La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 35 - 30 novembre 1922

CONTO CORRENTE POSTALE Rivista Storica Settimanale di Politica ESCE OGNI GIOVEDÌ Diretta da PIERO GOBETTI .,,;;;;i Redazione: Torino, via XX Settembre, 60 liE;a;J Amministrazione: Pinerolo Abbonamento per il 1922 (con diritto agli arretrati) L. 20. liE Estero L. 30 ;;;i Sostenitore L. 100 3il Un numero L. 0,50 Anno I - N. 35 - 30 Novembre 1922. SOMMARls.1:N. SAPEG,;•J: li Piemonte e le Provincie. - P. GODETTI: La fllusofla di V. Alfieri (V. Polemica antimonarchica). - S. CARAMELLA: La reazione. - A. 1!01<11: ll governo della borocrazia. - Dutt. X: A proposito di ceti medi. - G. ANSALDO: Viu.ggio iu ttalia. JL PIEMONTE LE PROVINCIE Par che, se non altro, la lettera di Prezzolini abbia indotto alcuni di noi a Tagionare esplicitamente i loro dubbi, e mettere iunanzi h loro difficoltà, così da porre in discussione le ragioni st.esse pii:1Ternate e segrete della nostra esistenza. E questo sarebbe !!ià risultato abbastanza importante, anche a prescindere da quella, tal Società di Apoti che pare stia miseramente naufragando, come si cl)ce, nel mare dei sogni. Vero è che a questo processo di chiarimt..nto han contribuito d'altra parte, a modo loro e dolorosamente, le vicende politiche di questi giorno in Italia. Le quali non possono nou indurci a raccoglimentu, e nel raccoglimento offrirci mezzo e stimolo ad philosopha.ndu m, val.e a dire costringerci ad un solita.rio esam~ della nostra coscienza, che ritrovi argoment1 meta.fisici o storici, atti a giustificare la. nostra posizione pericolante e precaria. Vogliamo esser sicuri della nostra salute eterna: la questione è, a parer nostro, interessante e fondamentale (s'intende, in un ambiente strettamente famighare), e merita che gli amici di questa rivista se ne occupino, offrendo, per una discu~ione proficua, prove od obiezioni, secondo il loro special temperamento. Le qualità, ataviche ed ereditarie, del cosidetto popolo italiano (superiore indifferenza, sdegno dei programmi e delle ideologie, sagg02za nell'apatia, ironia e gioconda sopportazione), che han trovato cli recente molte e facili apologie tra i letterati più o meno politicant.i.; è certo tuttavia che riescono insufficienti e infeco~de, almeno nelle ore più significative e più triag1che. Accadono allora i trim1fì gaudiosi della smodata retorica, le violente - se pur brevi - dominazioni della faziosità sentimentale, le truci e delittuose vendette reazionarie: in simili congiunture quel proverbiale buon senso del popolo italiano svela caratteri di grettezza, d'ignavia e, diciamo pU1·e, di viltà., che gli furonJ spesso rimproverati dagli ideologi rivoluzionari-ma.zz:iniani socialisti missiroliani. Non vorremmo dire che il giudizio di costoro sia proprio esatto e definitivo, mentre è certamente unilaterale e gualche po' fanatico; d'altra parte proclamarlo senz'altro fa.lso e privo di sostegni, è certamente troppo semplice ed arbitrario. Per es~mpio, nei giorni passati, l'Italia dannunziana, accademica, patriottarda ha potuto imporre senza fatica la sua violenza mercenaria e caotica co11tro gli interessi dei ceti produttori, delle borghesie conservatrici, degli elementi industriali più solidi ed equilibrati. L'impresa è stata accompagnata da un così turpe sfoggio di vigliaccheria, d'impudenza, di tradimenti, che si sarebbe potuto credere da taluno persino a una totale ignoranzi' delle norme morali più elementari e diffuse j e in certi momenti s1ebbe anche la sensazione di scoprire nel fondo della nostra razza un'immaturità e una debolezza incurabili e l'assoluta mancanza di quelle virtù di coesione, resistenza passiva, tenacia legalitaria, che spiega.no la forza e l'antichità di popoli come il francese -e l'inglese. Sopratutto l'Intellighenzia parassitaria si è mostrata oosì ·moralmente scaduta, e intellettualmente povera, che rifiori van spontanei sulle nostre labbra, con le apostrofi cli Marx, Veuillot, Nietzsche, Sé"rel,gli aratemi di Proudhon: , Montrez-moi quelque part cles consciences plus venales des esprits plus indifférents, des iìmes plus pourries que dans la caste lettréed ,. Con troj,pa passione t,.:ttavia noi giudichiamo gli a.vvenimenti ultimi d'Italia, perchè poosiamo indurci ad adoperarli come argomento .definitivo a sostegno della nostra tesi. L'infinita tristezza che è ucgli animi, ci impedisce di credere anche alle immediate rivelazioni dei nostri occhi. D'altra parte non v'è dubbio che la nost:a istintiva fiducia nelle virtù_ più o meno segre.t~ e durature della stirpe abbia subito una scoss;i. e non possa più accontentarsi di certe facilis. sime dimostrazioni, come un tempo. Ci han ricantato .finora e su tutti i toni che il oopoJ0 d'Italia è saggio, moderato, prudente; ci han quasi vantato, come qualità venerabili ~ tradizionali, quelli che ci parevano i difetti profo,,. cli della nazione (la mancanza della serietà. chlla. discipiilla, dell'orga.nizz.azione note in F'rancia e in nghilterra): ed ecco che queste qu,- lità, nelle ore difficili, ba-nno avuto veranir.ntt: carattere, più che cli pregi, cli colpe; e quella prudenza ha assunto aspetti troppo stranamente simili a quelli della paura. Doveva b.._;tnse 1 insofferenza spensierata e sorridente del pù· polo " tener 10ntane le ombre paurose della dittatura e della reazione: ciononostante un'instaurazione reaziona,ria ed assolutista (1w11 scu-• za l'abolizione delle libertà fondamentali e statutarie) ha potuto erigersi contro, non à~co gli ideali vani d'una moralità politica a.uster:1, ~1.1 gli interessi delle classi e delle regioni p,:, progredite. La monarchia, indissolubilme~te icg.3.· ta alla tradizione liberale cavouriaua e riolittiana., doveva costituire un punt-0 fermo né.I tumnlto delle fazioni e assicurare, oltre !r: ,icen. :Je ò.ella cronaca paTlamentare e go·,l'rn:it.h~a, Ia. conservazione delle legge. E non abl:-.ia.310 1-;oivisto, in questi giorni, scindersi il hl!.vm1fo presunto Vittorio Emanuele-Giolitti, e il Re accettare senza rammarico le responsabilità di duce della reazione ed erede del colpo di stato! Ecco che certe notissime diagnosi (nelle quali s·e.ran volute denunziare le colpe e l'imma.turiti: della nazione giovanissima, e dedurre la ntcessità di costruire un ceto dirigente solido e stabile) escon dall'ultima prova in qualche JY,odoriabilita.te e giustificate. L'unificazione d'Italia, se non fu ciò che molti credettero ,impresa arbitraria e violenta; s; può ben definire, senza tema di cader in errore, operazione arditissima e quasi temeraria; come prova anche la struttura del regno, che 111} fu il resultato, estremamente delicata sensibile difficile. Contro gli egoismi re.giona.1i, gli interessi paesani, gli oirdinamenti locali e feudali, le consuetudini native, che Cattaneo descriveva e rispettava.: proporsi una politica unitaria po.teva parere, e fu realmente - nel sogno mazziniano, utopia mescolata di fermenti retorici ed eroici j ma rea.lizzarla fu, anche pii1 cli quel che non apparve, ardimento mirabile e pa,radossale. E proposito e sforzo, furono essenzialmente e profondamente piemontesi. NelLi stanchezza comune d'Italia, le tradizioni repubblicane e separatiste, le tirannidi for~tiere, la scarsezza delle lott-e civili, avevan foggiato quello spirito generale della nazione, troppo adatto a. giustificare il giudizio severo degli stranieri 1 che ci consideravano, secondo la testimonianza cli Treitschke, « quasi un popolo ·di 5chiavi, ricco d'intelligenza e d'astuzia, ma i1:etto al vivere libero •· La diffusa immaturità degli Italiani alla lotta politica si sfogò, come è noto, nelle miste1~ose leggende e nelle paurosa cerimoriie delle cospirazioni, ri,1oluzionarie o re.azionarie che fossero, tutte ugualmente mise-revoli ed infauste. Nel Piemonte, l'esistenza d'una casta militare gagharda e d'una dinastia n~zionaJe e popolare fornì le basi al sorgere di una coscienza civile aperta e positiva j ne aiutarono l'incremento, prestando formule e sistemi gli esempi introdotti d'oltr'alpe: le vicine istituzioni francesi, gli ordini governativi e l'economia. libe1~sta degli Inglesi. Così il Piemonte, ne1l1ora del Risorgimento, si trovò, di fronte ·alle provincie schiave, /ignoranti, fa,. ziose; .stato solidamente rostituito, ;retto ,da/ un'aristocrazia antica e leale, con una forza militare e uno sviluppo economico e industriale ignoti negli altri stati d'Italia.. Maturando, per fatali e segreti impulsi, il proposito unitario, con caratteri italianamente settari e r.etorici, gli aristO<!ratici piemoutesi lo trasformarorto in una virile volontà pratica. E furo1io i soli che seppero, con lavoro silenzioso e tenace, diventare Italiani, da sudditi sardi che erano, prendendo famigliarità con quegli elementi della eoltura nazionale, da cui eran rimasti per lung0 tempo lontani. • Questo sforzo meraviglioso non trovò, tr-a i politicanti provinciali del nostro paese, la corrispondenza pronta ed efficace che sarebbe stata necessaria :gli schiavi ed i retori indocili uon potevan d'un tratto acconciarsi alla disciplina severa e allo spregiudicato realismo dei politici settentrionali. Le prime spontanee diffidenze, scomparendo, la..scia.rono il posto ad un'ostilità, sorda e sotterranea. E l'unità fu compiuta sotto la dinastia di Savoia., per virtù unicamente della prodigiosa attività di Cavour. :Morto il grande ministro e sorti, mentre ancor si terminava l'opera dell'unificazione nazionale, i primi inconvenienti e le prime difficoltà; contro la nobiltà piemontese anticamente e metodicamente preparata al governo, gli inter5.si e i sentimenti delle provincie, na', 1rali e brutali, insorsero. Cominciò la gu11rrJ. d-,ll'Italia contro il Piemonte. In questo sen s.; la soluzione cavouriana. e sabauda meritò ·:eramente in qualche modo l'epiteto cli « ap,i:·ossin-ativa , ; e fu tale non per colpa della monarchia e di Cavour, ma delle circcstan;~e ~ della materia riluttante e fervida, ch'essi ebLero a maneggiare. ~1 un1impresa che~ R~ ,: tien conto dei tempi positivi e plebei e dr,:ie abitudini moderate e casalinghe delle popclaz,oni settentrionali, ebbe caratteri. ed ast•ctti a.ltamente grandiosi ed eroici, fu in qu,'1chc n1odo un'avventuTa troppo a.rdita, uscerJ..•loilrori dalla tradizione politica del Regno S irdo e ron;pendo un €qui1ibrio fatiCQ.5amente maHt€• nuto per secoli: e segnò la prima tappa di una sh ria dolorosa e difficile. E' chiaro d':1Jt-},:01id~ cl e le circostanze. non permettevano sol,lzivni rii: .meschine e guardinghe, o comunque diverE-e. C'è clunqué, in Italia, un'élite di 01·igine schiettamente piemontese e di mentalità J.argam@te italiana: dal luogo di nascita toglie le virtl1 di saggezza politica e di resistenza guerriera, cla11epopolazioni settentrionali confinanti l'abitudine alle relazioni diplomat.iche e cosr!Opolite, dall'Italia l'educazione letteraria e. in })arte i fondamenti teorici della sua n1issione. Accanto e contro quest'aristocrazia, le p:.O:-'-"i11cie ~nscitano le rivolte faziose, le camorrè locali, le ideologie intemperanti, le insurrezioni sentimentali, la generale immatlll·ità. LtL continuità goYcrnativa, un p11nto stabile nella confusione delle c~ntese regionali, un orgauismo moderatore <lei tumulti~ degli odi, delle vendette che form;in tutta la vita politica del nostro paese, furono assicurate dalla volontà, persistente e disperata di questo piccolo gruppo estremamente progredito e educato alle istituzioni civili dell'età. moderna, posto dalla Provvidenza a reggere popolazioni ancor barbare o per troppi vizi decadenti. Ma fu impreSJ, continuamente pericolante, affidata al genio individua.le dei ministri (Cavour, Sella, Giolitti)· non senza caotici interrep-ni. che ne rovina;ano, appena' fondati, ogni risultato e ogni conquista. Repubblicanismo,_ po.htica din.:stioa, interventismo del ma~g1O, leg1onansni.o, nazionalismo, fas.cismo: reazio11t sentimentali ignote aÌla nostra eente del settentrione, seria, tranquilla, attaccata a' suoi traffici, inU'nta a-i pacifici interessi dei mercati agricoli, delle borse, delle aziende industriali. Dal principiò dell'Unità, il Piemonte s'è sentitr. profondamente isolato nepa nazione: anche quando dominava e guidava le sorti di tutta. Italia. Perchè esso, di contro alla politica provinciale ~ insubordinata delle regioni,_ ostent1. l'organizzazione e l<!,e,erietà europee della suo vita civile: qui da noi liberalismo e comunismo vantano un fondo dottrinale e una attività pratica assai lontani dalle superficiali metafisiche e dalle fragorose ostentazioni di operosità delle fazioni italiche. Perchè, in questa. nostra t.erra abbiamo un:industria solida orgenica pr~per'osa, e non, come nelle altre parti, tentativi sproporzionati, parassitari, aesrchici: qui le fabbriche tessili, la Fiat, Agnelli; altrove l'Aben.teuer-Xapitalism:us, che h~ analiz~ato Ansaldo, su queste stesse colonnt':. Perchè pi:esso i nostri capitani d'industria, i nostri operai organizzati, i nostri piccoli proprietari di campagna., l'untà degli interessi privati e del benessere generale, il sentimento dello Sta.t-0 insomma, è nozione immediata e istintiva j aJ1che se ripugni a queste 1l1enti fredde positive, e magari grette, ragionare troppo a lungo di Patria, doveri nazionali, virtù civiche: cose sacre e venerabili soltant-0 quando si arriva a considerarle, non più come un fine, v;,.. .me un presupposto: prima, pure divagazioni accademiche, o peggio, spiriti demagogici. Perciò il Piemonte mantenne 1 per tutta la nostra storia breve, una fond,amentlale politica d'opposizione: l'unica aristocrazia seria e fattiva che esista in Italia, la sola veramc:nte unitaria, veramente italiana, non può ancora reggere stabilmente il paese. Le parentesi governative, forse troppo premature, riuscirono sterili, e talora rappresentarono persino dei compromessi. Dove si vede il difetto della politica di Giolitti, eh•: fu costretU> ad allargare la nobiltà originaria, &cl appoggiarsi sopra un ceto borghese ir.certo e mal definito, che oggi è passat-0 al fascismo. ~entre a Cavour il suo genio e le circostanze crearono un meraviglioso se pur momentaneo consenso di voleri intorno al mito ·unitario. La feconda e tenace attività dell'élite si manifest-0 piuttosto nella capacità di raccogliere intorno a sè le forze più serie e vi,e della nazione ,altrove isolate e ccstrette a "isterilire. Continuando così il processo, che dura da Alfieri in poi, e per il quale, stabilito un commercio {l'interessi e d'idee fra le regioni; il proposito solitario dei Piemontesi perde la sua rigidezza e si fa italiano; si creò quell'ambiente d'opposizione dove, meglio che ad ogni altra scuola, si foggia e si educa la classe dirigente che mancò finora all'Italia. Perchè non è certamente nostra intenzione creare, fra gli altri mille, un nuovo regionalismo. Il mito piemonte....~può servire non solo a noi, ma a tutti gli Italiani arist-0eratici, di raccolta e d'insegna: oggi più che mai. Antifascismo: vale a dire Yolontà d'inimicizia contro l'« altra Italia ,. E ci diranno romantici, protestanti, pedagoghi. Noi non accettiamo senz'altro e neppure rifiutiamo a priori queste definizioni: ~i sforzeremo piuttosto di determinare dei limiti, di fi93are dei criteri chiari e distinti, di opporre, agli epiteti vani, concetti precisi e punti di partenza stabili. A coloro che ci consigliano d'attenerci alle forze che oggi ((riescono» e ci rimprovera.no la volontà di creare opposizioni inutili, ricordandoci che la vera politica non procede per ,~a d'antitesi, ma. di conciliazioni; vorremmo rispondere che la loro dottrina, spiegabile come p0sizione polemica contro lo sfoggio insipiente e variopinto delle ideologie, è in tesi assoluta insufficiente: risultando la lotta politica di antitesi che son nel tempo st&:;so conciliazioni, di opposizioni che diventan contatti. E lasciando questi discorsi generali, perchè a noi - che non siam metafisici - ripugna indossar troppo a lungo l'abito cli maestro di dialettica: e passando a un ragiona.mento più umano e psicologico, diremo che il loro punto di v-isba, in apparenza agile, può diventar ·perfino, quando si;:i, preso alla lettera, terribilmente rigido: in quanto è incapace a dimostrarci l'utilità e ì1 valore dei partiti estremi e delle disperate coel'enze ; e Gi ti duce a nna. sterile neg,azione; quando non si tras'f?rmi addirittura in una giustificazione della mentalità italica scherzevo!e e accomodante. N[a la virti:1 governa.tiva di Cavour non si spiega, senza la matu1·az.ione solitaria e difficile della sua fede in un ambiente d'opposizione. Noi siamo dunque dei protestanti e dei romantici che conoscon tutti i difetti del romanticismo ~ della riforma. Perciò la nostra solitudirie non ci conduce a fondare Ulla settia, la nostra opposizione ncn assomiglia a nessuna pedanteria puritana. Da..Machiavelli, Guicciardin.i, Sarpi, fino a Croce, l'Italia 1 vanta una serie nobilissima di riformatori disperatamente fedeli a una sefiE:tà morale e religiosa, che manca a' loro còntemporanei, m,a troppo disillusi e cauti per voler creare nuove forme artificiose di culto. Del resto, tralasciando di mentovare esempi troppo alti, o piuttooto responsabilità troppo grandi; l'austerità e la durnzza dei nostri costumi son qualità regionali alle quali siam troppo attaccati per volercene disfare; e crecliam d'altra parte che non sia.n affatto inutili nel paese delle farse e dei carnovali. Entro questi limiti, ci ostiniamo ad essere degE oppositori, e magari, re ci obbligano, dei pedagoghi. Pe,:che abbiamo dietro di noi una tradizione di pensiero e d'attività; la quale può ben darsi che sia la nostra debolezza; ma è ar:che certamente il titclo piì, grande della nostra nobiltà. E continueremo a credere, fin che ls circostanze non éi disilludano, che soltanto dal Piemonte, che ha fatto l'Italia, possano derivare i germi d'uno stato futuro più sold,; e •più potente. Intanto oggi questa fede ci sene cli simbolo: , chè ove speme di gloria agli anirr.osi Intelletti rifulga ed all'Italia, Quindi trarrem gli auspici •. E può ben darsi che no:n si tratti soltanto d'una citazione retorica. NATALINO S.U'EGNO.

b LA RlYOLUZIONR LlBJJ,ltAL~ Note sulla burocrazia III. Il Governo della b uro e ra z i a. Una denuncia del Senato. Il 3 a.prile di quest'anno, il sen. Tittoni, in Uù discorso detto in Senato a riepilogo e chiusura cl·un periodo di gran lavoro della Camera alta, dopo aver pronunciato una fterissima r<'- quisitoria contro l'istituto del decreto-legge e il suo abuso, usciva in queste notevoli dichiarazioni: uSe noi ... risaliamo alla vera sorgente dei decreti-legge, ci troviamo di fronte a quJ.l votere incoercibile che è la burocrazia dei ,ainitteri, nella quale il sistema dei decreti-legge concentra di fatt,o il z1utere legislativo»; qui'J.- di, dopo aver insistito sui pericoli di quest:i. «a11011i11wforma. di as.wlntismo11 e dopo aver ricordato che « alla condanna dei decreti-legge sono legati i nomi più illustri della nostra storia parlamentare» da Cavour e Rattazzi a Or. kndo e Luzzatti, veniva a citare queste apocalittiche parole del Luzzatti: « Più si approfondiscono questi a.bissi dei decreti-legge, più ne cresce l'orrore. :I ssumono l'aspetto terribile di •u,1 rer1gimento assoluto ver spontanea ded-izione dei parlamentari•, e concbiudeva fìnalment,3 ripetendo, lui Tittoni senator Bernardo « le parole che un fiero spirito democratico, Domenico Guerrazzi, poneva in bocca ad un per~°: naoaio storico: .-1 u,torità senui legge, aut onta co;r~mJJitrice di leggi, le osteggiai tu,tte; e finche durino, nessun vovolo si vanti nè i.ibero nè cirile 11. E braYo sig. Presidente! Però, a voler·essere incontentabili e indiscreti, si poteva anche obiettare a.I commooso e autorevole oratore che, Yerame~te, quasi tutti i pa,rlamentar:i da lui ricordati, specialmente i più recenti ed i viventi avendo fatto parte dei aoverni sotto cui, prim~, durante e dopo la gu~·ra, piìt celere e profonda era stata la decadenza parlamentare, madre, o per lo meno, sorella della strapou-nza burocratica, erano, ciascuno per la sua quota parte, i veri e maggiori responsabili del terrificante stato di cose, che il Titton:i lamentaYa davanti e a nome del Senato. La quale constatazione, con implicito bia5imo, era esteu• s:ibile anche all'on. Tittoni, come quello che di parecchi di quei governi << burooratizzat.ori. » era stato grandissima parte. E ancora, data la stura alle impertinenze, si sarebbe potuto, a proposito cli questa un po' tarda e assai coccoclrillesca deplorazione, rileYare, come fu del resto rilevato cli fatto, che il Senato allora. aveva aspettato a insorgere contro lo strapotere della burocrazia, quando l' azione dei decreti-legge si era mostrata sempre più inesorabile e pesante persecutrice delle alte fortune industriali e immobiliari, che sono, come ognun m'insegua, nell'alta Camera assai largamente e degnamente rappresentate. ::ira, fatte così, a sfogo del nostro cattivo carattere, queste obiezioni e queste riserve, non è possibile non applaudire toto corde alla denuncia dell'on. Tittoni, e non convenire con lui che, nel momento attuale, porre :in questi termini e cercar di risolvere in quE!6to senso il problema della burocrazia è opera indiscutibilmente coraggiosa e della più alta benemerenza: Perchè, quando si parla cli problema, o di piaga, della burocrazia. in Halia, e fu_ori d'Italia crediamo anche no1 che 11 lato piu grave e il ~unto più purulento, n_onsia tanto nella pletora degli impiegati molti, e mal pagati, e non si« neanche nello scarso rendimento di queste tllrbe di funzionari impecuniosi, ma sia invece appunto nella ,uwrpazione di funziom di govrrnr, da parte dell'alta burocrazia centrale, e nella esistenza di quella , anonima fonna di assolutismo,, che è cli quella usurpazione la conseguenza diretta. E la gravità della coea, si badi bene, non ò mica di oggi; sono di ieri il discorso Tittoni e i u vivùaimi applausi • dei senatori, ma il male è antico assai. Già un pezzo prima della guerra, alla vigilia delle prime elezioni a suffragio quasi universale e completamente giolittiano, « l'autore di queste note•, per dirla anch'io col Luzzatti scriveva. su La roee del 9 ottobre del 1913': « ... la iniziata, e qw,.nto prima completa, decadenza del parlamento, avrà a segnare il definitivo e permanente trionfo della burocrazia. La , 1uale, in questi ultimi tempi. ha vistn la sua influenza e i r-moipote:ri ingrandirsi e;normemente: tantr1 che 11romoi na~t;l}Jjl/1011:,,te ;;ià 11spira ori 111.·,,r~ver,, e 7,r117rrù, fwnzforii rl't, [J()- ,:,r1,0; E JJO.lfrl.\'l, TALI PU.YZ/0.\'f., 88 .YCJJ,.1 lS1'Eltl'l/;'J'f1, RSSA /,/;' A VliA /Jl FAT'l'O •· Burocrazia e dittatura. Dall'autunno del tredici in qua nulla €6S<,ndo int.ervenuto in senso opposto, tuU,o <,Fhcndo inttrvenuto in s6nso favorevole, quella dw nel tredici era previsionE:. d'un vociano, ad,;1,so nel w,ntidue è la constatazione del Presid,-nt...-, <1,-1 Senato: e il fatto è questo insomma, eh,, l'ft,J/,1, 1•i,:e ora r]arver9 ,in regime di gf"Jvr-r,10 l,ur,Jcra. tico, cioè in regime di dittaturo. Pcrchè l'importante è qui: la burocrazia moderna non è che la permanenza e la rivjne,-ita del11antico regime; clire governo della. ~urocrazL1. è dire potere assoluto, clittatur_a,; ~httatura cli uu uomo, quando l'uomo c'ù, e s1 chiama per esrunpio, oggi. come .ieri,. Gio!itti (e q_uest~ 'è ancora il mighore cle1casi), dittatura eh un or• ga1tizzazione, di un gruppo, di una banda, quando manca l'uomo cli stahua e di abilità superio• ri alla media (e questo è il caso più frequente ed i} peggiore dei mali). . . Episodi noti e tipici ,;!_elreggimento dittatoriale da cui è beneficata l'Italia del dopo-guerra sdno, tra i moltissimi: gli scandali delle nole di variazione dei bilanci con cui la burocrazia romana aveva trovato modo di eludere, non solo lo Statuto, ma anche la legge di contabilità,; e prima, la promulgazione del. d~creto Alessio, con cui Giolitti, dopo le elez1on1 del '21, prima di èedere il posto a B?nomi, aum~ntava nella misw·a che si sa le tariffe doganah, con. solidanclo per anni, a beneficio cli certi gruppi bancari e industriali, il caro-viveri iugulatore cli tutto il paese: e ciroa lo stesso tempo, sebbene in tutt'altro campo, la. reazione anticrociaua della burocrazia rninervin-a, durante e dopo il ministero Croce; e più avanti I1arbitrio esem• plare di Nitti, che, deliberatamente, non tiene nessun conto di un voto quasi unanime della Camera per la ripresa delle relazioni col governo dei soviets, e, cosa più enonne a·ncora, di questo arbitrio si vanta in un libro e in un di. scorso; e ancora prima, a conclusione dell~ guerra, l'approva,ion.e per decreto-legge dei tra-ttati cli Versailles e di St. Germain; il tutto avvolto nel classico paraidosso costituzionale ita. liano, per cui, un partito che costituzi~nalrnen• te ùi Italia non è più mùla, pure sèguita a tenere il governo, apparentemente con un Presidente del Consiglio e alcuni ministri, in realtà coi direttori- generali,· coi prefetti, con la ma,.. gistratura e con certi clementi del fascismo. OppreS&a al centro era naturale che la libertà superstite rifluisse alla periferia ad animarvi quelle a.spirazion.i autonomistiche locali e particolari, che ancora potessero sus.sistere nel nostro paESe; ma ben presto arrivò a controllare e ad iJjfrenare anche questi movimenti il potere assoluto della burocrazia centrale, il quale, prima, diede alle autorità locali (prefetture, magistratura, questore) m·clini di allentar la corda e di tollerare, (vedi Collaborazio11ismo di Formentini) e poi, dopo le elezioni del '21, ordinò l'ostruzionismo prefettizio alle amministrazio~ ultraautonome d,ei socialisti, finchè, venuta la reazione fascista-naz.ional-democratica, nei due terzi d'Italia, le amministrazioni autonome, defene,strate o dimissionate, fnron trionfalmente sostituite da commissari prefettizi, da commissari regi e da commissioni reali. E così fu soffocato quel significantissimo, per quanto disordinato, tentativo di autonomia e di decentramento, che era rappresentato dalle amministrazioni socialiste, popolari, combattenti e redente, sorte dalle ultime elezioni amministrative: con questa dolorosa e pericolosa conseguenza, che la comune degli amministrati, sbalordita e stanca e delusa, dopo tante violenze e tanti eccessi, è disposta a considerare l'intervento della burocrazia statale ·nelle cose locali, come il minore dei mali, o addirittura ad applaudirvi come al ritorno di Astrea, e, insomma, .a rinunziare, per un po' di pace, a.Ila propria libertà.' e sovranità. La libertà In Italia. « Ita.lia, terra di ogni libertà»: un altro rli quei tali modi cli dire, tipo « Italia giardinr, <l'Europa.», «Italia madre <li biade», ecc. Di libertà autentica, veramente, in Itaìir.1, non ce n'è mica molta. Politicamente si scan:. bia per libertà la facoltà teoretica lasciat-a al « popolo» di valersi dei proprii diritti sovrani; libertà « virtuale ,,, se mai, ma in atto, <la noi, tirannide delle più esose, tirannide della burocrazia. Praticamente poi si crede che sia libert:i. quella tale indifferenza e ottusità dell'autorità, la quale in Italia usa lasciarsi in ogni campo vilipendere e ignorare, salvo poi inter• venire, a intermittenza, bruLahnentc, come è proprio degli abulici e de-i n •vras~nici, o deli• }Jeratamente e parzialmente S<'con<locho la so• bJ•ingano intE:.ressi o egoi5rni c·vo11tualtnento of~ fr--si. Non ci pub poi esser liberLit. vfra in un paese come jl nostro, in cui ,nanca, o è L':"'.nuis. si1110il senso della legaliUl-, e dove la legge, così in alto come in basso, è an<"ora r·011.sidc.raLa CO· rnt::un chiapparello buono per gl 1ingf'nui, e di cui i II furbi• si valgo110solo pùr l'utilr· proprio o p<-r il danno dell'avversario. Jn Italia c'è, se Jì)ai, quella sorta di libertà r·he la Roma rl.ei Papi conef'dc·va a' suoi sudditi: Ji~rtà. di satireggi;nr· Ponl<•ficc· e Carrlinali, mf. obbligo, per <'ficrnpio, cli c·omuni<·anri pub. blicamc·nte anche per chi non ri crcdc·va; e quella 1ih6rtà che la Chiesa Romana c,:oncerlc·va, e· for.,c ancora conr;erlP, a' suoi ,ninistri: libertà di parlar grasso, Jil,crtà di non (~",(•rvare il di. giuno, libertà magari di non c·rc<lerc, ma <li. virLo, per esempio, di f'SSPrpi<•lo:;jeon i rc·probi o rit~nuti tali. E ('OSÌ è anGorn nell'ftalia <·05]. dd.La laica ,<love un profe~isore univcrf;ilario, per esempio, è libero di prof1..s~ar dot~rine so\·- \·ersive, ma non è altrettanto libero d1 esser se· guace o ammiratore cl_elCroce;_ clo,·e un professore seccndario è libenssuno eh .dire e scrivere dc' suoi superiori della i\:finerva tutto il. mal.e che vuole, ma non sempre ìibero cli bocciare 11 protetto del sena.to1·e._A. o il figlio ciel pescecane B.; in Italia, in poht1ca pu01 essere Bombacc1 non puoi essere Giretti, puoi essere :Mussolini non puoi esser ·Salvemini; nell1Italia, militare puoi essere ìV[illonon puoi e~ere <?ado1~na;. dap· pertutto insomma sempre hai la hberta eh vnn fare il tuo dovere, di rado hai la libertà di farlo a oltranza. E se nella tua vita ti capita la disgrazia di venire a contatto con gli organi statali che ar:l• miill~Lrano la giustizia e reggono la si~ezla pubblica, allora tu provi pil1 tremendo e ra:ca. pricciante i} senso della .inesora.bile compr~ss10~e cui può €6Ser soaaetta 111 Italia la tua hberta. Qui è ancora l'at~osfera del Santo Ufficio. Nel- !., terra, del Beccaria, se è tolta da un pezzo la pena di morte, vige però ancora nelle questure la tort1,1ra: le rivelazioni ciel Secolo sono roba di ieri. Quando, per una lite o civile o penale, tu cadi sotto le grinfie della nostra gius~izia, se non appartieni a qualche camorra o bianca o rossa O verde o tut.t'insierne, novanta su cento, con tutte le tue buone ragioni, tu resti, nell'ingranaggio, inesorabilmente stritolato: ne sa qualche cosa l'amico Dino Provenzale, che proprio mentre scrivo, è alle prese col nuoYo ):Iolèch. Chi:: s~ poi niente niente vi s'intrude la politica, allora son dolori; alla vecchia formula della , legge uguale per tutti , il - sen. D_e Cupis, peggografo, mi pare, della nostra magistratura, contrappone dallo scanno senatoriale quella più moderna dello « Stato a,m·co agli amici e nemico ai 11emiei "; e lo sca.ndalo delle assoluzioni e delle condanne politiche giunge tanto oltre ,che un Presidente del Consiglio, in piena Camera, per ben due volte, cosa inaudic..1 i,) credo in uno stato civile, richiama solenne. mente l; magistratura ai proprii dOveri di imparzialità, senza che l'istituzione così colpita trovi mai, nè l'una nè l'altra volta, una pubblica, parola cli protesta. E' vero che }a magistratura regia ha di ciò una sc=a e un esempio nel diportamento della magistratura popolare, più forsennata ancora nel condannare e nell'assolvere, con criteri di classe o di parte: ma la questione si è che l'istituto della giuria è criticabile ed è riformabile, ed è, a,d ogni modo, rivoluzionario di origine e politico per definizione, mentre invece, caspita, la Magistratura Regia è la moglie di Cesa.re, ì:, un potere dello Stato, è lo Stato in quel che ha di pill santo, e se c'entra il baco, addjo patria ,la liquidazione è aperta. Rima11eva, a presidio della libertà intesa comf'I neutralità dello Stato ,o meglio, come superiorità dello Stato ai conflitti di classe, un'altra branca della nostra burocrazia, quella militare, l'Esercito; il quale cli fatto in questo senso, finora pareva che avesse funzionato mica male da Aspromonte al brigantaggio, dai fasci siciliani a1'98, dallo sciopero generale del '904 alla settimana rossa della vigilia della guerra; m~ poi c'è stata la guerra, anzi, la discussione sulla guerra, e dopo Caporetto la proJJGganda, e dopo l'armistizio, ahimè, Fiume; e la. monta,.. gna di Fiume ha partorito, i generali Oeccheriui ed i Depetto e i Millo, e l'esercito fascista, e i relativi Del Dono, così che adesso, in caso dei casi, se fallissero, come falhrebbero, 1 e •mJJlementi siciliani di Badoglio, noi, non fasci• sti, per difendere le cose nostre e le nostre perscme, dovremmo tener conto dell'offerta della Patria del Popolo (sind(1ç<di,ta l}'.{n11u11da110), eh,·-a« difesa effettiva ed armata contro tutte le offensive violente ed armate della reazione • pone a disposizione di « tutti coloro che temono soprusi e violenze », le sezioni dell'Unioni:- Italia del Lavoro, i Leginnari Fiumani e gh Arditi c, gen~ <li fegato e di audacia, che nm: è avvezza a scappare, che li proteggerà e li tutelerà con tutti :i mc,zzi ». <t Povera Italia! dove abbiamo giunto! » è il caso di esclamare. lvleno male- poi che, ancora come avveniva negli Stati del Papa, l1in• ferno cli questo assolutismo tra medie\·ale e messic.ano, è poi di fatto mitigato e dalla naturale bonarietà della maggior parte dei funzionari alti e b"6Si, e dalla relativa facilità di contrapporre infitf.enza a pressione, e da quella singolare cluplicit,.',, della 11ostra indole, per cui ogni Italiano è sempre due Italiani, ullO che dice e minaccia. un sacco di bestiaTìtà e lmo he, al momento buono, « vocle il peggiore ed al rni.glior s'appiglia »: il che però non loglie che sia dovere <]j ogni lLaliano dotato di ;m. cora chiarovc.ggcnlo amor cli patria, notare cnt questo gioro 11011 può più durare, e che è vt.!- nuLo ora.mai il tempo di rompere - .. n qua!un• qu.· modo - il cerrhio di questa tirannide, che, 1in po' pr,r ricl<·rc un po· sul s~rio, adagio adagio ('i è venula serranclo 1 C' contro cui oranrni, O({ni momrnt.o, urLa in Ilalia ogni attività che tenda alla r!'fitilu1.iono intearale delle nostre 1iberUt. n 011 antecedenti storici. ;\JolLi, pur c·~sludo {'011 uoi d'aceordo nelle co•)sLa.laz.ioni cho !,,iarn andati fac-cndo, riten- .gono cho bi lraLti insomma di un male temporaneo, d'una ncc:rssiUl in rui, nella crisi del dopoguerra bi son LrovaLi i detentori del poteJ·e, costreUi, per difénrler sè o lo Stato, dagli assalti dei sovversivi, a por ma.no a tutte le armi di cui disponevano, id comprese _la Pubblica :::iicurezza, la magistratura, l'esercito e la bu: rocrazia \·era e propria, Yuoi .centrai&, \~uo1 provinciale: passata la bufera, dicono questi otmisti tutto ritornerà nella normahta, e, 1n clefiniti,·a, si vedrà che tutto è stato per il meglio di tutti. . . _ . Già, ma il gua10 s1. e che codesto auspicato cc ritornr, allo 110011ahtà "• codesta sperata restituzione dello statuto quo ante beltum, a me non mi sorride niente affatto, chè anzi mi par pi(, pericoloso del parossism_o a_ttuale. Perchè, Io stato cli cose che noi ch1am1amo u go\·ernq della burocrazia » con tutte le sue lugubri con• seguenze, 11011 è r.nica in ~talia· una inven~io.ne recente, un 11 n?31cluato d1 guerra •, ma e ltl· vece una ccsa antica, un m1ale annoso e cronico. Tutti <>lieccessi di assolutismo burocraticodittatoriale, che io ho enumerati dianzi, banno i loro antectdenti in altrettanti eccessi com· piuti daali organi di questo potere irresponsabile nei O lunghi anni che precedono 1'nltima ai;erra.: i fasti di S. Fedele e delle caserme delle guardie cli finanza, denunciati recenteniente da certa stampa milanes~, h"'anno i loro antecedenti in innumerevoli casi dello stesso crenere fra cui tipico e antonomastico a Roma f1 cas~ Frezzi con relativi sacchettamenti: già molto tempo prima della guerra la ... moglie di Cesare era qualcosa più che sospettata, e fin dal '900, per esempio, era andato famoso il procuratore del re di Vigevano (cito dal Papafarn) il quale, letto sul!' Eco della Lomel/ma ricavato dalla rita l11ternazionole un articolo di Edoardo Giretti, in cui era detto fra l'altro che il dazio sul grano era (< una iniqua spogliazione che per mezw ed autorità della le~- g,i si fa dell'intero popolo italiano a benefic10 cli alcune migliaia di proprietari d.i terre », im• putato il Giretti di aver incitato « au ocuo ira le varc classi sociali in uwdo pericoloso ver la 7wb· bl,c:a autorità ,, (art. 247 c. p. • da tre mesi a un anno cli carcere); l'insurrezione ant.icrociana dell'alta burocrazia .minervina è stata una cosa da nulla rispetto all'insurrezione dell'alta burocrazia contro il Sonnino all'epoca. dei primi e dei secondi cento giorni; e i decreti-legge lamentati ora dal Tittoni e dal Luzzatti non sono niente affa.tto lilla C06a inaudita per chi ricordi, ad esempio, la serie di quei tumultuari e ciechi provvedimenti di unificazione aromi. nistrativa, che il partito moderato al governo attuò, a mezzo di pieni poteri, Jr~ il '60 ed il '7o. E che così fosse per un pezzo in Italia., era fatale. La burocrazia è lo strumento di governo. che u,~ reggimento dittatoriale sorto in seguito a una rivoluzione, si foggia o si affina, 1)er sosti. tui.re effetti\·amente l'antica classe dirigent.P, 11 per consolidare prima, mantenere poi, il proprio dominio. L'eliminazione della primitiva classe dirigente, concomitante alla creazione dal rafforzamento della burocrazia, può av\·enire in vartt rr.odi: o bruscamente con la Yiolenza (dittature preparanti l'impero romano, il terrore, lo Clh· rismo, il bolscevismo), o lentamente e mitemente con l'esca degli impieghi di corte e dei. gradi militali (monarchia di Francia, duchi di Piemonte), o insensibilmente e per volontà delb stessa classe dirigente, distratta dalle cure della cosa pubblica e avviata agli studi clall'ar~ o ai subiti guadagnl; o per via costituzion~ e con 1 'attribuzione cesarea dei poteri SO\-i.·ania ceti sociali grezzi ed incolti (Austria-Ungheria, Regno d'Italia, ecc.). D'altra parte, la burocrazia nasce come selllp1ice strumento di governo trattato da llll dit. tatore (uomo o gruppo), ma essa è anche in pctenza, vero e proprio governo autonom6. L~ funzioni di governo autonomo nella burocrò.1.i<1 di potenziali di,·entano attua.li ed effettive regli interregni, quando, scaduto un dittat...re:, l'altro non gli succede irnmedia.taJnente, e cc!;Ì puTe, quando il processo di eliminazione ~ :ii clecaclirnento della classe dirigente è avanznt0 o giunto al suo colmo. Per l'Italia, dalla metà de11'800 in qua, le cose nou sono andate diversa.mente da quello che sono andate in altri luoghi ed in altri tempi. Anche da noi, al tempo che t11tti sanno, un"l riYoluzione, mPzzo liberale e mezzo dinastica. ha portato al potere una minoranza, la quale 11011 poteva mantenersi se non con sistemi ditlr.- toriali. La Destra messa dagli eventi in gr 11·- p·\ all'Halia una, senza che credesse nell'unit:.l. di questa Italia, o con pieno il capo del suo <·oncetlo di " Stato, il quale avvia llll popolo , erso la. civiltl1 , (S. Spaventa) ,doveva fatalnu:nle, per governare 1 crearsi quell'arnese di governo che noi abbiarn descritto nella burocrazia. L~L 'inislra, la quale, come disse ancon1. lo ::,paventa, salutò la caduta dei moderati « com~ il trionfo di un programma piì:l liberale di g0vrrno ridotto al minor numero possibile di funzioni : cho costasse quindi meno, e lac;,c·iaf.!;C" fare molto all'attività individuale o col. lc·liiva cli privati cittadini,, mantenne tal qual la burocrazia. della Destra, pur senza avere, ptr manWnerla, le ragioni, che aveva avute la Dc.,lra per crearla. L'ultimo rappresentante della Sinistra, Giovanni Giolitti, v-ittim.a d-el}'errore oomw1e a tuUi i cousel'Vatori italiani di sopravalutare la capacità l'ivoluzionaria dei nostri sovversivi e viltima anche della sua riluttanza e incapa;ità al combattimento aperto con gli avversari poli-

L LA R J V O LU Z J ON J,; LJ Jl 1;; lt A L J~ STUDI SUL RISORGIMENTO La filosofia politica di Vittorio Alfieri. V. • Politica anti-monarchica. Paralk-la alla negazione del caLtoli.cism-J s1 s~•olgc, ccme già s·(.: inLravvjsLo, la critica alla tirannide: an7~i vi è tra i due clemenl,i una sostanziale unità. ClH:cchè_sostenga di diverso lo Scandura Lra n1onarchia e tirannide non ,·'è differenza per i! pc.nsatore a.sligiano. li cOGLiLuzionalismo non gb offre garanzia di sorLa pcrchè egli non si è mai ftrmato a sludiare con ~i11ridica sottigliezz,;. il problema delle forme di governo. Sotto Jo stimolo del giusnaturalismo egli è tratto a pçnsare la storia secondo un principio sche,naticamente dualistico: il trionfo della libertà e, antitetico con es.so senza possibili mediazioni. il dominio della tirannide ).'.la St. il punto cjj partenza resta il giusnaturalismo, la statica concezione di Rousseau e l'incapacità sua di ;cop1prenclere l'oo:gamsmo socia.le è superata dal nostro in una visione trascendentale che riconduce libertà e tirannide a un principio pr,agmatistico e a una dinamica volontaristica. Do\·e la Yolontà è autonoma, dove il prin- ,cipio di ogni miglioramento e svolgimento è i,1 noi stf:ssi: quivi esiste libertà; da u11a stessa giustificazione, da una stessa b~se morale nascono dunque per l'Alfieri libertà individuale e libertà sociale. Si troYa tiranuide contrapposta a libertà, doV•~ all'autonomo svolgimento che ha in sè il suo fine e il suo principio si sostituisce e sovrapp011e un ·esterna gerarchia 'che negli uomini veda uno strumento per la soddisfazione di limitati interessi da cui tutti, eccettuato il tira1ino, restano -esclusi. Non si attenda a questo pm100 dall'Alfieri la giustificazione che lo storico può e deve da.re della tirannide, esaminancl.o realisticamente le cose. Studiare nel )700 la questione da un punto di vista. storièo significava schierarsi già ini- .zialmente coé fauto-ri della tira.nnide. La foTZa cieli' Alfièri dunque è nella su~ debolezza. Rinunciando al realismo politico egli conquista una posizione di realismo filosofico. Il profeta si libera <l.al suo tempo perchè 11Òn lo capisce (o meglio non lo capisce da politico): in questo paradosso c'è la de.finizione pill rigorosa di tutte le torbide divinazioni dei p.r-ecui-sori. L'Alfieri nega la tirannide percbè più forte dell'esigenza, sociale freme in lui il represso ardore eh una attività individuale, più forti di tutti i motivi democratici 1o· animano gli impulsi anarchici e aristocrc.1tici della sua esuberanza e della sua concreta coscienza creativa. La ·sua critica è superiore all'enciclopedismo e al liberalismo sensistico. Bencbè la sua fraseologia sia ancora sostanzia.lm.ente quella dell'uti..- iitarismo, egli tende. ad elaborare una concezione precisa della società come necessario organismo idea.le, e rdello s1)irito come socialità; e si guarda dal ricader nelle i11coeerenze dei democratici che per un risultato edonistico erano pronti ad accetta.re .trascendenza e dispotismo. L'Alfieri fu conscio talvolta dell'astrattezza che caratterizzava la sua. critica e, allora, ben- ·Chè privo di cultura e di esperienza storica, sep- _pe eleYarsi a visio;ni sintetiche di potenza vichiana. La ,,o,,c,ie,nza dell'inesauribilità dello spirito in lui limpidamente te0-1~zzata gli suggerì idee luminose sulla relatività delle, cose umane che temperano e arricchiscono nella sua ,considerazione della storia il rigido siste-ma iniziale dEll'entusiasmo imma.nentistico. « E' il vei·o che nessuna cosa poi tra gli uomini r1esce permanente e perpetua: e che (come ,già il dissero tanti savi )la libertà pendendo tuttora in licenza degene-r.a finalmente in servaggio; come il regnar d'un solo pendendo sempr:~ in tira-nnide, rigenerarsi. finalmente dov1"€-bb0 in libertà ». (Della 1'ira1111ide l. 1 cap. I). Al primo semplicismo della concezione cluali:::tica è qui sostituita una lucida visione di crncretezza dialet,bica da cui l' Alfier si affretta a dedurre una norma.di pratico opèrare: ((. ogni uomo- buono deve credere e ~pe.rare che non sia 9rmai lontana quella necessaria vicenda per cui sottentrar.e alfin debba all'universale ser- :1>aggiouna quasi univèrsàl libertà , (id.). Qui dal mondo me:tafisico s1è passati a una concreta- situazione storica. e :a questa significazione relativa Gi devono specificamente comrn..isU1·are quelle affermazioni che so,ltanto per maggiore .-efficacia e quasi per artificio di scrittore si er:.unciano com~ se rivestissero un valo-re assoh.1.to: per non aver posto ment,e a, ciò gli interpreti dell'Alfieri si sono perduti in tanti equivoci e incertezze. C'è un'altra giustificazione della tirannide, di carattere decisamente metafisica, cui 1'Alfieri accenna. appena, ma che avrebbe dovuto fa,r meditare i: critici frettolosi sulla; ,complessità e sulla feconda inquietudine del suo .pensiero. Nel primo libra dd trattato Della. 1'iron'17Acle abbi,amo visto il tiranno considerato come colui che sa conoscere gli uomini e perciò valersene. Tutto lo spi6to del primo libro Del Principe e delle lettere anche- se s'intende come satira e saJ·casmo, è necessariamente .fonda.tor GU runa premessa teoretica che nella tirannici~ riconosca qualcosa di praticamente e teoricamente valido. E non ~iamo noi i primi a notare che attraverso lç tragedie la figura elci LiraJJno s'impone e op_era conie_ realU~ idealo da c~i l'Alfieri è persino alTascmalo quando HCl luanno c·è forza e i·i ~hi gli soggiaco debo]e'l,'l,a Egli voleva per j suoi uornini di libcrt~i la lempra ferrea dei suoi tiranni e sentiva in sè i due eroici furori della libert~t e della forza sino ;1 voler impers.onare i11siemo quando rcçiLaVGLegli stesso il S'uo Filippo le due figuro a.ntiLetiche di Carlo (lib~rtà) e cli Filippo (Lirn11nide). Tut...tavia esigenze csl,c.tiicliee sentimentali sono crucle'Jinenle, imperiosamente soffocate dal prevalere di u'na sola esigenza morale: la negazione della tirannide a.cquista il pathos della negazione dell'apostolo. Reciso contro ogni dubbio 11 Alfieri scultoriar meute definisce : (t La. parola ])rinclpe importa: Colui che può ciò che vuole e vuole ciò che pill gli piace; nè del suo operare rende ragione a persona; nè v'è chi dal suo volere, il dipa1'La, nè chi al suo potere e volere vaglia ad opporsi ». (Del Principe e delle lef./.ere, 1. 1 cap. 2). <e E quindi o questo infrangi legge sia ereditario o sia elettivo, usurpatore o legittiuw; buono o tristo; uno o molti; a ogni modo chiunque ha una forza effettiva che basti a ciò fare è tiranno D. (Del.la 'l'irrM1,11ide, libro I, ca.p. 2). Le parole sottolineate mostrano a chi parli di fonti del pensiero ,a]fieriano quale abisso vi sia tra queste affermazioni e la dottrina del Montesquieu. Riprend<> l'esame delle seduzioni estetiche che su lui aveva. esercitato la figura del principe; ogni incertezza è stroncata: .si dimostra inesoTa.bilm-ente che il priuoipe considera,to come conquistatore, com.e legislatore, come mite governante è Sempre vituperevole e inutile 'all'umanità. Gl..i esempi sou scelti tra i pill efficaci: implacabili 60110 le (( stroncattu-e » di Al€6Sandro, di Giro, di Tito. Conclude: la tirannide è Jlantitesi del vivere umano,: << se anco da noi tutti non si dovesse aver mai altri principi che dei simili a Tito, ne saremmo quindi noi forse maggiormente uomini 1 1101 credo_; poichè i Romani non ridive.nnerO maggiormente Ro-mani sotto Tito, n'è sotto Traiiano, nè sotto gli Antonini, di quella che il fossero sotto Augusto, Tiberio e Nerone,. (Il l'rìncìpe e le letti re - libro II, cap. VIII). Dai primi motivi se"J1timenta.li ed egoistici la critioa s·è trionfalmente ampliata e integrata sino a. diventare una. deçisa aJfermazione morale: la polemica contro il monarca si tr,asforma in negazione assoluta d·el dogmatismo politico: il problema s'a.rriqchisce di un intimo contenuto peda-gogico e il liberalismo è ricondotto a.i suoi fondamenti filosofici. Gli sviluppi empirici, le::pa.rentesi quasi autobiografiche, gli stessi particofari erronei non devono. esser esaminati ingenuamente come tali, ma accettati in quanto illuminino ed -esprima.no con approssimp.,zione 5aim bo-lioa il coerente edificio sistematico della, sua divina.zione immanentistica. Anzi la casist.ica pratica che si deduce im~ mediata.mente dalla teoria dimostra, in un secolo di sensismo, l1irreducib.ile aspirazione ia un.i assolute-zza filosofica: non solo· si combatte il cattolicismo, ma lo si vuole sostituire integra1mente. Co-n una log.ica sei-rata l'Alfieri dei;-iva dalle sue premesse l1esig-enza del tirannicidio: il suo immanentismo -essendo fortemente legato a m<>tivi di immedi,a.tezza spirituale e di ingenuo impulso creativo è natura1e che egli c01ntrappon.ga all'individuo l'indivi1ch.1-0-,al tira,nno la passione del regicida. V'è in questa oorrentissma logica astrattium-0 e in-esperienz-a politica: ma è quell'inesperienza che fonda le nuove esperienze. E qui è il luogo di intendere e chiarire quel concetto apparentemente contradditorio e assurdo - che si ritrova nel Pam,eg-irico a, Traiano e qua ,e là in frarbmenti delle altre opere .__ che il solo princ~pe degno· cli rispetto sia quel- },.)che clona la libE}li,à ai suoi sudditi rinuncian-. do al domi'lrio. In teso il conç.etto grossolana-, mente si tòrnerebbe in pieno este.tism.o umanist.ico, e alla visione, della politica come ooscie,nz.1. e organizzazione. cli coscìell.2e si s)st.ituirebbe il gesto esterno, si porrebbe come f.econdo di co1-iseguenze universali un atto limitato, isolato, scisso dalla sto,ria. Non certo ad una libertà doiata aSpira 11 Alfieri'; la su.a libertà deve esse:r frutto di inesal_,\Sta vo.Jontà e di labo:riosa iniziativa. Nel Panegirico dunque non v'è nè ua. programma politico, nè· un ideale: si esprime la crisi di coscienza del tiranno, si mostra in lui il .dolòroso contrasto tra la sua qualità cli tira.uno e il pensiero che _gli cleve lla.scere in cuore naturalmente appena si senta uomo. Così non v'è liberazione per lo 6pirito, del despota fu_or che in questo ideale suicidio; la traiedia idima colta dalla fantasia dell'artista è la riprova rigorosa. d-ei motivi cli critica teori_ca. L'Alfieri enumera tre mocli di orig.i1rn della tirannide: 1) la forza, 2) la frode, 3) la volontà dei sudditi mossi da corruzicne \., e vede in lutti e tre il prevalere <lelittuo~o di una volontà malefica artiftciosamunte operante Lra. individui inc-apa<'i e ingenermi. Monarchia t: ùis1-,otismo non si <li-stinguono perchè -il monarca rncderat.o tc;sendo tale per suo arbitrio è in ciò tiranno e i sudditi, anche ;;e non ~ono malmrnat i, sono :;.chiavi. Ricondotto il critt:rio della di~t,inziono tra tirannide e libertà alla pc~ihilit,à di sviluppo dcli' attività, autonoma <le; citLadlni, la pn·smna di un dominatore che att.inga la sua autorità dallie~U!rno è di ptr st: r;tessa, r-sclusa ogni e0nsid~·razione :-:.ulla benignità e feroci:1 clej risult,ati, _una ]imitazione, una dimi11uzionr, di spiritualità J,Cr chi gli &ta cli fronte e gli è sottopooto. I/esigenza deil'auLorità in un mondo libero si altua per un prucésso Ji:.t.lettico a cui tutte le forze partecipano, sì che il dominatore serve ad un tempo e<l è espressione e simbolo <li Lutta la realtà. La monarchia aIBoluta o moderata 1 asiatica o europea è sempre un insulto a questa legge e la sua benignità non è che un nuovo peccato di ipocrisja. Se c'è in questa critica un torto esso non dipende da altro che dall'arbitrio con cui se ne è pensala l'esegesi. Il processo .,torico ha dimostrato che la monarchia, ess-endo realizzazione en1pirica di un concetto, e perciò s.ottoposta all'imprevisto d.eUa praxis, può rinunciare alla sua. iniziale giustificazione teorica senza rinunciare a se stessa. La logica dei concetti non è h logica della pratica. Nella dialettica storica la libertà non esita mentre si afferma a servirsi de.gli istituti stessi che sono sorti dalla sua antitesi. Il costituzionalismo giuridrico ha rivelato nel corso di un secolo le sue eccellenti capadtà di mediatore e ha dato le garanzie necessari-e nella conciliazione. Questo mondo di realiz.zazio-ni p:articolari e di limiti empirici si sottrae al dominio della profezia. Il profeta è il filoso-- fo dell'hizia.tiva, della forza che si esprime rivokzionariamente, il teo,rico di oscure volontà e di inesauribili impulsi spirituali. Gli elementi ,del contrasto e della dialettica unità si sottraggono alla coerenza line,are che li ha fatti scaturire e che co~tinua a presiedervi come norma e legge_ operosa. Lamentare che Vittorio Alfieri non abbia divina.to l'unità d'Ita.lia sotto la mona.rchia costituziona.le vuol dire lame1itare che la sto,ria non sia finita con Vittorio Alfieri . La storia non ubbidisce ai propositi degli individui, non crnrrisponde mai ad alcun schema. Ma gli schemi sono il segno delle volontà che vi incalzano, che la creano·. Un Alfieri costituzionalista in pieno secolo XVIII avrebbe potuto so,ltanto documentare un momento di stasi e 1dli interruzione, segnare un esame cli coscie.nZ.J, e una rinuncia riformistica. Era il momento eroico dell'aziO'ne,, l'alba di una catarsi per cui i miti, dovevano far scaturire volontà pur-e e ine$c.:rabili, 1~igide sino al messi,anismo. Poi sarebbero venuti i legisti a foggiar misure e a costruire formule intellettualistiche. Ma il realismo politico voleva forze e ideali senza cui il momento del relativismo, ·formulistico sarebbe stato arido -e decadente. La negazione delLa monarchia in Vittorio Alfieri è dunque 1ma volontà e perciò non ammette transazioni, è una forza. idea.le e non una riforma repubblicana. Liberi i critici di trovare i.mprecisioni dove l'Alfieri vuole formulare in una pa.r:vellza di sistema pratico gli sviluppi della sua teoria .. L'Alfieri si è preso cura nel suo trattato, di enumerar.e quasi diligeutement.e i sostegni della tirannide: la pmura. (dell'oppresso e dell'oppressore) la viltà (che instaura il regno dell'adulazione), l'rrmb·izionc (viziosa dove vale soiltanto a soddisfare private passioni -e a procurare turpi s.terminate ricchezze), la milizia, la relirfaone, il falso onore (tirannide esclude sincerità: ri~ m.aner fedeli al tiranno vuol dire essere in realtà spergiuro e fedifrago), la nobiltà (so;i:ta eroioamente !Come· classe -politica ma corrotta e schiava per la permanenza a corte), il l1.bsso (che inverte e contamina tut,h i va.lori). Una enumerazione che potrebbe essere conti- • nuata e in cui si trovano, è vero, punti di rifw:imento col iVIontesquieu ma, forse p.iù, derivazioni numerose dal semplice senso comune. Il crit-erio secondo il quale il pe1Jsiero alfieriano va giu'dicato 'non consiste in una sottile critica di carattere tecnico, ma -si deve riparta.re ancora una volta all'unità sentiffienta.le della pas·- sione e d~lla coerenza alfie.riana. La negazione della tirannide ha anche in questi sviluppi la suo. misura in una originale coscienza etica. Dove queste afferma,zioni sembrerebbero implicar.e una .risoluzione cF problemi concreti e-co17omicamente o po,1,iticaTne.nte.cI,eterminati 1' Alfieri non riesoe a ·nascondere la sua fretta e la su;_:impreparazione. Non nelle sue opinioni economiche consiste la. sua. g,ranclez-za di pensatore politico,. Nella ·sua profezia che è un sistema e u11'aspirazione diventati imperativo categorico, i riferimenti •a.ll'economia non possono ·non essere utopistici: e conscio della loro astrattezza l'Alfim·i vi attribuisce un significa.l;o del tutto secondario: clov.e questi suoi accenni hanno avuto nella storia una conferma non è possibile tTova.rvi alla ra,dice un'inesorabile volontà. che trasformi il caso in profezia e organismo. La negazione del lusso sembra dedotta da.Jla negazion<>del principio della disparità exessiva delle ricchezze: ma, benchè il secolo XIX abbia in un certo senso oognato il tramonto delle grandi • proprietà feudali, la negazione a.lfierian.a. resta tuttavia connessa all'astr.attismo dei primi socialisti utopisti. Così è tutta ca,,nale l'acutezza apparente deJla sua critica all'accumulamento d·ei 133 beni di terra in pochissime per.sene, benchè 1'800 beni cli terra in pochi.ssime persone b<>ncbè 1'800 sia stato per l'appunto iì •=lo della piccola proprietà; e non è dipendente da una precisa gi usticazion e l:,.x;nica o da una esperienza economica iJ fatto ch'egli non .~i preoccupi invece della di:mguaglianza di ricchez1,e proveniente dall'industria, dal commercio e dalle arti: egli non poteva avere cç:rto dinanzi agli occhi i1 quadro speci fi.co del)• evoluzione della società borg hf.;1:;e;ma in realtà pur movendo da RouSGeau recava j germi de]l'assoJuto attiyjsmo del ]iberali::irno moderno. La negazione della milizia poi non può intenrlersi in aleun modo come anticipar.ione dell'ideo1ogia paòfista. Invero l'ideale aristoc.-ratico e attivistico <lell'Alfi.eri difficilmente gli avrebbe potuto concedere l'adesione a sogni de-rnocrat..ici <li pace universale: con la sua profezia egli porta l'annuncio di una lotta, non la rinuncia <li un ripiegamento. Ogni affermazione di un imperioso dover essere deve santificare ed esaltare almeno una guerra, che- realiz:zi l'ideale impegnando tutta la personalità: e la milizia ne è strumento necessario. Così pens'8. l'Alfieri e, nonostante i dilettanteschi pregiudizi di ripugnanza alla disciplina militare che si trovano qua e lii nella Vita e nelle Satire; è ben conscio del processo di éroica disciplina e dedizione attraverso cui deve attuarsi la redenzione della libertà. il1a la milizia nella tirannide non è rnilizia: «non patendosi dir patria là dove non ci è libertà e sicurez7.,a, il portar l'armi dove non c·è pat.ria riesce pur sempre il più infame cli tutti i mestieri: poichè altro non è se non vendere a vilissimo prezzo la propria volontà, e gli amici e i parenti e il proprio interesse e la vita e i ·onore per una causa obbrobriosa ed ingiusta». (Continua) P. GOBETTL LA REAZIONE. Caro· Lobetti, Sono perfettamente d·accor_çlo con te, con Emery, con la idvoluzione Liberalt: noi dobb1arno prepararci ia Essere gli illnministi di un nuovo '89. I psendo-hegeliani dei caffè aspettano dopo la tesi com_unista e l'ant-itesi fascista, b sintesi della democrazia sociale. Ko: la si.:., tesi sarà rivoluzionaria, in un modo o neffal- _tro, e si affermerà quando man mano, sotto la spinta delle idee ;- degli eventi il n06tro pessimismo sarà cosa pubblica, e r'orte come la disperazione. Se andiamo verso un regime zarista, 0011 i prug·roms contro i socia.listi, troveremo a quesfaltna cantonata la rivolta del popolo ita. lic.n. o. E !:>periamo che sia ancor più fiera ed austera di quella di Lenin. Io penso che siamo pe-r assistere a un go-· vtruo di accomodamenti sosta:nziali, senza ritegno, con il contorno di una severità e autorità da operetta, e affiancato dalla continua repressione di ogni oppositore temibile, in via imrr.,.ediata. Non credo che ciò possa servire a qualche cosa, eccetto che per certi piccoli elementi superficiali e illusori, atti a soddisfare chi. vede solo la superficie (come quei tali topi gia.ppo,nesi che sentono· due sole dimensioni, si dice, e probabilmente scambiano le croste di formaggio per le forme pol_pnte: salvo poi a féi.re i conti con lo stomaco!). Per esempio, può darsi che per un paio di mesi, se non meno, 1 burocrati romani vadano a.ll'u:fficio in orario, a leggersi il giornal sugli scanni invece che sotto 1.-•,coperte del morbido letto. Pare infatti cbe. :Mussolini lasci il suo biglietto da visita nei vari uffici alle nove del mattino. Se è vero, gli consig-lie1·ei.cli istituire anch0 la contabilità dei fogli di cart.a. _La plcco1'a borghesia plaude al Duce come 11ovello Mazzini, o G,tribaldi. Parole non ci apI Ulcro; ma farò questa pic.coia obbiezione: che ·.Mazzini e Garibaldi 11011 erano d'accordo coi Prefetti. Quanto a.ll'avvenire, è sulle ginocchia, non di (ì.j,0ve .ma di Iside· addirittura Se Mussolini fa _ rà una politica. di clest,ra con venature naziona1 ùeJ1tagogiche, ve.dremo a una sua caduta (non. troppo vieiua ma nemmeno troppo lontana) la riscossa del ]iberismo e della democrazia intellettuale: se farà ancora. di più e peggio, se vorril tene;· dU1·0 a tutti i costi (ed è uomo ·d~"t farlo) avremo, assa.i pill in là, una scossa molto più profonda, dopo cui si potrebbe ricominciar~ ex no1:o a f.ar l'Italia. Sogno d1 invu1cibili idealisti che no-i siaJ1101 ! Perchè si attuino, ci vor~·ebbe o la disperazione della f,ame o il ritor-. no almeno iniziale a u11a condizioni migliore di vita economica e sociale. Il popolo non vede altra salvezza che in questo interesse o quando si sente libero dalle pill assillanti esigBnze. nia nei crepuscoli economici e sociali come è questo, in cui ciascuno pensa al suo boccone di pane, o a riaffe.rrare quel tozzo anche più misero che gli è sfuggito, l,a passione politica nel Senso vivo della parola è inerte: per questo abbiamo visto ora l'Italia apatica e indifferente verso questo accaparramento dei suoi destini, per questo il fascismo è riuscito, forte della sua eco~ nomia reazionaria. tu~·· SANTINO CARAMELL 1A. (da unci lettera.)

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