La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 26 - 11 settembre 1923

)ili. • I•el. l]ij.1,1'"" CONTO CORRENTE POSTALE RIVl~T/\ STORICI\ ~J:TTlf'\I\Nf\LE DI PO~ITICf\ ESCE Diretta da PIEROGOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 .. IL MARTEDÌ Abbonamentoper il 1923L. 20 - Per il Il semestre L. 10(con diritto agli arretrati). Estero L. 30 - Sostenitore L. 100• Unnumero L. 0,50 (L'a(ibonametttp no~. disdetto prima del 16 dicemù,·e s11;ntende rimwvalo per un awno) Anno II ~ N. 26 - II Settembre 1923 SOMlIARIO: p. g.: Politica ecclesiosticn. - N. PAPAl•'AVA: Le col1ie dclln Dcstrn, - P. Bumms1: I eonsigii di Mefistofele. - A. }{o,-T1: Ai,cora d~I Rndirolfn•ei•mo. - A. CA.n:>n: J,a riTln•ita di un critico. - p. g.: li partito socialista. -G. NAv,,nnA Cm><I: Lettere duJla· Sicilia - Wmhoscl1imenti. Politiceacclesiastica Le accuse degli idealisti ·contro il semplicismo e la fiducia con cui la teoria liberale avrebbe considerato il problema ecclesiastico, valgono soltanto contro i massoni del patto Gentiloni. Lo Stato non professa un'etica, ma esercita un'azione politica. Non rinuncia di fronte a nessuna Chiesa, ma non ha bisogno di combatterla come una concorrente. Il potere temporale i:: morto. Lo Stato (anzi gli individui nello Stato libero) deve difendersi dall'assolutismo che reca in se stes.so, non dal reazionarismo di un'altra epoca. sidera che la fine arte politica del Vaticano difficilmente s'indurrà a concedere senza ricambio: e la situazione è così delicata che qualunque spostamento di eqnivlibrio può far rinascere penosamente la questione clericale. L'educazione politica dei cattolici è cominciata col Partito Popolare. L'opera dei governanti dovrà essere ben cauta se non vorrà interromperla prima della maturità. D'altra parte il solo sospetto dti llùa complicità italiana nelle decisioui del Vaticano potrebbe determinare un umiliante conflitto internazionale, • • I rapporti tra Stato e Chiesa dunque si potra.nno migliorare solo se sii manterrà costante la pregiudiziale cavourian:1 della laicità. Si tratta cli liquidare lentamente e inser.sibilmente gli ultimi residuli cli clericalismo, se non si vuole vedere rinascere con singolare asprezza la lotta anticlericale. Questo programma in Italia è stato rappresentato da Luigi Sturzo, il solo che avrebbe sapruto, liquidando il clericalismo con il consenso dei cattolici, evitare una reazione cruenta. L'accordo cli Mussolini col Vatic~no contro Sturzo segna certo il ritorno di politiche più avventurose e comp:-omettenti ma non è ancora lecito cl!irequale dei tre malanni (neoguelfismo, clericalismo o anticlericalismo) ci attende in questa parentesi di politica illiberale. p. g. Il lìberal'is.mo vede nella storia italiana due problemi di politica ecclesiastica: i rapporti tra il Vaticano e lo Stato complicati dalla questione romana, e l'esist~nza di uno spirito cattolico tra i cittad:ini. Prima della ù.E COlìPE DEI!ltA DESTRA fondazione del partito popolare la questione A parte il fondamentale dissidio sulla p,·ed 1 giudiziale costituzionale, liberalismo e fascismo eg i italiani cattolici sembrava assai peri- sono sempre del tutto opposti O in alcune q;,_ecolosa per l'unità e lo Stato risentì di queste paure e dovette nicorrere alternativaniente a stioni, rispetto ad alcuni problemi pq.s,;ono esprovvedimenti di politica. ora grettamente sere avvifinati da una qualche affinità? E' clliclericali ora settariamente massonici. Il par- ficile dare una risposta sicura a questa domanda poichè ogni confr0t)to presuppone la conoscen:., tito popolare ha migEorato i costumi clell'I- , talia J,iberale allontanando lo spauracchio del •za dei termini del copfronto stesso ed in q,;-esto pericolo clericale. E' orma.i lecito pensare caso il tennine fascismo è di un sig,tlficato così " una pratica di governo ispirata da catto- vago, indeterminato e fluttuante che lo stabilici che rimanga perfettamente estranea ai, lire un rapporto a s,"o_riguardo è impres": asle influenze del Vatiicano. sai molesta. Qttale e ,1 programma del fasciI::;, qu2nto ::--1 p~mc- ":,fohl ·~:n.a ~ ~ ·r-na tra- smo ?_ chi r~ppresenta il suo pe~iero? E' sin- . . . 1 . -... i. -~-.::r--"'.J .- --..d.:lca!H;mobrnnco rosso e verde, invece che rosd1zione d1 governo, che nsale a Cavour, 1! so, E' f 'b 1 • r 1 , • 1 considerarlo come un. affare . cli politica , • un onco nazwna ismo oc e vw enta restaurazione dei princ-ip,i economici e giuriestera. . Nel regolare i rapporti tra il Vaticano e lo Stato consisterebbe infatti la prova infal1i!bile di maturità per il diplomatico italiano che ha poi il dovere di presentare i risultati della partita come garanzia di serietà politica della nazione agli occhi degli altri governanti. Sostenere cavallerescamente la schermag1ia continua con la diplomazia più raffinata del ·mondo, mantenere intatta una difficilissima posizione di equilibrio sen- ~ •che la lotta si inasprisca e senza che si ~enga a 1.ma pace compromettente e pericolosa è un esercizio ~nvidiabile di serenità e di astu.z,ia.E non si può escludere che il • Vaticano abbia per la nostra JX}litica interna una delicata funzione di liberalismo e di moderazione, capace di frenare ru sogni tirannici, i colpi di stato e le avventure sca-, pigliate con lo spauracchio delle complicazio;ni internazionali. Ma queste considerazioni valgono soltanto se sii immagina cqsta.nte il presente stato di lotta tra i due organismi ritenuti inconciliabili nonostante il riserbo e la dignità dei reciproci rapporti. Una soluzione della qlìes-tione romana che assegnasse al Pontefice la sovra11ità su una parte sia pur minima di territorio (per es. i Fa.lazzi) significherebbe un regr~so evidente: anche l'ombra e 'il nome del potere temporale riescono i-nsoppo:rtabili a uno spirito mocler:no, e il dissidio risorto su una conciliazione siffatta ci riporterebbe va·namente ad altri tempi. La logica catto,!lica•postula in 'politica il clericalisJJilO assqluto; ma il catto}icismo del Vaticano è ormai troppo abile, diplomatico, agiÌe per voler essere logico : ba·sta tog]\ere cli mezzo le occas1on1 e le ambizipni dei ritornii,. Qui volendo indicare ,on u,n nome tutto il cammino di aberrazioni da cui si deve distogliere la po1itica italiana b&;t~rà ricor- &rè Gioberti: nessun, program~ riuscirebbe oggi più nefasto del neogueÌ~smo cl;ie pur sembra allettar~ i cuqri dei nuovi gBvernanti. •• Da Federzoni a Mu=,li11i l'idèa di t.µia Chiesa strumento dell'espansione ~taliana, custode delle tradizioni nazionali, sacra prot(èt~ri~ del po,pq1o elett9 è tornata ~s~\nab:- n:;ente C01;ì ingenut promesse;_ e semora 1!- corière con Pio JçI, il Papa mnla_;i~~• la nef:uita i'lliisione •quara.ritottésc~. . ":ì}ingènmta di ~ siffatto sogno cli_concili:azione appart' ev)clente se appena &1coodici del liberalismo? Soltanto l'avvenire potrà dare una ris,POsta a questa domanda. Per ora, attenendosi ai cli scorsi ed ai programn1i fascisti, attraverso le vampe ed i fumi dei bollori giovanili si possono appunto distinguere nell 'anima fascista tre correnti diYerse, una prima di sindacalismo, quasi di socialismo tricblore, una seconda di nazionalismo mistico e bellicoso, un terza cli restaurazione liberale in se.uso economico e giuridico. La presenza nel fascismo anche di questa corrente spiega in parte il filofascismo di molti liberali. Spaventati daJle pazzesche teorie economiche sodal-cou1uniste ed infastiditi dapa asfissiante economia associata della democrazia riformista, molti liberali salutarono il fascismo come salvatore. Infatti, se il fascismo non ha mai nascosta la sua ostilit,ì per il metodo politico liberale, spesso si è presentato com~ indice dei supremi principi ec0uon1ici 1iberali, tanto negativamente, con la sua lotta al socialismo, qn.anto positivamente con le reminiscenze paretiane di molti discorsi di Mussolini e di alcuni suoi compagni cli fede. E si può dir~ di più; se ed in quanto il fascismo aveva ed ha per programma il ritorno ai principi economici liberali, il rafforzamento· dell'autorità dello Stato e la diffusione a tutti i ceti e a tutti i partiti di un comm1e e sano senso di coscienza e di solidarietà nazionale, è evidente che nella azione' cli governo, fascis1ilo e liberalis~o ~e.rrebbero addirittura a coincidere. Ma il male è che il fascismo, per attuare questo liberale programma di governo, attenta gravemente alla stessa costituzione dello Stato liberale. Insomma per avere un governo liberale s.i tjscbierebbe di perdere lo Stato liberale. Questo paradossa1e coqtrasto spiega l 1intimo disagio che corrode e divide la coscienza liberale. E cosi quei liberali che non possono concep,ire il liberalismo indipendentemente dal metoçlo politi~o e dalla fo,rma di gòverno liPera1e, diffidano e si separ3:110 sempre di più dal fascismo, mentre restano filofascisti o si 50.110 iscritti nel partito quei li~erali che non sentirono mai siµèçramente il -problema della libertà C.9,llll' lllfto_d9politico, ~ d_~l liberalismo accs,ttar9no. soJtanto alpmi priµci pi economici e sopratµttç, lç ,;i~9_na11zneario~Jist~, Siccome nel nostro risorgimento liberalismç, e uazionalismo restano indifferenziati nella lotta contro i nemici• comuni, molte persone s~guita.tio a confutaré queste due conçezioni c:be i1rvec_f, 1.Wq. volta ri;olto il èomune problema dell'il1dipe11çlen- ~ ii.azionale, acquista.no una .µaturale ant0'.1:1-P~a e anzi possOno talvolta trovarsi in co.ntWstp,. Ed appunto per queste ragioni, iL fascismo· ha diviso nettamente quelle due mentalità che sopra ho definito con i tennini di liberalismo assolutista e di liberalismo liberale. Così si può spiegare la scissi911e profonda Che oggi divide il liberaEsmo di Salandra e di De Caoitani dal liberalismo di Albertini. Il Coniere della Sera, . coraggiosamente antisocialista e coerente e fermissimo assertore dei principi economici liberali fu, specialmente dppo la risoluzione della questione adriatica, alqua1:1to filofascista, poichè ~perava di vedere nel fascismo, 1nalgrado le-intemperanze e molti errori, una giovanile cor1-~ute di restaurazione liberale. Ma ,-olle sem- ..:'pì-e ·che questa festaurazione avvenisse n01i''con~ • tro, ma nell'ambito dello Stato liberale, ecl appunto, pur di veder salvi i principi costituzionali, quando vide che il Ministero Facta aveva ormai persa ogni capacità di dignitosa ferme7.--- za, invocò la formazione di un nuoYO niinistero che includesse ·molte forze fasciste. ]Ifa quando, con la marcia su Roma il fascismo spezzò per la prima volta la nostra tradi~ione costituzionale, il Corriere del.la. Se1'a assunse un contegno cli netti' disapprovazione all'atto violento e_di coraggiosa critica a tutte le fantasie impenal-assolatiste ciel fascismo. L'atteggiamento· del Corriere della Sera. e del Senatore Albertini è. uno dei rari esempi di intelligente e coraggiosa coerenza liberale. ApproYazione ad alcune idee espresse nei programmi fascisti, giustificazione ed approvazione cli alcuni atti del governo fascista, recisa avversione alla concezi0ne dello Stato fascista. A me sembra che questo debba essere l'atteggiamento teprico degli italiani veramente liberali nella attuale situazione storica. Uscendo dal campo dci principi astratti e volendo cri ti care il fascismo da un punto di vista cli conc-retezza. politica, è necessario prima di ttttto porsi queste domande: il fascismo fu essenzialmente una forza di restaurazione statale in contrasto allo smarrimento e alla crisi del clopoguerra, oppure fu anche una delle cause detennin.anti di questa crisi? La 1narcia armata su Roma era necessaria per ristabilire l'a,,torità dello Stato? Dopo aver affronta'to la q,1estione dei precedenti del· fascismo si potrà· infin,e considerare l'attività del fascismo al governo e 1'abbondanza e la qualità dei suoi frntti. La fantasia mitologica di cui da quakhè anno gli italiani sono così ricchi, tenderebbe ad avvalorare questa leggenda: l'Italia, malgrado i suoi orrendi governi liberali arrivò vittorios8..mente a Vi'ttorio Veneto, ma subito dopo h ,,itteri~, sopratt1tto per colpa di un nefandissimo uo1no, Francesco Saverio Nitti, che po;e lo Stato co~tro la Patria, l'Italia cadde :in m"a.noelci socialisti che la gettarono nelle tenebre' della più on-enda anarchia interna 1 mentre una associazione di traditori, agli stipendi d_e'.lostraniero, detta dei rinU1Jziatari, sperdeva i frutti della vittoria. li/fa finalmente una ·schiera ~ &iOvani eroi gnidf\~ da un ~~nio si stringeva in fascio e con una rivoluzione ristabilivano la giuSÙzia e l~aut~ri~ salvan~o l'Italia agonizz:'(•te. Vivere q11e~talegge11dacome reale costituisce la premessa psiròlcgica del fascismo. Infatti è logico e giusto che sia fascista chi crede cl1e il fascismo abbJa salv~tp l'Hal1a da ui, baratro senza fondo. n-Ia è ll;('it(?.c\ul\~~\'' tan,to della profondità del baratro, quanto della asSOIutezza della attività salvatrice del fascismo. E la legittimità di questi dubbi spiega come 5i possa essere antifascisti in perfetta buona fede patriottica. Xessuno può negare cbe, dopo la guerra, ci sia stata in Italia una crisi mateY-:.ta]e e morale ed un peri':olo rivoluzionario per lo Stato. Invece è strano che ci siano tante per""1le che si meravigliano di questo fatto. Evi<lente- ~ente molti credevano che raggiunta la vittoria, 11popolo di soldati, illuminato dai raggi radiosi della gloria, ritornasse a casa festante e plaudente con l'animo pieno di commossa gratitudine per il governo e per la classe che. aveva intrapreso la guerra. Siccome fra gli applausi si senti qualche fischio ed invece cli gratitudine la coscienza popolare esprimeva un diffuso malumore, non pochi fet<,enti patriotti gridarono allo scandalo ed accusarono cli iniquità il popolo italiano: Invece non è affatto straordinario quello che è accaduto e ci si può invece raIIegrare che non sia accaduto niente di peggio. Era un poco difficile che uno ùei più grandi cataclismi della storia, che urur guerra mondiale nella quale sono crollati i formidabili Imperi di Germania, dt Austria e di Russia, che ha gettato la Francia in una gravissima crisi psicologica palese sopratutto nella sua politica estera animata da una angosciosa paura e intessuta di vane Yendette, era tlll poco difficile dico che una crisi uniYersale che non ha lasciato immune nemmeno il inondo angl0-americano, _passasse proprio sull'Italia con i benefici effetti di una rngiada pri- ·maverile. Era assurdo pretendere che una nazio11 e gio,ane e 110n ricca come 11Italia non risentisse ·gli effetti di uno sforzo guerresco che se fu --vitt01;o~;o··u9-nper -questo fu me,,o terribile. Oltre mezw milione di morti miliardi e miliardi ;li spese, un disastro co~e quello di Caporetto 1 l'invasione di una regione, .in 11ll2 parola tre anni e mezzo di una guerra militarmente durissima, economica.mente costosissima., politicamente piena di discordie, spiegano e giustificano a sufficienza tre suc--cessi·d anni di malessere e di malumore popolare. l\Ia è certo che oltre a queste ragioni inevitabili e generali, anche l'azione di incliddui e di gruppi politici, contribui ad aggraYare la crisi italiana: 1\Ia a corrodere la salde7;za dello Stato, a minarne l 'au tori là e ad .infrangerne le leggi lavorò soltanto il sovvèrsivismo soc.ialist:J., oppure il così detto bolscevismo italiano f.: abbondantemeute alimentato dagli errori e dalle colpe di uomini di altre tenden7.e politiche? Il disordine italiano non fu molto aiutato dal contegno dci così detti partiti d'ordine? Doma:nde non del tutto insensate. NOVELLO PAPAFA\.'A.' TROPPI AMICI Da quando siamo rimasti soli elci non socialisti in Italia a dir al fascismo le sue ventà, siamo assediati da profferte di aiuto ... morale e da incitamenti a proseguire : noi siamo commossi cli qu~sti consensi, ma avvertiamo che l'opposizione al fascismo intendiamo farla da noi, e per m.oti,:i ,wstri, e non per conto o in compagnia di quelii che, o timidi o entusiasti del fascismo fino a pochi-rriesll fa, ad.esso accennano a ribellarglisi, perchè offende i l<?ro interessi : per costoro anzi noi farem◊' da Ciriatto e da Barbariccia e· ci aclopreremo, coi nostri raffi, a metterli sotto, ;iella ·pego\~ spessa da cui per avventu,ra volessero mos~rare il dorso. Ci occ1Yno1w i numeri. della Rivoluzione :\'.,iber.~le dell'ànn;0 SC?T~O 'per completare collezionj e. p,er acconten/Qre ~lcu.ni anrici che li desider~r1;..0Chi ~- co-nservala collezione e prçgato 9-i spçdirce/i. Cl:[i ci 1Jl(lnder~ jl I\· ~3 eh~ è ~I-più. raro ric(J-ve.r~ j1, do:n;9jl c1:1ario,s'f~siom:o(>- ~';S!:d9i~ D. M ?b~c : Eris_t0la ~rll,\pn~ggiarite. alla SOç.ie!à. ç]_~~\i aJJ9t,i. ~ • Anche ·i n-u.1ne1:·i r, 2, 3, 4 di q'!fi?~t'a1,111.ç, ci sono u.t.il,i. ..

106 POSTILLE I consigli di Mefistofele nostri g0veruanti - ove le cure del goveru.o e le commoventi sagre ne lasciassero loro il tempo - potrebbero con gaudio spiiituale ed intima soddisfazione leggere i consigli che - nel Fausto di Nicola Lenau - Mefistofele largisce al ministro del re 1naJaticcio. Ben legitti1na soddisfazione tro\·erebbero essi nello srorgere Ulia stupefacente concordanza tra la loro pratica e la teoria di governo di cosi accorto politico. Vengono, è vero, prospettate in quelle. savie parole le difficoltà che si incontrano nell'incateuare il pensiero - primo e più pericoloso nemico del goYerno; il quale si pennette dei voli audaci verso I'isola oceanica o,·e regna la Dea Libertà - ma si pone tosto in rilievo l'efficacia del rimedio di una occhialuta censura, e, per meglio rassicurare i Pominanti, si vanta, non senza il debito disprezzo, la senilità dei dominati i quali < imparano più facilmente costumi senili di quel che si abituino a sopportare la libertà, per la quale tuttavia (a parole) si infiammano>. Difficile ad attuarsi in questi duri tempi è l'importantissimo consiglio di aver sempre a cuore una giusta prosperità materiale del popolo. « Ve1•1Iii.mmert inwner, doch n:icht z-u. scha,-f, c Dein Folkc den sinnlic1zen Bedarf ». • Di più facile esecuzione è inYece 11altra norma di mantenere costante una moderata oppres-. sione, c-.hètanto se questa si spingesse oltre certi limiti, quanto se Yenisse improv•dsamente a mancare, il popolo potrebbe scuotersi ed insorgere. E vengono Iodati i governanti pel « prender€ su di sè il peso del dominio, affinché gli altri possano indisturbati abblndonarsi al dolce istinto della servilità, sì che per concedere a quelli il loro piacere, essi si fanno Yittime del proprio a.m.ore >. Ma finalmente, a premio di cosi duro e tenace saciificio, la loro potenza si consolida e !'arte del governo diviene : e lieYe fatica e imm,ensa gioia ». Qui gillllti, consiglio agli straordinari lettori del poema tedesco di non ,citar pagina e di fermarsi lì, chè nella scena seguente Yedrebbero come basti una volgare ca.nzone satirica, che quel briccone di Mefistofele fa cantare da Fa.usto al1'indirizzo della coppia regale, per sconvolgere il senno aJ ministro, pur cosi saggiamente erudito. Su tali stupide buccie il vecchio nemico dell'uomo fa sci\'Olare talvolta i suoi discepoli ... PIERO BURRESI. Ancora del radicalfascismo Kel N. 22 di R. L., commentando Nazionaljtl5cismo di Luigi Salvatorelli, io venivo a dire, anzi a ripetere, che, ne' suoi antecedenti storici, fascismo era, essenzialmente, democrazia radicale (gaiibaldinismo, cavallottismo) e prevedevo che il fascismo, nel suo stabilirsi e consolidarsi anebbe piuttosto preso il suo colore dalla democrazia sociale che non dal patriottismo. Alle mie argomentazioni sono state messe delle obbiezioni, desunte alcune, diremo cosi, dalla storia, altre dalla cronaca. Per la storia mi si osservò che il radicalismo italiano, nel tempo in cui fiori, fu movimento di difesa d<!lle libertà, e mi si ricordò la •epica, lotta fra CavaJ!otti e Crispi. Rispondo : che la democrazia radicale di quei tempi eroici era giovane ed era e: studente e povera,, ed era quindi naturalmente disposta, come tutti i movimenti di minoranza ancor recenti, ad assumere nella lotta politica un atteggiamento liberale; da allora in qua quella democrazia si è ariicchita, si è laureata e diplomata, e si è, sopratutto, invecchiata, e di quei beati tempi dalla testa calda ha serbato niente altro che qualche atteggiamento o qualche frase, mentre per il resto s'è fatta seria, misoneista, come la più ammuffita delle consorterie. Quanto all'episodio Carnllotti-Crispi la risposta l'ha data già il ministro Colonna di Cesarò nel suo discorso di Dagnente, dove, dopo aver ricordato i • due uomini usciti dal medesimo movimento, combattenti per la medesima idea, divenuti poi < esponenti ili due opposte correnti politiche che si combatterono con l'accanimento di nemici .., l-..a eonebiuso : < oggi non sapremmo più scegliere fra una concezione e l'altra; non sapremmo più scegliere perchè le abbiamo fu.se,. Insomma: Pittaco e Alceo (mutatis mutandis) effigiati nella stessa medaglia dalla posterità ammiratrice, ma già identici in vita per temperamento e attitudini, due galli nel pollaio- Del resto il tipo ideale dell'antichità per il Cavalletti era bene Pericle, e Pericle Iu bene capo del partito democratico e insieme tiranno; e nella storia è sempre stato cosl : Cesare fu il leader dei democratici, e Napoleone cominciò giacobino, e gratta il radicale, se ci trovi il reazionario e l'imperialista: del che l''u1timo solenne esempio, in Francia, ci fu dato appunto da Clemenceau. E si capisce che sia cosi, perchè democratico è un egualitario e l'egualitario non può mai essere un liberale; rispettosi sempre, per istinto e per interesse, della libertà, sono quelli per cui l'uguaglianza non è un fatto ma I: una possibilità, n011 un pulJto di partenza; ma una mèta, non un'ereclità y LA RIVOLUZIONE LIBERALE alla lettera quello che può uscire dà.lla bocca ma una conquista; e questi sono i liberali· costoro l'uguaglianza la voglion 'conquistare e 1 percio han bisogno di libertà; per quegli altii, quando sono plebe, l'uguaglianza è ii diritto a farsi mantenere dal go\·e.rno, quaudo sono capi l'uguaglianza è, se non 1'unica testa da tagliare, almeno l'ultimo deretano da piglia.re a calci. Questo per la storia. Per la cronaca, alle mie previsioni di riduzione del fascismo a democrazia. sociale· mi si obbiettò ricorrlandom..i: prima la bottata di Mussolini contro Cavalletti nel discorso del 15 luglio alla Camera; secondo le recenti .peripezie di S. E. Colonna di Cesarò capo della democrazia sociale. Rispondo: .della , bottata » la democrazia sociale fece, con molta buona grazia, la ricevuta seduta stante con la dichiarazione di inunutata fiducia recitata da Innocenzo Cappa: il che vuol dire per lo meno questo, che anche la democrazia sociale sa di non ctoyer pigliare troppo del Presidente. Quanto poi alle sgarbeiie cl1e alcuni nazional-fascisti van facendo all'on. Colonna di Cesarò, osservo che queste sono state largamente ricompensate da una serie di :finezze usate propiic, nello stesso tempo dal fascismo alla democrazia sociale più autentica, come p. es. : la nomina del Sen. Da Como a qualcosa di grosso nell'Istituto Nazionale delle ass~curazioni, la nomina del Sen. Corbino a 1uinistro dell'Economia; e aggiungo che a illuminare di luce meridiana. il processo di osmosi e di endosn1osi che tra fascismo e democrazia sociale sta avvenendo sotto il muso va.nmnente scontento degli scrittoti cli bnpe10 e cli Idea Naeicmale, basta, insieme con la iscrizione d'ufficio al P. N. F. dell'on. Gilardini, l'episodio recentissimo dell'isc1·izione al fascio di Brescia, avvenuta per desiderio espresso del Presidente del Consiglio, dell'on. Carlo Bonardi, capo, ant01-a riconoscitt-to, della demo-social-massoneria di Brescia e di ntorni. A. M. LA R1v1Ne1T1\ 01 UN eR1T1e0 (I) Mentre in Italia la mentalità militare - con quel che ha cli più irragionevole e di coreografico -- trionfa, in Francia sorgono, semP're con maggiore e più sicura audacia, alcune voci libere e disinteressate. Lo spiiito critico, soffocato dalla censur,a guerresCP., travolto dall'ondata confusa della riconoscenza ag_li eroi (dopo l'armistizio), riprende i suoi intangibili ed insopprimibili diritti. Ed è bello che in questa battaglia intellettuale intervenga un letterato di professione, Jean de Pierrefeu, del ]01irnal des Débats, a testimoniare che l'esercizio quotidiano della critica letteraria è un 'eccellente scuola formativa. Il suo Pl·u.tarq1,.ea menti è un bel libro, ed un'opera di onestà e di reale patriottismo. Su Ila scorta dei nostri Iicordi personali comprendiamo -agevolmente l'origine del volume e la nobile indignazione, 1 'appassionata. riYolta di 'Pierre:feu. Ci stanno nella memoria il culto verso il S. A. P. che sacriiìca va uomini capaci a genialoidi dello Stato :Maggiore, perchè ness-um, ufficiale cÌi complemento poteva, per principio, ~aler più di un efjetti-vo. ·Ricorcliamo le subordinazioni a rammolliti, le gerarchie invincibili, il clispotismo cli piccoli gruppi; le confraternite dei professionali della guerra, risparmiati e tenuti in risetva per elucubrazioni tattiche e strategiche. E così pure non dimenticheremo gli insegnamenti delle scuole militari, intesi a creare nel cittadino combattente una mentalità cli casta ( quasi che la nostra non fosse la guerra di una 11.a.7.Joneannata, democratica.). La coesione tra truppa ed ufficiali fu sempre mantenuta dai. « borghesi in uniforme , che si rivolgevano aJ soldato in nome delle civili abitudini e idealità. Le virtù degli altri ci portarono a Caporetto e al caso Graziani. La Francia, la quale non ba avuto la benefica discussione dell'iuchiesta su Caporetto, che tante verità ha messo in luce, rivelando al paese, ac·- canto alla grandezza, la servitù militare (scoprendo meravigliosi bagliori di gloria ed orribili, nefande vergogne, e sopratutto strappando le aureole artificiali dei Capi) è caduta in pieno nelle ipocrite apologie. Gli storici. ufficiali hanno verniciato ogni cosa in oro: la guerra è una tragedia in tre atti, ordinata, composta, corretta. Parte piirna: la battaglia della Marna (vittoiiosa), parte seconda: il graduale sbriciolamento del nemico (efficacissimo), parte terza: la controffensiva del r9r8 (tri,:mfale). I generali sono i più grandi di quanti il mondo abbia ammirato, le truppe meravigliose, il morale-altissimo, il paese degno dell'esercito. Tutto è beue quel che finisce bene. Hanotau.x aveva una tradizione da difendere, uomo politico prima di esser storico; Louis Madelin un seggio accademico da conquistare. Victor Giraud gli teneva bordone, per lo stesso scopo, ospitando nella Revue des Dezt-x N[ondes i pesanti, anonimi e minuziosi articoli dello Stato Maggiore o degli interessati. Ed oggi, contro l'onesto Pierrefeu, alla difesa delle impalcature minacciate (e senza. perdere l'occasione per tirar acqua al proprio mulino, insultando Caillaux e invocando sterminio e ,;norte sui comunisti) muove l'abbaiatore Léon Daudet, sempre pronto a contrapporre un libello di facile smercio ai libii di attualità, e abile a crearsi un successo con la rinomanr.a.altrui. L'autore di Plutarque a menti, con elegall.7..a gallica, non imposta la sua critica nei nostri termini brutali : si accontenta di attribuire i granchi e le falsità degli storici autorizzati al fatto che i loro scritti sono stati compilati priucipalmente su te,;li dello Stato Maggiore. Ora, come Pierrefeu sa a menadito grazie alle proprie funzioni di redattore di bollettini al Quartier Generale, ogni rapporto dei Comandi è non solo ricolmo di inesattezze /e chiunque ne stese gli dà mille volte ragione) ma costruito in modo da presentar le cose sotto l'aspetto più favorevole od utile a chi lo scrive. Soltanto coloro che hanno seguito la guerra dal di fuori possono avere l'ingenuità dei Madelin, Giraud e compagni (a meno che questa sia - ciò che è più verosimile - partito preso) e infiorare in buona fede con enfasi retorica, i materiali mutili e imprecisi a loro (r) JEA!<DE PIERREfF,f' - Plutarque a menti (Paris, Gra.sset, 1923 • 7 fr. 50). o fomiti da parti in causa. Si aggiunga., a completare la stupida manipolazione, quel veleno che fu la propaganda (molti cervelli ne conservano tuttora le traccie), ed i risultati saranno chiari. Lo scopo? « Flatter l 'orgueil national, impressionner favorablement 1 'étranger, Iouer 1es hommes ptùssants, maintenir intact l'ord.re social » (p. 22). Vi par poco? Ai zelatori replica Pierrefeu: la guerra non è più il fatto di Ulla minoranza, bensi un avvenimento nazionale, suscettibile cli libera discussione. La competenza non è - come si vttol far c-redere- d.i investitura divina, e i comuni mortali, a fuiia di studio, di esperienza e di buon senso-, superano i professionisti, e anzi, recando nel loro compito i caratteii di geniale libertà' e di pratica organizzazione propri al lavoro moderno, possouo sostituirli con innegabile van. taggio. Plutarco ha mentito: « per ordine, per ingenuità o per timidezza, (p. 34) : laceiiamo la leggenda. Si entra nel vivo con « J offre et C .ie ou, le complot d'un état major bergsonien ,. Quali erano i principi che informavano la dottrina dello Stato Maggio.e francese allo scoppio della guerra? L1inttùzione deve prevalere· sull'esame in. telligente, l'offensiva scatenata a fondo supplire ad un piano da lungo tempo studiato; il capo che dubita., o si arresta. a c-onsiderare i rischi e i pe1icoli ,è da saciificare. Egli deve possedere la volontà ùi vincere e trasmetterla alle truppe. Grazie ali 'istinto francese, al carattere improvvisatore della raz7.a. e sopratutto alla camorra (il termine è crudo, ma giusto) della giovane scuola, le snc.ldette enormità avevano preso piede. Joffre nou era nè favorevole nè contrario: il suo temperamento calmo (« Che si sobbarca senza pena pesanti responsabilità e ha un gusto ormai vivo del potere, - p. 49) e placido, si compiaceva - uell 'isolamento - di trovarsi chiuso nelle reti semplificatrici degli ufficiali rli S. M. e ridotto a decidere, brevemente, su di un problema condensato. In lui, nessuna abitudine strategica, e poco aµ,ore per le carte ed i pilllli complicati : « A quoi tient la destinéè d'un pays? Parce qu'un noyau d'ambitieux entourant un général en c-hef d 'humeur paisible avaient eu l'audace d'écarter de la préparation dtt plan de campagne les hommes sages et pondérés pour qui L1. guerre ne constitue pas une aventure, I' Armée française s' est lancée tete baissée dans le traquenard que lui tendaient !es Allemands ... On ne tint aucun compte du pian de l'ennemi et l'on ne sut pas, à vingt corps d'armée p~ès, le chiffre des forces adverses qui allaient se dresser en face de nous , (p. 51). « Quiconque est soupçonné cl'espiit critique ou ne sacrifie pas à la religion du , cran » est tot ou tard m.is à pied. Centcinquante généramc iront méditer à Limoges. Etonnante dictatnre d'un groupe d'anonymes, (p. 53). O Cadorna, diciamo noi, ecco i tuoi e1nuli e maestri! La tesi di Pierrefeu è la seguente: fisso nella sua idea di offensi rn ad oltranza, lo S. M. trascurò i movimenti del nennco per scagliarsi in Alsazia. Sorpreso dall'invasione del Belgio, fu del tutto cieco sulla manovra avvolgente tedesca e si arrese tardissimo alle Iichieste del generale Lanrezac (l'unico che avesse uua idea chiara della situazione) il quale, dopo le Ardenne e Chal'leroi battern in Iitirata nonostante gli ordini cli attacco (al pali del Maresciallo French, che agiva analogamente per proprio conto, guidato dal buon senso) per poggiare sulla Marna. In un secondo tempo, soltante le straordinaiie insistenze di Ga.llieni decisero • Jof!re e C. > ad approfittare dell'errore di Von Kluck e a dar battaglia. Dopo I' II settembre - le for-,..enemiche Iisalgono verso il Nord - lo S. M. non sa. far altro che seguire l'avversario: ne risulta quella corsa frenetica dell'ala sinistra che conduce le trup. pe sino al mare, stupidamente (e prova. che nessuno dei due Comandi aveva pronta una manovra e che entrambi si sono lasciati sorprendere dalle circostanze) e le immobilizza poi nella guerra cli trincea, Iivelatiice del fallimento dell'arte militare. La guerra di posizione comincia : da una parte e dall'altra i mezzi - uomini e materiali - sono enormi, ma.nca la genialità: per quattro anni si consumano centinaia di migliaia di soldati a regolarizzare uii. linea, a giocar di salienti e-<lL rientranti. lla lo S. M. si sente sicuro, e non lo tortura il pensiero di dover fare dei piani : si limita ad attelldere. E' tutta qui l'arte militare? Ha infinite Iisorse, invero! Ed eccola impigliata in un campo piimitivo, dove due popoli si affrontano e si rodono a vicenda : « L 'événement a regné eu. tyran absolu, la guerre a cléroulé ses ravages jusqu.'à son extreme limite sans qu'un homme fut capable de I 'endiguer, de la resserrer, de la saisir au moment propice et de l'étouffer. Le nornbre, ]a masse a fini par triompher. Le gé1Ue personneJ n 'a eu jamais si peu de part à 1 'histoire du monde : cles nations ont combattu, et c'est le génie des nations qui a imposé la solution inévitable contenne dans l'énoncé du prob1è1ne. L'homme a subi, il n'a pas comandé, (p. r94). E siamo alla ripresa. Con un'analisi genialissima della personalità di Ludendorfl, Pierrefeu ne scopre ! 'elemento fonclamentale e militwe: l'amore del gioco, del rischio. Inoltre, nota che la rovina della Germania nasce appunto dall'abdicazione del governo nelle mani del1'Alto Comando mentre, nonostante il bavaglio, !'opinione pubblica francese ha potuto sempre infittire sui Capi (i). !\cl marzo '18 l'usura francese era grande (l'esercito di , }offre e C. , ebbe perdite uguali - con un fronte solo principale - a. quelle tedesche - c011 due) : LudendorJ'I' assalta, e con successo. Ma gli sta di contro Foch o: 1'insouciant , , l'uomo che s'infischia delle regole del mestiere e che, sebbene la linea delle operazioni sia inverosimile, non vuol sapere di ritirare e disporre gli elementi secondo i piincipi strategici: • Tout le génie de Foch consiste à lutter pendant quatre mois contre Ludendorff avec son cceur de patiiote indompta.ble qui ne veut rien savoir hormis ceci : on ne cède pas devant l'ennemi > (p. 302). Dopo il 27 maggio 1918 « Ludendorfl comprend qn'il n'y a rien à faire: il a beau. multiplier !es percées aux enclroits sensibles, i1 n'obtiendra jama.is de son adversaire un repli stratégique, (p. 309) : e allora al flusso segue, inesorabile, i{ riflusso, e la partita è perduta. Conci usioni ? , La. battaglia di Francia è i1 pensiero di Foch deformato dall'immenso determinismo delle cose , e il generale vittoriose può esser definito < l'impresario del caso, poichè in lui il pensiero non giunse a· dominare nettamente l'azione. L'unità «battaglione> è quella che realmente decide del conflitto: • tutti i tentativi fatti per inquadrare nelle regole questa guerra nazionale non hanno dato altro risultato che quello di renderla più sanguinosa>. Trionfano le qualità tattiche dei comandanti delle·p~ct,!é·tmitll: fallisce il tentativo di organizzare la battaglia. strategica. Tale è, malamente riassunta, l'interpretazione , di Jeau de Pierrefeu, acuta, geniale, persuasiva. e spregiudicata. Il suo studio è un modello di chiarez.za, di evidenza, di composizione. Alla parte storica si accompagna quella. polemici., e l'epilogo del libro è un ammonimento politico degno di esser meditato e conosciuto anche da noi italiani. La guerra ha illuminato chiunque avesse un animo libero e la capacità di riflettere, sui tremendi pericoli e sulle spaventose insufficienze della mentalità militare Nel corso di essa sono sorti a neutralizzare i danni - talora irreparabili - di questo stato di cose, numerosi elementi c:asuali, occasionali, e sopratutto le doti mirabili dei quadri di complemento e della truppa. Allo $pirito di autoiità e di casta che la conè=va alla rovina, la nazione ha opposto - sino a svenarsi - il proprio sangue, la stirpe la propiia genialità. Le vittorie non sono - nelle campagne moderne - frutto dell'intelligenza e sagacia di un solo, ma collaborazione di una quantità di dati, di persone, di evenienze. La pretesa dei militari di carriera cli essere 11isignoM della guerra », non ha il minimo fondamento, poichè nulla si risolve , senza lo sforzo concentrato di tutto il paese•· < Il importe plus que jamais, dans !es temP" clémocratiqt1es, que 1 'année ne se distingue pas de la nation et que l'autorité n'ait pas le caractère militaire. Qu'on cesse de tenir à l'écart et comme en suspicion la grande muette qui a des choses utiles à dire; qu'on rende au corps milita.ire ses droits civiques a.fin qu'il ne soit plus un corps: qu'en échange on accorde au:x. civils qui le mériteront !es droits militaires_ Il est néfaste pour l 'intérèt de l 'Etat que des caste; se constituent trop repliées sur elles-m@mes, dévolues à des fonctions exclusives de toutelò le sautres ... • (p. 346). Jean de Pierrefeu ha scritto il suo libro per mettere in guardia la Francia contro coloro che, da anni, invocano l'Appel au soldnt. L'espeIienza bellica, tiistissima, è istruttiva: il colt><> di stato che portasse a una dittatura militare sarebbe catastrofico. Per fiaccar le reni ad nn popolo, distruggere seriamente una civiltà, nulla di meglio di una immissione delle , virtù n militari nella vita politica. ARRIGOCAJUMI. (1) Sul retroscena politico militare di questo periodo è interessante consultare Le prestige d,., pouvoir di LAURA!<CELYON(Paris, Payot, r923) che contiene indiscrezioni e notizie non trascttra.bili.

t IL PAR1-'ITO Tra l'equivoco del liberalismo l'Ome arte di governo, la demagogia nazionalista e il pericolo clericale il parti lo socialista italiano non potè, neppure approssimativamente, operare in Italia come un episodio connesso con la stoda del 1narxismo. 11 marxismo, dottrina dell'azione popolare diretta, ;>repa.rarJone di un'aristocrazia operaia capace di promuoYere l'ascensione delle classi lavoratrici è sto.lo 1;peusato iu Italia con qua.1che originalità soltanto da pochi solitari come J\n. tonio Labriola e Rodolfo Mondolfo ccl è se1-vito a ravvi\·are i moli\; cli critica dei sindacalisti come Enrico Leone e Arturo Labriola. T, iesperjmento torinese de.Il 'Ordine Nuo-vo fu la sola iui1Jativa cli popolo alimentata dal 111..r.'l.I'xismo. So1to con le pretese cli uu patiilo riYoluz.io. nario, il socialismo si esanri nella tattica dei roiglioran1enti economici e del corpora.ti\·ismo e /inl coll'aggregare alle sue file tutti i malcontenti della media borghesia, preoccupati di formarsi con la pratica rifon11ist...'lle prop1ie clientele parassi tari e. Trent'anni di azione socialista [w·ono cosi confusi e sconvolti dalla retorica dei principi e dall'utilitarismo dell'azione. Xon si esamina\·ano i problemi pratici e le riforme politicbe per man- -tenere purissime le premesse rivoluziona.rie, mentre, costretti poi a inserirsi nella realt.à non vi si trovava alcun impulso per affrontare la crisi rivoluzionaria e preparare le coscienze aJla solu- .zione. La pratica rifonnista rimase priva di ogni lume della cultura e della tecnica, la predicazione rivoluzionaria s'inebriò di pa1·ole. Solo dopo due decenni di sforzi inani compresero l'equivoco gli amici di Bissolati e cercarono -O.i chiarire la situazioue con tllla pratica aper- "tanlente liberale di critica al ·governo fondando 11 riformismo. :Ma ai loro motivi genericamente umanitari mancava qual1111que preparazione di -studi e il loro esperimento si risolse in un fenomeno d'imitazione francese. 11 riformismo socialista era ia conseguenza logica delle premesse e delle psicologie manifestatesi nel primo incomposto sforw di liberazione compiuto dai ceti popolari in Italia. L'e<jtùlibrio della nostra lotta politica era duramente alterato dall'eredità del Risorgimento: -questo ha creato senza compierla nè soddisfarla una specifica situazione riYoluzionaria, che se restò potenziale durante il travaglio dei tecnici e -dci diplomatici nell'opera d'arte della creazione dello .Stato italiano, diventava torbidamente espii- -cita quando lo Stato compiuto si trovaxa compromesso nella situazione europea, incapace di essere vivificato dalle masse. D'altra parte fuori del governo un'aristocrazia più o meno sapiente, che professa· a priori una fw1zione di assistenza e di aiuto al popolo, tenta di corrompere con le riforme e con l'opera di conciliazione ogni azione dirètta, per illudere i ribelli con proposte pacifiche che le conservino una illuministica funzione -educativa. Il partilo socialista non si è accorto del gioco e ha lasciato che si riproducesse nel suo seno, ~ con tu1'infiltrazionc di conservatori, un1altra f0r- -ma dell'ineluttabile antitesi che separa nell'immatura Italia popolo e governo. L'accordo coi liberali conservatori e coi radicali era giustificato di fronte a Crispi e a Pelloux nella difesa delle più eleme11tari çonilizioni ili libertà. Ma superato il pericolo i socialisti non riescono più a distinguersi da Giolitti se non per una· più intensa demagogia: nell'unità del partito 1 invano ridi- - scussa e proclamata si nascondono le più contrastanti sfumature, che riproducono in un linguaggio semi-estremista i vari motivi degli altri par1:iti italiani, dai conserYatori ai radicali. La linea d'azione è identica, non lottano diversi prin. ,cipi, ma diverse persone. Perciò Bissolati è stato più coerente e più sin. cero di Turati accettando una responsabilità di governo che era ineluttabile date le premesse -id'eali. Le pose wti-govemative diventavano anch'esse nel partito posizioni di governo, modi rli lotta parlamentare. Passando dalla piazza a Montecitorio la rivoluzione si è convertita in una me <liocre diplomazia. Il comizio è solo più l'arma .dell'illusione dei nuovi capi, oltrecbè l'artificio per appagare un istinto di trib\1111,è il sistema adottato per rafforzare una posizione personale. La preoccupazione dell'unità del movimento, al -ili sopra della coesione delle idee, diventava dominante per la necessètà di apparire rappreseni.antÌ di una forte organizzazione; e perciò si mantenne una parvenza di unità ricorrendo a tutte le formule intellettualistiche che nascondono gli istinti dell'anivismo. La yuota eristica .dci co~oressi - dalla negazione delle tendenze (Imola, Bologna) all'integralismo (Roma), al riformismo cli destra o di sinistra (Fi.renze, Mo- -clena) _ 11asc011de questo riposto calcolo. Gli sforzi autonomisti delie 1nasse sfuggono alle analisi dei capi, fe.1.·m~~tanoinvano in cerca cli un'~: spressione, affiorano finalmente nel modo p1n t'onfuso dopo che la guerra eur~pea semb:a. ave~ condotto alla respom;abilità sociale nuclei_ nuovi di operai e cli contadini Ma quando _ Sl pone chiaramente il dissidio tra nform1sti e nvoluz101IBri Livorno è la squallida eredità ili 1111eqni- ,.,,..oc;durato 30_a.nni e Ponesta incertezza di Ser• LA RIVOLUZIONE LIBERALE M:oti'7'i di storia ita1iana. SOCIALISTA rati disorganizza definitivament.e le forze popolari. Attraverso questc vicende un uomo rimane in campo, costante e senr.a contra<ldir..ionc perchè 11011 mai deciso, animatore di tutta una tradi1,ione politica, anche se alieno dall'assumerne responsabilità di condolliero: Filippo Tnrati. Senonchè qual \"alore dovremo dare a questa cocrenw di trent·mrni ili vita politica? Il problema paTe restringersi nei limiti di un fatto psicologico e questa del resto è la ragione invo· cata da lutti gli ammiratori di· questo ingeutw apostolo sforltuIBto. lV[a la coerenza lineare I 'identità delle parole e dei concetti, la fcnn'e,m1 ciel carallere annuncia qui un sentimentalis1no di Yisioni dogmatiche, mm conclusione prematura, che limane unilaterale mentre si ritiene perfetta. E del resto q(ial'è il nocciolo ideale delle posizioni più care a Turati? II marxismo non è penetrato nel suo spirito, non vi ha alimentato l'esperienza realistica del condottiero di forze politiche. L'ideologia turatiana non ha giustifiCa'l...Ìonicli aperta e vigo1·osa muanità, ma si limita in un momento caratteristico per la nostra storia, ili assenza ili lotta. L'educazione di Turali lo porta assai lontano dai problemi di culturn e di realismo storico: il suo spirito si svolge sin dai primi scritti giovanili nell'atmosfera spirituale della sociologia positivista e il suo umanitarismo che rese affascinante la sna propaganda tra le masse ha un colore utilitarista e sostituisce troppo interessatamente le funzioni patriarcali del frate laico. Da Anna Knliscioff iruparò 1111marxismo di tinta romantica, da Enrico Ferri l'ottimismo dello scienziato indulgente e l'abito missionario del cJ.j_ fensore dei miseri, con Bissolati condivise· la preoccupazione di trovare poche e chiare formule di sentimentalismo sociologico da applicare ai problemi politici. La sua morale non ha nulla di rigoristico, si riduce a proclamarsi f1inzione difensiva del/.a ,,ita. e dello svil1ippo, 1111atomismo gretto e particolaristico che trasferendosi nel campo politico riduce i problemi di forze a nna tattica di astuzie economiche. Del resto anche dove egli accetta l'esigenza della conquista (graduale!!) del potere politico da parte delle masse il suo obbiettivo è cli arrivare senza lotta a un 1n.. uta;nento radicale econoniico. Qui l'intreccio è assai ingarbugliato e il problema dei rapporti tra economia e politica che il marxismo aveva validamente posto è in. genua.mente trattato da una mente aliena dalle più sottili considerazioni di dialettica storica e di realismo della praxis. Al Turati basta salvare i suoi pregiudizi di natura ottimistica e il suo concetto tollerante del progresso: la lotta ili classe e l'importanza idealistica della conquista del potere da parte dei nuovi ceti operai per il rinnovamento del rit;mo attivo della storia gli sfuggono. Di fronte alla grande importanza del co- • munismo critico e della disciplina rivoluzionaria che esso instaurava, il riformismo cli Turati si rivela sterile. Un altro equivoco di cui Turati è responsabile nella nostra incultura politica si nasconde nelle b1terminabili discussioni sul dilemma: progra.>n.-· ma 1nassi1no o progra111,1na.1nin:im,o. Il programma_ minimo è 1111programma di governo, è 1111 espediente tecnico pei· l'esercizio dei poteri statali. ilfa non spetta, non è mai spettato a un partito di masse il compito di elaborare 1111tale programma, che non può alimentare se non parzialmente la lotta politica, e in tutti i casi soltanto attraverso metodi di alta maturità, analoghi a quelli proposti dall 'Ostrogorschi e perciò assai lontani dalle possibilità cli un partito demagogico. L'azione del popolo, nel momento storico presente può svolgersi soltanto secondo gli indirizzi cli un programma massimo, uni concezione della vita e della realtà elaborata come mito suscitatore cli opere, e l'interesse verso le riforme pratiche deve rimanere un interesse di ordine amministrativo, un provvedimento tattico per superare ostacoli contingenti. Ma ]a preparazione della vittoria in questa grande battaglia eteroame_nte ripresa può venire soltanto dalla decisione del piano strategico. La strategia si r:isolveva nella tattica, nel decennio ultimo del secolo scorso, durante il qual~ si ebbe l'esperienza politica più vivace del Turati e del primo socialismo italiano. Risolto d'runore e d'accordo con radicali ed anarchici il problema materiale dell'esistenza vennero a mancare fini più coerenti e lontani. Di fronte a Cri.spi e a Pelloux Turati seppe condurre la battaglia con singolare arte diplomatica e con grande generosità. Riusci a cbnsen•are al suo partito un 'individualità, pur approfittando del concorso decisivo degli elementi cooser.ratori che gli erano indispensabili. Nia in questo comprome..sso si è esaurita tutta l'originalità di pensiero del socialismo. L'antitesi coi sindacalisti e con gli anarchìci significò appunta una pratica conservatrice. Il gradualismo attenuò ogni opposizione al potere costituito. L'idea internazionalista fu m.antenuta per pregiudizi di umanitarismo e cli Positivismo· o, nel caso Treves, per una, cruda e cÌuasi eroica necessità messianica di razza. 11 giolittismo seg.na lo sfacelo di questa ideologia percbl: il governo si dimostra più illuminalo che il partito. Mentre Salvemini sceglieva una pratica di op-- posizio11e ispirata a moti vi pratici corrispondenti alla sitna;iione del proletariato rnrale del Sud e si salvava cosi con la fecondità di una critica, Turati e gli altri parlamentari settentrionali dd socialismo si riducevano sempre più penosa,- m.cnle (tanto più penosa se in buona fede) ad una complicità non avvertita con le borghesie dominanti e salvavano le loro posizioni personali professando un grossolano pacifismo retorico e una filosofia dem0<ratica per cui speravano di procurare anche alle classi operaie organizzate del Nord i privilegi di cni godernno i dominanti. Da questa logica collaborazionista Turati non giunse ad assumere responsabilità di governo per mera timidezza. In realtà predicava alle masse, con enfasi demagogica, concetti e riforme che Ciolitti attuava stando al governo. Il rivoluzionarismo poi servi va per ragioui elettorali e corrispondeva alla psic"ologia d'inquietudine alimentala nella città moderna in spiriti non preparati al ritmo della vita indnstriale, venuti dalla campagna con l'illusione deli'avventura .. Xon si dica che incrudeliamo contro un vinto, H quale anzi oggi come vittima per noi si redime e si salva, se vogliamo fissare delle responsabilità inesorabili e dei punti chiari di giudizio del passato. Dopo la gue:ra quando il popolo ebbe coscienza di essere rimasto esterno aJla formazione nazionale, guidato per venti anni dai riformisti a un'opera anarchica di sfmttawento dello Stato, e volle una sua disciplina sovvertitrice di un ordine impostogli da tradizioni non sue, Turati si trovò a parlare attraverso i fiori della retoricii messianica un linguaggio reazionario. Il suo scetticismo verso ogni organizzazione di forze, la sua fede nella diplomazia giolittiana riuscirono in un momento storico solenne gravemente QÌseducatori. Per un 'opera di governo realizzatrice mancò la capacità degli uomini nel momento in .cui le democrazie socialiste avrebbero potuto aggiungersi alle stanche democrazie borghesi. Si può giudicare ormai il fenomeno collaborazionista con animo perfetta1nente obbiettivo, ma si deve concludere che dopo l'esperienza giolittiana e ruttiana esso non recava. nulla di nuovo nella nostra vita nazionale. Avrebbe consolidato opportunamente uno stato cli fatto ormai insopprimibile, avrebbe dat~ 1111senso ili tranquillità ai ceti medi turbati dall'attesa seguita alle promesse della guerra. Non potendo animare questa situa- .zione coll'entusiasmo di un'iniziativa epica i socialisti avrebbero dovuto dominare gli eventi con la oerizià amministrativa e lo spirito d'ordine della giustizia distributiva. Per 1111a politica reale di conservazione ,bisogna va trovare il punto di incontro e di reciproca tolleranza tra gli interessi plutocratici e le incalzanti richieste delle classi inferiori. Con l'esperimento della guerra e con la politica di Nitti era stata preparata efficacemente la coesistenza delle due correnti mediante un'opera legislativa che convertiva le contrastanti pretese in nuovi rapporti giuridici. L'autorità che Filippo Tura.ti e i suoi amici avrebbero potuto recare al governo Pa.Tte: cipandovi assicurava la continuazione di questo equilibrio, nel quale il popolo si sah·ava per l'av- . venire. Invece le aristocrazie sindacali si trovarono svuotate di ogni consistenza politica, vittime cli una pratica di corruzione e di caccia ai sussidi governativi. La loro aviùità non le poteva assistere in un'opera di conciliazione diplomatica. L,organizzazione politica sociaiista era vittima del suo stesso successo che si era risolto in un ingigautimento burocratico. L'adesione di larghi strati di malcontenti tolse ogni agilità di movimenti al partito. Invece di essere un'avanguardia çlisciplinata pronta alla manovra come un esercito i tesserati iiprodussero le incertezze della situazione italiana, divisi tra un nucleo di operai formatisi nella vita della città moderna e 1111a folla cli contadini turbati più che affrancati da una breve esperienza della fabbrica. La partecipazione di nuclei più propriamente agricoli esasperati dalla guerra accrebbe la confusio,;te perchè non li si seppe far agire al loro posto come gregari inquadrati. Non è qui :il luogo di rilevare gli errori insiti nella diagnosi della situazione preva\ente tra i rivoluzionari. Ma bisogua constatare che ai rivoluzionari i riformisti uon seppero rispondere con un pensiero chiaro e originale. Non_ seppero contrapporvi un 'organizzazione propria. Esplicarono un'opera corrode11te; invece cli assumere le loro responsabilità fuori del partito vi agirono come sentinelle avanzate cli una tattica che godeva la fiducia degli industriali, aderendo alla rivoltizione colle parole, ma boicottando coi fatti ogni sforzo di chiarimento. Rimasero nel partito soltanto per non diminuire la loro influenza parlamentare che doveva riuscire completamente fe- • conda nel momento in cui essi avrebbero portato a Giolitti o a Nitti il dono di un proletariato acquiescente e addomesticato. :Ma questo stesso proposito fu perseg,.ùto coi sistemi infantili di una organizzazione. da carbonari. Il mestiere del tribuno aveva ucciso in qt1esti uomini tutti i sensi ciel diplomatico. Le giornate del luglio 1922 resteranno l'esempio più ingenuo cli una battaglia combattuta con tutte le inteuzioni di essere sconfitti. Mentre le possibilità immediate della situazione si' risolYevru10 tutte nel ~collaborazionismo 187 essi subirono il gioco della crisi parlamentare, ebbero gli scrupoli più inopportuni nel momento in cui la loro opera era richiesta e poteva ancora sai vare i I proletariato da 1111a reazione apertamente violenta, smobilitarono le loro forze definendo legalitario UJJo sciopero che restava l'ultima possibilità ili vincere la battaglia e finirono umoristicamente col presentarsi candidati al governo quando la borghesia evitalo il pericolo non si fece alcun scrupolo di respingerli con le beffe. Lo storico di questo episodio quasi ameno che fn la. prima vittoria, non cercata, dei fascisti non potrà salvare n.è le menti nÈ: i caratteri : anche nella favola la figura della voipe gabbata riesce una parte priva d'indulgenza. Turati, ::11ocligliatii e i ID<1ndariru sindacali s'illudevano di trovare in tutta Italia Ja sitna;iione milanese di ottimismo e di bonaria complicità. Xel loro coliegio elettorale come in Parlamento non riuscivano a rappresentarsi quella vita ili passione e di esa,. spc.-razione che non erano stati capaci ili leggere trent'anni prima nelle opere di Carlo :l-1arx.. Teso verso un'aspettazione non mai appagata il proletariato restava ormai inerte e senza interesse verso l'esperimento riformista Il tono della vita italiana veniva dato da nuovi elementi e la volontà reazionaria. dei gruppi più esperti si valse della disoccupazione degli spiriti e della ili.soccnpazione delle braccia per tentare 1111'offensi va in grande stile, che si nascose, come accade, sotto la retorica del patriottismo. A gnardar bene le cose non era che il secondo termine, identico anche se reciproco, deil 'aspi.razione collaborazionista: non dovremo meravigliarci se i gregari della reazione si trovarono ad essere gli stessi che avevano guidato le avanguardie, nè che i capi, se pur dovettero mutare, resultassero ne. gli effetti fratelli di pensiero e di illnsioni - in.- somma che proprio i fascisti si dovessero trovare con la più allegra sventatezza a proporre la palingenesi collaborazionista per addormentare il popolo. Senonchè i fascisti erano più guerrieri che trib1111ie non accadde che essi si disponessero a recitare la tragicommedia dell'indecisione. p. g. PIERO 60BETTI - Editare TORINO - Uia XX Sett~mbre, 60 PACCO POLITICA lflfime copie restanti: J,. Salrntorelli: Nazi()"na/fascismo . . . L. j,50 G. Stolfi : La Basilicata senza scuole . L. 6.- P. Gobetti : La filosofia politica di Vitt0rio A /fieri . . . . . . . . . . L. 6.- P. Gobetti : I partiti e la rea!tà nella -eita politica . . . . . . . . . L. 0,50 Numero di Emergi.e N-uo-,;e dedicato alla scuola . . . . . . . . . . . . . L 2.- , (Con articoli di G. Gentile, E. Codignola, A. . Garbasso, 1'1. Valgimigli, F. Severi, L. Galante, P. Gobetti). L. 17 invece di L. 22 OPERE DESlDER.ATE. La lassa di inserzione (1 ann1111cio)per ogni opera desiderata è di L. r. Le richieste, per nostra norma, deYono essere accompagnate dall'indicazione del prezzo massimo che l'acquirente è disposto a pagare: le offerte (indirizzate sempre a noi) dall'indicazione del prezzo di vendita. Tanto le offerte quanto le richieste sono neì nostri riguardi impegnative per chi le fa. La Vace, 1909-1916, annate complete o anche numeri sciolti. Leonardo, numeri sciolti. G. Salvem:ini: l'efagnati e popola11:i._ Zola : Giti.sti.zia. Verità (Sten) . Voluttà della vita. La bestia wmana (Salani). PACCO ARTE Per Lire 25 invece di 32 Spediremo a eh; ne fara richiesta , Felice Cas01·ati Pittore, 50 duzioni con testo critico Gobetti, edizione di riprodudi Piero L. 20 ?urico Pea : Rosa di Sion-, dramma L. 4 Cesare Lodovici: L'Id-iota, commedia L. 4 Tommaso Fiore: Eroe svegti_atoasceta perfetto . . L. 4 Spedire vaglia d-i L. -25 all'editore. Chi vuole la spediz-ione raccomandata aggi-wnga L. r.

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