La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 12 - 1 maggio 1923

LA 1tIVOLUZIONE LIBERALE Motivi di storia italiana I. Df;pioma~ia e d;il,ettantismo. Dai nostri comuni sono sorti gli elementi della vita economica moderna. Il Comuuc è un governo di )Jartiti, che insegna la vita politica attraverso le lotte civili. ll Signore che opporrà con calcolo astuf.o ai suoi rivali operosi di città gli interessi <.:on.:;ervatoridell'economia agraria e la psicologia schiavfata dei contadini ha imparalo nel Comune le arti del! 'uomo di Stato. Senonchè accanto al1'aut.onomia che ha fatto sorgere queste figure di diplomatici moderni, mentre da qualche seco1o fa diplomnzia ita1iana era stata lo strumento in~c-parabilc delle superiori arti pontificic 1 (! mancata la garanzia dei n1ovimenti autonomi. La spontaneità elementare dell'azione in questi al• borì della politica doveva rimanere povera di 3u~~ra passione costn1ttiva. Lontani dalla politica armonia di Roma i Comnnl oppongono alle cattoliche gerarchie un senso arguto del particolar<e; avvertono l'agile varietà dei bisogni individuali scordando l'abito unitario imposto dalla Chiesa per esigen1.e dogmatiche; e a gara con la diploma.zia ecclesiastica Tl\-endicauo i diritti delle nuove dassi contro l'edificio dell'impero feudale. Per una sorte singolare e sfortunata i Comuni 110n giunsero a proporsi problemi europei se non qu.an<lo il periodo della vita economica comunale a'\·eva ceduto alle nuove istituzioni dei Signori. :.',lentre Genoya e Venezia avrebbero potuto rappre~entare secondo valori unitari il problema italiano, mancò la coesione della penisola e l 'iuterclipe•denza di agricoltura e commerci. E11tro questi orizwnti la morale non poteva sostituirsi alla politica, nè la civiltà prodursi a contatto della Yita civile e nazionale. Prevalse ;1 senso cattolico dei limiti e la pratica della dii;inte:ressata comunicazione tra 1e idee. 1. .'agilità della cultura e l'esercizio diplomatico lml)edirono la Rifonna e tardarono 1'evoluzione politica nazionale: nel 500 si determina stabilmente la fisionomia della nostra vita economica cbe non si può alimentare cli rigorismo etico o di ascesi organica; non è senso d'indipendenza e bisogno di limitarsi rinunciando e cercando la specializ;:,..azione, ma prolungamento eclettico della ,;ta individuale. La morale protestante creava insieme alla Ji. bera discussione un senso di solidarietà nell'economia del lavoro e Lutero ba qualche diiitto di precursore di fronte al! 'umiltà moderna del tayJorlsmo; invece la libertà in Italia era I'artificio mantenuto da un tranquillo spirito di conciliazione. Le Corti, unico centro di vita intellettuale, segui,·ano pacificamente il modello dogm.atko di Roma, cosicchè lo spirito critico do- ,·e\te- appagarsi, anche quando si trattò di Galileo, cli risonanze dilettantesche, che neanche il martirio seppe trasionnare in preparazione ascetica. I..a nostra riforma fu Machiavelli, nn teorico della politica, un isolato. I suoi concetti non tro- -varono u01nini capaci cli viverli, nè u11 terreno sociale su cui tondarsi. E' uomo moderno percbè instaura una conce1.ione dello Spirito ribelle alla trascendeuz.a e peusa un'arte politi.ca organizzatrice della pratica e professa una religiosità ci- -,.j]e come spontaneità di iniziative e di economia. Storicamente l'espe1ienza di Machiavelli si potrebbe definire come la Signoria più il Comune, c., lo studio della romanità non avesse aggiunto alla sua osserva;,;ione W1 più ampio sfondo realistico. Veramente in lui l'opporsi alla Chiesa fu istinto di politico mosso in qualche modo da gelosia dj mestiere, nou già risultato di coscienza laica e na:.ionale come ba voluto qualche pedante contemporaneo. Per le sue stesse abitudini di osserTatore doveva àvere il gusto dell'etica realistica e il culto dello Stato. Invece queste complesse attitudini poterono sembrare nn desiderio di contemplazione d'arte e la serietà del suo concetto di virtù parve attenuarsi in tenui giochi di astuzia, pen:hè le risorse del diplomatico si mostra- . vano in primo piano. In realtà la fama di negligenza morale che lo accompagna e l'opinione comru,e del suo dilettantismo sono prodotti dalla mancanza cli consenso : e gli italiani alla loro volta mancarono all'appello percbè la Corte li a•eva educati al c,ùto piccolo-borghese dell'onore PaJassitario e ne aveva fatti degli aspiranti impjegati. Il principe sognato da Machiavelli avrebbe trovato nel 500 o-li stessi elementi e le stesse }Jsicologie c:he hann°o·aiutato :Mussolini nella sua presente rivoluzione piccolo-borghese. Gli artefici della politica non riuscivano a superare gli o~tacoli opposti dai limiti di un ambiente meramente diplomatico. Due secoli dopo ~1 Vico deve accontentarsi di risognare il mondo della praxis intuito da MachiavelJi, e non trovando eco alcuna nella realtà deve rifuggire da11a politica e votarsi a un.a elaborazione ascetica di concetti storici. La sostanza di queste osservazioni potrebbe suggerire un equ..h·oco che non è nei nostri intenti se alcuno ,1olesse derivarne l'affermazione di una necessità che in Italia si formi un movimento riformatore. Invece sarebbe assttrdo generalizzare l'esperieuza anglo-sassone. Si tratta per noi di continuare le nostre doti istintive che d .portano più naturalmente verso 1111a riforma (rivoluzione) politica. che morale. Ncll'iuscgnamcnto di Machiavelli c'è la finez1.a del cittadino esperto di conlinge111..cstoriche non il programma rumoroso del contadino che proclama il libero esame e sente il bisogno di provvedere alla sua formazione spirituale iu pubblico. Un'indagine dei motivi psicologici dominanti nella storia italiana potrebbe perciò opportunamente intitolarsi : Del riserbo. H. JH.at11.ritcì ptenwntese nei ''r()Q All'Italia indifferente fu imposta la rivoluzione da motivi esterni e da contingenze di politica europea. Solo il Piemonte rudemente travagliato inlon.10 a un'esperienza disordinata di fone e di laYoro seppe compiere la sua. missione. Alla fine del settecento complesse esigenze di moderuità caratterizzavano la vita sociale piemontese. La fisionomia generale della vita agricola poteva riassumersi nella lotta coutro il latifondo. Veramente il governo piemontese, fondato su un 'aristocrazia anche se moderato dal re, non perseguiva di proposito una politica favorevole allo speZ7.ettamento della grande proprietà; questo era il risultato singolare di due condizioni, l'ac;seuteismo della nobiltà, occupata negli impieghi e negli onori, e il forte peso tributario derivante dalla politica dispendiosa e bellicosa dello Stato Sabaudo. La classe dominante non poteva evitare che le imposte venissero a pesare sul patrimonio fondiario, anche se la danneggiavano direttamente, per mancanza cli altre industrie o commerci; e d'altra parte non riusciva, assorta in altre cure, a far fruttare le terre tanto da soddisfare le esigen1.e del Tesoro. Cosl naturalmente doveva fonnarsi per una selezione <li capacità inevitabile e connessa con le trasformazioni moderne della borghesia una nuo. ,·a classe economica indipendente, capace di assolvere il suo compito e cli creare una piccola proprietà. Questa classe non fu di coloni, ma di affiltnari, per la maggiore indipendenza in cui si trorn l'affittuario rispetto al padrone e per le sue "llttitudini a trovar denaro e spenderlo per migliorare la cultura. Senonchè questa trasformazione portava con sè la miseria del coltivatore e generava un problenia sociale sinora sconosciuto, il pauperismo. Il contrasto preoccupava vivamente i conservatori e si ebbe Come ripercussione delle difficoltà obbiettive un singolare rifiorimento di letteratttra economica di etti furollo rappresentanti il Vasco ed il Solera. Col pauperismo nelle campagne si veniva manifestando il pauperismo cittadino a cui invano dalle classi dominanti si cercava di resistere coll'opporre un protezionismo operaio al protezionismo indusbiale. Tutte le lusinghe della politica sociale promossa per una vecchia astuzia del tiranno istintivamente democratico non riuscirono a impec1ire l'affermarsi delle differenze, e la politica dei conservatori valse soltanto a evitare le soluzioni intransigenti quando non erano ancora sufficientemeute mature. Contemporaneamente alla lotta tra aristocrazia latifondista e affittuari e tra affittuari e proletariato si Yenivano ponendo, per la consuetudine di uno Stato laico e di un governo attivissimo, i problemi della vita sociale moderna, l'antitesi tra Stato e Chiesa, i rapporti tra mentalità militare ed economica, tra educazione letteraria e educazione civile. Qui il politico trovava terreno per le sue esperienze, perchè il Piemonte, Stato-cuscinetto tra interessi spagnuoli e inle· ressi francesi, diventava un osservatorio sempre più notevole. (Singolare la cultura in questo vecchio Stato nemico della et1ltura: Baretti, Radicati, Denina, Botton di Castellamonte, Gerdil, gli economisti, Alfi.eri). Un esempio di psicologia, la figura del conte Napione, ci caratterizza conclusivamente questa complessa situazione cli eclettismo e di risveglio enciclopedico. Sorprendiamo in lui lo sconvolgimento portato nel valido buon senso piemontese dai compiti nuovi e raffinati d'economia moderna e di politica internazionale. Il Napione riusciva a salvarsi col guardare le cose da buon diplomatico, libero da ogni crisi spirituale. E' la politica quella che naturalmente separa i valori, e dove la cultttra lascierebbe troppe sfumature, impo· ne pratiche classificazioni. Le soluzioni proposte dal Napione ai problemi del suo tempo sono quelle caratteristiche del piemontese lontano dalh metafisica e dai romanticismo: lo Stato al disopra della religirme, anche se si è buoni cattolici, la scuola politica come diplomazia e non come letteratura o strategia. Non per nulla la vecchia classe feudale si veniva specializzando in Piemonte nell'adempimento della funzione mili• tare. Con questa astuzia di amministratori anche i problemi più lontani si possono chiarire nel loro significato attuale e resterà sempre un modello ili genialità il progetto che l'onesto e mediocre Na.pione presentò per una confedera· zione nazionale che riconoscesse sno capo H Pontefice, ma sopratutto servisse agli interessi piemontesi per ]a difesa contro la Francia. L'ast111.ia del leale servitore del re preveniva addirittura i so7.n-i.neo-guelfi. In questo 1novimento regionale l'opera critica cli Vittodo Al.fieri compie una funzione unitari.a. La sua polemica anti-dogmatica, l'istinto pragmatista pronto a consacrare la validità di ogni sforzo ùi autonomia, la negar,ione nella rivoluzione francese, la quale nonostante gli entusiasmi dei nostri illuministi diventava tirannide appena trasportata in Italia, l'elabora;done in parte cosciente in parte indiretta dei concetti di popolo, di nazione, di libertà superavano i limiti del movimento piemontese, lo ricollegavano a una tradi7.ionc, dcl.e1'mi11ava110 jJ nucleo sostanziale romantico clel milo rivoluzionario che doveva governare il nostro Risorgimento. Le peregrinazi011i alfieriane attraverso l'Europa, l'insistenza della sua polemica autiregiouale portavano nella chiusa sicurez1~-idemiurgica della vita piemontese, il respiro di uua più ampia civiltà europea. L'invasiouc francese che per istinto di uomini di Stato non trovava tra i piemontesi gli entusiasmi che aveva sollevati nelle altre regioni del ;\'ord, turbando e interrompendo un processo appena iuiziato impedl l'organiz7,arsi di una aristocra%ia che da una generica adesione agli ideali alfie1iani riuscisse a un'azione politica positiva. Auzi l'incerlezr.a delle contingenze genera due correnti imprecise cli pensiero é di azione che sino al '21 tengono divisi gli spiriti tra ipotesi irreali. Gli aderenti al movimento rivoluzionario cercano per un Jato, scimmiottando iJ sensismo, la loro consisteID.a ideale fuori delle tradizioni. D'altra parte i governi, fiduciosi ne11a reazione, fermi alla rivelazione di verità promessa dall'assolutismo vedono nei nuovi fermenti di idee anarchia e clisorganidtà e vi contrappongono l'ordine del passato. Tra questi equivoci le abitudini feudali continuano a governare il paese, miste con la destrezza dei diplomatici, sino al principio del secolo XIX. (Contin,;a). PIEROGOBETII. Nella pi·ossima settimana uwiramno msieme ai volwmi di L. ~ALV .A.TORELLI e di M. VINCIGUERR.A sul fas<Ji81rw i tre volwmetti dell<t collezione Polemiche e la Basilicata senza scuole di G. STOLFI. Preghiamo gli amici delle varie oittà di sollecitare a comunicarci le ordina:,;ion,idei lib1·ai: è il migli<Yreaiuto che essi po88(1//Wda1·ci. Jn vendita Numettiuniei tratti nuMrnnDImemEnm nrnmo Ali.A mmu Sommario: _E. CoDIGKOLA: Il problema d,ella ,io.,t.-a scuola media• P. GOBETrI: La letteratura ita>iana nei licei • G. GE,.'TTLE: La filosofia • L. GALANTE: Il latino • M. V ALGIMIGLI: l greco . F. SETERT: La matematica • A. GARBASSO: La fisica. Prezzodelfase.di 32pag.8°gr.sa2&-0loone Lire 2 fiUMERO D!RIYDLOZ. umm Dtnf[.AlPARTITO POPOURE con studi di M. Bnosio, M. LAMBERTI, A. GRAMscr, P. GOBETrI, A. MONTI,N. PAPAFAYA ebibliografia. Lire I UOMrno DiRIIOLUZ. LIBERALE DEDl[AIOlnAZIOHAmMO con studi di V. CENTO, P. GOBETrI, M. A. LEVI, L. EMERY e bibliografia Lire I BUMEHO. DIRIVOlD!IOflE umm Dtnl[AIO 4&.~OREL con studi di E. BERTH, S. CARil<ELL<l-,A, LANZILLO,N. SAPEGKO,C. SPEJLLANZON e bibliografia Lil'e I Dirige,-e vaglia PIERO 6OBETTI - ViaXX Settemhre, 60 • TORINO La Critica politica DIRETTORE : OLIVIERO ZUCCARINI Non v'è altra Rivista in Italia che agiti il prode! reg-io1ialis111-0 proponendosi di risolverlo in wia radicale trasformazione delle attuali istitu7.ioni. Nel suo programma •nettamente antilnt.1·0• cratico e a.n.ti,parassit:ario si esprime una tendenza che nel nostro Paese va facendo costanti progressi. La « CRITICA Por..,ITlCA :a è una Rivista organica, completa, interessante che in due anni di vita si è solidamente affermata. Hanno col laborato al la , CRITICAPOLITICA > i seguenti scrittori: avv. Fausto Andreani; dottor Camillo Be!lieni; clott. Carlo Caciorowski; prof. Carlo Canti-mori.; Alighie.-o C-iattini; professore Giovanni Croctoni; avv. Angelo Co-rsi; avv. Mario Fe,·rara; prof. N. M. Fovel; prof. A.1·• cangelo Ghisleri; Edoardo Giretti; dott. Ettore Lolini; dott. Armando Lod.olini; prof. Gino L11zzafo; avv. Giuseppe Macaggi; dott. Paolo Mantica; avv. Saverio .'\ferlino; Roberto Mirabelli; Romolo ,,farri; prof. Felice Mo,nigliano; professore Sergio Pairnnzio; prof. Vilfredo Pareto; avv. A. F'. Pcrri; dott. Giu./io Pierange/i; professore Caniille Pitollet; Odo-n Por; dott. G>no Scarpa.; prof. Fernando Schia-vetti; Angelo Scoc, chi; prof. G11i.doSensi1ii; prof. Michele Viterbo; Oli'Viero Zuccarin.i. L'abbonain,. cosla per un anno L. 20 - Per im semestre L. II - Un. fascic, separa.lo L. 2 Per l'Estero I 'abbonamento aumenta di L. 10 Inv-iiai·e vaglia alla, (( CRITICA POLITICA. Via dei Serpem·i, n6 . ROMA 51 I COMPETENTI Si grida da tutti in Italia du, ciò che ci fa !,isogno è un Governo di competenti. Come, gridano tutti i nostri cittadini ben pensanti, si richiede una specifica preparazione per un qualunque veterinario e non la si richiede per un uomo di Stato? Come è mai possibile che uno stesso uomo vada indifferentemente dal Dicastero della Guerra a quello della Giustizia, da quello dell'Agricoltura a quello del Tesoro? Come è possibile che uo ,liplomatic,-, possa andare alle Finanze, un filo· sofo alle colonie, un giurista agli Esteri I E' questa, dicono i più fini politici, la vera cansa del predominio della burocrazia, tanto più irrespotI· sabilmente onnipotente per quanto maggiore è l'incompetenza del responsabile ministro; è questa, si dice, una delle cause dclla decadeD7.a del Parlamento, assemblea. di incompetenti, che opportunamente potrebbe ""nir sostituito eia corpi tecnici. , Secondo molti la vera rivoluzione e:he dovrebbe compiersi in Italia dovrebbe consistere per l'appw!to nel portare al Governo i competenti, anzi uel rendere sempre più competente l'intc-ra class:e dirigente, e la più grave accusa che molti muornno al Governo di Mussolini è quella di contare nel suo seno alcuni incompetenti. Quando si pensi che questi competenti IUl<l possono poi essere che i burocratidei vari Ministeri, o, nella migliore delle ipotesi, i membri. delle numerose accademie, o gli avvocati dei produttori faccendieri, questo mito del Governo dei competenti non appare molto attraente. E' davvero un po' strana questa venerazione per i competenti proprio da parte di coloro che non hann1t nessuna competen1...a, e che rifuggirono sempre dall'acquistarsene una. I competenti sono senza alcun dubbio, delle carissime persone che banno il solo torto cli sapere una gran quantità di cose che , The man in tbe street > non solo ignora ma seguiterà costantemente ad ignorare (non per nulla i più competenti tra i competenti sono quelli che hanno sempre pronta una buona dose di cifre onde addormentare l'incauto interlocutore), ma non mi sembra dan·ero che possano assolvere la funzione di uomini politici. L'esperiew.a della politica dell'impero tedesco doTTebbe insegnare qualche cosa in proposito. I problemi politici non sono problemi tecnici ma problemi wnani, per risolverli non è necessaria una speciale preparazione in quel campo .che si usa chiamare tecnico, ma una esperiell7..a politica intimamente vissuta. Il criterio politico e il cri terio tecnico sono e de\-ono essere distinti ed i nostri amici e competenti •, che impersonano il criterio tecnico sono perciò stesso i meno adatti a trattare di politica, direi quasi che sono tanto meno adatti per quanto più sono competenti. Ciò spiega perchè un nomo di Stato possa essere egualmente grande a capo di uno od altro Dicastero; percbè un'Assemblea di legislatori possa. e àcbba essere una Assemblea. di incompetenti; perchè il suffragio uni versale, che pone la sorte della nazione in mano della massa che, incompè-- tente, manda a rappresentarla dagli incompetenti, sia ancora i1 me7...zodi governo più sanamente. conservatore. Ma dietro la venerazione dei competenti che fortunatamente rimarrà sempre allo stato di atnOC platonico, v'è nascosto qualcosa di caratteristicamente italiano: cioè il bisogno, che sembra tanto preoccupare questo nostro buon popolo, di rinunciare al proprio giudizio politico: il che val quanto dire rinunciare alla propria libertà poHtica. L 'aspettazone messianica del Governo dei competenti è la comoda scusa per mascherare dietro la propria incompetenza la rinuncia ad emettere un giudizio politico: se li prenda chi vuole questi grattacapi politici, se li prendano questi competenti, che non fauno che cianciare e criticare ,limostrando sempre che si è fatto quel che non si doveva fare, e si lasci in pace il povero cittadino, che, privo delle pezze d'appoggio delle statistiche e dei documenti, non può che accumulare errori su errori! Ma i competenti credono più comodo rimanere a ciancìare e criticare, il che forse non è poi gta.11 danno, nè per loro nè per noi. (Da St11.diPolitici). 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