La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 9 - 16 aprile 1922

~ivista di ' L, =======--=-=-==-=======-'r,F====-=----=-===--====~rr================ Anno I. N. 9 f6 Aprile 1922 -------- Ed!lta dalla -------- Casa Editrice Energie Nuove ABB~nA ,MfffII Per il 1922: L. 20 (p~abile in due quote • di L, 10) - Abbonamento cumulativo con •IL • BRRETTI• L.32 (pagabile in due quote di L. 16 IL BARETTI SUPPLEMEIITD L T ERARIO MENSILE fondata e diretta da PIERO GODETTI TORINO • Via Venti Settembre, N. 60 • TORINO UN NU~ERO LIRE O,C"'SO Non si vende separatamente (Conto Corrente Postale}------- SOMMARIO: Gruppo Amici de La Rivoluzione LiberaJ,r,. - M. FUilINI: Henri Barbusse. - R. HURRI: Rivoluzione e discipline. - P. GOBETTI: Letture politiche • Tro.zchi. - ANTIGUELFO: Esperienza liberale. (Governo· e volontà collettiva - Popolari e reazione), - B. GIOVENALE: L'agricoltura piemontese. U Critico: Movimenti d'idee (Neocattolici estetizzanti). GRUPPO AlVIICI :OE hA~I10h0ZIOh~IEBE~AhE Ci è stato comunicato e pubblichiamo volentieri il seguente ordine de] giorno : I sottoscritti movendo dall' esigenza d·i realizzare /,epresenti aspirazioni ideali ad un vigoroso rinnovamento in v,1i piano concreto di studi e di lavoro, riconoscendo nel MANIFESTO cle LA RIVOLUZIONE LIBERALE e nel programma di studi che la rivista viene svolgendo una, base ideale concreta per il rinnovarn.ento della nostra cult.ura politica e f?er la preparazione degli spiriti a una comprensione dei probi-emi attuali secondo le nostre tradizioni storiche, decidono di costituire in Torino il primo gruf?po degli « Amici de La Rivoluzione LiberaJe » il quale si proponga di svolgere e di- approfondire questi argomenti : 1) R e·visione della nostra formazione polÙiw nel Risorgimento. 2) Storia dell'Ita.lia moderna dopo il '70. 3) Esame delle forze politiche e dei parti ti e del loro sviluppo, 4) Studio della genesi delle questioni politiche attuali. 5) Storia della politica internazionale. 6) Stitdi s11gliuomini e-la cu-llur.apolitica contemporanea, Il lavoro teorico sarà completatò e realizzato da un'azione pratica intesa a organizzare una serie di opportune conferenze, una scuola politica mod1J!lou, n'opera di collegamento e di ·diffusione atta a portare nella vita e neUa cultura locale le proprie-idee e i propri metodi. D, ASCOLI - A, , BERTELÈ - G, BERTERO - M. B1ws10 - F, CASORATI - A. EVA - F. FoÀ • M, GANDINI • A, MAZZETTI - A, PITTAV!NO - E, RAVERA - M, REl'ELLI., Torino, IO aprile 1922. NOTA. Ql)esto e Ordine del giorno • degli amici toriBesi è ]a più ·valida risposta ai nostri appelli e incitamenti per l'azione pratica, Esiste un problema contingente, ossia l'esigenza di garantire al· movimento della Rivo!uzi@neL' iberale le condizioni materiali di vita, che non può essere più a lungo.differito e che non può d'altra parte essere risolto se non ampliando la nostra opera, la nostra • wna •di influenza , , Questo problema -materiale diventa il punto di partenza di tutta -la complessa questi.on.e del!' affermazione· e diffusione ideale, Cre· diàmo che i nostri_amici abbiano bene veduto 1a correlazione dei due problemi e l'urgenza di provvedervi con la costituzione di un organismo pratico : di ciò· li ringraz.iamo. _ Bisogna che la loro àzione, la quale diventa naturalmente sin _d'ora anche azione nostra trovi le forme 0'J)1)0rtuneper afferma.&i-~ che l'organis~ iniziale açquisti una forza concreta come integrazione ideale ed economica deil'opera della rivista, Noi crediamo che anche la casa editrice si possa impostare soltanto sul fondamento pratico di una serie di gruppi: di amici sorti nelle varie città. Se l'iniziativa torinese sarà integrata da analoghe iniziative a Roma, a Genova, a Milano, a Firenze, a Bologna, a Pisa, a Brescia, a Spezia, ecc, dove più numerosi sono i n·ostri amici; se questi impulsi vitali troveranno s~1bito una forma adeguata di organizzazione pratica, sarà agevole superare definifrvamente i pericoli del- ]' attuale faticoso periodo d'infanzia e dare al movimento quella solidità amministrativa che gli è necessaria per un sicuro sviluppo,· Chi ha idee in proposito, chi vuol aderire scriva al gruppo in Torino, via XX Settembre, 60, o via Carlo Alberto, 44. p. g. IIen:ri -I3arb-u..sse Se per il suo temperamento idillico Roma.in Rollan:d doveva necessariamente, al sopravvenire della guena, rinchiudersi in sè stesso, incapaci; àd espiimeré artisticaniente il suo tormento, come a dire una paro1a a,lta· e· co:inpréns:iva; parrebbe che diverso avesse dovuto ésseré' il··caso di Henri Barbusse. Per lui la guerra:· non poteva es· sere quella cosa inopinata, così estranea ai nostro inte11etto, ché nerrim'eno possiamo odiarla, qua:lche cosa di immane e di vuoto : all'autore di L'Enfer' non poteva apparire se' nòn comè' iilì alfro a'spéti:o di quegli istinti, che trascina'Iio gli uomini; ripu·gnanti e indomabili. E da questo atroce dolore poteva sorgere un inizio di giustificazione : sentire· do1oroso un fatto è sentirlo già comè' proprio: ,sempre una visione pessimistica è la migliore educazione per la comprensione del reale. Il Ba.rbusse avrebbe, se non a'ltro, coerente alla sua forma mentale, vinto quell'estraneità, a cui abbiamo accennato. Ma in che consiste rea1mente il pessimismo del Barbusse? Più che la coscienza d,i una contraddizione il suo pess,imismo, è una visione statica di un aspetto ripugnante della realtà, che si presenta ossessionante allo sguard0, E questa visione non è ingenua, •non '-sorge originale ··nel' Barbusse come prima espressione della sua personali· tà : qualcosa 'di anteriore ad' dsa "la condiziona: essa è il risultato di un'astrazione. Quelli ché sono gli istinti di _ogni_uomo noµ appaiono nè L'Enfer, come nel1a realtà; inquadrati da forze 'che vi contrastano e vi repellono o che vi si associano è le, clominano e neppure come sentiti isolatamente cli per sè con una intensità che ne sia la giustificazione.' Si' sente che l'autore per da.rei quei quadri, quegli. schemi di quadri ha già compiuto un'astraziòne. Manca un'on)Osizio'uè·: e fo,\rano l'autote 'crecle di dàre una conclusione aU'opera sua divinizzan<lo· quegli istinti che gii erano parsi poco prima così ripugnanti. ' L'Enfer sta dunque ad indicare una mar.- canza di contenuto non solo colla sua nullità artistica, ma anche coll'inesistenz:, della coerenza ad un fine, poiéhè l'autore si smanisce tra diversi 'intenti,' senza sapere bene quale debba condurre a terinine : nel Féu il contenuto è trovato. Non si trat,, ta più di un i='aginario dramma di una realtà, che lo scrittore non conosce e non sente, ma di una situazione determinata, limitata : non la guerra, ma la letteratura ,, sulla guerra. Quel procedimento astrattivo che operava a vuoto ne L'Enfer per l'assenza di limiti, trova qui campo di operazione. Le ·Feu • sorge , comé opera essenzia,Jmentc polemica:: ogni brano 'del libro,"per· rice":- re il suo pièno va!'ore, deve éssere posto m relazione con altri brani di carattere opposto, Il libro 'si esauris.:e tutto nel suo si; gnificato _pokmico: la guerra non è _quella cosa, che voi idealizzate, la guerra è una cosa orribi_le, Non dice di più; ma è facile comprenderne il successo, nei giorm m cui un simile sentimento giaceva nel fondo del- ]' animo di tutti, Ciò che il libro descrive non è una sofferenza moraìe : è uno stato ugua1e, uniforme : uno stato<li miseria. Nessun personaggio può avere rilievo: e neppure ha' rili<!vo l'insieme dei personaggi come folìa. L'opera resta fissata nel momento in cui nacque : oggi si legge già con minore i::iteresse: domani forse non si leggerà_più, Sorta come contrasto a una falsa letteraturà e non da una profonda, i.ntima reazione ~ònézo un fatto grandioso, resta snllo stesso piano di quella letterntura, e col vanire di essa perde la sua efficacia, Anche considerata sotto il suo aspetto polenpco, la polemica resta limitata •e non può levarsi a regioni superiori. • Libro di verità Le Feu, certo - ha detto, in un pregevole studio sul Barbusse, il Tilgl:Jèr (Voci d~l Tempo) - ma di verità piccola e limitata, non intensamente e profondamente umana », E questa limitatezza appare anche più evidente.quando si legga Clarté che dell'altro romanzo si può dire l'eco. Quello che là era descrizrone "di uno stato si vuole ampliare in un dramma : la crisi di coscienza pi un nazionalista passato attraverso la guerra; ma in fondo il motivo fondamentale è lo stesso motivo polemico di Le Feu, Ma anche quel motivo, che dava a quello consistenza, si va ripetendo ed esaurel),do: di nuovo ci troviamo di fronte a quellà moltipli- ' cità informe di intenti, in cui si era inviluppato lo scrittore de' Le Enfer. Tu_tta Ja opera del Barbusse si riasume nel libro di un anno. In ·verità non aveva il Barbusse, di contro al fenomeno cosmico della, guerra, una •umanità propria; definita da opporr,e : gli faceva difetto una ,esperienza persoilale chè_ gli penilettesse di "colora.re gli eventi con suo particola-re stato d'animo. A lui mancava anche ,q,uell'eur6peismo, cl:J.e ra ,nel Rolland éomé risultato 'irreflesso-della sua educaziol)e S/! no,n co'me teoria, cosciente e che perciò si 'lascia più facilmente scorgere nelle opere anteriori alla guerra che nelle posteriori: stato d'animo vago e incerto, che, pur essen'do tale, poteva essere chiarificato e svilu,ppato .da _altri· se .non _dal Rolland, Ma anche 'ùn' simile inizio di concretezza è im~i'bile ritrovare nel Ba.rbµsse : come_, pel rispeftÒ' dell'arte, pos,s.iamoàsèoltart con qualche piacere nell'opera· roll;mdiana motivi altrui ricantati, anche s<!·privi di una profonda originalità,· mentre in ,,quella del Barbusse ci mtianio ad ogni pagina in spunti tolt_idi pesq ad a.ltrj scrit\ori,_ che egli non è stato ·neppuri(capaèe di risentire, così anche nelfa polemica bellic_atroviamo il Barbusse condannato a manca.re di un quàlsiasi contenuto, , . , , Il Tilglfer pensa che ,il progràrÌ:nn,a utopi: sticò/ con cui si chiude. Clarté non sia sentito profondamente neppur daJlo scrittore e che questi non' abbia fiducia nella sua rea1.izzazione: non credo : altro è quello che noi possiamo pensare di quel programma, altro è quello che ne pensa l'autore, Quel programma non è solo un tentati'Vo affrettato per giustificare il volume precedente : è anteriore alla polemica stessa, è quanto 11 Barbusse crede di avere in sè di più sacro: chiamato in causa dalla grandezza degli eventi, egli si è sentito in obbligo di definire quella che poteva essere la sua umanità più profonda. La fede sua è la formulazione più semplicistica che sia stata data in alcun tempo delle idee del secolo XVIII, La sua inesperienza della vita politica, la sua solitudine di scrittore hanno fatto sì che il suo originario, ottuso dogmatismo cresce,sse senza pericolo di critiche e prendesse l'intensità di un sogno solitario, Si trova in tutte le sue opere la credenza di essere in possesso di un'altissima verità e vi si scopre un anfanare vano: ogni tentativo del Barbusse non riesce ad altro che ad afferrare il 'Vlloto, Il suo preteso iffi.Iru!nentismo è pretto ateismo. - Credo che ovunque intorno a noi non vi sia se non una parola, quell'immensa parola, che mostra la nostra solitudine e lascia libero il nostro irraggiare : Nulla, Credo che questo non dimostri il nostro annientamentò, ma contrario· la nostra divini;zzazione, ,poichè tutto è in noi, - Così conclude L'Enfer : come se quel nulla che tro- -viamo al di fuori di noi, non fosse l'esteriore apparenza di un vuoto che è in noi e come s~ ad un tratto, quasi magicamente, quegli istinti cosi torbidi, privi di un fine, potessero venire santificati e considerati legge di vita! Con simile spirito sono scritte tutte le pagine del Barbusse nè vale la pena_ di cercare tutti i suoi varii -volumi, perchè le sue idee si ripetono con una monotonia esasuerante, Rifaccia eg)i nel 1914 il Discorso ;ul Metodo ad uso dei combattenti francesi con accenti che potrebbero essere creduti persino parodistici (la verità è in voi ... sbarazzatevi delle verità ricevute per eredità.,. apprendete ad odiare la parola tradizione ... vi è una legge che il mondo ha sempre disconosciuta ma che è l'unica verità mentre tutto iLresto è assurdo ... ora questa legge sta per trionfare, ecc, ecc.) o creda di rivelare un programma politico nel volumetto La lueur dans l'abtme, o chiuda Le Feu con una visione· tra l'apocalittico e cinematografico della società futura, in fondo egli non fa che girare contin11illllente intorno a sè stesso, Come ignora Dio, ignora la legge morale : • La legge morale è in modo assoluto, in modo perfetto, la legge dell'interesse generale » « La morale non è che la geometria dell'interesse generale » « La legge morale non è che b. messa in opera imperativa dell'interesse generale• ; incapace di gua!si:i~i visio_ne concreta di umanità, crede di aver fatto una sublime scoperta; ritrovando la seguente dimostrazione, che si compiace di ripetere nei suoi libri : •Le.religioni si distruggono spiritualmente perchè sono molteplici • « Le religioni si distruggono da sè stesse all'esame di uno spirito sano, per ,la loro molteplicità e ostilità recif)roca •. E' inutile criticare queste come altre affermazioni del nostro scrittore, di cui risparn;J..iamole citazioni al• lettore : un poco , più_ interessante· può. essere il vedere come anche in quello che dovrebbe essere il suo più intimo ideale, il socialismo e la rivolu, zione, egli si dimostri incapace ad afferrare la realtà. Passa il Ba.rbusse in mssegna nelle ultime .pagine di Le Feu i tre mitici motti della Rivoluzione-Francese; gli si ri- 'Velano vaghi tutti eccetto uno, che è poi il più_ast,r.<11to-, il,,più vac_]J0: i'Eguaglianza, E parimenti altrove egli" afferma senz'altro: « Quàndo si è detto eguaglianza si è detto

34 tutto•. Incapace ad intendere la libertà, come era incapace ad intendere Dio e la morale, perchè la libertà è ancora concetto troppo pieno e vivo, egli sente la rivoluzione come questione uon •già di libertà, ma di eguaglianza. E del resto cos'è il proletariato per questo rivoluzionario? Del proletariato egli non parla mai; esso ha valore per lui non giiì per quello che è, ma per quello che non è. L'unico accenno che è possibile trovare ai riguardo nei suoi scritti è questo : « Il povero, il proletario è più nobile degl; aitri uomini, non il più sacro. In verità tutti 1 lavoratori e tutti gli onesti si equivalgono. Ma i poveri, gli strnttati sono un miliardo e mezzo quaggiù: essi sono il diritto, perchè sono il numero». In fondo nei lavoratori egli non riconosce altro valore che questo, puramente negativo : il numero. E anche il suo estremismo che altro può essere se non la conseguenza di una logica astratta? Neppure il suo internazionalismo ha a che fare coll'internazionalismo socialista, che si fonda su interessi reali e non è come per lui una vacua affermazione di ragione. « La riunione degli individui isolati nello spazio abitato corrispondeva alla verità morale, era l'inca,,-nazìone esatta del progresso, giovavn a tutti, ecc. ecc. » Come si potrebbe pretendere che un uomo come il Barbusse ìnten· desse la realtà della nazione? Si può ormai prevedere quali giudizi porti il Barbusse sulla storia, che per lui non è se non lo spettacolo della lotta di due partiti, quello del progresso e quello del regresso, anzi meglio della dominazion dì un solo partito (il secondo), sino alla Rivoluzione Francese totale, parziale dopo dì essa. E' troppo faòle accusare dì antistoricismo gli uomini appartenenti a partiti rivoluzionari ,p-èrchè, se non altro, il buon gusto ci inviti a meditare su quelle accuse a renderle meno generiche. In verità la ri,•oluzione, come la guerra, è una crisi ed è naturale che la formulazione provvisoria che del loro programma dànno gli elementi dì una parte in lotta riesca parziale e quindi anti,torìca Ma l'antistoricismo del Barbusse non ha questo carattere : quello dei veri rivoluzionari consiste sempre in una incomprensione parziale, in una negazione limitata, la q_ua· le per questo limite acquista una re3ltà sua particolare, si fissa in un punto dello svolgimento storico : quello del Barbusse è l'incomprensione eretta a sistema. Una simile concezione così astrattamente razio:ialistica non può finire altrimenti che negando la rivoluzione stessa. Se i principi che si vogliono far tronfare sono principii eterni, che sono stati oscurati dalla perfì.0 dia di pochi uomini e dall'ignoranza degli altri, è evidente•che basta porre in luce l'errore perchè l'immutabile verità possa avere il suo regno. Dalle premesse illuministiche non si potevano trarre altre co:1clusioni e il Barbusse ha infatti affermato ancora recentemente che dire la verità- è fare opera rivoluzionaria, poichè conosciuta la verità la rivoluzione è fatta. E con una tale concezione il Barbusse deve vedere il culmine del suo pensiero ne1l'organizzazione di Clarté. Ignaro di ogni forza reale dello spirito, non poteva certo il Barbusse intendere il valore del pensiero. Quando dal connubio di storicismo e naturalismo, favorito dalle passioni della guerra nascevano i mostruosi concetti di a pensiero tedesco », < pe·usiero francese •, a pensiero italiz.no » ed andava sempre pm affievolendosi il senso della cattolicità di ogni atto dello spirito, doveva sorgere una reazione a ristaurare ;1 senso della dignità del pensiero : e questa stessa reazione poteva diventare indirettamente pacificatrice anche sul terreno pratico. Ma per il Barbusse un progra=a fondato su queste basi era inintelligibile : il pensiero a·.,·eva senso per lui solo in quanto utile. il pensiero aveva valore solo in quanto dava insieme agli uomini le armi e i fini per una immediata realizzazione politica. Gli nomi· nì di pensiero non dovevano, secondo lui, far altro che dare quel a programma geometrico, semplicissimo » in cui consiste la salute de! mondo e stare ad attendere la attuazione • geometricamente infallibile•· Ne veniva u110 strano dualismo: se il Barbusse credeva nella rivoluzione, che ci &tava " fare .questa organizzazione accanto all'Internazionale Comunista? La verità è che il Barbusse come i suoi adepti avevano ed hanno il pregiudizio di una intellettualità come classe privilegiata, degli intellettuali, come persone illuminate, dispensatrici di salvezza. E il gruppo Clarté è diventato un'accolita di falsi intellettuali, chiusi nella loro piccola boria, incapaci di qualsiasi senso cli vera umanità. Bisogna sfogliare i fascicoli della • Rassegna Internazionale •, organo per l'Italia del Gruppo Clarté, per sentire una nausea profonda per la fatuità di tutta questa gente, che crede un.a sua lagrimetta tanto preziosa per la salute del mondo! Nè si dica che tutti questi movimenti abbiano va· ]ore di reazione, chè non sarà certo Barbusse capace a c~ciare di nido Barrès : anche una reazione momentanea deve avere un suo LA RIVOLUZIONE LIBERALE contenuto e dal nulla non può nascere at,10 che nulla. Sarebbe piuttosto cagione di disperare 110nsolo per nostra coltura, ma per tutta La nostra situazione spirituale il diffondersi di idee tanto viete e tanto semplicistiche : e bene faceva perciò recentemente un noto studioso tedesco della Francia contemporanea, E. Curtius ad esortare i suoi com,patriotti, presso i quali il Barbusse conta u11certo numero di seguaci ed esiste già tutta una Barbusse-Literatur, a rifletter<.· a quanto di rancido, di antimoderno, dì antispirituale contenga il programma di Clarté (Neue ~1eàur, giugno r92r). Ma bisogna guardarsi dal prendere troppo sul serio tutte queste idee. E noi, se leggiamo su giornali rivoluzionari scritti del Barbusse, pensiamo che egli anzichè guida è gregario umilissimo, rappresentante di una massa di persone politicamente amoife, che non hanno altro valore fuori di quello che dà loro il numero, e se leggiamo sul Corriere della Sera. (23 febbraio r922) riferita una polemica del Rolland e del Barbusse a proposito del bolscevismo, in cui il primo tolstoianamente depreca il bolscevismo come inLETTURS fetto di violenze e vede ogui violenza causa di altre violenze, e il secondo, con aria di mzestro di scuola, gli insegna che un poco di violenza è necessaria a far trionfare l'unico programma ragionevole, eterno, geometrico, ci interessiamo molto mediocremente. Tutte queste voci non hanno valore di verso da quelle che escono da una folla, che s' arresta un momento e discute e cerca di ragionare, pir poi tacere umilmente e seg,lire una volontà superiore. Gregari e non capi, il Rollane! e il Barbusse : da loro non solo non è uscito un progra=a politico, ma neppure una di quelle utopie, che riempiono ad un tratto di caìore tutta ì'anima nostra e possono ispirare più limitati e concreti pro· grammi politici : e, se può sembrare che troppo spazio abbiamo tolto ad una rivista politica per uu argomento estraneo, forse an. che non potrà essere senza giovamento una • conclusione negativa, la quale ricordi eh cli fronte alla guerra e ai fatti che ne sono seguiti, il Barbusse e il Rolland non hanno a-vuto nulla da dire. • MARIO FUBINI POLITICHE L. TROZCHI - 'J'errolismo e cmnwnismo - :Milano, contraddizione con la solidarietà e la collaboraSocietà Edifrice ([Avauti ! >, 1922. zione fraterna» (Te,rrorismo e Comunis;;i.o, cit.) Contro l'astrattismo dell'intelHghen:;itz s1avn, Pensiero solido e cosciente del proprio valore da Radiscev a Tolstoi, Trozchi afferma, per pri- s~o~·icotaut~ che s~ pone net~mente in coutradmo i11Russia, una visione liberale della stotia. d1z1oue. ~oll as~rathsmo_ tolst01ano. Alla concezione della storia come prodotto delle :i.-. La ~-15_10ne d1 Trozc?t s'è fatta n:tta.mente volibere attività umane Trozchi è o-iu.uto attra- lontansttca ed ha lasciato da parte il nucleo maverso 1a cultura marxista. Nella co:cezi0ne mar- terialistico e fatalistico che Yizia la concezione xista c'è la possibilità di superare f_ec..u,1dam~11te , J d:l!a storia_ in fi'Iarx. Con que~ta cot~cretezza egli l'astrntlismo inteiiettualistico che vizia la posi- ~ 1 e p~sto 11proble:113 ?ella nvolu~1one, conscio zioue dei pensatori slavi vanamente tormentati che netla vuota aspiraz10ne anarch1_ca della Rusintorno ail'astratto dissidio di slavo-filismo e di sia auti-cza.rista ci sarebbe stata la possi.bilità cli occidentalismo. Slavofili e occidentali movevauo introdurre un principio di vita e di realizza.zio11e nello stesso modo da pregiudizi hegeliai:i, di un solo qua~d_o si fosse crea_ta.u~ class~ _dirigent~ Hegel interpr~tato misticamente, quale fu per ~apnee. dt imporre una- d1sc1phna e d~ 1~ten~e~e esempio l'he«elismo itali,wo del -Vera. La mis- 1 valon dello Stato, facendolo Stato d1 c1ttadm1. sione redentrice attribuita alla Rt~ssia da Comia- Contro il riformismo di Kerenski, che operava cov e da Dostoievschi; }'importazione, presentata i; Russia con il. cerve_llo di un_ dem,ocratico alda Bielinschi e da Herzen come rivelazione delle 1 111glese,Tro-,clu teorizza la dittatura del proidee illuministiche europee nell1oscurautis~o sla- letariato come governo che non nasce dall'indiffe- , vo concludevano per due diverse vie a far per- renziato popolo, ma da. quella p_arte di popolo dere ia visione della realtà, a ignorare le con- che _sente la re~ponsab1lttà pubblica;. e nel condizioni popolari, a rivestire di una funzione po- s1g_I10di fabbnca v:de l'organo_ essenziale che litica una classe intellettuale nutrita di valori puo condurre· operai e contad1n1 ad una espe· mistici, sognante il mito dell~ •Dura razionalità rienza politica, sempre commisurata alla loro miserevolmente priva di og,tl c;pacità d'azione: crescente maturità. Atei o nemici della Chiesa ordinata, questi In un paese a tipo slavo, dove accanto alla intellettuali non erano riusciti a formulare una teocrazia vive da secoli un sentimento libercritica della vecchia teocrazia e la loro religio- tario meramente anarchico che non si è potuto sità non si realizzava in nulla di concreto, ma .,mai realizzare in una coscienza salda dei valori si perdeva in messianica aspettazione di palin- individuali è perfettamente legittima e profongenesi morale. La morale non s'interuieva come damente liberale tutta la critica del Trozchi alla atto pratico, sociale, che socialmente conta in metafisica giusnaturalistica dei democratici. Vaquanto ha di concreto, e per dire la parola, di no è predicare l'uguaglianza filosofica ed astratta politico, ma rimaneva un'astratta purezza for- quando nella storia soltanto un'uguag1iauza, emmale da contemplarsi. Morale che ha sua re- piricamente determinata, momento per momento, - denzione fuori di sè (Tolstoi, per es. Resurre- può a,·ere efficacia reale di forza politica. Il mito zione) e perciò è intimamente falsa (inadeguata- democratico1 creazione contingente della Rivolusterile). zione francese, fu validissimo sostegno alla poUna salda coscienza dei valori dell'economia lemica antifet.1dale1 ma non può avere effetto di dapprima intesi addirittura deterministicamente consensi in un popolo che appena si sta formane materialisticamente, fu il primo fondamento do e che ancora non crede 'universalmente al per la negazione della teocrazia, sviluppatasi valore indi'Vid·uo. ' !uori delle condizioni reali della vita russa, cri- Trozchi vagheggia uno Stato in cui la libertà stallizzatasi in una funzione accentratrice, capace non sia proclamata per l~gge1 ma sia conqui~ di clistrnggere ogni atti1ità e di mantenere sthia- stata dai cittadini, nella stessa misura in cui vi i cittadini. Lo sfon..o cli Tr07...chipensatore è singolannente ne possono avere respousabilità. tutto volto a considerare il problema religioso Di fronte agli astrattismi egalitari (che in Russia come mera questione politica; nella quale cou- a ragione son da chiamarsi, più francamente, siderazione egli spera di dissolvere la mistica reazionari) questo è fecondo principio di quel lilogica <le11'iodifferentismo .chiesastico, costrin- beralismo che intende la storia come vivente rigendola ad una esplicazione concreta, che pra- sultato (sempre imprevidibile e trascendente i ticamente dovrebbe esserle fatale. < Il socialismo singoli) cli ci,tiantogli individui operano, di qua,1materialistico, dice Tro-,chi in una sita pole- to ciascuno può recare all'opera solidale dell'umica contro il Masarych • è in sostan?.a per gli manità: concorso operoso che non si valuta a operai la prima forma di vita soggettiva _ cli priori per un processo di astrazione, ma pragmavita per loro stessi ». La critica che gli intel- tisticamente conta in quanto si realizza. lettuali hanno opposto alla teocrazia russa s•~ Con questi principi spiega il Trozchi la sua perdtl.ta in una visione mistica e negatrice dei conce-L.ionedi liberalismo e ne vede un esempio valori e della realtà. Lu Russia, terra feconda concreto nel sislema operaio cli lavoro volontario di tutti i misticismi, il pensiero deve farsi astra- dei sabato e delle domen-iche comuniste.• Per quezione, i valori ideali devono diventare inafferra- sti pri1?.cipi afferma con una decisione che noc bili nebbie. Anche Kant trapiantato in un am- deve lasciare dubbi la funzione degli intelletbiente slavo diventa affermatore di misticismo tuali come forza viva della civiltà. E all'orga- (esempio: ~Iasarych). Tro1..chi comprende che niz1.-(1zionedell'industria con direzione e responper stroncare il misticismo alla radice bisogna sabilità collegiale difesa dai socialisti oppone il distruggere la filosofia (pseudo-filosofia) e affer- sistema dell'unico direttore. mare una concezione materialistica della vita. Tutta la Rivoluzione russa, nella sua intinia La storia è creata dagli individui. Perciò !'in- dialettica, promoveudo la costituzione di una dedividuo non deve perdersi in un sogno di fan- mocrnzia agricola, rovesciando l'autcx:razia e il tastica trascendenza, di quietistica contempla- ,n.ir, creando UtJOStato nel quale il popolo ba zione, ma deve prendere coscienza della pro- fede, percbè lo sente come opera propria, è dunpria responsabilità. que essen.ziahnente un 'affortna7jone di libera- , Di che cosa soffre il nostro contadino russo? lis1no. Dell'assenza di individualità ossia di ciò che è Soltanto per necessità tattiche e per esigenze stato precisamente decantato dai nostri populi- storiche quest'opera feconda di liberalismo, in sti reazionari, di ciò che ha glorificato Tolstoi un paese come la Russia, patria del mir, adorain Platone Carataief: il contadino si dissolve trice di ogni forma di comunità, deve prendere nella sua comunità e si sottomette alla terra. È il nome e talvolta anche le apparenze di opera evidente che il socialismo non si può fondare sui socialista. L'educazione di un popolo non si può Platone Carataief, ma sui lavoratori che pen- rifare in pochi anni : le folle rinunciano spesso sano, dotati di spirito d'iniziativa e di coscicn?.a alla sostanza pur di conservare nomi cari. Spetta della loro responsabilità. Bisogna sviluppare ad allo storico affermare la verità al di sopra delle ogni costo lo spirito d'iniziativa nell'operaio. , contingen1~ politiche. L'individualismo della classe operaia uon è in PIEROGOBETTI. Esperienza liberale 6ovenm e volontà collettìva. o: Chi non s 1agita è sicuro di 11011 ottenere uulI.a, per quanta ragione abbia; chi si agita è sicuro di ottenere tutto, quand'anche abbia torto. Sotto un altro Governo l'agitarsi potrà essere una colpa; sotto il nostro, sotto uno qualunque dei nostri succedutisi da quando c'è un regno d'Italia, è sempre una colpa il non s'agitare ... Per avere un Governo che ci serva davvero 1 cioè che lavori alla comune prosperità non abbiamo che da crearci una rnlonlà colletti va e da estrinsecarla ordinatameute » (13. Varisco, Rassegna. 1nodema). B. Varisco ha una ben curiosa idea di questa ,·oloutà collettiva che deve dare un contenuto al go\·en10. B. Varisco che ha dato all'Italia contemporanea uuo dei più geniali sistemi filosofici, s'è fatto un'abitudine dello schema sistematico, e vuol vedere il sistema, come -r~ltà di riflessione, nella volontà popolare. La dialettica polilica non è inYece la cìì<.Jettica scientifica. L'unità razionale a cui ia scien:7.a giunge per una n1ediazione interameute cosciente è in politica un risultato che trascende i singoli che lo creano. La sola volontà collettiva valida non è quella che si otterrebbe da un consenso di tutti a un determinato apostolato, a una determinata propaganda; ma si crea <la1la lotta, da1le forze che nella lotta inten·engono e si estrinseca non ordinata-:nente, ma rivoluzionariamente attraverso feroci intransigenze, integri esclusivismi, incorrotte \·olontà. L'agitarsi è una colpa in un gonrno teocratico, o nella Città del Sole, ma è la realtà bella e brutale della vita politica moderna. E se ue nascono soprusi e violenze si afferma aI disoprn di esse il trionfo dell'idea, dell'iniziativa, della responsabilità. In-questo risultato che il Governo consacra c'è la sola Yolontà colletti rn che la storia conosca, la sola in cui gli individualismi 1 affennandosi 1 si sacrifichino. Popolat'i e R2azion2. • « I popolari seguono ora metodi estremisti;· sono o sarm1no alleati degli estremi. Ma non facciamoci illusioni! Kon è la prima volta che la Chiesa si aliea con alcuni miscredenti per combatterue degli altri. La negazione della libertà di pensiero, la richiesta della obbeàienza incondizionata alle autorità superiori (dogmi incrollabili della Chiesa), la necessità di consolidare le posizioni e gli interessi materiali che andrà ,·ia ...-ia acquistando, porteranno fatalmente il partito popolare - che diventerà ben presto più propriamente e più schiettainente clericale - alle fonne del più odioso reazionarismo::>. (P. l\tiengarini : in C onscientia). La mera visione delle supreme antitesi ideali è profondamente educati-va, ma non è politicamente realistica. Qui ~Iengarini pecca di unilateralismo. Il processo storico è dialettico non uni lineare. L'intima logica del clericalismo : della teocrazia trascina seuza dubbio il partito popolare a un1opera reazionaria. D'altra parte non si può prescindere dall'esistenza di una Chiesa e di uno spirito cattolico che hanno tradizioni storiche e corrispondono ·a un grado di sviluppo della mentalità del popolo. La nostra posizione nou può essere cbe antitetica, ma non può ignorare la complessità coutraclditoria dell'idea che combatte. !;i.tanto i[ cattolicis~o reazionario deve coprirsi, per rius~~re, ~on l'abito democratico e demagogico. Il ntonrusmo è più pericoloso della teocrazia, più ripugnante, più impuro, ma è tuttavia la prima forma in cui 1'eresia si afferma nel mondo del dogma, il primo momento in cui la modernità penetra nella coerenza cattolica a uissolverla. Noi combattiamo ~li fuori, rivoluzionariamente, :1.rn non possiamo non avvertire l'intimo processo che è contemporaneo alla nostra azione. Il partito di Don Sturzo diventa, nonostante tutte le inteuzioui, il primo passo verso il mondo moderno; la scuola elementare, l'abbecedario della libertà e dell'eresia. Sono passi che non si cancellano, che si rendono subito autonomi dai fini a cui aspiravano. Il mondo della libertà è assoluto e inesorabile: non scherzare col fuoco! I popolari abituano gli spiriti a uscire, per un momento almeno, per un metodo contino-ente dalla sacra intolleranza del papato, dal ;ond~ chiuso della trascendenza e del dogma. Vano sperare che la transazione resti nei suoi limiti di contingenza e di empiria! La libertà e la democrazia nei metodi diventano premesse di un nuo\"Oideale. Cosl il riformismo e il partito popolare s, scavano da sè stessi la tomba. Constatata la dialetti:a del processo il nostro posto non è d1 spettatori, ma di combattenti audaci e intolleranti, che sanno come la lotta finirà se essi vi recheranno il sacrificio della loro dedizione. ANTIGUELPO. . Una rivista. indipendente come La Rivoluzi?"ne Liberale non si può mandare in omag. g10 ad alc·umo T11tt·i devo~o quindi pagare sollecita,men. te il prezzo dell'abbonamiento e aiutarci a lrova•re abbonati sostenito·ri (per il 1922 L. roo).

LA RIVOLUZIONE LIBERALE Piemontese Camera il 6 agosto 1920 una legge intesa a sorvegliare la produzione e il commercio di taleè, barbatelle selvatiche ed innestate di viti americane. \ IV. I v,jticoltori coi risparmi fatti in questi ultimi anui potranno validamente fronteggiare il nuovo pericolo, dove esso si è presentato, e proseguire in quel progresso tecnico che le crisi del mercato internazionale stimolarono sia nel campo immecliato della coltivazioue, sia in quello dell'industria enologica. r. - VITE E VINO. - Attualmente la cultura della vite occupa in Piemonte una superficie di ha. 290.000 ali' incirca, dei quali da 70 a 80.000 a cultura specialtzza!a, e la produzione, in complesso assai ~anabile da anno ad anno, si aggira ID media attorno ai 6 milioni di ettolitri, (1909-14). Per quanto incerti ~àano i dati delle_epoche passate, pure s1 p-no_dire che_verso 11 1880, la produzione ciel. VID? m Piemonte ascendeva a circa 4 m1liom d1 ettohtn con nna cifra notevolmente supe1;ore a quella che si può desumere clall'annua1;0 ciel 1864, non superiore ai 3.500.000. l\lia nel quarantell!Dio, come si vede, l'incremento è stato notevolissimo e, ciò, malgrado che il commercio coll'estero, abbia avuto un contraccolpo assai grave dalla chiusura ciel mercato francese nel 1887, è dalla forte diminnzione dell'esportaz.ione italiana n:rso l'Austria-Ungheria dopo il 1904. L'aumento della procluzione complessiva è stato più rapido che l'aumento della superiicie coltivata (quest'ultima intorno al 1880 saliva a circa 250 mila ettari) qnindi è stato anche notevole l'aumento della produzione unitaria (da 16 a 21 hl. per ha. in media). All'incremento della produzione vitifera, si accompagna pure un progresso impo1iante nella coltivazione e nell'industria enologica. E nota la forma dei v;tigni piemontesi. Scrive a proposito il Bonnefon-Craponne: ~ Les meilleurs crus de vins rouges se produisent en Piémonte, Nous connaissons peu, en France, le barolo, le gattinara, le grignoli:10. le barbaresco, le barbera. Ils ressemblent trop à nos bordeaux ou à nos bourgognes, sans toutesfois !es égaler : le palais de nos gourmets; habitnés. au ve:outé et au bouquet du chàteau-lafite, du pommart, du vougeot, n'a aucune raison pour leur préférer l'arome plus rude, la saveur plus agreste des vins piémontais (r). Indicati alcuni dei principali vitigni, e precisata la qualità dei loro prodotti, riman': da dire che si è attivamente lavorato negh ultirru decenni per adattare i vitigni alle qualità dei varii terreni, elirrunando quelli che in certi temtori non possono prosperare, e migliorando quelli che vi attecchisccno bene. Cosicchè taluni vitigni si vanno affennando in certe zone in modo predominante con progressiva esclusione di altri vitigni, e le pratiche culturali sempre migliori che si vanno introducendo -contribuiscono senza dubbio a migliorare la pro- .àuzione di ciascuna qualità (2). • Non solo, ma questo concentramento dei yi.tigni nelle zone più adatte al loro prosperare contribuirà s~curamente ad ottenere oc1ellacostanza di tipi che tuttora ci manca ; che non poco ci nuoce nel commercio coll'estero. E ad ottenere questo scopo occorrerà una solida costituzione di industrie enologiche, ed un maggior sviluppo di cooperative di produzione per la lavorazione del vino con quella modernità di criterii e di mezzi che è indispensabile per conseguire un esito sempre più-largo ·e più proficuo. Non si può negare che in Piemonte si sia ben avviati H!rso tale condizi.Qne di cose, e che per merito di varie nostre case produttrici alcuni nostri vini abbiano acquistato all'estero una fama orma'.i indistruttibile, ma si è ancora lontani dalla mèta che si potrebbe raggiungere. Le indusu;e già sorte qua e là non esercitano ancora un'attività u.riifonne; coordinata quale si vorrebbe. L'ideale sarebbe che in ogni zona vinicola esistessero forti stabilimenti enologici ai .quali convergesse l'uva prodotta_ dalla zona stessa : allora, senza dubbio, s1 avrebbero tipi unici e costanti per ogni qualità di vino: ed il vino, prodotto secondo le più razionali regole, si conserverebbe per mag?'1or tempo, sarebbe più resistente ai trasporti, ecc. ; senza notare che per stabilimenti di q~esto ge: nere, sarebbe più facile l'utihzzaz1one dei ,sottoprodotti. Questi stabilimenti potrebbero poi accordarsi, organizzando il commercio ..del loro prodotto; ed avrebbero il vantaggio .di poter resistere vittoriosamente alle crisi (3), di sopraproduzione e talora condurre il traffico coll'estero direttamente o con il minimo di intennediari. Cosa accade invece adesso? I viticultori, benchè cedano generalmente notevoli quantità di uva sia ai produttori-consumato1; che agli stabilimenti enologici, i quali ultimi, salvo pochi, hanno una limitata. attività, producono direttamente n_onptcc?la.parte del vino che va in commercio. Essi, ID base a pronostici più o meno felici sull'annata commerciale del vino cedono una diversa quantità di uve ao-Ji ~cquistatori e spesso si la- :,ciano indurr: a tentare direttamente la spei:'uJazione 1 nell'infondata credenza di ben~ prevedere le vicende della prossima annata •e colla convinzione di produrre vino secondo norme impeccabili. Ne viene, spesso, che, in tempi normali, le loro speculazioni falliscono; che essi esitano un vino scadente con non poca difficoltà, aumentata questa, dalla diffidenza che crea.no intorno a loro mediante le frodi a coi spesso si abbandonano. li 'l'o,nmasi,w. menzionando la lagnanza frequente che di solito si beve male e si paga caro, ne troV'a le ragioni in, due ordini di fatti, soprattutto : « 1° - per ciò che concerne la fabbricazione del vino; nell'opinione ancora in voga presso i viticultori, cli essere altrettanti enotecnici e perciò, benchè privi di mezzi adeguali, fermi nel voler confezionare da sè d vino colle proprie uve ; « '2° - per ciò che riguarda il commercio dei vini, nella disorganizzazione, nella intromissione di troppi intermediari.i; nella mancanza di libera circolazione per effetto delle ba.rriere daziarie • (5). Ragioni quasi analoghe spiegano la limitata diffusione delle cantine sociali. Scrive il Mondini: (6) « Nel nostro paese lo spirito di associazione non è molto sentito in generale, e tento meno nei viticultori il cui sentimento individualista è spinto all'eccesso. In ogni viticultore, infatti, è assai radicato il convincimento che il suo vigneto sia il meglio coltivato; che le sue uve siano le migliori, che il suo vino non tema qualsiasi confronto. Con questo convincimento è assai difficile che egli 1-iesca, a separare la sua personalità dal prodotto che ha saputo ottenere, ed è questo l'ostacolo principale tanto più forte quanto meno è confessato, contro il quale debbono lottare coloro i quali voleutérosamente si accingono alla propaganda in favore delle cantine sociali. Si ha ora l'impressione che un passo molto avanti si debba fare in quest'ultima, specialmente in ciò che riguarda la sua organizzazione dal lato commerciale. Un poderoso risveglio, manifestatosi di recente in notevoli pubblicazioni e che prosegue tuttora, lascia pensare che ci mettiamo finalmente sulla via per prosperare ed espanderci in questo importante ramo cli produzione nel quale il Piemonte occupa il primo posto. Nelle opere citate si potranno trovare notizie rigi1arclanti il commercio dei vini fra le ,vare località della regione, le varietà prodotte, l'opera svolta dal Governo in tutta l'Italia per salvagiiarclare dalla fillossera i nostri vigneti, notizie che ho creduto di non riportare qui (ro). 2° - FRUTTA. - È una produzione che in Piemonte occupa un posto molto importante e merita cli essere in modo speciale considerata. Non soltanto per la quantità complessiva prodotta la nostra regione è assai progredita, ma anche per la tecnica della coltivazione : s'incontrano in varie località frutteti dove la coltivazione stessa è portata alla massùna intensità. Ottimi frutteti troviamo in Giaiveno, in provincia di Torino; « in territorio di Alba, nel Canavese, segnaµmente nei terreni morenici tra Ivrea, Santhià e Biella; sui mercati di Canale, centro di una regione fertile, a terreno calcareo sciolto, profondo, ricco di sostanza organica, passa nel corso. della stagione un quantitativo di pesche per circa un milione cli miriagramrru , (Lissone). • Giova notare la provincia di Cuneo, nella quale la coltivazione dei frutteti abbraccia tutta la zona subalpina, cioè dai 400 ai 650 metri di altitudine, lungo il cerchio delle « Di fronte a tutti i vantaggi di una lavorazione in comune, resta sempre sospeso nell'animo del singolo produttore il sospetto di incorrere in una rinunzia a favore di terzi dei benefizi spettanti a lni esclusivamente. La rinunzia diventa possibile solo nel caso in cui dal suo prodotto non riuscisse a ricavare qualche cosa cli più anche minima, delle spese sostenute per ottenerlo. « Esse (le cantine sociali) sorgono e si sostengono solo quando in una plaga il prezzo . Alpi marittime. Tra i frutteti predominano i peri e i meli. La produzione è notevolissima. A dire del Prof. C. Remondino, da un solo comune, quello di Barge, partono annualmente circa 2.000.000 'di rruriagrammi di mele» (Forbam). Il frutto del noccioleto ha nel circondario cli Alba un'importanza specialissima. Il genere in coi il Piemonte primeggia è la produzione di mele, pere, cotogne e melagrani. La stessa regione occupa il secondo cli vendita del vino non arrivi più a com- ]Yènsare le spese cli produzione. Forse qu_esto fatto si è verificato già in qualche provincia, e ciò spiega la diffusione che vi hanno raggiunta simili istituzioni» (7). Ad ogni modo in Piemonte quelle che vi esistono hanno vita prosperosa e producono benefici effetti. « Il che non deve fare meraviglia pensando alla loro utilità; solo e' è da rammaricarsi che il loro numero sia troppo esiguo in confronto colla grande utilità che procurano. Ed ogni sforzo d~ve essere fatto perchè il loro numero cresca; come pure cresca il muuero e l'importanza degli stabilimenti enologici, per i ·vantaggi grandi che da questi sviluppi è ragionevole di attendere (8). E cerchino le case nnove che si vanno fonnando e quelle già avviate che si vanno consolidando di adottare le norme più scientifiche, quanto alla produzione; e i suggerimenti che dà l'esperienza del commercio mondiale dei nostri giorni sopra i gusti degli al.tri popoli sia per la qualità che per la presentazione della merce, quanto all'esportazione della merce stessa. • posto (dopo la Toscana) nella produzione delle castagne . Ai mali che affiiggouo la nostra produzione vinicola si aggiungono le sofisticazioni per le quali si spacciano in Italia e ali' estero produzioni di qualità secondaria sotto il nome di taluni vini di fama assicurata, sofisticazioni contro le quali siamo stati sinora assai male difesi e che richiamano sempre più sopra di sè gli studi degli interessati e dei competenti onde trovar modo di combatterle efficacemente (9). Flagello grave, che si propaga in modo inquietante anche nel Piemonte, è la fillossera. I danni maggiori sono stati prodotti eia essa in provincia cli Novara, dove però è bene avviata la ricostituzione dei vigneti su viti americane innestate, ma anche nelle altre località dove il pericolo incombe i vitic'ultori lottano tenacemente non badando a sacrifizi e cercando anche, nelle ricostituzioni, di avere nuovi vigneti co,n qualità migliori . di vitigni rispetto a quelli precedenti. Peccato che la loro buona volontà, non accompagnata sempre da conveniente discernimento, sia sfruttata da speculatori disonesti che badand'o unicamente alla propria fortuna non pensano ai danni enormi che possono arrecare alla viticoltura in quei luoghi dove, abusando della ignoranza dei contadini, diffondono barbatelle di scarsa o nulla resistenza alla distruzione ciel terribile insetto. Contro l'opera di costoro fu votata dalla È pure notevole la produzione di frutta polpose, ed ha qualche importanza in provincia di Alessandria la produzione di uva da tavola Ecco alcune cifre sulla nostra produzione : Mele, pere, cotogne e melagrani Ql. 600.000 Castagne . » r .000.000 Frutta polpose . . . » rro.ooo Uva da tavola (prov. Alessand. » 7.000 Questi dati, presunti da varie pubblicazioni, non sono se non lontanamente approssimati, ad ogni mÒdo, siccome si suppongono desunti cogli stessi criteri, per tutte le regioni, si prestano per opportuni confronti tra le regioni stesse. Non abbiamo cifre per fa.re confronti con epoche passate, ma dal confronto delle descrizioni fatte dal!' Inchiesta Agraria con quelle recenti, o da testimonianze di compètenti, si può dire che il progresso è stato grande. lvb rimane ancora molto da fare. II Briganti enumera ed illustra i difetti della frutticoltura in Italia, difetti che esse'nzialmente si possono ridurre ai seguenti : a) Errori negli impianti e poca cura nella scelta delle varietà che si propongono. b) Tecnica colturale deficiente. c) Disorganizzazione della produzione. d) Deficiente istruzione a favore della frutticoltura (rr). Gli alberi da frutta sono coltivati promiS<:uamente con altre colture, e si annette ad essi una importanza secondaria I"'r cui si la:scia che crescano alla ventura con [)C":Le e punte cure. Tolte alcune località : tale è ]';;spetto della frn!~icoltura qua~i dappertutto. Eppure la coltura stessa, anche così promiscuamente esercitata, sarebbe meritevole di maggiori sollecitudini, specialmente da parte dei piccoli proprietari viticultori che nel suo proclotto potrebbero trovare un elemento compensatore in epoche di crisi per la produzione principale, ed avrebbero quindi convenienza non solo cli CTaggiormente curarla, ma anche di estenderla in consociazione colla vite. Contribuiscono a far sì che la nostra produzione sia ancora piuttosto in arretrato la disorganizzazione dei produttori, il loro isolame11to,la loro difforme attività specialmet,- 35 te per ciò che rigiiarda il commercio con l'estero. Sul commercio cli questi prodotti notiamo che dalla provincia cli Alessandria escono principalmente ciliegie, uva eia tavola, noci nocciole in modesta qnantità, dalla provincia di Cuneo escono in notevole quantità mele, pere, noci e nocciole, dalla provincia di Kovara, pere e mele in notevole quantità, anche per produzione cli sidro; le stesse frutta oltre che discrete quantità di C111egie e di noci, escono dalla provincia di Torino. Assai oscillante è stata nel quarantennio la produzione delle castagne almeno per quel che risulta dalle statistiche. Nel quinquennio 1870-74 la meclia produzione annua fu cli 733.ror quintali su una superficie di ha. 64. 774, cifre che si accordano con quelle che possono desumersi dall'annuario ciel 1864, con un prodotto unitario di oltre II quintali per ha. Poscia superficie e produzione complessiva diminuirono fortemente in Piemonte (e in tutta la penisola) per poi ascendere di nuovo negli ultimi anni ad una produzione complessiva di circa r.000.000 di quintali da un'area di oltre 100.000 ha. ma con un pro- _·otto unitario di meno di ro qu. per ho. Ciò indicherebbe che questa coltura o si r: estesa su terreni inadatti o è complessivamente peggiorata, riserva fatta della verità delle statistiche. Le provincie che producono in maggiore quantità le castagne sono quelle di Torino e di Cuneo. 3° - GELSI E BOZZOLI. - Queste due produzioni unitamente connesse fra di loro sono in decadenza. E ciò si può dire malgrado l'accenno non trascurabile di ripresa manifestatosi nel periodo bellico sotto la attrattiva dei prezzi elevati. La produzione di bozwli che secondo l'annuario del 1864 era già di oltre 90.000 quintali si è progressivamente ridotta tanto, che pel sessenio 190914 supera a mala pena i due terzi di tale cifra. ' Non si sa a quanto ascendesse in epoche passate la produzione della foglia di gelso, certo è che oggi deve essersi ridotta in proporzione della produzione dei bozwli : essa ammonta per lesse·nio 1909-14 a poco più di r .600.000 quintali ma si tratta naturalmente di cifra assai incerta data la particolare difficoltà della rilevazione . La diminuzione notata avviene in tutta la penisola ma è particolarmente grave nella nostra regione (12). Il Piemonte per complessiva quantità di prodotto viene dopo la Lombardia ed il Veneto, a distanza assai notevole però; non di meno esso tiene sempre un'importante posizione, ed il mercato di bozzoli di Cuneo ,è il più grande della penisola. Quali sono le ragiòni per cui questa coltura è in decadenza? Gli studiosi ne indicarono parecchie e ta, !ora quelle indicate dagli uni furono negate dagli altri : come per esempio lo scarso reddito. Si può es....seretutti d'accordo che una di esse, se non la principale, è la negligenza del Governo di fronte ad una produzione di capitale importanza per l'economia nazionale. Vi fa non poche dolorose considerazioni il Bonnefon-Craponne nel citato suo bel libro e ne accenna anche, per interposta persona, (Les Mauvaises laugues egli dice), la vera e maggiore causa, cioè la nessuna influenza. elettorale delle persone, donne in maggioranza., dedicate alla bachicoltm-a. Ma la principale cagione della decadenza, al mio avviso, risiede principalmente nelle migliorate condizioni economiche delle classi rurali. L'industria del bachi è essenzialmente industria casalinga e serve per arrotondare la somma dei proventi della famiglia rurale. Ora è naturale, che quando questi proventi aumentano per altre fonti assai più cospicue vi sia tendenza a trascurare I sempre più quelle minori. L'allevamento dei bachi è opera affidata alla piccola mano d'opera, e·tuttavia importa lavoro assai faticoso per la raccolta della foglia, e cure assidue per tutta la durata dell'allevamento. - Quando i redditi delle classi· agricole erano scarsi ci si attacca va molto volentieri anche al provento di questa industria; coll'aumento dei salarii e quindi col maggiore apprezzamento della mano d'opera impiegata in questo lavoro in confronto coi possibili risultati; coll'accrescersi della prosperità nella famiglia del contadino si è cominciato a ritenere che non vale la pena di darsi tanta briga per guadagnare una somma che, se una volta aveva gran peso nel bilancio domestico, comincia a diventare poco più che trascurabile. Anche nelle famiglie più modeste dei braccianti l'industria non ha più l'importanza che già ebbe. Intanto l'urbanesimo ha diradato anche questa categoria di persone dalle campagne. Poi in questa stessa categoria la piccola mano d'opera non trova sempre una rimunerazione sufficiente nel ricavo netto del

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