La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 12 - 1 maggio 1923

RIVISTi\ STORICI\ SETTIMf\Nf\LE DI POLITICI\ ESCE CONTO CORRENTE POSTALE Diretta da PIEROOOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre,60 Aboonamentoper il 1923(con diritto agli arretrati) L. 20 - Estero L. J0 • SostenitoreL. 100• Un numeroL. 0,50 IL MARTEDÌ Anno II ,., N. 12 - 1° Maggio 1923 S (!)}{}{ARI O: G. PREZZOLINJ . G. DE RuGOIERO: li liberalismo e lo masse - L. SALVATOllELLJ: Lineamenti àel nazionalfaacismo storia italiana - T. .A.sCAHELLI: I c•mpetentl - B. CnmnEux: Il rasci•mo Rll'estet"O - O. BR.: Le. Snrdegna. N. VINt1(;~1,1,nA:Il mito della 4estra Eloriu - P. O0B8'TTJ: :lioti,i di Il lìbczralismo e lczmasscz Perchè la frase • il liberalismo e le masse • m.i, desta un saniiiso? Perchè io credo che, iu Italia, nulla vi sia. di più inconcepibile per le masse (orribile parola per ind½.a.reuua più orribile cosa.) del liberalismo. li hberalismo è la concezione di pochi spi-• riti, capaci di sollevarsi e di condannare anche i p,roprù.i interessi, se occorre, quando l'interesse super,ii::n-e e la libertà siano in giuoco. Liberalismo è tolleranza, è comp,rensione, è coltura, è dubbio: proprio tutto ciò che la massa intollerante, stupida, ignorante, sicura della sua verità, non è m.a;i.. Liberalismo è senso storico, e le masse hanno il senso del solo presente, nou conoscono ,i.I passato e si ,llllfischiano dell'avvenire. Liberalismo è senso di divenire e le masse vivono in un fatto. Le masse non hanno capito nella teoria della libertà che la possibi. lità di toglierla agli altri. Oggi le masse in Italia sono d'accordo nel negare la libertà dopo che l'hanno ado~ta per toglierla ad alcun.i. Quando la richiederanno sarà per toglierla ad altni,. Il liberalismo potrebbe fa. re appello alle masse soltanto con l'additare ad esse vendette da compiere, opipressio.ni da fare, paradisi fantastici da conquista.e. Il liberalismo è educazione di minoranze e quindi l'opposto delle masse, che deve precisamente cmvellare e scegliere, lasciando in basso la parte ottusa e pesa.'1te, p,,rtando ai suoi compiti di sacrificio e di dovere la parte migliore. Storicamente, in Italia il nostro popolo ha • creato ì, due soli tipi, di governo: ~! Coonu.ne, governo di classe, la Signoria, governo di un forte, tutti e due antiliberali. Il liberalismo ci è venuto di fuori, non è mai stato applicato perchè non fu m.a:ii vissuto, fu una mascherata di dittature d~ forza o di dittature dii corruzione. I1 liberalismo in Italia è la dottrina, ormai quasi segreta, di pochi spiriti che per cap:ire la storia debbo.no rinunziare a farla. GIUSEPPE PREZZOLINr.· II. Il rapporto tra liberalismo e democrazia è di quèlli che hanno nella storia del secolo XIX la più sicura pierre de louche. Ogni movimento liberale si sdoppia in un movimento democratico, che rappresenta insieme il suo sviluppo necessario e la sua. antitesi. Infatti : r) La rivoluzione l:iberale (sia quella del 1789, o quella del. 1830, o quella del 1848) esordisce per opera del ceto medio, ma si allarga e si propaga in una rivoluzione di mas. se. I due movimenti procedono insieme fino alla comune vittoria, ma poi si oppo.ngono co. stantemente l'uno all'altro, perchè i loro fim sono contrastanti. I liberali vogliono la sola ritvoluzione politica che consolidi e consacri il loro stato sociale ; le masse democratiche vogliono, per me= della rivoluzione J??litica, giungere alla rivoluzio.ne sociale, ~ allo sconvolgimento di quello stato che gh alleat~ della vig.iùia non tollerano che sia messo in questione. 2) Dal punto di· vista della dialettica dei concetti, _questo corso si esprime così: posti 1:11:101.c 1 .?r"".1cipii, di eguagli:anza e di libertà, 1~ a1:tites1con ogni sorta di privilegio, è lll<;':"1tab1le- a meno che non si voglia pervertir!~ a loro volta !Il u.naspecie di priv.ilegio - la loro proi::ag~zio~ fino negli strati più bas. • S1 della soc1eta. I liberali hanno fatto ricorso a un ingegnoso diversivo _per sco.ngiurare le conseguenz_e « .sovvert1tr.J<:c1 » di questa estenSJPtle. ESSJ hanno detto : libe 1,tà ed eo-uaglianza per. tutti ; ma cou la riserva cl~ si tratti di eguaglianza e libertà inna;·,zi alla legge. Essi ha.uno creato ciò che in Francia durante la monarchia diii luglio, si chiamava'. le pays lega!. Ma il pi<:coloborghese e l'ope'. ram hanno sempre trova Loabbastanza. ironico questo concetto della legalità: che c'importa, essi hanno detto, l'eguaglianza, e la libertà ìnua,nzi alla legge, se non abbiamo. modo di migliorare la .nostra sarte? Senza contare che è un'uguaglianza molto discutibile, anche innan7..i,a11alegge, quella del ricco e del povero, del\' operaio isolato e del capitalista. Si potrebbe opportunat.amente parafrasare, m,u.tatis 11mta,ulis, il detto di Pascal : dovrei avere una ragione molto epurata per considerare come un mio eguale Sa Gra11deu.1· circondata nel suo sup.erbo serraglio, da 40.000 giannizzeri. Ecco perchè la democrazia ha logicamente sviìuppato il concetto dell'eguaglianza. nel suo senso ptiù sostanziale (sociale ed economico), fino a porlo in antitesi col concetto della libertà, da cui pur si, originava e che. aveva liniz.ialmente .suscitato la rivoluzione. Nello sviluppo del suo programma egalitario, la democrazia ,/è servita di ciò che il liberalismo le approntava : lo st:2.to. 3) Anche in ra,pporto al problema delle attribuzionu statali; no.i ritroviamo la stessa continuità e la stessa antitesi. Il liberalismo ha esordito con tendenze individualistiche e anti.statali ; ma tutto aiò aveva in gran parte un provvjsorio valore polemico, fi.nchè S[ trattava di debellare l'antico regime. Ma una volta divenuto stato, il liberalismo, anche restando fedele ai suoi principi;i,, ha, dovuto mutar rotta. La libertà stessa, per non discutere un nome vuoto, doveva essere circondata da una folla di garanzie, di fo=alità, che implicarono u.na prr-ogressiva estensione delle funzioni statalJÌJ.La libertà per tu.tti non poteva esistere ,che a p,rezzo di dipendenze e disciplina imposta a~ singoli, cioè a prezzo di autorità. Donde la massima, già comune verso il '50 : « pi,ù libertà, più govemo ». Si aggiunga che questo passaggio dallo stadio polemico allo stadio costruttivò del liberalismo, implica anche u.n'altra istanza in favore della democrazia: l'uomo infatti non si sente veramente wbero se non quando prende parte al governo del suo paese. E che cosa è questa partecipazione se non il p,i.ncipio stesso della democrazia? Ma la democrazia, suscita.ta dal liberahsmo, si svolge poi in antitesi co.n esso, foggiaudosù uno Stato-provvidenza, in cui naufragano tutti i classid concetti liber.ali. 4) Da un punto di vista economico,'lo stes. so corso. Il liberalismo rappresenta, eco.n<:. micamente, la fase del passaggio dalla piccola al!a grande indu.str,i>a;ma, una volta creata la grande industria, questa si organizza in una democrazia industriale, monopolista, protezionista, imperia.Jista, insomma anti-liberale (sia nel suo aspetto capitali· stico, sia nel suo aspetto proletar.ro). La docume.ntazione del princ1p10 che ho formulato sui rapporti tra. liberalismo e democrazia potrebbe ancora accrescer& ; ma mi sembra g.i.àsufficiente. Sorge ora la questione: a che ci giova, sul terreno politico, af. fermare che la democrazia rappresenti insieme lo svilu,ppo necessario e l'antitesi del liberalismo? E, nel caso particolare che la R. L. invita a risolvere: ha 1·agione la Slam. Pa col suo liberal:ismo democratico o il Corriere della Sera col suo liberalismo antidemocratico? La verità è che hanno ragie.ne tutti e due, o ness:u.nodei due; o, anzi, che si fanno ragione l'uno per l'altro. Il ten'eno pratico dei rapporti tra liberalismo e democrazia è quello dell'unità e insieme della lotta : unità e lotta egualmente feco:nda, perchè la prima impedisce al liberalismo d'irrigidirs:t jLll una posizione storica sorpassata. e cli convertire la libertà in un privilegio; la seconda impedisce alla democn1zia di degenerare nel dispotismo. La mancanza di qnesto reciproco scambio e controllo tra liberali e democratici ha cagionato ttttbt glil equivoci della prese,ute situazione politica : ha fatto sì che i liberali prendessero per liberalismo di marca il fa. scisma, solo perchè questo riecheggiava (a parole) il vecchio liberalismo mauchesteri-ano; e che ì democratici preparassern la via allo stesso fascismo, con u11 livellamento geneTale dell:a. vita sociale. che doveva spianare il pa.5,soalla dittatura. Curno DE RuccrnRo. Lineamenti del li 11azionalismo italiano nacque ali.a vigilia delle feste cinquantenarie de1 19n, in un'atmosfera cli brumose incertezze che ne velarn le linee e ue attutiva il riJieYo. Pan·e a molti - a molti, auche 1 di quelli che vi aderirono da principio, o almeno simpatizr.,arono con esso - che nazionalismo fosse sinonimo di patriottismo, e che in sostanza il nuovo partito si proponesse di ridestare nei cuori italiani 11 sopito amore per la madre Italia. E invece il nazionalismo iutende- ,·a essere non solo un partito politico, ma una dottiàJJa politica. Soltanto, questa dottrina clovcYa rimaner da principio eelata per non abbagliare lo sguardo dei proseliti e del pubblico. Il nazionalismo, insomma., nè più nè meno di una sètta religiosa dell'antichità, aveYa 1111 conteuuto esoterico, che poteva solo eSser conosciuto e contemplato dagli iniziati ai misteri. E' il fondatore che ce lo dice : « Il nazionalismo veniYa giudicato senza contenuto, pcrchè aveYa credulo bene di non scoprire troppo il suo contenuto che era magnifico e nnoYo, quanto que11o degli altri, di tutti gli altri, era povero e vecchio n. Questo contenuto « 1nagnifi.co e nuoYO ~ era di ,·aria origine. C'era un po' di Nietzsche, attra- ,·erso D'Annunzio e -Scarfoglio: culto della ,-ioleuza eroica, negazione del sentimentalismo umanitario, compiacenza per le pose gladiatorie, disprezzo del volgo senro ed ignaro, del e Yile pedoue ». C'era un po' di positivismo spenceria11O ~ lotta per l'esistenza, selezione, trionfo del pili forte. RiCOrdo che uno clei più ferventi adepti del nazionalismo dimostrò in occasione della morte cli Spencer, con quel st10 stile abbondante di parole se non cli pensieri, come e quahnente Spencer fosse stato il più grande dei filosofi pas• sati, presenti e futuri, e come la sua dottrina fosse proprio l'ultinrn parola de11'iutel1igenza umana. C'era W! po' di sindacalismo: esaltazione del fatto economico e delle organizzazioni ùelle forze produttive come elementi che cloveYano dirigere, al posto delle Yee<:hie formazioni poiitiche, la vita sociale. 1\Ia c'era anche la diYiniz.zazioue tedesca dello Stato, nel qnale e per il quale soltauto viYono gli incliYidui e pren<lono scopo e senso i fatti economici, sociali, religiosi. Infine e sopratutto vi era molto, moltissimo nazionalismo francese, tutto Charles l\1aurras, letto, copiato, imparato a memo1ia e cucinato in tutte le salse. Dopodichè nulla cli più natura-le che i nazionalisti si presentassero come quelli che aYrebbero aperto la strada « a una formazione italiana politica, morale e spiritu.ale », espellendo ogni iufiltrazione di pensiero straniero, e pa1ticolarrnente « le sopraYvivenze della rivoluzione borghese gallica e della rivoluzione socialista tedesca »; programma questo dell'espulsione delle idee straniere e della scrupolosa nazionalizzazione del pensiero, che essi naturalmente, a,·evano preso di peso dal solito \"angelo francese maurrasiano. Questa dottrina nazionalista dai colori Yario• piuti e chiassosi era dunque frutto di una mez7,a cultnra, supedìciale ed abborracciata; ma nella Beozia del mondo politico italiano era pur sempre qualche cosa e produceva un certo effetto, aumentato dalla orgogliosa assurmice con cui veniva presentata come l'ultima parola della modernità originale. l?ochi erano capaci, fra i politicanti italiani, di scorgerne e di rileYarue le lacune coltmali, la superficialità astratta, le sbrigative semplicizzazioni; mentre d'altra p~rte il fervore suscitato negli adepti, e che fu ed è una delle grandi forze clel nazionalismo italiano, era tale che per questi yeramente l'ipse dixit divenue la snprenia norma iutellettuale. Cosi ii lVfaurras italiauo potè a suo agio scorazzare per ·i campi della storia e della sociologia, con clisiu,·oltura di teorico agile, originale e profondo : e potè, seuza far ridere il pubblico, sbri• garsela dei profeti ebrei - degli antenati, cioè, del cristianesimo e della religiosità di cui ancora oggi viw• il inondo - come d'una iucanrnz.ione « dell'eterna demagogia anonima e Yagante )l ; ridurre « le idee democratiche, liberali e socialiste» a « immondizia da rovesciarsi nel Yuoto degli spazi interparlamentari 11; sentenziare che l'rtalia risorse « i11 nome delJe idee c1f'Ssoh-enti », naz ionalfascismo perchic al libéralismo italiano m.and, il concetto di stato, ignorando così pun,!:,.:.-nte e semplicem<-nte il pensiero politico della Destra $torica. E poterono anche, egli e i suoi costruire le basi ideali del nazionalismo italiano affermando che gE stati sono organismi che nascono, crescono e periscono (i] che, come vedt:te, era nuovo u1 illuminante); che la lotta delle nazioni va sostituita alla lotta di classe, perchè ci sono le nazioni proletarie e le nazioni capitalistiche; che il socialismo è sbagliato perchè il problema economieo non è di distribuzione ma di produzione ; e che i'in<liviù.uo non à ragione à'essere che per io stato, ma d'altra parte questo non ha autorità per si:, ma n'è inYesti.to àalla nazione (il che puzza maledet. tamente di contrattualismo alla Rousseau, alla. ri- ,·oiuzione francese) ; e che insomma la nazione è tutto, ma poi, essa, ~ indefinibile, perchè t ,,1 disopra o al cli fuori di tutto: non è né de· mocrazia, nè assoiutismo, nt proletariato, n~ borghesia, uè repubbiica, nè monarchia. Ego sum. q1ti su,n.: indefinibile e inconoscibile come Dio, e, come iul, àa adorarsi in silenzio, la fronte ue1la poh1ere. Sovversivismo conservatore 11 nazionalismo italiano S\"Olse le sue teorie con « rigoroso procedere metodico > che riempiva di gioia, come egli stesso ci attesta, l'animo <li Enrico Corradini. E passò, così, attra- ,·erso una serie di crisi interne. Chi non aveva beu capito, da principio, di che si trattava, fin i ,·a per ancL·1.rsene,a mano a mano che progrediva la rivelazioue della dottrina esoterica. P:.-~- ma uscirono i democratici; poi i liberali; e cosi rimasero ... i nazionalisti: Ma - nuoYa e stupenda applicazione del cletio eYangelicc : cercate il regno cli Dio, e il resto vi sarà dato in soprappiù -- il uazionalismo, diYenendo sempre più st stesso, iu un continuo, eroico sforzo cli ascetica purificazione, trovò le due cose che gE ,1bbisognaYano: i Yoti dei clericali e i quatt:-in! <legìi iudustriaJi. Alia vigilia clelia guen·a europea le basi teorico-pratiche del nazionalismo italiano erano definivamente posate. In politica interna, il parti• to era innanzi tutte per I 'autorità suorema e assoluta della Stato-nazione, e quindi ~ontro il liberalismo, la democrazia, la massoneria, il socialismo. Una violentissima campagna antimassonica da una parte, le alleanze aperte con i clericali, consacrati èome buoni patrioti, anzi gli uuici buoni patrioti, daJl'altra, aYeYano finito di dare la fisionomia al partito: :fisionomia schjettamente conserYatrice, ma di un conser'\alorismo - per usare una parola carissima ai nazionalisti - dina.mica, che tendeva 11ou a manteuere, come il meno peggio, i rapporti esistenti tra le forze politi<'he, ma a ri\-oluzionarli, ln danno dei partiti di sinistra. Consen-atorismo che pre.ndeYa in prestito dai sovversh·i i gesti, il Jing-uaggio, 1'aggressività personale, la tu1uultua11età piazzaiuola; n1a -- s'intendeva - non per rinforzare la piazza, sì inYE'Ceper spodestarla a profitto rlell 'assolt1ta autorità dello stato na• z-iouale. Spodestare la piazza demagogica èla una parte, e dall'altra i liberali che e: non hanno più vitalità neanche per càpire che son finiti ». Iu economia, la tesi della necessità di aumentare b produzione, si traduceva per i nazionalisti nel più completo e intransigente protezionismo a fayore delle industrie nazionali, in p2.rticolare a favore àell'1ndustria pesante. f. l\-Ia. il pezzo forte del nazionalismo era, o al1neno pareva! la· politica estera, e logicamente, perchè 1'affermazionc snpre1ua e definitiYa dello stato nazionale si YerificaYa, secoudo essi, all'e- :-:tenio, nella lotta internazionale. Il loro motto, pertanto, era l'imperialismo italiano. EsisteYa, seC'ondo essi 1 uua gerarchia di nazioni iu Enropa, 1rnz.ioni capitaliste e nazioni proletar'ie: e tutto il na1.ionalismo culminava uell'affennar la necessità cli dxohtzionarla, qnesta g-crarchia, « per portar st1 1'Itali3. )I. Le nazioni capitaliste - quelle, dnnque, nel cni abbassamento consisteYa 1'impcr::i.tiYo categorico della nazione ib-1liana - erauo la Frauc.:ia e l'Iughiltena, che consen·ayauo la loro po!--izione grazie al pacifismo armato. La l~ermania npparteueya auch 'e~-

50 sa aìla categoria de.Ile nazioni bisognose di ri- ,,olgìmento, come l 'ltalia, perchè anch'essa aveva meno capitali dei sttoi bisogni. Dunque, alleanza con la Germania. La quale alleanza, come spiegaYa una Yolta l'ld.ea Naziott.a.le, non era puramente contingente, occasionale e temporanea, ma si fondava sopra dati necessari e per- ~nanenti : era i11somn1a,qualche cosa d 'inunutabile ed incom1ttibile come una idea di Platone. Alla vigilia cl.ellaguerra europea il nazionalismo esercitava in Italia una forza d'attrazione non trascurabile. Molti italiani, che non prendevano troppo sul seiio la • dottrina nazionalista» e neppure i suoi predicatori, trovavauo tuttavia che questi compivano funzione socialmente utile reagendo, sia pure con eccesso, contro la democrazia lllRSSonic:a e francofila, e couÌro il demagogisìno di piazza, in cui troppo facilmente cadeva il partito socialista. E così eran tratti a guardare con una certa simpatia il moYimento. Tra Frctncia e Ger1nania. La guerra em·opea venne ad offrire al uazionaliswo italiano una magnifica occasione per affermare la propria dottrina, mostraudo nei fatti la riprova cli questa. La Germania scendna in campo contro la Francia e l'Inghilterra. Era la famosa gerarchia europea che veniva 1ue~a .in causa; era l'occasione bramata per rivoluzionarla e • portar su l'Italia•· La linea di condotta di questa. era dunque - per il nazionalismo - indicata senza contestazione : contro le nazioni , capitalistiche • occidentali. 11 primo impulso del nazionalismo fu infatti per 1a guerra a fianco della Germania, ed è rimasta ceiebre l'invettiva dell'Idea l\ia.ziouale contro il « sentimentalismo austrofobo , . I gregari si pronunciavano ·chiaramente, anche dopo la dichiarazione di neutralità. Ma i leaders, più prudenti, non si erano compromessi in formule troppo definitivamente impegnative. Sotto la veste di teorici dogmatizzanti c'era in loro - o almeno in alcuni di loro - stoffa di uomini pratici; e quel fiuto che li aveva condotti in parlamento e alla direzione di un gion1a1e quotidiano, li avverti ben presto che governo e paese non erano sulle direttive della guerra imperialista che sola avrebbe corrisposto alle loro teorie. E allora che fare' La « dottrina nazionalista• avrebbe forse imposto di battersi fino all'ultimo per le proprie idee, di tentare con ogni mezzo di trascinare il paese sulla via gittdicata unica giusta. Ma sarebbe stato troppo sforzo d'eroismo, per il momento, riguardo al Mcditerraueo. Invece della egemonia franco-inglese, il nemico fu il pericolo germanico. Qui lo zelo dei neofiti passò spesso Ja misura : quelli che avevano sempre proclamato come la francofilia fosse la sifilide dell'Italia scrissero articoli per dimostrate come i democratici francofili fossero illllocenti come bimbi appena nati, di fronte alI 'indurimento antipatriottico dei germanofili. E questa Germania che, come sapete, era aUeata naturale, necessa• ria ed eterna dell'Italia - cosi com'è naturale, necessarioed eterno che due più due faccia quattro - divenne colei • che dal '66 del secolo ava~ti non aveva ces63.to n1-aila sua guerra " - naturalmente a danno dell'Italia, come provano le vicende di Venezia e di Roma - ; ma che d.:ico dal 1866? • da due millenni e più un 'antitesi esiste nel centro della storia d'Europa, quella tra il pensiero latino e il pensiero germanico •. Antitesi, questa, del pensiero latino e del gcrn,_anico, che, inteso su la bocca del realistico e francofobo nazionalismo, dovette far esclamare a qualche vecchione 33 il < Xunc dimittis servum tuum, Domine,. La guerra 1·eazionaria. Eppure - nonostante i ripieghi pietosi e le goffe capriole con cui la polemica intensiva del nazionalismo cercava di spiegare come e qualmente l'Italia, nazione dinamica, dovesse -schierarsi a fianco dell'Inghilterra e della Francia statiche., contro la dinamica Germania, per con• sen·are quel sistema europeo, che, secondo il nazionalismo di qualche mese avanti, avrebbe dovuto essere distrutto - nonostante, dico, tutta questa polemica da mozzorecchi, il nazionalismo italiàno avrebbe potuto con qualche ragione sostenere ch'esso rimaneva fedele al suo spirito interno, se non alle sue tesi politiche. Quell'atteggiamento demagogico con cui esso si era presentato nell'agone politico, non era puro espediente pratico ed occasionale, ma rispondeva invece al suo carattere più profondo. I nazionalisti erano essenzialmente una piccola minoranza, ben decisa a divenire padrona, ad ogni cost9, della vita pubblica, violentando la.resistenza passiva della maggioranza. Occorreva a loro, per questo, la sospensione dei rapporti politici normali, la lotta rivoltosa, il colpo di mano a danno dei poteri costituiti. Ed ecco, la propaganda per la guerra intesista fornire a loro l'occasione di tutto questo: l'occasione di scendere in piazza, di ,esautorare il parlamento, di dominare il governo, di stabilire insomma 1a ]oro dittatura, a favore della propria for7,apolitica e di quegli interessi economici di cui erano aperti sostenitori. La rh·oluzione reazionaria e plutocratica : ecco quello che offriva la guerra al nazionalismo italiano. Tuttavia, da solo esso non bastava all'impresa. :\iinoranza, cercò altre minoranze, decise, come lui, a prepotere. Trovò i repubblicani, ben LA RIVOLUZIONE LI11ERALE lieti di rispolverare, dopo cinquant'anni di oblìo, il programma del , partito d'azione» : i sindacalisti-anarchici della settimana rossa; i veti transfughi del socialismo, che avevano bisogno di qualche altra cosa per far fortuna; quei radicali che, impazienti di non essere stati prescelti da Giornuni Giolitti, volevano gustare la torta del potere, e scnrire, insieme, il 'Grande Oriente francese. Tutti costoro si trovarono, si squadrarono, si pesarono, conclusero che si poteYa mettersi insieme per l'unica vera rivolnzio· ne che valesse la pena cli fare: la conqttista del potere. E così dal nazionalismo nacque il 11azfrnal-fasci, ·1110, che nelle giornate del maggio radioso seppe persuadere il paese, piegare il parlamento. Era un nazionalismo più vero e maggiore, che, sublimando la sua intima essenza, si spoglia rn di tutte le scorie. Era la sottomissione del ·parlamento, la messa in disponibilità della costituzione, la dittatura militare e poliziesca, e, dietro tntto questo, « la marcia dei produttori >. Pnre 1a vittoria 11011 era completa. Il governo 11011 era in mano dei 11azional-fascisti, se auche ne subiva la influenza; il parlamento continuava a riunirsi, ·di quando in quando; l'ancieti régi.meJ almeno virtualmente, almeno in teoria, esisteva ancora. Il male non era che la guerra si prolungasse, poichè, anzi, < c'era urgenza di una guerra duramente combattuta » ; il .tnale non erano le offensive sanguinose e sterili del Car· so: e< quando ripensiamo a quello che avviene in questi giorni lassù, lungo l'Isomo ~ su! Carso,, scriveva il duce del ·nazionalismo dopo la offensiva più sanguinosa e più sterile di tutte, quella dell'ottohre 1915, < mandiamo un grande respiro di solJievo e ci sentiamo consolati •; il male 11011 era neppure 1 'accumularsi dei debiti, 1a <listrnzione.economica, poichè dieci lie!'erazioni di famiglie di produttori < non sarebbero bastate a promuovere nel mondo tanta espansione delle loro industrie, quanta dal solo nome dell'Italia ne avranno domani ,. No, tutti questi mali erano beni supremi. Il male vero era la permanenza, in Italia, del , Yecchioliheralismo di temperamento», del « regitue liberale :o, che impediva di prendere « disposizioni straordinarie ,, che riapriva il parlamento, non badando che « chi crei impedimenti, cHminuzioni, debilitazioni, si toglie via e si passa oltre »; che non s'ispi~ rava, insomma, all'esempio della già detestata « rivoluzione borghese gallica,, quando • anche là ci dovettero essere quelli che invocavano la concordia nazionale, ]a concordia dello statu quo, la céncordia del vecchio regime; ma i con• dottieri della rivoluzione, quelle furie scatenate, preferirono quella concordia dinamica che sola poteva creare e alimentare di fiamma viva gli eserciti <lella Francia guerriera e vittoriosa,., preferirouo cioè, il Terrore. Con più brevità, il capo del sindacalismo interventista - parte essenziale del nazional-fascistno - invocava con~ tro i socialisti italiani le , quattro palle•· LUIGI SALVATORELLI. IL MITO DELLA DESTRA STORICA Da un certo t_~po in qu.a è torna,ta di moda, .specialmente in alcuni circoli di -ilntellettuali, la Destra storica, e si parla dii, • tornate alla. politica della Destra •. Mussolini, con le sue spiccate qualità di rapido assol'bimento, ha prese però queste idee da ristretti circoli iutellettualistJi:, ed esse hanno conservato la loro fisionomia smorta di mgazze vissute in ambienti chiusi. Receuteme.nte un eminente intellettuale, un cultore di filosofia, tiilpmf. Giuseppe Rwsi, ha parlato con molto calore d.i simpatia di queste aspi,razioni verso la Destra storica, ed ha detto cose nucve sull'argomento, e che invitano .a:discutere. La Destra, che s:ii prospetta davanti agli occhi del Rensi è una grande Destra organica, esp•ressione compiuta dello spirito di conser- ,·azione e di autorità. Ma allora - si clomand:i. - c-ome esclude.re, da una grande Destra ca.siffatta, i cattolici, rappresentanti di una delle più grandi forre di conservazione e di autor.ità? Invece .i cattolici italia.~ che -=o entrati a far parte della vita, politica dello Stato, non vogliono 9aperne cli Destrn, e nella grande maggioranza tendono a sinistra. I.nvece si sono :;;chierati a destra, e sono stati accolti volentrieri dai vecchi rappresentantù della Destra, i fa.scisti, con i resti di programma sindacalista, con le nostalgie mamniane. Tutto questo è contra.ddritorio e non è adatto a formare una vera e grande Destra, pensa il Ren.&i. Ma nel pensare questo perde di vista la Destra storica. E' troppo poco, è troppo generico dire che Destra significa conservazione, e voler costituire la nuova-vecchia Destra su questo principi.o astratto. Di risolutamente ed o.stina.tamente antÌ!-canservatore non c'è che gli anarchici - i quali per altro sono molto più di quelli che fanno parte dei partiti anarchici. Ogni altro partito che accetta cli e.ntrare, volente o nolente, nei quadri della vita politica della nazione, ha per lo meno un seme nascosto di conservatorismo, che prima o poi sviluppa con lo sviluppo del partito. In questi temp'i, come negli anni t!'a il 1898 e il '900, l'Estrema sinistra combatte non per mettere ~n effetto la: rivoluzione, ma, tutto al contrario, per garantia-e a sè stessa alcune libertà stabilite dallo Stato, e che essa ritiene concultate. E' vero che in pari tempo essa lavora anche a distendere quanto più può lo spirito della legge, in modo da farci, én.trare una maggior somma di forze a,ncora irregolari. Ma questo è preai.samente il compito storico dei partiti di avanguardia, e il fatto stesso che uno di questi partiti preferisca d~ allargare gli orli delle vecchie leggi, piuttosto che rifiutarle senza discussione è ancora una prova che ha in seno qualche spirito du conservazione. Un partito logicamente rivoluzionario non chiede trasformazione, non chiede all'avversario « che si converta e viva» ma gli nega il dnrilto all'esistenza, nè più nè meno. Ma tali partiti sono sempre partiti, cli infime minoranze, appunto pcrchè sono logici. I partiti che hanno veramente influenza su~ de1;tini di nna nazione sono illogici, perchè si muovono sotto l'assillo di necessità storiche dominanti, fl11ttua;1do continuamente tra le aspirazioni e i sogni delle loro ideologie originarie e i bisogni delle masse che ingrossano e premono intorno a, loro steccati teoretici, chiedendo effettuazioni, immediate. Ed essi agiscono saggiamente ad essere illogici veFo la logica e logici verso la storia. Pe1'. queste ragioni quelli che al Rensi paiono attegg.iJamenti contra.d.ditori nel Partito popolare italiano, non sono tali che solamente di fronte ad uno schema. astratto dri· partito cattolico .ideale. Del resto, anche sU! questo campo, il Rens-i nòn spinge la logica fino alle ultime conseguenze. « Il para.do.sso della situazione attuale - egli dice - è che colom che hanno sempre forn:ito e dovrebbero fornire, con lo strumento della _religione un, contributo notevole all'insieme dei vari fattori che concorrono alla fonnazione della coscienza conservatrice - o.ssia i cattolici - •cedendo al mimetismo della moda. politica popolaresca dell'ora, contr.ilbuiscono invece potentemente all'opera. di turbamento, agi·- tazione, demolù1zionecli essa. Aflìnchè si ricostituisse u.na. Destra forte e ben compaginata, bi.sognerebbe dunque innanzi tutto, che i cattolici rinsavrisserd, che ritol'nassero alle loro grandii tradizioni, che non sii vergognassero del Sillabo •. Ma anzi, quanto più i cattolici volessero tornare alle tradizioni, tanto più si dovrebbero allonta.re da coloro che si prodamassero discende.nti della Destra storica, perchè le trad.icioni driquesta e le tradiaaoni, del partito cattolico storico sono tradizioni di guerra all'ultimo sangue. Il Sillabo fu precisamente l'ultima grande scomunica fulminata dal Pa.. pato contro l'eresia l-ibe-rale. E iJ campione dell'eresia liberale.era la Destra storita, finchè ebbe vita e ragion d'essere, cioè quando non era nè Destra nè storica. Già, perchè questo mito della Destra storica si è venuto formando quando il partito, al qua.le si alludeva con quella frase, si era sfasciato e non. contava pi,ù come una forza attiva nella vita polirt.icai del paese. Quando invece era parte integrante della vita politica, quando era vita e non storia, allora eSSd era beu altra cosa che un club di conservatori ideologi, dal programma inflessil:xiJe. Comri,nciamocol 1ocordare che la cosiddetta Destra nacque ... Sinistra, e si affermò alla Camera subalpina. non mediante u.na. ben.e ordinata propaganda di principi, ma, med:iante un'astuta e bene organizzata manovra parlamentare, che valse ai due capi-gru.~ che la diressero (Cavour e Rattazxi) =a iin-- finità dii vituperi. Durante tutto il periodo subalpino, la Destra ci fu, ma non fu quella che molta gente pensa, equivocando su quella benedetta denominazione della Destra storicai. La Destra fu 1m gruppo che nei pr.imissim,iJtempi ebbeuna posrizio.ne preponderante alla Camera, che era nettamente di,visa tra essa e la Sinistra repubblicaneggiante di Brofferio. Con questa Destra. parve che Cavour simpatiz.. zasse durante la sua prima legislatura; ma era piuttosto una fama. cli retrivo che lo cia:- coudava, e che molto gli pesava (si vedano i ricorcl1i1di Michelangelo Castelli). Ma si vide qualche an.no dopo che cosa Cavour pensasse e che cosa intendesse fare, quando riuscl a costituire un solido partito di governo che non fu nè Destra nè Sin,istra - naturalmente - ma una sinistra che passava dall'astratto al concreto, dalla teoria alla, vita. politica, cioè un centro sinistro. Questo fu il partito che creò Cavour e che lo sostenne nella lunga lotta. La Destra, la vera Destra, per effetto di questo profondo mutamento, che dette wia vera vita parlamentare alla Camera, rjmase assottigliata ed accantonata, ad una ala estrema, capitanata dal conte Solaro della Margherita. Questa destra rappresentava precisamente il contenuto ideologico del Sillabo e delle grandi tradizioni cattoliche, di cui ci parla il Re.ns.i; ma se quella Destra/ potesse ancora esistere, a noi sarebbe stato -ittnpossib.ile gustare le arcute dis..siertazionliifilosofiche del Rensi, pe.rchè il censore ecclesiastico ne avrebbe•proibita la stampa. • . L'Italia si è fatta co11:troqueste tradizioni e 3;l Parlamento italiano sii è sviluppato, si è cost-iituito, ha acquistata la sua fisionomia na.-. zionale battagliando contro la Destra fino a che non l'a.nnientò. Quando l'annosa guett'a fu terminata,, il grande condottiero si piegò su di un fianco, ancora tutto armato, e spirò. NOIL può cl,irs,i cosa Cavour avrebbe fatto della sua ma.ggioranza dopo ml 1861 ; può dirsi soltanto, e purtroppo, quello che essa divenne senza cli luii Distrutta l'antica e vera 0 Destra - la Destra temporalista che aveva sopportato lo Statuto - 1~ parte più moderata del Parlamento piemontese (per lo più funzionari ed ex-funzionari), si spostò a destra, incontrandos.i con tutti! gli elementi me- .no italiani delle nuove prov,incie, coloro che avevano accettata o subita, la nuova Italia. Al centro u.n'altrai parte dellai vecchia. ma.ggioranza, rimasta lì più che altro per forza d'inerzia ed incontratasi con una massa amorfa prnveniente i,n buona parte dalle pmvincie meridiikmali. Tra. questi e la Sinistra il cosidetto « quarto partito •, tutt'altro che omogeneo, ma corrispondente all'incirca ad un Centro sinistro. Tutto questo in modo molto ç_;ioticÒ.A ciascu~ gruppo non corrispondeva non cli,;::o u.n, progl'amma, ma neanche un .nucleo di idee comu.nm.A destra, per esempio, stavano ,iJnsieme un individuali.s-"ta classico, Ricasoli, ed un fervente statolatra, Spaventa.; l'uno e l'altro poi, fierissimi patrioti, unitari e assertori dello Stato laico, sedevano accanto a Minghetti, che cavava sempre in seno le sue « regioni », ed a Gustavo Cavour<e Pier Silvestro Leaparcli, con i loro amori temporalistici. I governi cli questo IJP..riooocon6inu.arono ~ ad essere governi d:iJ centro - meno un breve infelice tentativo Parini, alla fine del 1862 - con questa cliffere.nza.,che, mancando un centro compatto e disciplinato, e mancando un Cavour, i governi furono fiacchi ed esautor.ati. Ma la tendenza generale fu c\-1, imitai:e il « connumo • cavouriano, attira.udo le si- :ni<;tre nell'ambito governativo. Non si dimentichi che a far parte di mini.steri di cosiddetta destra entrarono fin cl.al 1862 uolllini spiccatamente di sinistra (Mancini e Depretis, nel primo gabiinetto Rattazzi). I tentativi non fecero che aumentare I.a confu.sione; ma questo non modifica- le intenzio.ai. In mezzo a questo caos vagavano - male o punto ascoltati, - alcuni dottrinari <E eletto ingegno (Spaventa, Jacini, ecc.), dai cui scritti si può veramente desumere una organica teoria di conservatorismo illuminato. Ma è una grande :illusione trasportare le idee di questJLemiinenti solitari nella storia della Destra. La storia della Destra è una « rovina mesta» ; la Destra storica è il 1nito sorto dalle macerie. M:\.RlO VINCIGU.E;RRA. PIERO Ei□BETTI - Editore T□Rll'IO • Via XX SEtiembre, BO USCIRANNO IN SETTIIYIANII: I du.i, st-adi ~ù. com,Pleti sul fem:rm.eno fascista: I,,urGI SALVATORE[,!,[ NAZIONALFASOISMO Lire 6 }ri.-.RIO VlNCIGUERKA IL F.ASCISMO visto da wn soltitario Lire S Dai /ranuninti appa:rs·i.in qu,esto ntu'l'ui.:ro i let• tori possono g-il<dicare l'i,n portanza singolare di q"esti volumi che saranno spediti, t1'tti e due franchi di porto a chi ci manderà subito vaglia di Lire IO. Saremo grati ai nostri lettori, che non conservano la collezione di "'Rivoluzione Liiberale,, se ci vorranno spedire copia del n. 33 dello scorso anno, che ci servirà a completare alcune collezioni.

LA 1tIVOLUZIONE LIBERALE Motivi di storia italiana I. Df;pioma~ia e d;il,ettantismo. Dai nostri comuni sono sorti gli elementi della vita economica moderna. Il Comuuc è un governo di )Jartiti, che insegna la vita politica attraverso le lotte civili. ll Signore che opporrà con calcolo astuf.o ai suoi rivali operosi di città gli interessi <.:on.:;ervatoridell'economia agraria e la psicologia schiavfata dei contadini ha imparalo nel Comune le arti del! 'uomo di Stato. Senonchè accanto al1'aut.onomia che ha fatto sorgere queste figure di diplomatici moderni, mentre da qualche seco1o fa diplomnzia ita1iana era stata lo strumento in~c-parabilc delle superiori arti pontificic 1 (! mancata la garanzia dei n1ovimenti autonomi. La spontaneità elementare dell'azione in questi al• borì della politica doveva rimanere povera di 3u~~ra passione costn1ttiva. Lontani dalla politica armonia di Roma i Comnnl oppongono alle cattoliche gerarchie un senso arguto del particolar<e; avvertono l'agile varietà dei bisogni individuali scordando l'abito unitario imposto dalla Chiesa per esigen1.e dogmatiche; e a gara con la diploma.zia ecclesiastica Tl\-endicauo i diritti delle nuove dassi contro l'edificio dell'impero feudale. Per una sorte singolare e sfortunata i Comuni 110n giunsero a proporsi problemi europei se non qu.an<lo il periodo della vita economica comunale a'\·eva ceduto alle nuove istituzioni dei Signori. :.',lentre Genoya e Venezia avrebbero potuto rappre~entare secondo valori unitari il problema italiano, mancò la coesione della penisola e l 'iuterclipe•denza di agricoltura e commerci. E11tro questi orizwnti la morale non poteva sostituirsi alla politica, nè la civiltà prodursi a contatto della Yita civile e nazionale. Prevalse ;1 senso cattolico dei limiti e la pratica della dii;inte:ressata comunicazione tra 1e idee. 1. .'agilità della cultura e l'esercizio diplomatico lml)edirono la Rifonna e tardarono 1'evoluzione politica nazionale: nel 500 si determina stabilmente la fisionomia della nostra vita economica cbe non si può alimentare cli rigorismo etico o di ascesi organica; non è senso d'indipendenza e bisogno di limitarsi rinunciando e cercando la specializ;:,..azione, ma prolungamento eclettico della ,;ta individuale. La morale protestante creava insieme alla Ji. bera discussione un senso di solidarietà nell'economia del lavoro e Lutero ba qualche diiitto di precursore di fronte al! 'umiltà moderna del tayJorlsmo; invece la libertà in Italia era I'artificio mantenuto da un tranquillo spirito di conciliazione. Le Corti, unico centro di vita intellettuale, segui,·ano pacificamente il modello dogm.atko di Roma, cosicchè lo spirito critico do- ,·e\te- appagarsi, anche quando si trattò di Galileo, cli risonanze dilettantesche, che neanche il martirio seppe trasionnare in preparazione ascetica. I..a nostra riforma fu Machiavelli, nn teorico della politica, un isolato. I suoi concetti non tro- -varono u01nini capaci cli viverli, nè u11 terreno sociale su cui tondarsi. E' uomo moderno percbè instaura una conce1.ione dello Spirito ribelle alla trascendeuz.a e peusa un'arte politi.ca organizzatrice della pratica e professa una religiosità ci- -,.j]e come spontaneità di iniziative e di economia. Storicamente l'espe1ienza di Machiavelli si potrebbe definire come la Signoria più il Comune, c., lo studio della romanità non avesse aggiunto alla sua osserva;,;ione W1 più ampio sfondo realistico. Veramente in lui l'opporsi alla Chiesa fu istinto di politico mosso in qualche modo da gelosia dj mestiere, nou già risultato di coscienza laica e na:.ionale come ba voluto qualche pedante contemporaneo. Per le sue stesse abitudini di osserTatore doveva àvere il gusto dell'etica realistica e il culto dello Stato. Invece queste complesse attitudini poterono sembrare nn desiderio di contemplazione d'arte e la serietà del suo concetto di virtù parve attenuarsi in tenui giochi di astuzia, pen:hè le risorse del diplomatico si mostra- . vano in primo piano. In realtà la fama di negligenza morale che lo accompagna e l'opinione comru,e del suo dilettantismo sono prodotti dalla mancanza cli consenso : e gli italiani alla loro volta mancarono all'appello percbè la Corte li a•eva educati al c,ùto piccolo-borghese dell'onore PaJassitario e ne aveva fatti degli aspiranti impjegati. Il principe sognato da Machiavelli avrebbe trovato nel 500 o-li stessi elementi e le stesse }Jsicologie c:he hann°o·aiutato :Mussolini nella sua presente rivoluzione piccolo-borghese. Gli artefici della politica non riuscivano a superare gli o~tacoli opposti dai limiti di un ambiente meramente diplomatico. Due secoli dopo ~1 Vico deve accontentarsi di risognare il mondo della praxis intuito da MachiavelJi, e non trovando eco alcuna nella realtà deve rifuggire da11a politica e votarsi a un.a elaborazione ascetica di concetti storici. La sostanza di queste osservazioni potrebbe suggerire un equ..h·oco che non è nei nostri intenti se alcuno ,1olesse derivarne l'affermazione di una necessità che in Italia si formi un movimento riformatore. Invece sarebbe assttrdo generalizzare l'esperieuza anglo-sassone. Si tratta per noi di continuare le nostre doti istintive che d .portano più naturalmente verso 1111a riforma (rivoluzione) politica. che morale. Ncll'iuscgnamcnto di Machiavelli c'è la finez1.a del cittadino esperto di conlinge111..cstoriche non il programma rumoroso del contadino che proclama il libero esame e sente il bisogno di provvedere alla sua formazione spirituale iu pubblico. Un'indagine dei motivi psicologici dominanti nella storia italiana potrebbe perciò opportunamente intitolarsi : Del riserbo. H. JH.at11.ritcì ptenwntese nei ''r()Q All'Italia indifferente fu imposta la rivoluzione da motivi esterni e da contingenze di politica europea. Solo il Piemonte rudemente travagliato inlon.10 a un'esperienza disordinata di fone e di laYoro seppe compiere la sua. missione. Alla fine del settecento complesse esigenze di moderuità caratterizzavano la vita sociale piemontese. La fisionomia generale della vita agricola poteva riassumersi nella lotta coutro il latifondo. Veramente il governo piemontese, fondato su un 'aristocrazia anche se moderato dal re, non perseguiva di proposito una politica favorevole allo speZ7.ettamento della grande proprietà; questo era il risultato singolare di due condizioni, l'ac;seuteismo della nobiltà, occupata negli impieghi e negli onori, e il forte peso tributario derivante dalla politica dispendiosa e bellicosa dello Stato Sabaudo. La classe dominante non poteva evitare che le imposte venissero a pesare sul patrimonio fondiario, anche se la danneggiavano direttamente, per mancanza cli altre industrie o commerci; e d'altra parte non riusciva, assorta in altre cure, a far fruttare le terre tanto da soddisfare le esigen1.e del Tesoro. Cosl naturalmente doveva fonnarsi per una selezione <li capacità inevitabile e connessa con le trasformazioni moderne della borghesia una nuo. ,·a classe economica indipendente, capace di assolvere il suo compito e cli creare una piccola proprietà. Questa classe non fu di coloni, ma di affiltnari, per la maggiore indipendenza in cui si trorn l'affittuario rispetto al padrone e per le sue "llttitudini a trovar denaro e spenderlo per migliorare la cultura. Senonchè questa trasformazione portava con sè la miseria del coltivatore e generava un problenia sociale sinora sconosciuto, il pauperismo. Il contrasto preoccupava vivamente i conservatori e si ebbe Come ripercussione delle difficoltà obbiettive un singolare rifiorimento di letteratttra economica di etti furollo rappresentanti il Vasco ed il Solera. Col pauperismo nelle campagne si veniva manifestando il pauperismo cittadino a cui invano dalle classi dominanti si cercava di resistere coll'opporre un protezionismo operaio al protezionismo indusbiale. Tutte le lusinghe della politica sociale promossa per una vecchia astuzia del tiranno istintivamente democratico non riuscirono a impec1ire l'affermarsi delle differenze, e la politica dei conservatori valse soltanto a evitare le soluzioni intransigenti quando non erano ancora sufficientemeute mature. Contemporaneamente alla lotta tra aristocrazia latifondista e affittuari e tra affittuari e proletariato si Yenivano ponendo, per la consuetudine di uno Stato laico e di un governo attivissimo, i problemi della vita sociale moderna, l'antitesi tra Stato e Chiesa, i rapporti tra mentalità militare ed economica, tra educazione letteraria e educazione civile. Qui il politico trovava terreno per le sue esperienze, perchè il Piemonte, Stato-cuscinetto tra interessi spagnuoli e inle· ressi francesi, diventava un osservatorio sempre più notevole. (Singolare la cultura in questo vecchio Stato nemico della et1ltura: Baretti, Radicati, Denina, Botton di Castellamonte, Gerdil, gli economisti, Alfi.eri). Un esempio di psicologia, la figura del conte Napione, ci caratterizza conclusivamente questa complessa situazione cli eclettismo e di risveglio enciclopedico. Sorprendiamo in lui lo sconvolgimento portato nel valido buon senso piemontese dai compiti nuovi e raffinati d'economia moderna e di politica internazionale. Il Napione riusciva a salvarsi col guardare le cose da buon diplomatico, libero da ogni crisi spirituale. E' la politica quella che naturalmente separa i valori, e dove la cultttra lascierebbe troppe sfumature, impo· ne pratiche classificazioni. Le soluzioni proposte dal Napione ai problemi del suo tempo sono quelle caratteristiche del piemontese lontano dalh metafisica e dai romanticismo: lo Stato al disopra della religirme, anche se si è buoni cattolici, la scuola politica come diplomazia e non come letteratura o strategia. Non per nulla la vecchia classe feudale si veniva specializzando in Piemonte nell'adempimento della funzione mili• tare. Con questa astuzia di amministratori anche i problemi più lontani si possono chiarire nel loro significato attuale e resterà sempre un modello ili genialità il progetto che l'onesto e mediocre Na.pione presentò per una confedera· zione nazionale che riconoscesse sno capo H Pontefice, ma sopratutto servisse agli interessi piemontesi per ]a difesa contro la Francia. L'ast111.ia del leale servitore del re preveniva addirittura i so7.n-i.neo-guelfi. In questo 1novimento regionale l'opera critica cli Vittodo Al.fieri compie una funzione unitari.a. La sua polemica anti-dogmatica, l'istinto pragmatista pronto a consacrare la validità di ogni sforzo ùi autonomia, la negar,ione nella rivoluzione francese, la quale nonostante gli entusiasmi dei nostri illuministi diventava tirannide appena trasportata in Italia, l'elabora;done in parte cosciente in parte indiretta dei concetti di popolo, di nazione, di libertà superavano i limiti del movimento piemontese, lo ricollegavano a una tradi7.ionc, dcl.e1'mi11ava110 jJ nucleo sostanziale romantico clel milo rivoluzionario che doveva governare il nostro Risorgimento. Le peregrinazi011i alfieriane attraverso l'Europa, l'insistenza della sua polemica autiregiouale portavano nella chiusa sicurez1~-idemiurgica della vita piemontese, il respiro di uua più ampia civiltà europea. L'invasiouc francese che per istinto di uomini di Stato non trovava tra i piemontesi gli entusiasmi che aveva sollevati nelle altre regioni del ;\'ord, turbando e interrompendo un processo appena iuiziato impedl l'organiz7,arsi di una aristocra%ia che da una generica adesione agli ideali alfie1iani riuscisse a un'azione politica positiva. Auzi l'incerlezr.a delle contingenze genera due correnti imprecise cli pensiero é di azione che sino al '21 tengono divisi gli spiriti tra ipotesi irreali. Gli aderenti al movimento rivoluzionario cercano per un Jato, scimmiottando iJ sensismo, la loro consisteID.a ideale fuori delle tradizioni. D'altra parte i governi, fiduciosi ne11a reazione, fermi alla rivelazione di verità promessa dall'assolutismo vedono nei nuovi fermenti di idee anarchia e clisorganidtà e vi contrappongono l'ordine del passato. Tra questi equivoci le abitudini feudali continuano a governare il paese, miste con la destrezza dei diplomatici, sino al principio del secolo XIX. (Contin,;a). PIEROGOBETII. Nella pi·ossima settimana uwiramno msieme ai volwmi di L. ~ALV .A.TORELLI e di M. VINCIGUERR.A sul fas<Ji81rw i tre volwmetti dell<t collezione Polemiche e la Basilicata senza scuole di G. STOLFI. Preghiamo gli amici delle varie oittà di sollecitare a comunicarci le ordina:,;ion,idei lib1·ai: è il migli<Yreaiuto che essi po88(1//Wda1·ci. Jn vendita Numettiuniei tratti nuMrnnDImemEnm nrnmo Ali.A mmu Sommario: _E. CoDIGKOLA: Il problema d,ella ,io.,t.-a scuola media• P. GOBETrI: La letteratura ita>iana nei licei • G. GE,.'TTLE: La filosofia • L. GALANTE: Il latino • M. V ALGIMIGLI: l greco . F. SETERT: La matematica • A. GARBASSO: La fisica. Prezzodelfase.di 32pag.8°gr.sa2&-0loone Lire 2 fiUMERO D!RIYDLOZ. umm Dtnf[.AlPARTITO POPOURE con studi di M. Bnosio, M. LAMBERTI, A. GRAMscr, P. GOBETrI, A. MONTI,N. PAPAFAYA ebibliografia. Lire I UOMrno DiRIIOLUZ. LIBERALE DEDl[AIOlnAZIOHAmMO con studi di V. CENTO, P. GOBETrI, M. A. LEVI, L. EMERY e bibliografia Lire I BUMEHO. DIRIVOlD!IOflE umm Dtnl[AIO 4&.~OREL con studi di E. BERTH, S. CARil<ELL<l-,A, LANZILLO,N. SAPEGKO,C. SPEJLLANZON e bibliografia Lil'e I Dirige,-e vaglia PIERO 6OBETTI - ViaXX Settemhre, 60 • TORINO La Critica politica DIRETTORE : OLIVIERO ZUCCARINI Non v'è altra Rivista in Italia che agiti il prode! reg-io1ialis111-0 proponendosi di risolverlo in wia radicale trasformazione delle attuali istitu7.ioni. Nel suo programma •nettamente antilnt.1·0• cratico e a.n.ti,parassit:ario si esprime una tendenza che nel nostro Paese va facendo costanti progressi. La « CRITICA Por..,ITlCA :a è una Rivista organica, completa, interessante che in due anni di vita si è solidamente affermata. Hanno col laborato al la , CRITICAPOLITICA > i seguenti scrittori: avv. Fausto Andreani; dottor Camillo Be!lieni; clott. Carlo Caciorowski; prof. Carlo Canti-mori.; Alighie.-o C-iattini; professore Giovanni Croctoni; avv. Angelo Co-rsi; avv. Mario Fe,·rara; prof. N. M. Fovel; prof. A.1·• cangelo Ghisleri; Edoardo Giretti; dott. Ettore Lolini; dott. Armando Lod.olini; prof. Gino L11zzafo; avv. Giuseppe Macaggi; dott. Paolo Mantica; avv. Saverio .'\ferlino; Roberto Mirabelli; Romolo ,,farri; prof. Felice Mo,nigliano; professore Sergio Pairnnzio; prof. Vilfredo Pareto; avv. A. F'. Pcrri; dott. Giu./io Pierange/i; professore Caniille Pitollet; Odo-n Por; dott. G>no Scarpa.; prof. Fernando Schia-vetti; Angelo Scoc, chi; prof. G11i.doSensi1ii; prof. Michele Viterbo; Oli'Viero Zuccarin.i. L'abbonain,. cosla per un anno L. 20 - Per im semestre L. II - Un. fascic, separa.lo L. 2 Per l'Estero I 'abbonamento aumenta di L. 10 Inv-iiai·e vaglia alla, (( CRITICA POLITICA. Via dei Serpem·i, n6 . ROMA 51 I COMPETENTI Si grida da tutti in Italia du, ciò che ci fa !,isogno è un Governo di competenti. Come, gridano tutti i nostri cittadini ben pensanti, si richiede una specifica preparazione per un qualunque veterinario e non la si richiede per un uomo di Stato? Come è mai possibile che uno stesso uomo vada indifferentemente dal Dicastero della Guerra a quello della Giustizia, da quello dell'Agricoltura a quello del Tesoro? Come è possibile che uo ,liplomatic,-, possa andare alle Finanze, un filo· sofo alle colonie, un giurista agli Esteri I E' questa, dicono i più fini politici, la vera cansa del predominio della burocrazia, tanto più irrespotI· sabilmente onnipotente per quanto maggiore è l'incompetenza del responsabile ministro; è questa, si dice, una delle cause dclla decadeD7.a del Parlamento, assemblea. di incompetenti, che opportunamente potrebbe ""nir sostituito eia corpi tecnici. , Secondo molti la vera rivoluzione e:he dovrebbe compiersi in Italia dovrebbe consistere per l'appw!to nel portare al Governo i competenti, anzi uel rendere sempre più competente l'intc-ra class:e dirigente, e la più grave accusa che molti muornno al Governo di Mussolini è quella di contare nel suo seno alcuni incompetenti. Quando si pensi che questi competenti IUl<l possono poi essere che i burocratidei vari Ministeri, o, nella migliore delle ipotesi, i membri. delle numerose accademie, o gli avvocati dei produttori faccendieri, questo mito del Governo dei competenti non appare molto attraente. E' davvero un po' strana questa venerazione per i competenti proprio da parte di coloro che non hann1t nessuna competen1...a, e che rifuggirono sempre dall'acquistarsene una. I competenti sono senza alcun dubbio, delle carissime persone che banno il solo torto cli sapere una gran quantità di cose che , The man in tbe street > non solo ignora ma seguiterà costantemente ad ignorare (non per nulla i più competenti tra i competenti sono quelli che hanno sempre pronta una buona dose di cifre onde addormentare l'incauto interlocutore), ma non mi sembra dan·ero che possano assolvere la funzione di uomini politici. L'esperiew.a della politica dell'impero tedesco doTTebbe insegnare qualche cosa in proposito. I problemi politici non sono problemi tecnici ma problemi wnani, per risolverli non è necessaria una speciale preparazione in quel campo .che si usa chiamare tecnico, ma una esperiell7..a politica intimamente vissuta. Il criterio politico e il cri terio tecnico sono e de\-ono essere distinti ed i nostri amici e competenti •, che impersonano il criterio tecnico sono perciò stesso i meno adatti a trattare di politica, direi quasi che sono tanto meno adatti per quanto più sono competenti. Ciò spiega perchè un nomo di Stato possa essere egualmente grande a capo di uno od altro Dicastero; percbè un'Assemblea di legislatori possa. e àcbba essere una Assemblea. di incompetenti; perchè il suffragio uni versale, che pone la sorte della nazione in mano della massa che, incompè-- tente, manda a rappresentarla dagli incompetenti, sia ancora i1 me7...zodi governo più sanamente. conservatore. Ma dietro la venerazione dei competenti che fortunatamente rimarrà sempre allo stato di atnOC platonico, v'è nascosto qualcosa di caratteristicamente italiano: cioè il bisogno, che sembra tanto preoccupare questo nostro buon popolo, di rinunciare al proprio giudizio politico: il che val quanto dire rinunciare alla propria libertà poHtica. L 'aspettazone messianica del Governo dei competenti è la comoda scusa per mascherare dietro la propria incompetenza la rinuncia ad emettere un giudizio politico: se li prenda chi vuole questi grattacapi politici, se li prendano questi competenti, che non fauno che cianciare e criticare ,limostrando sempre che si è fatto quel che non si doveva fare, e si lasci in pace il povero cittadino, che, privo delle pezze d'appoggio delle statistiche e dei documenti, non può che accumulare errori su errori! Ma i competenti credono più comodo rimanere a ciancìare e criticare, il che forse non è poi gta.11 danno, nè per loro nè per noi. (Da St11.diPolitici). 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