La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 9 - 16 aprile 1922

LA RIVOLUZIONE LIBERALE Piemontese Camera il 6 agosto 1920 una legge intesa a sorvegliare la produzione e il commercio di taleè, barbatelle selvatiche ed innestate di viti americane. \ IV. I v,jticoltori coi risparmi fatti in questi ultimi anui potranno validamente fronteggiare il nuovo pericolo, dove esso si è presentato, e proseguire in quel progresso tecnico che le crisi del mercato internazionale stimolarono sia nel campo immecliato della coltivazioue, sia in quello dell'industria enologica. r. - VITE E VINO. - Attualmente la cultura della vite occupa in Piemonte una superficie di ha. 290.000 ali' incirca, dei quali da 70 a 80.000 a cultura specialtzza!a, e la produzione, in complesso assai ~anabile da anno ad anno, si aggira ID media attorno ai 6 milioni di ettolitri, (1909-14). Per quanto incerti ~àano i dati delle_epoche passate, pure s1 p-no_dire che_verso 11 1880, la produzione ciel. VID? m Piemonte ascendeva a circa 4 m1liom d1 ettohtn con nna cifra notevolmente supe1;ore a quella che si può desumere clall'annua1;0 ciel 1864, non superiore ai 3.500.000. l\lia nel quarantell!Dio, come si vede, l'incremento è stato notevolissimo e, ciò, malgrado che il commercio coll'estero, abbia avuto un contraccolpo assai grave dalla chiusura ciel mercato francese nel 1887, è dalla forte diminnzione dell'esportaz.ione italiana n:rso l'Austria-Ungheria dopo il 1904. L'aumento della procluzione complessiva è stato più rapido che l'aumento della superiicie coltivata (quest'ultima intorno al 1880 saliva a circa 250 mila ettari) qnindi è stato anche notevole l'aumento della produzione unitaria (da 16 a 21 hl. per ha. in media). All'incremento della produzione vitifera, si accompagna pure un progresso impo1iante nella coltivazione e nell'industria enologica. E nota la forma dei v;tigni piemontesi. Scrive a proposito il Bonnefon-Craponne: ~ Les meilleurs crus de vins rouges se produisent en Piémonte, Nous connaissons peu, en France, le barolo, le gattinara, le grignoli:10. le barbaresco, le barbera. Ils ressemblent trop à nos bordeaux ou à nos bourgognes, sans toutesfois !es égaler : le palais de nos gourmets; habitnés. au ve:outé et au bouquet du chàteau-lafite, du pommart, du vougeot, n'a aucune raison pour leur préférer l'arome plus rude, la saveur plus agreste des vins piémontais (r). Indicati alcuni dei principali vitigni, e precisata la qualità dei loro prodotti, riman': da dire che si è attivamente lavorato negh ultirru decenni per adattare i vitigni alle qualità dei varii terreni, elirrunando quelli che in certi temtori non possono prosperare, e migliorando quelli che vi attecchisccno bene. Cosicchè taluni vitigni si vanno affennando in certe zone in modo predominante con progressiva esclusione di altri vitigni, e le pratiche culturali sempre migliori che si vanno introducendo -contribuiscono senza dubbio a migliorare la pro- .àuzione di ciascuna qualità (2). • Non solo, ma questo concentramento dei yi.tigni nelle zone più adatte al loro prosperare contribuirà s~curamente ad ottenere oc1ellacostanza di tipi che tuttora ci manca ; che non poco ci nuoce nel commercio coll'estero. E ad ottenere questo scopo occorrerà una solida costituzione di industrie enologiche, ed un maggior sviluppo di cooperative di produzione per la lavorazione del vino con quella modernità di criterii e di mezzi che è indispensabile per conseguire un esito sempre più-largo ·e più proficuo. Non si può negare che in Piemonte si sia ben avviati H!rso tale condizi.Qne di cose, e che per merito di varie nostre case produttrici alcuni nostri vini abbiano acquistato all'estero una fama orma'.i indistruttibile, ma si è ancora lontani dalla mèta che si potrebbe raggiungere. Le indusu;e già sorte qua e là non esercitano ancora un'attività u.riifonne; coordinata quale si vorrebbe. L'ideale sarebbe che in ogni zona vinicola esistessero forti stabilimenti enologici ai .quali convergesse l'uva prodotta_ dalla zona stessa : allora, senza dubbio, s1 avrebbero tipi unici e costanti per ogni qualità di vino: ed il vino, prodotto secondo le più razionali regole, si conserverebbe per mag?'1or tempo, sarebbe più resistente ai trasporti, ecc. ; senza notare che per stabilimenti di q~esto ge: nere, sarebbe più facile l'utihzzaz1one dei ,sottoprodotti. Questi stabilimenti potrebbero poi accordarsi, organizzando il commercio ..del loro prodotto; ed avrebbero il vantaggio .di poter resistere vittoriosamente alle crisi (3), di sopraproduzione e talora condurre il traffico coll'estero direttamente o con il minimo di intennediari. Cosa accade invece adesso? I viticultori, benchè cedano generalmente notevoli quantità di uva sia ai produttori-consumato1; che agli stabilimenti enologici, i quali ultimi, salvo pochi, hanno una limitata. attività, producono direttamente n_onptcc?la.parte del vino che va in commercio. Essi, ID base a pronostici più o meno felici sull'annata commerciale del vino cedono una diversa quantità di uve ao-Ji ~cquistatori e spesso si la- :,ciano indurr: a tentare direttamente la spei:'uJazione 1 nell'infondata credenza di ben~ prevedere le vicende della prossima annata •e colla convinzione di produrre vino secondo norme impeccabili. Ne viene, spesso, che, in tempi normali, le loro speculazioni falliscono; che essi esitano un vino scadente con non poca difficoltà, aumentata questa, dalla diffidenza che crea.no intorno a loro mediante le frodi a coi spesso si abbandonano. li 'l'o,nmasi,w. menzionando la lagnanza frequente che di solito si beve male e si paga caro, ne troV'a le ragioni in, due ordini di fatti, soprattutto : « 1° - per ciò che concerne la fabbricazione del vino; nell'opinione ancora in voga presso i viticultori, cli essere altrettanti enotecnici e perciò, benchè privi di mezzi adeguali, fermi nel voler confezionare da sè d vino colle proprie uve ; « '2° - per ciò che riguarda il commercio dei vini, nella disorganizzazione, nella intromissione di troppi intermediari.i; nella mancanza di libera circolazione per effetto delle ba.rriere daziarie • (5). Ragioni quasi analoghe spiegano la limitata diffusione delle cantine sociali. Scrive il Mondini: (6) « Nel nostro paese lo spirito di associazione non è molto sentito in generale, e tento meno nei viticultori il cui sentimento individualista è spinto all'eccesso. In ogni viticultore, infatti, è assai radicato il convincimento che il suo vigneto sia il meglio coltivato; che le sue uve siano le migliori, che il suo vino non tema qualsiasi confronto. Con questo convincimento è assai difficile che egli 1-iesca, a separare la sua personalità dal prodotto che ha saputo ottenere, ed è questo l'ostacolo principale tanto più forte quanto meno è confessato, contro il quale debbono lottare coloro i quali voleutérosamente si accingono alla propaganda in favore delle cantine sociali. Si ha ora l'impressione che un passo molto avanti si debba fare in quest'ultima, specialmente in ciò che riguarda la sua organizzazione dal lato commerciale. Un poderoso risveglio, manifestatosi di recente in notevoli pubblicazioni e che prosegue tuttora, lascia pensare che ci mettiamo finalmente sulla via per prosperare ed espanderci in questo importante ramo cli produzione nel quale il Piemonte occupa il primo posto. Nelle opere citate si potranno trovare notizie rigi1arclanti il commercio dei vini fra le ,vare località della regione, le varietà prodotte, l'opera svolta dal Governo in tutta l'Italia per salvagiiarclare dalla fillossera i nostri vigneti, notizie che ho creduto di non riportare qui (ro). 2° - FRUTTA. - È una produzione che in Piemonte occupa un posto molto importante e merita cli essere in modo speciale considerata. Non soltanto per la quantità complessiva prodotta la nostra regione è assai progredita, ma anche per la tecnica della coltivazione : s'incontrano in varie località frutteti dove la coltivazione stessa è portata alla massùna intensità. Ottimi frutteti troviamo in Giaiveno, in provincia di Torino; « in territorio di Alba, nel Canavese, segnaµmente nei terreni morenici tra Ivrea, Santhià e Biella; sui mercati di Canale, centro di una regione fertile, a terreno calcareo sciolto, profondo, ricco di sostanza organica, passa nel corso. della stagione un quantitativo di pesche per circa un milione cli miriagramrru , (Lissone). • Giova notare la provincia di Cuneo, nella quale la coltivazione dei frutteti abbraccia tutta la zona subalpina, cioè dai 400 ai 650 metri di altitudine, lungo il cerchio delle « Di fronte a tutti i vantaggi di una lavorazione in comune, resta sempre sospeso nell'animo del singolo produttore il sospetto di incorrere in una rinunzia a favore di terzi dei benefizi spettanti a lni esclusivamente. La rinunzia diventa possibile solo nel caso in cui dal suo prodotto non riuscisse a ricavare qualche cosa cli più anche minima, delle spese sostenute per ottenerlo. « Esse (le cantine sociali) sorgono e si sostengono solo quando in una plaga il prezzo . Alpi marittime. Tra i frutteti predominano i peri e i meli. La produzione è notevolissima. A dire del Prof. C. Remondino, da un solo comune, quello di Barge, partono annualmente circa 2.000.000 'di rruriagrammi di mele» (Forbam). Il frutto del noccioleto ha nel circondario cli Alba un'importanza specialissima. Il genere in coi il Piemonte primeggia è la produzione di mele, pere, cotogne e melagrani. La stessa regione occupa il secondo cli vendita del vino non arrivi più a com- ]Yènsare le spese cli produzione. Forse qu_esto fatto si è verificato già in qualche provincia, e ciò spiega la diffusione che vi hanno raggiunta simili istituzioni» (7). Ad ogni modo in Piemonte quelle che vi esistono hanno vita prosperosa e producono benefici effetti. « Il che non deve fare meraviglia pensando alla loro utilità; solo e' è da rammaricarsi che il loro numero sia troppo esiguo in confronto colla grande utilità che procurano. Ed ogni sforzo d~ve essere fatto perchè il loro numero cresca; come pure cresca il muuero e l'importanza degli stabilimenti enologici, per i ·vantaggi grandi che da questi sviluppi è ragionevole di attendere (8). E cerchino le case nnove che si vanno fonnando e quelle già avviate che si vanno consolidando di adottare le norme più scientifiche, quanto alla produzione; e i suggerimenti che dà l'esperienza del commercio mondiale dei nostri giorni sopra i gusti degli al.tri popoli sia per la qualità che per la presentazione della merce, quanto all'esportazione della merce stessa. • posto (dopo la Toscana) nella produzione delle castagne . Ai mali che affiiggouo la nostra produzione vinicola si aggiungono le sofisticazioni per le quali si spacciano in Italia e ali' estero produzioni di qualità secondaria sotto il nome di taluni vini di fama assicurata, sofisticazioni contro le quali siamo stati sinora assai male difesi e che richiamano sempre più sopra di sè gli studi degli interessati e dei competenti onde trovar modo di combatterle efficacemente (9). Flagello grave, che si propaga in modo inquietante anche nel Piemonte, è la fillossera. I danni maggiori sono stati prodotti eia essa in provincia cli Novara, dove però è bene avviata la ricostituzione dei vigneti su viti americane innestate, ma anche nelle altre località dove il pericolo incombe i vitic'ultori lottano tenacemente non badando a sacrifizi e cercando anche, nelle ricostituzioni, di avere nuovi vigneti co,n qualità migliori . di vitigni rispetto a quelli precedenti. Peccato che la loro buona volontà, non accompagnata sempre da conveniente discernimento, sia sfruttata da speculatori disonesti che badand'o unicamente alla propria fortuna non pensano ai danni enormi che possono arrecare alla viticoltura in quei luoghi dove, abusando della ignoranza dei contadini, diffondono barbatelle di scarsa o nulla resistenza alla distruzione ciel terribile insetto. Contro l'opera di costoro fu votata dalla È pure notevole la produzione di frutta polpose, ed ha qualche importanza in provincia di Alessandria la produzione di uva da tavola Ecco alcune cifre sulla nostra produzione : Mele, pere, cotogne e melagrani Ql. 600.000 Castagne . » r .000.000 Frutta polpose . . . » rro.ooo Uva da tavola (prov. Alessand. » 7.000 Questi dati, presunti da varie pubblicazioni, non sono se non lontanamente approssimati, ad ogni mÒdo, siccome si suppongono desunti cogli stessi criteri, per tutte le regioni, si prestano per opportuni confronti tra le regioni stesse. Non abbiamo cifre per fa.re confronti con epoche passate, ma dal confronto delle descrizioni fatte dal!' Inchiesta Agraria con quelle recenti, o da testimonianze di compètenti, si può dire che il progresso è stato grande. lvb rimane ancora molto da fare. II Briganti enumera ed illustra i difetti della frutticoltura in Italia, difetti che esse'nzialmente si possono ridurre ai seguenti : a) Errori negli impianti e poca cura nella scelta delle varietà che si propongono. b) Tecnica colturale deficiente. c) Disorganizzazione della produzione. d) Deficiente istruzione a favore della frutticoltura (rr). Gli alberi da frutta sono coltivati promiS<:uamente con altre colture, e si annette ad essi una importanza secondaria I"'r cui si la:scia che crescano alla ventura con [)C":Le e punte cure. Tolte alcune località : tale è ]';;spetto della frn!~icoltura qua~i dappertutto. Eppure la coltura stessa, anche così promiscuamente esercitata, sarebbe meritevole di maggiori sollecitudini, specialmente da parte dei piccoli proprietari viticultori che nel suo proclotto potrebbero trovare un elemento compensatore in epoche di crisi per la produzione principale, ed avrebbero quindi convenienza non solo cli CTaggiormente curarla, ma anche di estenderla in consociazione colla vite. Contribuiscono a far sì che la nostra produzione sia ancora piuttosto in arretrato la disorganizzazione dei produttori, il loro isolame11to,la loro difforme attività specialmet,- 35 te per ciò che rigiiarda il commercio con l'estero. Sul commercio cli questi prodotti notiamo che dalla provincia cli Alessandria escono principalmente ciliegie, uva eia tavola, noci nocciole in modesta qnantità, dalla provincia di Cuneo escono in notevole quantità mele, pere, noci e nocciole, dalla provincia di Kovara, pere e mele in notevole quantità, anche per produzione cli sidro; le stesse frutta oltre che discrete quantità di C111egie e di noci, escono dalla provincia di Torino. Assai oscillante è stata nel quarantennio la produzione delle castagne almeno per quel che risulta dalle statistiche. Nel quinquennio 1870-74 la meclia produzione annua fu cli 733.ror quintali su una superficie di ha. 64. 774, cifre che si accordano con quelle che possono desumersi dall'annuario ciel 1864, con un prodotto unitario di oltre II quintali per ha. Poscia superficie e produzione complessiva diminuirono fortemente in Piemonte (e in tutta la penisola) per poi ascendere di nuovo negli ultimi anni ad una produzione complessiva di circa r.000.000 di quintali da un'area di oltre 100.000 ha. ma con un pro- _·otto unitario di meno di ro qu. per ho. Ciò indicherebbe che questa coltura o si r: estesa su terreni inadatti o è complessivamente peggiorata, riserva fatta della verità delle statistiche. Le provincie che producono in maggiore quantità le castagne sono quelle di Torino e di Cuneo. 3° - GELSI E BOZZOLI. - Queste due produzioni unitamente connesse fra di loro sono in decadenza. E ciò si può dire malgrado l'accenno non trascurabile di ripresa manifestatosi nel periodo bellico sotto la attrattiva dei prezzi elevati. La produzione di bozwli che secondo l'annuario del 1864 era già di oltre 90.000 quintali si è progressivamente ridotta tanto, che pel sessenio 190914 supera a mala pena i due terzi di tale cifra. ' Non si sa a quanto ascendesse in epoche passate la produzione della foglia di gelso, certo è che oggi deve essersi ridotta in proporzione della produzione dei bozwli : essa ammonta per lesse·nio 1909-14 a poco più di r .600.000 quintali ma si tratta naturalmente di cifra assai incerta data la particolare difficoltà della rilevazione . La diminuzione notata avviene in tutta la penisola ma è particolarmente grave nella nostra regione (12). Il Piemonte per complessiva quantità di prodotto viene dopo la Lombardia ed il Veneto, a distanza assai notevole però; non di meno esso tiene sempre un'importante posizione, ed il mercato di bozzoli di Cuneo ,è il più grande della penisola. Quali sono le ragiòni per cui questa coltura è in decadenza? Gli studiosi ne indicarono parecchie e ta, !ora quelle indicate dagli uni furono negate dagli altri : come per esempio lo scarso reddito. Si può es....seretutti d'accordo che una di esse, se non la principale, è la negligenza del Governo di fronte ad una produzione di capitale importanza per l'economia nazionale. Vi fa non poche dolorose considerazioni il Bonnefon-Craponne nel citato suo bel libro e ne accenna anche, per interposta persona, (Les Mauvaises laugues egli dice), la vera e maggiore causa, cioè la nessuna influenza. elettorale delle persone, donne in maggioranza., dedicate alla bachicoltm-a. Ma la principale cagione della decadenza, al mio avviso, risiede principalmente nelle migliorate condizioni economiche delle classi rurali. L'industria del bachi è essenzialmente industria casalinga e serve per arrotondare la somma dei proventi della famiglia rurale. Ora è naturale, che quando questi proventi aumentano per altre fonti assai più cospicue vi sia tendenza a trascurare I sempre più quelle minori. L'allevamento dei bachi è opera affidata alla piccola mano d'opera, e·tuttavia importa lavoro assai faticoso per la raccolta della foglia, e cure assidue per tutta la durata dell'allevamento. - Quando i redditi delle classi· agricole erano scarsi ci si attacca va molto volentieri anche al provento di questa industria; coll'aumento dei salarii e quindi col maggiore apprezzamento della mano d'opera impiegata in questo lavoro in confronto coi possibili risultati; coll'accrescersi della prosperità nella famiglia del contadino si è cominciato a ritenere che non vale la pena di darsi tanta briga per guadagnare una somma che, se una volta aveva gran peso nel bilancio domestico, comincia a diventare poco più che trascurabile. Anche nelle famiglie più modeste dei braccianti l'industria non ha più l'importanza che già ebbe. Intanto l'urbanesimo ha diradato anche questa categoria di persone dalle campagne. Poi in questa stessa categoria la piccola mano d'opera non trova sempre una rimunerazione sufficiente nel ricavo netto del

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==