ontà nè esperienza; abbia mo troppo intaccato ìL d.ebole pa, trinio·nio delle nostre energie produ.t.t.i1Je: e .'a forza. d.i resistenza non è stata pari. a.Ila. forza delle iLl.u.si.on..i A'bbi'w111:os,op1'a,t1itto, voluto progredù· troppo in poca tem.po, i niitar troppo dagli altri in quello che non, ancora. ,rfspo·ndeva al not stro s-,;il·,ippo storico e sociale, adottare ·u.ngrado , di ci.viltà. di moUo s·uperi.ore ai nost1'i 1nezzi, - noi. che abbia,mo tmita es1t.bera,1~zda.i popolazio11t in ta:nta. sca,rs-i.tàdi ricchezza .. (lbicl. II, n6, rr8) . I 151 L'Italia deve a'Vere un. fine proprio, e non co, smopolita, direi quasi una propria idea fissa; questa: che non metteva conto diventare un« grande nazione per esser sempre la 'Vecchia ItaU.a, p(Yl)era, irrequieta, corrotta; la vecchia Jta, lia aru,lfabeta e pitocca, assai facile a spargere sangue umano, che non basti economicamente « sè stessa, e rvm.anga nella più crassa ignoranz« delle plebi, e sia tuttll/Via elemento di disordì,ne, invano sforzandosi a raggiungere le maggiori po, lenze dell'Europa, - quando ancora non è se non di poco superiore alle due altre penisole del Mediterraneo. /Ibid., II, 479)· POS'_l:'ILLE La Santa Sede trasportata a Madrid ? Da llll carissimo ainico di Roma, molto ad.dentro nelle segrete cose della politica internazionale, riceviamo la notizia che più sotto pubblichamo a semplice titolo d'informazione, non a""1ldo la possibilità di controllarla. La serietà dell'informatore /il cui nome non facciamo per comprensibili ragioni di opportunità e cli pruclem..a), ci dispensa però da ogni dubbio e ci rassicura; tanto più che le buone dispo5izioni dell'on. MuS60lini verso la S. Sede non wn. ignote a nessllllO. E' quindi con vivo piacere che noi, antifascisti per temperamento e per sistema, questa volta rendi.amo omaggio alla dirittura cli carattere clell'on. MllSso!ini ed approviamo la sua grandiosa riforma che d'un colpo lo consegna alla storia e lo ricolloca nella magnifica corrente d.ell'anticlericalismo romagnolo; cli cui. sempre, anche nei rari momenti in cui l'opportunità e l'apparenza potevano far credere il contrario, egli fu l'invitto campione e il naturale rappresentante! Ed ora, ecco la notizia; come la stralciamo dalla lettera d.el nostro amico :_ , Sembra che l'obbiettivo segreto del viaggio in Italia delle L.L. M.M. spagnuole e cli S. E. il gen. Primo d.e Rivera sia l'accordo col Governo fascista e la S. S<:d.ecirca il trasferimento di qttest'ultima a Madrid, in applicazione cli llll noto progètto dell'on. llillSsolini, pubblicato nel n. r83, anno VI (r920) del Popolo d'Italia. , Stando alle voci più accreditate nei circoli ufficiosi della Capitale la sovraccenna.ta disposizione dovrebbe al più presto essere un fatto compiuto, essendo vivissimo desiderio dell'on. Presidente del Consiglio, la soluzione dell'annosa e dibattuta questione romana· •. Il presidente leonino Verona r6, notte. Il Circo Krone, che in questi giorni è a Verona, ~à omaggio all'on. :1.'IllSsolini di llll superbo leone. Il simbolo della forza e dell'ardimento a nessllll altro meglio si addice che al nostro Presidente del Consiglio. (dal Resto del Carlin-0). Nel 192~ Rivoluzione Liberale deve arrivare a 3000 abbonati. Perciò abbiamo disposto perchè tutti i nuovi abbona.ti per il 1924 riceva.no.gratuitamente la. rivista già in queste ultime settima.ne dell'anno vecchio. Preghiamo vivamente gli amici di rinnova.re subito l'abbona.mento ; chi lo rinnoverà pnma. del 15 dicembre riceverà in dol).o il bel volumetto di E. Berth, La France au milieu du monde. Chi ci trova.· un nuovo a.byonato può ric'hiederci in dono, mentre ci spedisce la. cartolina. va.glia., Il problema italiano di A. Di Staso. STUDIO EDITORIALE IL CORB.4CCIO MILANO • Via Ugo Foscolo, 4 bis - MILANO RIVJSTA DI l\,1ILANO POLITICA E LETTERE DIRETTOR:EARISTIDE RAIMONDI ,iNNO III . ,WE?iSILE " Ufl,FER.ll0R0llENTEf{Eltlt.llP. UìREF.ll.ZIOfjE ,, Abbouamen.to a.llìlltto L. 20 - Un numero L. 1:-,T um.eri cli saggio gratis. Si cercano ov;unque rap.pre..se.n.ta.nti e corrispondenti Novità: PIERO GOBETTI LA FRUSTA TEATRALE Paxla di E. Zaccorni, E- Duse, E. Grammatica, i'VLMelato, A. Borelli, A. Gandusio, D. Galli, A. Falconi, Carini, ecc. ecc. Stron.cattu·e e paradossi. Si speclisce franco di porto a. chi ma11.èlavaglia di L. 7 all'ecl,itore. i11 iVfila110V, ia u: Foscolo,~ bis

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