La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 14 - 15 maggio 1923

CONTO CORRENTE POSTALE RIVISTI\ STORICI\ SETTIMf\Nf\LE DI POLITICI\ ESCE Diretta da PIEROOOBETTI- Redazionee Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 Abbonamentoper il 1923(con diritto agli arretrati) L. 20 - Estero L. 30 - SostenitoreL. 100- Unnumero L. 0,50 IL MARTEDÌ Anno II ~ N. I4 - 15 Maggio 1923 a t; y li ARI O: P. GoBETTl: [l liberalismo ia Italia. - S. SONNINO, A. FnANCHb'T'l'l, S. ,JAmNI, L. ZINt: I con.~enato1·i contro In tirannide. - G. i:A'.<TJNI, :-f. MARIANI: li lillerallsmo e h, masse. - T. F101rn: O, Brnnn. - Un Unitario, L. SAr.v.,TORFJLI,I: L'intcrvci,tismo. IL hlBERflhlSM □ IN ITflLlfl Cancello e suiluppi servatori avrebbero potuto invece creare un consenso nello spirito delle classi popoSi potrebb·e cercare, senza intenzione ri- lari professando un ossequio severo per la posta d'arguzia, la più grave deficenza, religione e attenendosi alla formula cavoudel liberalismo italiano nella mancanza di riana nella questione ecclesiastica. L'istinto un partito politico francamente conser- del risparmio, la necessità di una saggia vatiore. politica tributaria, l'ostilità verso le soverSenza conservatori e senza rivoluzionari chie imposte che si accompagnano come l'Halia è diventata la patria naturale del frutto naturale agli esperimenti di statalioostume demagogico. Di fronte al pericolo smo avrebbero dovuto costituire nelle clasdel clericalismo ora reale, ora immaginato si rurali della penisola le premesse per una da. fantasie garibaldine, anche i retrivi si chiara coscienza anti-pal'lamentaristica che sono ridotti ad amoreggiare col radica- rispettasse nel Parlamento l'istituto delle lismo. garanzie elementari di libertà e di demoPrima dell'assunzione della Sinistra al crazia contro lo spirito di avventura in popol.ere, la lotta per l'indipendenza nazio- litica estera, contro l' impiegomania e le :nale e il difficile problema del risanamento smanie plutocratiche in politica intema, ma finanziario contrastavano contro ogni serio resistesse all'invadenza del centralismo oliproposito di preparare le condizioni favo- garchico con una saggia riforma elettorale revoli per la lotta politica. La Destra era e con la difesa del decentramento. praticamente un governo di conciliazione Un programma simile a questo presene di concentrazione nazionale, e La Farina tato dal Jacini sarebbe stato in Italia la licon la sua lega politica non si mostrava quidazione preventiva della psicologia rapiù timido del Partito d'azione di fronte dicaloide e nazionalista che divenne invece .ille riforme radicali. dominante tra i parvenus di una borghesia Invece dopo il '70 la pratica unanime di falliLa. L'insegna del conservatorisIDD.-doquesto radicalismo nazionalista si conver- veva essere insomma tra n.6L).-àl"otta deltiTa in un germe di dissoluzione per i no- l'agricoltura (nelle suepossibilità di indu~ stri costumi politici. -, strializzazione) contro l'A.benteuer Kapitali- « Il conservatorismo - secondo il pen-1 smus d~industriali dilettanti e contro siero del Bluntsc~li - ha il suo ufficio na- • il -parassitismo bui-o.c.ratico.I motivi di criturale dopo una rwoluz10ne e dopo una tra- 1. tica al soverchio peso delle imposte sulla 11formazione politica di un popolo, quando ' proprietà fondiaria, sui quali si è soffersi tratta di mantenere i risultati raggiunti , mato in seo-uito con insistente convinzione e impedire che trasmodino"· ...., Giustino F;rtunato, toccavano il punto esOr di questo pensiero soltanto Stefano sénziale del problema dBl regime parlamenJacini si faceva eco e interprete per la si- tare in Italia: una coscienza di contribuentue.zione italiana in un saggio acutissimo: ti era la preparazione indispensabile e suf- " Conservantismo e liberalismo, quando ficiente per garantire la pÙmanenza delle eoesistano in permanenza nel seno di un istituzioni liberali. Il deputato venuto a eorpo politico, l'uno di fronte all'altro, for- Roma per difendere a nome di classi rumano insieme le condizioni neces:5arie del- rali una politica di risparmio e di emigrala sua salute normale; e sono destrnati, nel;,., zione avrebbe interrotto violentemente la l'interesse del progresso civile, a prevalere i rete. di interessi creati su cui a traverso riaiternajtivamente; questo, quando occorra. !'catti e complicità lo Stato italiano veniva dar mano ad un lavoro indefesso di rifar- • creando. una pratica di parassitismo e di me; quello quando occorre riparare le forze / beneficenza per gli spostati, giocando sulla ohe, per eff,etto del lavoro, si sogliono logo- / demagogia finanziaria. L'inerzia del Sud, rare, ciascuno sorvegliando l'altro e imp!;. f subito dopo il '61 connessa col b1:igantagdendogli di trasmodare ... "· gio e con l'eredità del vecchio regime resa « .. , Uunità d'Italia, la Jegittimi~à della impossibile il formar~i di condizioni obcasa regnante, lo statuto vigente, essendo biettive favorevoli a questa fotta anti-buroi tre fondamenti dello Stato, un conserva- cratica. I documenti della psicolo0 'ia e deltore italiano, affinchè sia lecito designarlo la coltura conservatrice rimasero "seppelliti con questa denominazione, non può am- e dimenticati nell'Inchiestw aqraria. mettern~ neppur~ l?' disc_ussione. Eccettua- Mentre falliva prima di nascere il libet1 questi tre punti, 1 qll:ah del resto, pel ca- ralismo dei conservatori che poteva avere rattere loro generale, s1 adatterebbero e al- la sua sede storica nell'economia del MezJa massima espansione di libe~tà pratica- zogiorno, le avanguardie del Nord erano bile nel mon~o moderno ~ al più vigoroso tratte dall'immaturità della lotta politica potere esecutivo, ecc_ettuat1que~t1 tre pun- e dei costumi nazionali a rinnegare il loro. ti un conservato_re _1ta~1anopuo smdacare programma naturale di individualismo e ogni cosa che si nfer1sce allo Stato. Nel di liberalismo. Tra industria e liberismo q_ual sindacato, appo~gia~dosi ad un'espe- veniva a scavarsi un abisso che pretesero nenza_ventenne ,esso. )nclmerà natu:almen: di trasportare addirittura nel campo della te a difendere tutto c10 che nelle istituziom teoria e della sociolo<>ia.Ora il liberalismo e nell'indirizzo del governo, risulta confar- non si esaurisce evidentemente nel liberime secondo quell'esperienza, o secondo l'e- smo, ma tuttavia lo comprende e lo previdenza incontestabile, àl cogcetto conser- suppone. vatore, ecc. ecc. » (1). Senza cedere a.I vezzo di semplicistiche Assai meglio di Silvio Spaventa., preoc- e chiuse definizioni si può ritenere che la cupato di dare espressione alle sole esigen- passione e la coscienza di. libertà e di inize dell'unità e dell'autorità dello Stato, .Ja- ziativa (che sono i concetti centrali di una cini aveva capito come il problema italiano teoria e di una pratica liberale) trovino dovesse risolversi in un problema di stile naturale alimento in ,una vita economica politico. spregiudicata senza. essere avventurosa, caUn partito conservatore poteva compiere pace di fortificarsi di fronte agli imprevisti in Italia una funz10ne moderna indiretta- della realtà senza rigidi attaccamenti a simente liberale in quanto facesse sentire la sterni di -sorta ,agile e nemica della quiete dignità del rispetto alla legge, l'esigenza di provinciale nazionalista, capace di tenere difendere scrupolosamente la sicurezza il suo posto per fecondità di produzione. e pubblica, e l'efficacia del culto delle trndi- I di intraprrsa nell'equilibrio della vita. monzioni per fondare nel paese una coes10ne I diale. Questa è poi, se ben si cerca, la momorale. - raie dell'individualismo economico che ha Le risorse dell'hegelismo di Destra rima- avuto i suoi testi e le sue esperienze nei nevano senza infl,1enza d1 fronte alle do- paesi anglo-sassoni i quali ci diedero gli minanti passioni demagogiche_ perchè non albori della modernità. Nel nostro secolo parlavano agli italiani la ]oro 1mgua; 1 con- il primo insegna.mento dell'industria dod u vrebbe consistere nella dimostrazione di uno spirito e di una necessità non grettamente nazionali, ma europei e mondiali: da questi orizzonti ormai l'attività inventrice e creatrice degli uomini non pnò più prescindere. Invece la nuova economia italiana nel Nord, come industria protetta, sorgeva rinnegando ogni senso di dignità. In trent'anni di polemica i nostri liberisti hanno avuto tempo e possibilità di dimostrare con calcoli e cifre tutti i danni economici de! protezionismo doganale. Ridiscutere la questione in sede di economia parrebbe un anacronismo. Gli ultimi studi e gli ultimi dati non hanno concluso in nessun punto di vista nuovo, ma si sono limitali a confermare che la vita nazionale contrae, aderendo al protezionismo, un pessimo affare. Ma è ora di affrontare gli argomenti protezionisti nel loro stesso campo prediletto, dimostrnndo i danni politici del loro sistema, che ha inaugmato in Italia un'epoca cli corruzione e di decadenza nei costumi del proletai:iato e della borghesia. L'elevazione morale degli operai era negata inizialmente dall'umiliazione di dover limitare propositi e ideali intorno a un problema di disoccupazione; la borghesia per salvarsi dall'errore delle premesse doveva cercare dei complici e pagare con una politica di concessioni la sua tatt.ica di sfruttamento dell'erario. Così venivano a m0ncare i due nuclei essenziali di reclucai"uentoper un partito liberale d'avanguardia che tendesse a rinnovare la vita politica facendovi affluire continuamente nuove correnti libertarie disciplinate intorno a una morale di autonomia: La parola d'ordine delle classi inferiori era la ricerca di un sussidio. Il krumiraggio non era che un simbolo dell' immaturità desolante dello spirito proletario e della psicologia primitiva da corsari e da speculato1i schiavisti delle classi• industriali. Per l'inconsistenza dei fini non si poteva costruire la fibra dei combattenti. All'individualismo (che resta la prima base dell'azione, come l'economia è presupposto della politica, e segna in un certo modo il primitivo affermarsi di una coscienza e di una dignità civile nell'uomo - le critiche della filosofia moderna infatti, valide contro la gnoseologia utilitaria sono inconsistenti di fronte a un'esperienza inconcussa della praxis) all'individualismo si sostituiva la morale della solidarietà, una specie di calcolata complicità nel parassitismo. Per queste artificiose conciliazioni si scavava tra Sud e Nord un abisso sempre più profondo evitandosi il cozzo solo con una alternativa di favori. Invece un'industria nata liberisticamente, non sarebbe stata l'antitesi della vita agricola, ma l' avanguardia: intorno al sistema di produzione, nella fabbrica, intraprenclitori e operai, conquistando la coscienza della necessità tecnica delle loro funzioni avrebbero raggiunto responsa.bilità politica e potenza di azione. La vita italiana può parere ricca di inesorabili antitesi .ali' osservatore frettoloso: invece intorno a un sistema parlamentare sufficientemente agile interessi agricoli e interessi industriali avrebbero potuto pacificamente contendersi rimanendo fedeli a premesse di dignità liberale. L'agricoltura (sia la piccola proprietà del Nord, sia la mezzadria toscana, sia la cultura estensiva del Mezzogiorno a mano a mano migliorata dall'emigrazione e dalle istituzioni del credito fondiario, sia la cultura moderna industrializzata delle zone emiliane e lombarde) costituisce in certo modo l'aspetto conservatore di una pratica liberale, come quella formata prevalentemente da proprietari che hanno interesse a godere delle libertà tradizionali, senza ingerenze governative e tiene fermo intanto all'eternità dei propri diritti, attaccata alle forme dominanti cli proprietà, fermi a resistere contro ogni aspirazione -del proletariato agricolo. che p11rnella loro resistenza viene temprandosi al senso della proprietà e al bisogno della liberazione. Invece per queste stesse condizioni di immaturità e di aspettazione messianica il proletariato rurale non si può adattare in Italia a una pratica liberale ed è tratto naturalmente ai sogni anarchici e radicali, i quali nella loro indeterminatezza e vaghezza hanno pure il merito di condurli per la prima volta alla vita sociale e di prepararli indirettamente a lotte più mature. L'industria alla sua volt.e, alimenta nel Nord un liberalismo d'avanguardia e quasi l'impulso rivoluzionario del mor-do moderna. La fabbrica educa al senso della dipendenza e della coordinazione sociale, ma non spegne le forze di ribellione, anzi le cementa in una volontà organica di libertà. Al culto della costituzionale tradizione sostituisce l'ideale sempre rinnovato di un ordine nuovo. L'individuo trova la sua elevazione nella morale del lavoro. E l'intraprenditore esperimenta nella conquista del mercato mondiale le leggi inesorabili dell'iniziativa moderna della produzione. Un ritme di vita intenso in cui ognuno assolve la sua funzione in quanto sia sempre più vigorosamente se stesso alimenta una psicologia di dominio di fronte all'imprevist-0, di coerenza nello sfruttament-0 di tutte !e libere energie, di preveggenza sicura nel calcolo dell'avvenire, senza illusioni avventurose e senza i semplicismi dello speculatore. Questa morale di libertà poteva riuscire la preparazione sociale più rigorosa di una pratica politica di opposizione liberale. I limiti dello Statuto, rivoluzionario per il mondo in cui era sorto, sarebbero apparsi come ingrate costrizioni da superare con nuove esperienze di leggi future. Il senso delle libertà, per la stampa, per l' organizzazione, per la lotta politica, per la critica costituzionale si affermava trionfante nella città moderna, organismo sorto per lo sforzo autonomo di migliaia d'individui che gli danno la loro legge senza poter acce\e tare più un'imposizione estranea. Il suffragio universale e la rappresentanza proporz10nale. avrebbero potuto, esperimentati nel giusto momento, preparare un'atmosfera di serenità per l'affermarsi di queste discussioni e di queste esigenze. Invece il liberalismonon seppe dare la . parola d'ordine a queste forze nuove: o-Ji industriali parvero costituire una banda ~isteriosa con nascoste funzioni demiurgiche nell'equilibrio politico italiano e si creò la parola plu,tocrazia per definire il sospetto P, lo sdegno, pure ipocritamente rispettoso e cortigiano, con cui li éonsiderava il pub- -blico italiano; gli operai trovarono nel socialismo il simbolo rivoluzionario della loro ,1i_bertà, e solo in questo senso (che è preGJsamente l'opposto di quello riformistico lttiorizzalo dal Missiroli) ebbero nel mondo .rnoderno una funzione liberale. I torti della teoria liberale Di queste insufficienze pratiche si può scorgere' un sintomo nell'incoscienza delle teorie liberali elaborate nell'ultimo cinquantennio. Gli scrittori del liberaJismo non hanno saputo fare i loro ~onti con il movimento operaio che stava diventando l'erede na'. turale della funzione libertaria esercitata sinora dalla borghesia; e non hanno elaborato un concetto dei più interessanti fenomeni della vita politica: la lotta di classe e la formazione storica dei partiti. La dottrina della classe politica accuratamente elab0rata eia Gaetano Mosca e da Vilfredo Pareto avrebbe potuto illuminare j significati della lotta nel campo sociale se fosse stata connessa più direttamente con le condizioni della vita pubblica e con il contrasto storiro dei vari ceti. Il concetto d, nna élite che si impone sfruttando 1ma rete di interessi e condizioni psicologiche generali, contro i vecchi dirigenti che hanno esaurita la loro fnnzione è schiettamente Ji1.Jeralecome quello che scopre nel conflitto

sociale la prevalenza degli elementi autonomi e delle energie reali rinunciando alla inerzia di quelle• ideologie che si accontentano di avere fiducia in una serie di entità metafisiche come la giustizia, il diritto naturnle, la fratellanza dei popoli. Il processo di genesi dell'élite è nettamente demoeratico: il popolo, anzi le varie classi, offrono nelle aristocrazie che le rappresentano In. misura della loro forza e della loro originalità. Lo Stato che ne deriva non è tirannico se vi hanno contribuito i liberi sforzi dei cittadini divenuti per l'occasione combattenti. Il regime parlamentare, nonchè contrastare a questa legge storica della successione dei ceti e delle minoranze dominanti non è che lo strumento più squisito per lo sfruttamento di tutte le energie partecipanti e per la scelta più pronta. Invano la scienza dominante anche dei sedicenti liberali si appagò di uno sterile sogno di unità sociale e noh volle riconoscere altri termini fuori della gretta religione della patria e dell'interesse generale. Questa •dottrina di indifferenza politica confondeva addirittura il liberalismo di governo col liberalismo come forza politica e iniziativa di popolo. La conclusione più rigorosa di queste premesse si possono leggere nel celebre saggio di Benedetto Croce sul Par6to come giudizio e come pregiudizio. Nel quale, a dire il vero, la scoperta più arguta era la barzelletta d'apertura dei partiti politici come generi letterari. Il Croce ubbidiva a una logica conservatrice e prescindeva da ogni esperienza della vita politica. Infatti il partito può definirsi un genere della casistica, un'astrazione programmatica soltanto se lo si intende ·secondo una funzione meramente conoscitiva dei problemi pratici. l\Ia rispetto alla conoscenza tecnica della realtà sociale il partito rappresenta un momento di ulteriore mediazione e sintesi effettuata appunto in un'azione: basta richiamarsi alla distinzione crociana di teoria e pratica per dimostrare la natura illuministica della critica del Croce ai pregiudizi del partito. Si dovrà notare lo stesso errore quando il Croce parla della lotta di classe come di un « concetto logicamente assurdo, perchè formato mercè l'indebito trasferimento della dialettica hegeliana dei concetti puri alle classificazioni empiriche; e praticamente pernicioso, perchè distrutt.ivo della coscienza dell'unità sociale"· Questa critica sarà valida contro la filosofia della storia di Marx e contro l'illusione messianica, di natura mistica e hegeliana, di una abolizione finale delle classi. In realtà la praxis ci addita ogni giorno in seno all'unità so-! ciale il formarsi di classi distinte, che per legge naturale si ipostatizzano, si associano,, combattono per interessi presenti e idealità future. A queste classi che si sentono unite, e che hanno foggialo i loro costumi e le loro aspirazioni attraverso una lotta reale nella storia, il filosofo non potrebbe senza palese ingenuità predicare l' unità sociale e spiegare la natura gnoseologica delle loro illusioni, perchè queste illusioni non sono un artificioso schema come i generi letterari, ma la necessità più intima della loro vita, le loro speranze e le loro soff.erenze. Nè la logica dell'astratto nè la logica dell'atto puro possono spiegare l'imperativo di lotta da cui scaturisce il partito politico che soltanto gli ideologi sono tratti a veder esaurito nelle soluzioni che esso presenta per varie questioni economiche e tecniche. Se la realtà consistesse soltanto di questioni obbiettive se ne _potrebbe dare un concetto razionalistico e il problema sociale consisterebbe semplicemente nel trovare una serie di specifici sui quali a dimostrazione data, non dovrebbe sussistere più alcun dubbio: ma questa è la logica della Chiesa e del Sillabo, non la logica della politica. L'ideale di un partito unico resterà sempre il sogno mediocre dei regimi teocratici e corruttori /ne vedemmo infatti il risorgere nelle ideologie fasciste). La politica dei partiti, quando studia le questioni obbiettive, le prospetta secondo gli interessi e le forze del popolo: per essa la realtà viene trasfigurata secondo la misura dei sentimenti e delle psicologie. La mente del capo-partito manifesta la sua originalità nel momento in cui le v~lontà individuali esprimono non già la maturità delle loro conoscenze, ma la loro logica politica. All'uomo di governo spetta un compito di secondo grado, ossia il dialettizzare le forze esprimendone una legge che è d'interesse generale solo in quanto è il risultato di atteggiamenti contrastanti che per il partito è tutt'al più un elemento di calcolo o di previsione: mentre il capo-partito è in un senso preciso è ristretto il tribuno, l'uomo di governo è il diplomatico. Queste osservazioni spiegano senza equivoco le ragioni per cui noi riteniamo inconcludente la nota polemica liberale del Gentile e del Missiroli. L'uno e l'altro infatti per una comune passione dialettica e metafisica non tenevano conto del terreno storico nel quale un'indagine sui caratlPr·i L A R I V O L U Z 1 O N E L I n E R .\ L E e i limiti dei partiti dev'essere impostat-a. Pure la stessa. abitudine di giudicare fatti Per il Missiroli liberalismo è la stessa complessi di sfumature e di psicologie colla essenza della storia moderna, attivistica e sola scorta di una scienza « esatta,, e « maimmanentista. Il liberale più _phe a una tematica,, faceva tornare naturalmente il posizione precisa di giudizio e di fede deve pregiudizio che la sola logica bastasse a attenersi a un metodo dinamico e in certo giudicare e agire in politica e conduceva senso opportunista. La sua azione tende a a svalutare ancora come illusorie le clistincoordinare gli sforzi vivi della storia mo- zioni di partiti. derna e sta giorno per giorno dalla parte Insomma la parola d'ordine dei liberali dei più illuminati. La tesi pratica che il in Italia a partire dal secolo scorso fu: Missiroli derivava da queste premesse de- « tutti liberali"· finendo liberale l'opera dei socialisti in Ila- ~ La nuova critica liberale deve differenlia era assai brillante e seducente nel cam- , iare i metodi, negare che il libern.lismo po storico: mentre in sede teorica il me- appresenti gli interessi generali, identifitodo missiroliano fa rivivere un pensiero ge- , arlo con la lotta per la conquista della li- :-:nericamente progressista, che ripete l'impo- bertà, e con l'azione storica dei ceti che vi lenza degli illuministi nel tentativo di de- _ sono interessati. In Italia, dove le condifinire il progresso, ossia in sostanza non zioni sia economiche che politiche sono sinsa dirci come la teoria professata debba in- golarmente immature le classi e gli uomini carnarsi in azione politica. interessati a una pratica liberale devono - Il Gentile alla sua volta confondeva libe- accontentarsi di essere una minoranza e di ralismo con arte di governo. Privo del sen- preparare al paese un avvenire migliore con so delle distinzioni e delle lotte pratiche egli un'opposizione organizzata e combattiva. si riduceva a un concetto del liberalismo Bisogna convincersi che non erano e non come risultante d1 forze opposte, come con- potevano essere, come non sono, liberali i servazione che è anche innovazione, ossia nazionalisti e i siderurgici, interessati a un al vecchio pensiero moderato che non vuole parassitismo dei padroni, nè i riformisti che andare nè a destra nè a sinistra e pretende combattevano per il parassitismo dei sen;, di mascherare i propri interessi conservato- ne i contadini latifondisti che vogliono il ri gabellandoli per interessi generali. Del dazio sul grano per speculare su una culturesto in tutta l'equivoca concezione del Gen- ra estensiva di rapina, nè i socialisti prontile che vanamente si appella a Mazzini e ti a sacrificare la libertà dell'opposizione alle a Cavour, si scorge l'assenza più desolante classi dominanti per un sussidio dato alle di ogni generosa passione per la libertà. loro cooperative. Poichè il liberalismo non è Per il Gentile la politica liberale si fa dal- indifferenza nè astensione ci aspettiamo che l'alto: ~alo il ministro può chiamarsi li- per il futuro i liberali, individuati i loro berale. Un partito di governo inteso a que- nemici eterni, si apprestino a combatterli sta funzione di moderato illuminismo con- implacabilmente. servatore è evidentemente inconcepibile, sicchè il problema che il Gentile voleva risolvere viene da lui stesso negato nei suoi termini. L'esemplificazione politica delle tesi gentiliane, offerta dal ministro della pubblica istruzione di Mussolini conferma il significato reazionario che Missiroli scorse nelle prime enunciazioni: la giustificazione e la interpretazione date dal Gentile del suo liberalismo coincidono con la morale della tirannide e il problema della libertà viene dimenticato, per un artificio dialettico nella preoccupazione, coltivata da tutti i despoti, dell'autorità. Le origini di questa arbitraria interpretazione filosofica del liberalismo risalgono in Italia a più di un cinquantennio addie~ro e si confondono coi primi tentativi della Destra di dare una teoria dello Stato etico. Silvio Spaventa ha le sue responsabilità per l'equivoco derivato dal trasportare le· 'tesi hegeliane in sede pratica. Poichè se lo Stato ha di fronte alla storia, attraverso le vicende, diciamo cosi, metafisiche dell'umanità, una funzione etica in quanto rispecchia il processo per cui l'individuo è tratto perpetuamente a esplicare volente o no una funzione sociale, è assolutamente erroneo attribuire allo Stato-pubblica amministrazione che vive dei contrasti politici e interviene nelle vicende quotidiane, una funzione metafisica, coi diritti pratici che se ne vogliono derivare. In politica checchè ne sembri ai filosofi, lo Stato è etico in quanto non proiessa nessuna etica e nessuna teoria: questa posizione di equilibrio è la sola che non ci ponga di fronte all'insolubile problema di fissare quali siano gli organi di questapretesamoralestatale;e ci garantisce la possibilità che ogni etica, come ogni politica, sia da esso rispettata in quanto si rimette il giudizio della validità sociale di cui ciascuna idea potrà menar vant-0 ai risultati della libera lotta e della storia imprevista. Di fronte alle assurde pretese e alla dogmatica grettezza (qualità per eccellenza anti-liberali) a cui i filosofi sedicenti liberali ci hanno assuefatto, potremo con tranq11illa convinzione di equità cantar le lodi degli onesti scrittori di economia, che se ebbero il torto di non salvare dalle antipatie universali la dottrina di cui erano rimasti modesti depositari, non si stancarono tuttavia di divenirne i predicatori inascoltati. L'equivoco da essi aiutalo della confusione tra liberismo e liberalismo resta tuttavia il meno pericoloso e il meno assurdo di quelli sin qui analizzati. La chiusa setta dei liberisti può ben dire di aver salvato per parecchi decenni la purezza dell'idea e preparata in sede economica la formazione di condizioni psicologiche favorevoli a una 1·inascita liberale. L'educazione inglese se non li salvava da un tono molesto ai più e tuttavia assai spesso finemente ironico, dava ai loro costumi morali e letterari un senso austero di d ignilà, una coscienza severa di ossequio alle leggi e alle libertà, che li assisteva costantemente· nella loro critica e contribuiva a renderli impopolari in una terra di dannunziani e di tribuni che guardava come stranieri le loro figure riservale di persone educate e ammodo. S'intende che il nostro ritratto riguarda i più elPtti della schiera, da Francesco Papafava a Luigi Einaudi, perchè anche il liberismo ebbe i suoi tribuni e retori fanatici. Insufficienza democratica Dopo il '70 il partito liberale, risuliante di tutte le debolezze teoriche ed obbiettive, è svuotato della sua funzione rinnovatrice perchè privo di una dominante passione libertaria e si riduce a un partito di governo, un equilibrismo per iniziati che esercita i suoi compiti tutorii ingannando i governati con le transazioni e gli artifici della politica sociale. La pratica giolittiana fu liberale solo in questò senso conservatore, e la politica collaborazionista non salvava il liberalismo, ma le istituzioni, tenendo conto non del movimento operaio, ma dello spirito piccolo-borghese del partito socialista. La naturale conversione del liberalismo in democrazia demagogica fu studiata nelle pagine precedenti e basterà richiamare la formula missiroliana della Monarchia socialista, e per maggiore evidenza di argomentazione la polemica decennale di Gaetano Salvemini che combatteva in Giolitti e r:al socialismo _cooperatiyista_i due elementi determmanti dell'equ1ltbr10 parassitario. Questo periodo storico non presenta più punti oscuri. La figura di Giolitti sovrasta su tutte le altre, e nella immaturità generale i danni della sua politica diseducatrice e demagogica sono compensati dai vanta!l'gi di dieci anni tli pace. Non si può• dire che sia stato visto dagli altri uomini di stato ciò che sfuggì al calcolo e alle astuzie del domatore. La psicologia giolittiana nell'esame dei due termini liberalismo e democrazia è la psicologia dominante. E' difficile del resto individuare le differenze tra liberali e democratici se non si tien conto degli ambienti che li alimentano, come sarebbe malagevole e retorico distinguere con un rag;onamento metafisico i due concetti storici di eguaglianza e libertà. Se invece l'osservazione storica si trasporta dal '700 all'800 e dall'Europa all'Italia potremo dire che la democrazia ci venne come una forma attenuata di liberalismo fu il riparo cercato dagli italiani all'equiv~co affrontato invano; e la sostituzione del mito egualitario al mito libertario segnerebbe appunto l'inal'idirsi dello spirito di iniziativa e cli lotta di fronte al prevalere dei sogni di palingenesi e di tranquilla utopia. Sonnino e Salandra vittime dei tempi non intendono il liberalismo meglio degli altri e sono democratici come Giolitti, con l'astuzia e l'a1·te di governo in meno. Sonnino ebbe lo spirito del retrivo che si destreggia con la metodologia dell'uomo di buon senso. Le sue esortazioni alla sincerità nascono nell'atmosfera semplicista della impreparnzione politica. In lui la tecnica prevalse sull'arte. Il culto della legge si marnfesta nel chiuso spil'ito d'intolleranza del predicatore. Era inesorabile nelle sue idee fisse con la cocciutaggine di chi crede di averle trovale con il metodo sperimentale. La morale della solidarietà coesisteva in lui con la politica nazionalista. Perciò già nella sua giovinezza, al tempo della Rassegna settimanalr, (opera mirabile di cultura, caratteristica di un'epoca che si sofferma sul limitare della politica) si scorgevano i difetti del rigido uomo di Stato, grettamente calcolatore. Per lui, diplomatico fallito, la diplomazia costituiva il punto centrale della considerazione e del calcolo. Logicamente doveva scaturire da questo cervello un concetto di liberalismo del tutto inadeguato al ritmo della lotta politica. Sonnino auspicava un blocco liberale che comprendesse democratici e repubblicani proponendosi il solo fine dell'interesse generale dello Stato nazionale: anche per lui si trattava di avvincere le classi popolari alai causa della stabilità e della pacifica evoluzione dell'organismo dello Stato con le riforme: la famosa campagna per la pensione dei sei soldi resta caratteristica testimonianza di un metodo social-democratico, di tipo germanico, dal quale Sonnino dedusse con perfetta logica, se pure con poca finezza, la sua politica imperialista. Anche Antonio Salandra non sa vedere nel partito liberale molto più che l'idealità della patria e il sentimento della nazione, anch'egli protesta che il partito liberale non è un partito di classe, salvo a confessare poi che attinge le sue forze dalla classe media: intento al solo problema dell'autorità e del potere, egli non si stanca di rivolgere la sue esortazioni alla borghesia perchè si svegli dalla sua inerzia politica. Confonde il sintomo col problema e non avverte la sostanza della crisi che sta nell'assenza di libertà e di attitudine alla lotta. L'esperimento governativo di Salandra, che •ci ha dato una tirannide demagogica e retorica è la conferma dei suoi vizi mentali. Prima della guerra soltanto pochi episodi di cultura e di esercitazione politica solitari e senza eco potrebbero entrare a buon diritto in una storia analitica del liberalismo. Sono tentativi di eresia, sforzi di concentrare intorno a organi di studio e di ricerca gruppi di giovani disinteressati e a!ie,. ni della speculazione demagogica. I nomi sono di ieri e non hanno bisogno di essere illustrati: SalvemiHi, Prezzolini, Cà1·oncini, Amendola e Slataper, confusi insieme in un compito indifferenziato di illuministi. Accant-0 ad essi, tollerata e quasi gradita, la bolsa magniloquenza di Giovanni Borelli, il più vuoto dei tribuni del militarismo, creduto per vent'anni, quasi leggendariamente, l'ultimo liberale. I risultati sono di cultura, la loro fecondità per l'avvenire consiste nella preparazione di classi dirigenti più mature. Il desiderio dell'azione è coltivato in questi gruppi di eretici quasi nascostamente e si manifesta chiaro soltanto dopo la guerra nel movimento politico dei combattenti: In questo le possibilità inizialmente liberali furono frustrate dalla mancanza di chiarezza nella classe politica che lo guidò e che era stata vittima di una preparazione genericamente romantica. Vi coesistettero liberalismo agrario e demagogia finanziaria, politica estera salveminiana. e imperialismo, spirito anti-burocratico e simpatia per le classi d'impiegati. Romolo Murri, il più bell'esemplare della vanità del profeta fallito, grosso cervello di pedante, in cui l'aridità del prete s'accoppia con la pigrizia mentale dell'attualista dogmatico, riusci a dare il tono a quei tentativi pratici con la scoperta di un sindacalismo apocalittico e confusionario che egli non si fece scrupolo di gabellare poi per fascisla e di farne un omaggio ai vincitori. Tutta i' immaturità del movimento dai combattenti si rivelava nella sua incapacità di sostenere la concorrenza dei popolari come conservatore e dei socialisti come riYoluzionario. Logicamente moriva nel fascismo la confusa ideologia dei guerrieri intellettualisti. Le aspettazioni messianiche generate dalla guerra contrastavano irrimediabilmente con le premesse liberali: la lotta politica doveva fare i conti con i sogni di palingenesi e di unanimità. Il pensiero più maturo in questo momento storico fu quello di Nitti che tuttavia mancò di tatto e di elasticità diplomatica per far prevalere nel momento opportuno propositi che erano di tutti. Conscio della transazione a cui la lotta politica in Italia è condannata, conscio della crisi economica permanente nel paese povero per natura, Nitti è liberale in quanto non vede soluzioni possibili fuori di una politica di emigrazione e di pace. La sua democrazia di compromesso, il suo collaborazionismo aveva il merito di realizzare in Italia ri'. manendo nell'ambito della costituzione~ dei costumi di libertà, le premesse unitarie non ancora compiute. Non si può sapere se sulla via additata: da Nitti si_incamminerà tuttavia per una cunosa 1ron1a del!a storia l'opera del gqverno fascista. Se cos, fosse (ma l'ipotesi ò meramente accademica, quando appena si pensi alla 1mmatur1là delle nuove classi guerriere) Mussolini avrebbe tuttavia il torto di averci dato con la tirannide i risultati eh~ stava per raggiungere l'azione parlamentare. Se dalla negazione fascista il liberalismo fosse tratto a ridiscutere i suoi principi, a difendere i proprii metodi e le proprie istituzioni, a rinnovare quella passione per la libertà da cui nacque primamente forse l'avvenire della nostra patria si p~trnblJe guardare con animo più sicuro. PIERO GOBETTT.

bi LA RIVOLUZ101'.E LIBERALE I CONSERVATOCROINTRLOATIRANNIDE La dittatura ... ho sentilo stisurrarmi all'orecchio un altro specifico : " Non c'è che un colpo di Stata, il quale abolisca lo S latiito e irisedii la dillatura, che può salvare l'Italia dalle terribili dislrelle in wi si trova». Avrò io bisogno di di!fondermi mollo per confutare ima simile bestemmia? Ma come'? Sia pure che l'indipendenza dallo straniero e l'imità nazionale f assero i11se stesse anche un fine. Ma non dovea110esse in pari tempo e anzi prinripalinente essere un mezzo? im mezzo per il quale le facoltà individuali dei singoli componenti la nazione, non più inceppati dalla schiavitù e da artificiali ritegni, avessero a meglio svolgersi e a sollevarsi a nobili scopi? Ed ora che la schiai•itù e • gli artifi.ciali ritegni sono scornparsi, e che la nuova era si è aperta per ogni specie di progresso individuale e collettivo, per prima cosa si dovrebbe sovrapporle uno spegnitoio'? L'indipendenza e l'iinità nazionale non possono giustifi.carsi in faccia alla storia ed al mondo civil.e, se non coll'uso che di qiiesti va11taggi si sa fare. Se gli Italiani non riescono a farne buon uso allora avranno ragione coloro che li proclamarono inetti a governarsi da sè, a costituire inia Stato moderno. Il rimedio del ritorno al dispotismo ·non è Hn rimedio da medico, bensì da ·maniscalco di campagna, il q1wle non sa far altro che recidere il membro amma- ·lato, perchè ignora l'arte di giiarirlo conservandolo intatto. Gli Italiani amano un governo forte, è vero, ma sono aborrenti dal dispotismo. E infatti tiitte le cose grandi nel nostro paese furono create dalla libertà; e· il dispotismo invece o spense o avvilì le migliori doti naturali della nazione. STEFANO JACINI Pensieri sulla politica italiana - p. 79-80-'- Per la libertà Il pericolo vero, grande, che minaccia in avvenire il nostro paese, non è per la nazionalità, non per l'unità: è per la libertà, e non tanto per la libertà politica come per quella dello spirito, per la libertà di cosc:ienza, di pensiero, e di parola, per la ricerca scientifi.ca ed 1:! progresso intellettuale. da , La Rassegna settimanale » di-relta da S. Souniuo e da L. Francbetti. (1878, vol. I - p. 2). Noi non crediamo che si abbia il diritto di imputare ad wn Partito il delitto di uno o di parecchi fanatici; siamo del parere che il partito socialista abbia gli stessi diritti di ogni altro partito. , La· Rassegna settimanale». (1878 - P·. 448). Ogni cittadino deve avere il diritto di discutere la famiglia e la proprietà del Pari che la Divinità e l'i1nmortalità dell'ànima, e se gli si vieta di farlo pubblicamente, lo farà con maggior pericolo sociale in segreto. , La Rassegna setbmanale •· (1878 - .P· 447). La legge Buone, men biione, imperfette, pognamo ancora difettose e cattive, noi abbiamo leggi, e con le leggi regolamenti, che più o meno s'informano allo spirito delli Pri1icipi cardinali scritti nello S tatiito. Per ora noi tittti ci contenteremmo, e credo di gran citare, che si governasse e si amministrasse rimanendo di proposito, di biion conto, religiosamente nei termini letterali delle disposizioni legalmente sancite. Non mi pare poi troppo domandare. Ma non arbitri, non sopriisi, non prepotenze, non violenzf e non infi.ngimenti, non ipocrisie, non imposture, non barattamenti, i quali più che odio ancora inducono disprezzo. Che il Gover-no esegi,isse e facesse eseo-uire la legge scritta ad litteram; ed in ~o-ni ordine della cittadinanza si re- "" slituirebbe la fiducia e si suscilerebbe il desiderio della vita pubblica e si promo- ·uerebbe il miglioramento e il perfezionamento degli ordini dello Stato. Quando iin citladino sarà moralmente sicuro di non essere esposto ad wn arresto arbitrario, perchè un Prefetto, un Questore, un ... Ufficiale subalterno della Swola di Orvieto, punto dal solito assillo, farnetica di congiure, di macchinazioni, di bombe, di pugnali, di rossi e di neri, d'internazionali, di comunardi; qiiando Ministri costituzionali faranno davvero ragione alla prerogaliva e alla dignità delli dite rami del Parlamento e al decoro eziandio dei Sommi Magistrati - cui anca di recente qualcimo grossamente borioso ostentava passare sotto gamba; - qiiando un sequestro di giornale sarà indilatamente segiiito dal processo e giudizio pe.r reato di stampa, in omaggio alla giiistizia ed al rispetto della proprietà privata; ecc.; allora soltanto mi sembrerebbe aperto if campo per drizzare il pensiero alle riforme delle leggi e degli ordinamenti. LUIGI Zrnr. Dei criteri e dei modi di governo nel regno d'Italia. Lettere e note. - Bologna, Zanicbelli, (18786 - pp. 169-171). Sistema rappresentativo Il sistema rappresentativo mira a 1·endere la Camera elettiva lo specchio fedele delle forze sociali di ogni genere esistenti nel paese, onde allo stato vero delie cose corrisponda per quanto possibile l'ordinamento legale di esse ed il progressivo lavoro legislativo e di governo coincidano, per così dire, anno per anno con lo svolgimento natiirale degli. organismi e delle forze che vivono nello Stata e ne costituiscono gli elementi 11itali. La teoria deli'elezione dei più capaci, fatta dai più capaci, non ha nessu-0 na base siil fatto, e quando si volesse por.tare alle site ultime consegit-enze, porterebbe all'autocrazia o ad ima forma qiialunque di teocrazia. « La Rassegna settimanale,. (1879 - p. IDI). Là proporzionale La proporzionale rappresenta.nza di t_iittigli elettori è così intimamente connessa con la natura stessa del sistema rappresentativo, che ormai non ha più bisogno di essere difesa. "La Rassegna settimanale,. (1878 - p. 222). Liberià di sciopero Ripugna alla libertà della quale siamo così facili vantatori che di tratto in tratto si chiamino dinanzi al magistrato gli operai per dar conto dello sciopero, che è un effetto necessario della libertà economica odierna. Intendiamoci bene; gli scioperi sono spesso delusioni; non sempre gli operai che li promuovono. sono nel vero; spesso depauperano il capitale e non arricchiscono il lavoro. Però tal volta quando la tendenza delle mercedi è al rialzo e i padroni si rifi.utano a riconoscerlo, o qiiando essendo al ribasso i padroni lo vogliono affrettare ancora più, lo sciopero è l'ultima ratio, che può riescire. « La Rassegna s·ettimanale ». ( 1880, \'Ol. 6° - pp. 17-18). L'operaio nella fabbrica Fu bene dichiarare l'obbligo dell'istruzione elementare e sàrebbe meglio provvedere aff·inchè quell'obbligo non rimanga unà vana parola; ma per carità non dichiariamo anche l'obbligo dell'insegnamento industriale. Non molte e biione scuole, segnatamente di disegno, posson far rifiorire le nostre indiistrie artistiche: troppe scuole d'arti e mestieri rimarrebbero deserte, o ingombrerebbero il paese di gente disoccupata e malcontenta. La scuola piiò preparare i direttori e agevolare la creazione di biioni capi officina; l'operaio vero si forma soltanto nella fabbrica. , La Rassegua settimanale». (1880 - p. 338). Politica estera Dobbiamo noi raccoglierci a casa nostra, nelle feconde emulazioni della scienza e del lavoro, rispettando i nostri vicini, non insidiando alcun lembo del loro territorio, e fortificandoci col soLo scopo di difenderci se fossimo assaliti? Ovvero dobbiamo tentare le venture delle leghe e delle conquiste? E' tempo di fissare l'uno o l'altro programma; ma a fronte levala ed apertamente. Noi siamo fautori del primo sistema; ma intendiamo anche il secondo, che però ci parrebbe cattivo. Ciò che non intendiamo è una politica fi.acca, oscillante fra la paura di suscitare le apprensioni dei nostri vicini, e il desiderio di assecondare l'aspirazione delle annessioni; una politica che s'inebria della guerra d'Oriente sino al punto di sognare alleanze e annessioni gloriose, per poi ridursi a supine dichiarazioni. A noi questa politica pare in ogni suo effetto, peggiore di quella del raccoglimento o della temerità. A che darsi le apparenze di dirigere e di pigliare le iniziative della pace e delle tregue, quando non si ha il credito che occorre a così grandi imprese, nè la forza di sostenerle? Ab biamo mostrata e spiegata tutta la potenza degli impotenti; voglie e fremiti senza alcun effetto. , La Rassegna settimanale,. (1878, vol. I - p. 65), PIERO B□BETTI - Editore TORINO - \Jia XX Settembn, 60 SONO USCITI: LUIGI SALV ATORELLI NAZIONALFASCISMO L. 6 SOMMARIO: Introduzione - L'incubazione fascista - Lineamenb del Nazionalfascismo - La marcia su Roma - Il fascismo al potere Nazionalismo e fascismo sono il prodotto di una psicologia precapitalistica: intorno a questa tesi il Salvatorelli elabora una critica organica dell'immaturità dei conservatori e dei socialisti nella storia del dopo-guerra MARIO VINClGUERRA Ili f ASCISfvIO VISTO :OH. U~ S0LlIT1U~IO L, 5 SOMMARIO: Uu po' di luce sul fascismo - Il fascismo attraverso le elezioni - Parentesi dottrinaria - Il Mito della Destra storica - Come siamo arrivati alla rivoluzione fascista - Il fascismo e la minestra di lenti. In ~nesto libro si cerca di individuare alcuni momenti caratteristici della storia del fascismo e di valutarli entro il quadro della nostra storia nazionale. Chi scrive è un solitario senza cipigli, per salutare abitudine di studioso; non si diletta in ruggiti leonini nè in apocalittismo, ma guarda la realtà politica con occhi suoi, con animo scaltrito all'esame dei fenomeni storici 59 Il lìberalìsmo e le_masse I. Con l'esame delle possibilità e dell'attività •tùrica del liberalismo in Italia crediamo di ave-, ; isposto in modo abbastanza definitivo in questa stesso numero a chi contestava la legittimità della nostra inchiesta, senza accorgersi di non intendere il senso complesso e vario che si ùeve cercare nel liberalismo. Cbè - per noi - la discussione era chiusa prima cli cominciare: andar in cerca di risultati sul tema liberalismo e masse, sarebbe come discutere - dopo due anni - se c'è ragione che Ja e: Rivoluzione Liberale• sia nata. Checcbè ne sembri ai mistici amici ciel fascismo e della tirannide - per noi si tratta.a di riprendere la ùiscussim,,:; per dimostrare a posteriori, ciò che, detto un anno fa era un.a profezia. ]'fon dovremo dnnque spiegare più particolarmente percbi: le considerazioni che seguono di Guido Santini ci sembrino una bella esemplificazione di una mentalità cJ;e bisogna. combattere risolutamente. II. Pre7-7..oliniha detto in poco molte cose vere. Il liberalismo non i: capito dalle masse: avviene per esso ciò che in metafisica accade alla ragione pura. Si sdoppia in antinomie, cli cui una rincorre eternamente l'altra, sempre daccapo : la libertà fa nascere la voglia di tiranneggiare; la tirannia ragionevole; la tirannia educatrice finora, non s'è trovata. Ma non credo che sia proprio colpa di masse - benchè i bolscevichi siano stati i primi a dirsi spudoratamente illiberali, e a perseguitare chi non era del lor• parere tentando di fondare il loro ordine solo sulla forza fisica. Bisognerebbe saper accettare francamente la doppia posizione dell'antinomia, e porre come fondamento culturale e politic:0 la tirannia ragionevole; la tirannai, educatrice nel porsi senza maschera come suprema affermazione di valore umano, pari con tutte le altre affermazioni solo nello sfidarle a misurarsi con essa; superiore e autorevole nel l'"incerle costantemente. Si teme invece che ciò sarebbe pericolosamente inconcludente, mentre vi è contenuto un infallibile ,ferreo principio di spontanea disciplina, di Gerarchia sinceramente fedele, quale non potrà mai stabilirsi per altre vie. Certo, il liberalismo vero ha un'esigenza moralizzatrice prima di tutto ,erso la classi, dirigente... So bene che tutto ciò non le,a un ragno da un buco, ma dispone a le'"'arloi) tener presente e non dimenticare mai che la colpa - se colpa vi è - non è poi tutta delle masse. G CTIJO SA,,TTh7:. III. Come forza attiva della storia il principio liberale, a prescinclere da quelle particolari incarnazioni politiche assunte in suo nome, consiste nelle necessità dialettiche delle sue successive affermazioni come coscienza indhidu.ale. Per decidere quali siano i punti di aderenza di questo principio collo spirito e le esigenze storiche delle masse ci pare consigliabile, una volta ammessa e riconosciuta la sua necessaria immanenza, vedere quali ~iano le condizioni del suo realizzarsi nella dta sociale. Occorre perciò distinguere due momenti : il momento attivo del processo di opposizione dello spirito alle sue limitazioni esteriori, e il momento rifles...~ di autocoscienza dello stesso processo che è il travaglio interiore del nostro spirito. L'incapacità dell'idea di tradursi in atto, o dell'atto a tradurre nella pratica l'idea che riassuma in sè e per sè una volontà potente ed erQica di liberazione, costituisce, colla separazione storica dei due momenti, un sintomo dell'immaturità sociale della debolezza del processo di elaborazione spirituale come diffuso stato di coscienza. La loro integrazione negata alla generalità per lo stato di immaturità ad accogliere ed a fare proprio il principio liberale attraYerSO la lotta di classe, tenta di ricomporsi in quegli strati della società che si sentono più adatti al compito, e che rappresentando perciò delle aristocrazie, intendono come tali assumere il go\erno dello stato col mezzo di una dittatura. Io non intendo ora pron'unzianni se il fascismo rappresenti oggi questa aristocrazia; ma ove non la rappresentasse per intrinseche deficenze spirituali, verrebbe presto rimosso da un nuovo movimento autonomo di opposizione che non potrebbe· restringersi solo ad intellettuali insoddisfatti, ma dovrebbe porre le sue salde radici nella coscienza popolare, che si è, per ora, dimostrata inferiore alle circostanze che ne favoriYano l'avvento. Occorre quindi un metodo per la formazione di questa coscienza, al di fnori o al disopra di quello del collaborazionismo politico, che ba alimentato lo sgoverno democratico di questi ultimi venti anni della nostra storia nazionale. MARCELLO MARIANI. Preghiamo t·iitti gli amici di rinnovare l'abbonamento e cli t1·ovarci mwvi abbonati. Entro il ·niese di maggio sa1·emo costretti a provvede1·e mecliante tratta postale ulla 1·iscossione degli abbonamenti non ancora 1·innova.ti.

b 60 OTTO BRAUN(l) Il pensiero di O. B., pur non ancora giunto a :matnrii à, può suscitare qualche utile consident- ,none : 1.lli è l'orientamento di esso, tutto verso la pratica. politica e lo stato, che merita attenaìone. Non è tanto straordinario che un fanciullo sia preso dal più grande amore di ricerca artistica, :filosofica e politica, quanto che in<lirizzi questi studi all'azione politica, ed ancor più allo stato. .Non ci sono esempi di altri -ragazzi che, piuttosto che cullarsi nelle più carezzevoli atrattive dell'arte, si siano votati non dico allo stato ma alla Yita pubhlica. e Il comando mi è innato » dice questo fanciullo geniale a nove anni, e con una maturità morale ancor più sorprendente, accetta e sublima l'amore e tutte le passioni come lie• v:ito della vita, anzi se ne fa religione e base di tntto il pensiero, richiamato certo a ciò dalla filosofia tedesca che, da Fichte a Nietzsche, è una JOnnidabìle propedeutica all'azione, all'azione per la patria, per la patria tedesca, anzi per lo St,,to tedesco. Cosi tutto il suo pensiero subisce questa subordinazione, da questa è acceso e deformato. In un nazionalista pel quale lo Stato è opera divina, la stessa di fesa degli operai contro la borghesia, e jl conseguente indulger~ all'utopia, non può avere altra base che il realismo st,,tale. , L'uomo premuto dall'ansia del pane quoti<liano spesso non riesce a svolgere felicemente i propri talenti. Perciò il primo compito sarebbe quello di stahilire la parità delle condizioni di lotta; e in sostanza è proprio questo il presupposto essenziale del socialismo» (pag. 58). Tutto ciò, insisto, non in vista di un edonistico vantaggio cui avrebbero diritto i più, non per la libertà nè per una maggiore eguaglianza di tutti, ma per il più pronto s,;luppo dell 'nomo di a.z.ione, della guida, del capo, dell'eroe, sempre ai servigi dello stato. • Appunto perchè gli nomini sono tutti disuguali ed unicamente per ques-to, io i,orrei l'assoluta parità di condizioni >1 (pagina 59). E più chiaramente: • Forse che io propugno lo stato socialista, perchè gli uomini si 'Vedranno più felici e contenti? _.I\J.l 'opposto, io credo che Yi sarà lotta ostinata e pericoJo, vi sarà agitazione e furore, e passione e volontà irriducibile,. (Pag. r46). Tutto ciò che è ,ontro ]o Stato non può essere ehe da condannare; ed è strano che il B. dimentichi che vi sono al mondo interessi ben altrimenti superiori e che di fatto banno sconvolto ~li imperi più potenti; quelli religiosi, per es. Così egli non dubita di giustificare la morte di Socrate, '"°issuto fuori <lella polis, contentandosi di pensa.re che il divino Stato ideale avrebbe certo saputo prendere nel proprio ingranaggio l'azione di lui; come se questa divinità, manifest2.ndosi nella storia, fosse altra cosa della vita storica e della sua intima contrad<litorietà. Similmente sono le necessità dello Stato che lo Tendono insoddisfatto del tritume individualistico del protestantesimo; egli si contenta, seguendo l'idealizzazione in uso della religione ellenica come e consentimento di popolo , , di aspi. rare a qualcosa di meno frammentario e contradditorio; ma nè prospetta, eh 'io sappia, il problew...a del cattolicesimo accentratore, nè suggeris;ce altra soluzione pratica. Recisa è ]a sua avversione, per le stesse ragioni, al misticismo, di cui evita fin lo studio come un vero pericolo; come se il sentimento religioso potesse essere altro che mistico; no11<ohèal budd.lstno, contro l danni del quale, in vista di una intensa vita pratica, si sforza, sillogizzando serrata1nente, di premunire un suo amico. Cosa, pare a me, smentita anche dalla esperien,_a storica. Insomma la stessa sublimazione, in arte, deJPapollineo, àel clac;sico, del péras e conseguente condanna del romantico, su cui insiste ad ogni piè sospinto, non ha altra base che in una assoluta statolatria, che subordina allo stato e alle sue necessità ogni più libera ed autonoma attività dello spirito. E non è senza profonda commozione, per chi ne ha esperienza, il vederlo anche dinanzi alla morte, al fronte, ec;altarsi ne11'adorazione della vita, e, subito teorizzando, proclamare che appuuto la contemplazione di quella morte produce un senso ed un bisogno più ardente della ,·ita. Come se a volta, anche in lui, non avesse prodotto l'effetto diametralmente opposto; come se 2nche lui a volte non avesse, innanzi allo spettacolo della morte al fronte, barcollato sugli orli prc-cipitosi della pazzia! Dopo ciò non voglio insistere a dimostrare che sono qua e là os,;ervazioni d)ordinc morale e previsioni storiche acutissime, che egli è ben lontano da certe ben note volgarità patriottarde, ben iontano dallo stupido e piatto pangermanismo di certuni. Mi piace, per noi, per lo stato presente del nostro paese e dc:ll'J-';nropa, ric-or- ,tare queste quattro riflessioni del n. : ,, che J'inclinazioue al soc-ialismo nci soldati no11 è che l'esasperazione della guerra ed ~ quindi puramente negativa; ed io ricordo che fenomeni simili produssero tutt.c: le guerre, e ricordo alcuni ~pisodi toccati a Crom well ; 2• che i soldati hanno acquistato autonomia, indipendenza, sicurev za di si:, cuucretezza, consapevolezza; 3° che "l'an-€:nirc non apparterra .al pac~c vincitore e al dnto, ma a quello che saprà foggiare Ja 11uov:i p::ce nel modo più perfetto e rimarn:r vincitore LA RIVOLUZIONE LIBERALE nclle lotte della pace,. (Pag. r68); 4° che e niente sarebbe pit"\ perisoloso, quanto che noi, con un moto perfettamente malinteso ... ci rivoltas. simo di botto contro il tempo prima della guerra ... imitassimo quella frivola fuga nel cristianesimo, nel couservatorismo e consimili cose :1. (Pag. r6g). Nessuno di noi elle abbiam combattuto ha portato al fronte uno spirito cosi ostinatamente statolatra: solo i più giovani erano travagliati dal bisogno dell'azione, della determinazione filosofica dell'azione. La nuova generazione è cliversa. Ma di ciò sarehbe lungo discorso. L'errore d'indirizzo del B., mosso dal desiderio di far fin troppo bene alla patria, fu di tutta la Germania: la vita intensissima e la straordinaria elevatezza dell'eroico giovinetto ci svegliano i1 piti caldo e sano abhandono al fervore della vita; la sua vita e la sua morte al campo, a ,1entuu anni, il rimpianto pitì amaro e più sconsolato. Tol\I MASO FIORE. (1) Diario e Lett,e,·e trad. e pref. di E. Ruta - Bari - Laterza, 1923. EUGENIO ARTO:\'! : Linea.men.li d.ef.lacrisi sociale. Torino, Unione Tipografico Editrice Torinese, r92I. - r voi. di pp. XII-359. L. 20. Di1 Euge~io Artom seg11aleren10 Ìe pregevoli qualità di ricercato1·e, che riiugge dal se.mplicis1no, ad~risce ai fatti sociali, preferisce complessi schemi sociologici alla facile demagogia. Senonchè la sua indagine della crisi resta cieca e mouotona per la mancanza del rilievo e della drammaticità che offrirebbero la lotta politica e le virtù degli individui. L'analisi dell1individual:ismo nel suo apparente (e non reale) contrasto col soliclarismo, certe discussioni sindacali, la corrispondenza del rapporto di genesi del liberalismo dai fatti della produzione, del socialismo dai fatti della distribuzione, l'antitesi tra classi e categorie sono diligeutemente esposte. Ma quando si devono stringere le fila, la narrazione diventa una confessione e l'idolatria per la tecnica e la competenza fa arresta.re l'A., commossaniente sorpreso, di fronte all' ideologia nazionale come fattore di pace ha i singoli, e quasi entusiasta per la co1laboraziÙne sociale, fenomeni e soluzioni di cui l'esperimento fascista ci ha fatto toccare con mano l'illusoria esaltazione e la confusa impre- ~isione. Veramente ci dovremmo domandare co1ne un economista disincantato qual'è il 11ostro Autore si abbandoni misticamente al sogno del su:um, 11.nicu.iq1tereddere~ realizzato per opera legislativa quando il più elementare realismo consiglia ]a responsabilità individuale per la necessaria ascesi della lotta politica. Ma basterà accettare dall' Artom la diagnosi e respingere le conclusioni, che sono il documento vigoroso di un'anima tormentata e ottimista. PIERO 6OBETTI - Editare TORINO - \lia XX Settembre, 60 COL,LEZIONE '' Il pensiettopolitieoitaliano,, N. i. STEPANO J ACINI. IL PENSIERO DI UNCONSERVATORE volume di pagine 600 circa L. 30 Ai prenotatori L. 20 CONTIENE: I. - La conservazione e l'evoluzione naturale dei partiti in Italia (1879). Il. - Relazione finale sui risultati dell'inchiesta agraria (1885). III. - Pensieri sulla politica italiana (1889). Con inl!·oduzionc e note. E' il più dimenticalo Lra i grandi scriLtori politici del secolo scorso. Sono note11oli la sua critica al regime parlamenLaristico, fatta in nome del decentramento e di uno riforma elettorale liberale; l'antitriplicismo; l'anLigiurisdizionalismo; l'rsame dell'i,gricoltura italiana. C'è implicita tutta una storia del secolo scorso e 1.tnprogrammo d"nz'ionrche oqgi ridivenLa d'attualità. l/ichia111,iamol'atten~ione degli amiri w qursta nostro iniziativa che è assai costosa rd !,a bisogno ;irrtonto di tut/(1 la loro propaganda. Ne inizieremo la stampa solo dopo che avremo ricevuto almeno 500 prenotazioni. h'INTERUENTlSMO Caro Gobetii, nei "Lineamenti del nazionalfascisruo », pubblicati nel N. 12 della Rivollizio,,.e liberale, bo letto queste parole: KLa rivoluzione reazionaria e plutocratica: ecco quello che offriva la guerra al nazionalismo italiano. Tuttavia, da solo e5So non bastava all'impresa. Minoranza, cercò altre minoranze, decise, come lui, a prepotere. Trovò i repubblicani, ben lieti di rispolverare, dopo cinquant'anni di oblio, il programma del , partito d·'azione , : i sindacalisti-anarchici della settimana rossa; i veri transfughi del socialismo, che avevano bisogno di qualche altra cosa per far fortuna; quei radicali che, impazienti di no11 essere stati prescelti da Giovanni Giolitti, volevano gustare la torta del potere, e servire, insieme, il Grande Oriente francese. Tutti costoro si trovarono, si squadrarono, si pesarono, conclusero che si P?teva mettersi insieme per I 'unica vera rivoluzione che valesse la pena ili fare : la conquista del potere. E cosi dal nazionalismo nacque il 1tazional-fascismo, che nelle giornate <lel maggio radioso seppe persuadere il paese, piegare il parlamento ». Non so se Lei avrà tro\·ato che le parole che bo riportato rispondano pienamente alla realtà storica; ma se le ha pubblicate senza postillarle, t ragionevole argt1.irne che esse non abbiano urtato uessuno dei suoi centri vitali. Ciò può non far piacere, ma non può fare eccessiva meraviglia a chi, come me, sì trova in un diverso stato cl 'animo. Loro giovani che non hanno vissuto 1a neutralità_, periodo forse ancora più tormentoso della stessa guerra, possono considerare le eose dall'alto della loro maturità politica e sentenziare che l1interventismo - in blocco - era superficiale e il neutralismo politicameute gli era superiore per lungiveggenza ed esatta percezione della realtà (r). Ma chi ha accettato la guerra come un tragico dovere e non faceva parte di nessune delle « minoranze decise a prepotere D, ha diritto di ricordare agli storici troppo semplicisti e sernplificatori, che se 1a supei-ficie delle giornate del maggio fu in parte torbida e •schiumosa, al disotto di essa, 1neno n1morosa, ma sicura e pronta al sacrificio, v( era la parte m.igliore e più pura dell 'auima italiana. Per non ricordare che tre nomi, Bissolati, Vaina, Slataper non facevano parte di nessuna del1e 1ninoranze ricordate dall'Autore dei Linemnen.ti~ a meno che il Bissolati sia compreso fra quei a. transfughi del so• cialismo, che avevano bisogno di quakhe altra cosa per far fortuna ». Il nazionalfascismo che lo scrittore combatte, 11011 poteva trovare in lui migliore al1eato, per• chè il parlare con tanta altezzoso disprezzo di tutti coloro che banno riconosciuto la necessità della guerra è stata una delle cause che più hanno legittimato della reazione fascista postbellica, e i 'attribuire al nazionalismo una parte diretti,·a e di gran lunga predominante nel prodamare quella necessità giustifica il monopolio che il fascismo si è assunto del merito della guerra vittoriosa. U11 'lf.nitario. (r) Non credo cbe l'amico ztni/,m·io possa citare un solo rigo inio che provi l'idea cbe egli m' attribuisce: si potrà vedere nel prossimo numero nelPultimo dei miei Moti'V-i di storia italiana il m.lo giudizio snll 'interventismo. Caro Gobetti, Se l' « 11uilario naYesse letto con più calma, e con. più :ittcnzione, il suo sdeguo uou avrebbe avuto ragion d'essere. Nel passo da lui citato, come in tutto l'articolo (che è po; il capitolo cli un libro, e ,·a quindi giudicato definitivamente nel contesto) nou si la la questione della guerra o della neutralità, e non si giudicano, quindi, con eccessivo .: altezzoso disprezzo» « tutti coloro che hanno riconosciuto la uecessità della gt1e1Ta >11 come non si fa nessuna esaltazione del neutralismo. Si tratta., semplicement.e, cli caratterinare certe categorie di politicanti interventisti, conflnitc a costituire 11 cosidetto , froute intcmo, e quel blocco politico che per l'appunto, il sottoscritto chiama , nazioualfascismo 11. Che cosa c'entrino, qui, figure i~dividuali come quelle dello Slataper o elci Vaina, i quali durante la guen-a, a differenza di quelle categorie politknnti, non hanno fatto altra politica che quella del combattere al fronte e morirvi, non si capisce proprio; e lo stesso Bissolati, che ha pure le Stte responsabilità, uel nazionalfasmismo, non è:. precisamente quello a cui si applichi la categoria dei , tr:insfughi del socialismo che a,·c\·:1110 bisogno di qualche altra cosa per far forturnt n. L'unitario fa questione di persone, laddove io parlavo di gn1ppi e di cricche politiche; la questione della guerra nazionale, laddove io lYdrlU\·odella politica interna di guerra <l'una parte clcll'iutcrvcntismo. Non il fatto dcll 'intc.rvcnto, e ta11to meno la convinzione di « c-hi ha accettato la guerra come tlll tragico ,lo\·crc.-11 1 ma l' incremento e la trasformazione dd 1ia:,,iounlbmo e h Hascita del fascis1no 1Jel~ l'ambiente della campagna interventistica e della g-11r-rra trano oggetto dc:1mio studio, comè :1ppa· riva chiarissimo già dalla- parte pubblicata, e risulterà irrefutabilmente dall'insieme. del libro.· Comprendo e apprezzo moltissimo i sentimenti del!' ,unitario • ; ma se egli avesse seguito lltl poco la mia attività puhblicistica in questi quattro anni, si sarebbe accorto che io ho sempre proclamato che il valore nazionale della guerra, l'lta1ia, era reaJe e doYeYa essere r,iconoocit1ta da tutti. Ma altro i· questo, altro è l'appn:=- mento delle caste politiche che la guerra h.anuo malamente preparata. e condotta, e peggio sfruttata. La guerra è mu,. cosa ; le • radiose giornate , sono ttD 'altra. E la connes6io11e fra le , radiose o-iornate » e il fascismo, sino alla marci.;:i su Ro;a compresa, non l'ho certo inventata io, anche se io sono stato uno dei primi a ricono,- scerla e prod~mar]a. LUIGI SALVATOREI,LI. PIERO GoBF.iTI - Direttore-1·espon.sal1i!t: O.G.E.B. - Corso Principe Oddone, 34 - Torino. PIERO EiOBETT I - Editore TORINO - Uia XX Settembre, 50 Secondo i precedenti annu.nci sono puntualmente usciti i prinù no&ri volumi che s.a.-• ranno speditiJ sollecitamente, franchi di porto, al prezzo di copertina sottoindicato Paccodinovità ,librarie Nell'intento di rendere il più agevole ~- sibile ai nostri amici la conoscenza del!e aostre opere spedilremo a chi ci manderà cat-- tolina vaglia di L. 28 i,nvece di L. 36,50 il. seguente pacco di libri : N. PAPAFAVA: Badogl-io a Caporetto U. FoR::-.IENTINI: Gerarchie s·indacali L. 3.- P. Gom,'TTI: Dal bol.scevisnio, al fascismo L. 3.- <G. STOLl'I: La Basilicata senza scu.ole L. 6.- P. Gom:TTr :La filosofia polit. di V. Alfie,·i L. 6.- A. Dt STASO: Il Problema italiano . 1\L VI~CIGUERRA: H fascismo 'Visto da 10! soUta.rfo L. SALVATOHELLI: Na:ionnl/asclsmo l.,. 1,50 L. S-- L. 6.- Numero di Energie N·u..o1Je su.ila Scuola L. 2_.- h. 28 inveee di h. 36,50 :Jn preparazione: TOMMASO FIORE EROE SVEGLIATO ASCETA PERFETTO L. 5 Un documento singolarissimo d'arte e di_ vita, commesso con l'esasperazione degli , spiriti prodotta dalla guerra. LUlGI EINAUDI CAPITALISMO E MOVIMENTO OPERAIO L. 7 FELICE OASORATI - PIT'.tOR&- L. 30 50 opere con introduzione critica. Edizione rilegata. ADRIANO TILGHER GOLDONI CARtO CARRI\' Il PIERO GODETTI ANTOLOGIA DEI PITTORI ITALIANI MODERNI >-. PAPAFAVA LAMENTAZIONI DI UN POVERO LIBERALE.

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