La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 8 - 9 aprile 1922

t 30 LA RIVOLUZIONE LIBERALE NO'l.E SULLA BUROCRAZIA ... ......,. .. ___________ _ I. L'utopia del {o<> poohi e ben. pagati,, lfna fopmula fopfunafa. Una formula che si ode spesso ripetere quando si parla di burocrazia, e·che ha avuto ed ha fortuna, (come del resto hanno fortuna da noi tutte le fonn ule cosiffatte : scuola laica, scuola libera, libertà con l'ordine, tenden:1ialmente repubblicano, ecc.) è la formula, così detta liberale, degli impiegati « j,ochi e ben pagat-i ». , Viceversa, nella realtà pratica, tutte le volte che sul nostro ori=nte legislativo è comparso un disegno di legge che tendesse ad attuare quella formula o col ridurre organici o col sopprimere uffici, tutte le volte dico quel disegno di legge è andato a picco; e anche ieri ed anche oggi è successo e sta _ succedendo lo stesso per tutto quel mazzetto di provvidenze legislative, dal progetto Croce sui corsi paralleli aggi unti al progetto Giolitti sulla riforma della burocrazia, che -mirm·ano appunto a diradare la selva della burocrazia col criterio anzidetto. Stando così le cose, invece di incaponirsi a ribadire inutilmente il chiodo del • pochi e ~n pagati>, sarebbe forse il caso di domandarsi se, date le condirioni economiche sociali del nostro paese, quella formula meriti ancora di esser presa sul serio, e se non la si debba piuttosto rigettare, insieme con tanti altri luoghi comuni della nostra retoJ-Ìca politica e pseudo-problemistica. Il pauperismo. Se l'Italia fosse tutta compresa nel triangolo Torino-Genova-Milano, allora forse alla riforma, dei « pochi e ben pagati • ci si potrebbe pensare sul serio : ma, di fatto, l'Itaiia è per otto noni fuori di quel triangolo; di fatto l'Italia è, nel sno complesso, 11 paese dove fiorisce il « pauperismo •, quel pauperismo che è l'idea fissa di Ansa.Ido, e che, nel caso attuale è, secondo me, la ragione fo;1damentale per cui in Italia nè oggi, nè domani, e neanche, io temo, dopodomani, si potrà mai seriamente, e neppure onestamen~ te, pensare a ridurre sensibilmente gl~ effe~- tivi degli eserciti di impiegati, che s1 anmdano nelle nostre a=inistrazioni statali e locali. Il problema. non è « sfollare gli uffici •, ma è quest'altro «sfollati gli uffici, che faremo della turba dei licenziati? • e che fare poi delle turbe dei primitivi ~iranti agi\ impieghi? Nel Nord c'erano, e m parte ~1, sono ìe industrie, nel Centro (parlo, s1 capi-, sce, schematizzando) c'era e,c'è 1:agrico_ltura, ma nel Sud? Una volta c era 1Amenca; ma adesso che l'America è chiusa e che la crisi imperversa un po' dappertutto, per le nostre primavere sacre del mezzodì e d'altre parti ancora, quale altro sfogatoi? tr<;ware, se si chiude anche ·quello dell' • impiego pubblico?• Ii'eleoamenfo delle classi popolaPi. E notare poi che ad aggravare la situa,. zione concorre da un pezzo in qua anche un'altra felice circostanza, che è quella del- !' « elevamento delle classi popolari •. I ceti umili, come si sa, da un poco in qua si vanno elevando, ossia : il figlio del contadino, dello stipettaio, del fondacchiere v.anno alla scuola e fanno, secondo la latitudine, il pro.scioglimento, la licenza tecnica, il diploma. di ragioneria; dopodichè, poco ma sicu.rn, queste speranze d'Italia tu vedi che non voglion più sapere nè di zappare, nè di piallare, nè di vendere generi coloniali, e neanche voglion più- sapere di emigrare, ma solamente intendono di fare • l'impiegato govern2.tivo "· Unz volta l'Italia produceva un po' di vino e quel vino·Jo esportava quasi tutto: una volta l'Italia produceva molto mannala.me, e questo mannalame anch'esso lo mandava all'estero in grandissima parte: adesso le classi popolari si sono elevate, il figlio del manuale frequentando la scuola, che in ftalia (questa è la maledizione) è intesa tutta e solo come scuola di cultwra, si é elevato ed è: divenuto un borghese; e, come tutto il vino che si produce ora, per « l'elevato tenor di vita, ecc. •, lo si consuma allegramente in casa, cosl tutto quel « proletariato inborghesito », bisogna aver paiienza e collocarlo anch'es.so in casa; tanto più che dopo la guerra e la vittoria questo proletariato a elevato• dice spesso e volentieri, e anche non senza una certa logica, che siccome questa Italia con la guerra si è allargata e di figli di mamma tra guerra e spagnola !,e son morti tanti, adesso i sopravvanzati in questa patria più grande ci devono st2re as0 .ai più comodamente di prima. E che cosa volete dire a questa gente i Che cosa volt;te farne? Per ,;,ra e per un vezzo niente altro che tenerli in casa. e farli vivere, direttamente o indirettamente dello Stato. PaupePismo psicologico. « An-icchii·e l'Italia! » bravo! un'altra bella formula che mi piace, ma ... campa cava-!lo... E poi, ·anche quando, nel tre o nel quattro mila, saremo abbastanza arricchiti, e sa- ,à scomparso il pauperismo economico ed ejjettiw, io ho gran paura che sia per rimanerci ancora nelle ossa il pa•uperz.smo mentai!e o psicologico cioè la tendenza a pensare e ad operare, pure trovandosi in istato di agiatezza, come si operava e si pensava quando si era in stato di povertà. E lo si vede già ora: perchè il figlio del « cafone » che si fa vaccinru"e, va alla scuola cli stato, e fa il soldato nel regio esercito, se, dopo tutto ciò, pretende, a sua volta, quel moderno mantenimento nel Prytaneo che è l'impiego ·di Stato, via, diciamo la verità, è, dal sno pu;ito di vista, logico e scusabile. Ma che cosa diremo del bottegaio an:icchito, dell'agrario, ,del pescecane che vuol avere, per i suoi figli, il ginnasio regio, e ma.gai-i l'Università, fuori dell'uscio di casa :per sè, il Tribunale e l'Intendenza cli finanza appena allo svolto dell'angolo: per la signora, la Pa.rrocchia e il Vescovado snbito lì dirimpetto? Diremo che qui è i! « pauperismo pc'>icologico » che funziona, diremo che quella gente, prodotto di generazioni che han patito l'angustia e l'impecuniosità, a.nche quando si trova più al largo ed ha il portafogli· imbott'to di biglietti da mille, resta misera e gretta com'era prima, ed ha l'istinto di accattare, come secoli prima, l'elemosina dello Stato. Noi vediamo già ora in questi casi quel che sa<rà, nel tremila, la mentalità dell'italiano universalmente arricchito, e la previsione non è, per la nostra. que,c,tione, confortante; se domani tutti i miFoni di poveri cristi d'Itali.ani; per altrettanti milioni di quaterne secche fossero mutati in tanti milordi, il « paupei-ismo •, come forma, mentis, rimarrebbe tal quale, e con. esso tutte le sue ben note conseguenze. A maggior ragione ora non si può ragionevolmente, nè onesta.,,; mente, preténdere di attuare una riforma che urti contro l'immane ostacolo delle condizioni economiche sociali e mentali, che io ho tratteggiato fin qui a.lla buona. ehiesa e pPioati. Del resto guardiamo a quel che avviene per questo problema, nella Chiesa Cattolica in Italia. Anche qui c'è un problema della • burocrazia minuta», anche qui c'è, ca.ratteristica-mente italiana, la questione della tiduzione del personale; diminuzione del numero delle diocesi, riduzione dei capitoli cattedrali, sfollamento inso=a di uffici centrali e provinciali, sono punti progra=atici di governo della Chiesa accettati senza discussione e senza distinzione di tendenze; se ne è mai fatto niente? Ci si era provato, mi pare, Pio X ma qua;i ragni riuscì a cavare dal buco? Se n'è riparlato a' tempi del recentissimo conclave come di questione urgente, ma intanto anche qui, un; provvedimento non molto remoto, è stato ancora lo Stato (quanti Stati!) che ha doViUto,intervenire per alleviare, con un po' de' suoi milioni svalutati, le "urti dei • travetti o in sottana, che son misere almeno da quanto quelle dei loro colleghi in cab..oni lncidi nel sedere. Si cita spesso, a proposito di impiegati « pxhi e ben pagati», l'industria privata: l'altra. istituzione, insieme con la Chiesa, che r.<lessoè di moda proporre come modello all'attività dello Stato: ma a me pare che anche qua la citazione sia fatta a sprnposito. Io ho provato a guardare quello che suc;:ede in fatto d'impiegati e di salariati in qualche grande stabilimento o in qualche grande banca : dico la verità che questi pochi impiegati ben pagati, da noi, non li ho trovati; ci saranno forse in America o nel Belgio, ma da noi, no; da noi la formula nella pratica è « pochi ben pagati e molti pagati malissimo o. Nelle nostre banche, nelle nostre industrie, per quanto mi risulta, c'è un direttore, un procuratore, un viaggiatore, un tecnico che son pagati lar gamente, ma poi, sotto e attorno a questi semidei, c'è la folla dei com.messi e degli • scopassagatt », che son tenuti Il a far pocc;, sl, ma ad essere pagati per meno di quello che fanno. E perchè:? al solito, per il pauperismo, e; per il parlamentarismo, e per il politicantismo, che si intrufolano anche qui, uno fratello dell'altro: il principale o il consigliere delegato sono consiglieri comunali o grandi elettori o aspiranti commendatori, e ci hanno il portinaio o il parente p()v-eroo il balio, tutt-i elettori, che si raccomandano perchè gli metta a posto il figlio, e il consigliere, delegato e il principale si lasciano. • impietosire e accettano e « mettono a posto», come s'è visto, un altro piccçlo boi-ghesino cli più. Per cui, insomma, se non ci riesce in Italia la Chiesa, i cui Cardinali non sono eletti con suffragio universale nè con sistema propoi-ziouale, se non ci riesce il p1-ivato, che deve avere così squisita e pronta la sensibilità del proprio interesse, come volete elle possa riuscire a sfollare i suoi uffici, a ridurre il numero de' suoi impiegati, a tenerne pocl!i e ben pagati lo Stato italiano, col suo Parlamento, la sua democrazia, e con tutti gli altri amminiccoli che noi sappiamo? Ma toglietevelo dalla testa e mettetevelo nei piedi, chè lo Stato nostro, finchè è quello che è, nell'Italia nostra, finchè sia anch'essa quella. che è, non riuscirà mai a far· tanto. • Le due pjoofuzioni, Ci V()rrebbe la rivoluzione. Già, ci avevo pensato anch'io: la rivoluzione. Una 1-ivoluzione, cioè una dittatura. La dittatura dei ricchissimi, o la dittatura dei disperatissimi; la dittatura insomma di q11alòe estremo, che mandasse per aria questa nostr·a mediocrazia e insieme, per ri1nanere in argo!uento, la burocrazia, che di quella è !a figlia 1uaggiore. In O'-!esti ultimi anni c'è stata in Italia l'occa,tione per l'una e per l'altra di queste rivoluzi011i; per la p:-ima, quella dei ricchi, c'è stato il periodo della guen-a : quello era il momento buono per una dittatura che avesse voluto « far pdizia • anche nelle tr'i;:iceedellh burocrazia : gli uffici semivuoti, il Parlamento semichiuso, la censura, il Luogotenente, allora si poteva col pretesto dalla "suprema /.ex D, 'Chiudere, sopprimere, abolire, far tabula rasa; non se ne fece niente; i ricchi, come classe di governo, di questo non faranno niente mai più. Poi, dopo la guen-a, c'è stato l'attimo anche per gli altri, per i miserabili. Non alludo mica all'episodio dell'occupazione delle fabbriche : quello anzitutto non era un fatto nazionale, e poi veniva tardi e c'era dentrn troppo bluff; io voglio dire del luglio 1919, quando non c'era. la guardia regia; e le caserme eran piene di soldati che avevan fatta la g,.ie1Tae volevano andar a casa, e i cuori sanguinavano ancora per le de~ lusioni di Versailles, e per le strade cli tutta Italia infuriavano i tumulti per il caro-vi- .veri. Anche quello fu un momento buono per la pwlizia che dicevo; ma anche quel momento passò, e fin da allora si ebbe la sensazione che tutta quell'immensa risen,a di energia rivoluzionaria si sarebbe scaricata, dissipata, rumorosamente ma inutilmente, in temporali locali, sempre meno imponenti, fino a tornare alla calma inerte cli priIIJa. E fu così difatti. • Il che ,vuol dire anzitutto che la rivoluzione è,, anch' ess~, una delle tante cose che in Italia non si sanno fare e, forse, non si faranno mai; in secondo luogo che, perduta l'occasione di attuare la 1-iforma della burocrazia alla spiccia per procedimento dittatoriale, tornati in tempi i.rrimediabilmente costituzionali, bisogna rassegnarsi a tener fra gli altri malanni, anche questo tumore della burocrazia, e vedere al più di guarirlo, invece che per amputazione,, lentamente, per riassorbimento. Che cosa si può faPe. Cioè, sempre in attesa dell'arricchimento economico .e spirituale, nel problema della burocrazia, cessare di ripetere la frase dei « pochi e ben pagati ", smettere di allarmare gl'impiegati, prima, e di farli ridere, dopo, e acconciarsi alla realtà antica e presente dei « molti e mal pagati». E se veramente si vuole, come si deve, fare in questo campo delle economie, ridurre ancora gli stipendi agli impiegati, e ai salariati, a comi!1ciai-eda quelli, a cui si concesse recentemente di più. Gli industriali stan già facendo così con gli operai e gli agrari con i contadini. A' tempi de' tempi Sonnino ottenne il pareg~o sulla pelle degli impiegati: ma salvò l'Italia per tutti e, anche, l'impiego per gli impiegati. Ma quanto a diminuire il numero degli impiegati statali, inutile pensarci. Sarebbe gi& molto, a proposito di formule, accontentarsi di questa « non un impiegato di pit'1•. E sarebbe più ancora, se, lasciando in pace gli impiegati di Stato, si badasse a quel che succede fra gli impiegati degli enti locali, provincie, comuni, opere pie, ecc. ecc., in cui, eia un pe7,2:oin qna, c'è la tendel17.a sempre pit't ferma a diventar tutti, più o meno larvatamente, « impiegati statali ». Diceva bene tempo fa l'Einaudi, commentando sul Corriere il voto con cui il Senato bocciava la legge sul caro-viveri ai dipendenti locali. • Gli impiegati locali tendono a diventare dei vei-i impiegati delio Stato, senza, essere pagati dallo Stato... E' stata una. gran sciagura per i maestri passare alle dipendenze dello Stato : invece di una classe relativamente indipendente; l~gata al pro- .J)!'io Comunè, con rapporti di parentela e di possesso nel iuogo _dove insegnava, si è creata una classe d1 1mp1egati COille tutti ali alti-i, in moto perpetuo, costretta a spendere il doppio di ciò che prima spendeva e aiustamente malcontenta della propria sorte. Vogliamo far lo stesso_di_tutti g!\ impiegati comunali e prownciah? \.'.o' guamo rompere i legami di reci-proco serv1z10 e d1 mutua dipendenza e toll-eranza ch_e_v1dev~ essere fra gli impiegati e gli a=imstraton di Enti locali? • Parole d'oro, su cui conviene seriamente meditare. P:::l'chè l'andazzo è appùnto questo : la .corsa allo Stato, e su questa china bisogna fermarsi per il bene di tuttì, anche per quello degli impiegati stessi. . E se 111ai,per arvv:iare la gran questione ad una soluzione, ci si dovrebbe mettere per una via del tutto opposta: non « dal Cornu11c allo Stato», ma v dallo Stato al Comune» ; cioè <, svincolare progressi1}a»iente l'ir11.piegatoda quel!' astraz·ione che è per lui lo Stato, per accostarlo a quella rea./ità concreta che è il Comune nella Regione». Ma cli questo parleremo con più agio, se mai, un'aitra volta. AUGUSTO MONTI. f'10TE=- Divitto eostitazionale, Si dice che Elilas Levi, dopo aver scritta la « Storia della magia :e, si accinga a scrivere la « Storia del Diritto costituz.ionale ». Io attendo con impazienz:c'l.un'opera simile, àa uno scrittoi··e così versato nella couoscenza cli discipline fantastiche_. Cosi saremo messi al fatto delle vicende di così stravagante scienza, che nessuna rispondenza ha colla realtà, specialmente da che fecero parte cli essa quei favolosi sortilegi, che presero· il nome cli 1< Statuto »J « Costituzione n, a: Magna Catta, e simili. l"• ·chi volesse vedere il miglior trattato di questa scienza, ed accertarsi quanto essa regni .nelle nu~:ole, consiglio di leggere i < Principi di diritto costituzionale , cli Vittorio Emanuele Orlando. Cateehistno del per-fette rninist!'o. n) Saper co-,iservare serrip1-e il ja'Vore della 1naggioran~a dei depidati (i 5'..onatori non contano). b) Avere molta pratica delle parole che paiono voler dir molto e non significano niente. c) Avere l'abilità di far vedere le case sotto un aspetto di yerso da qucllo che hanno. d) Saper fare le promesse in modo da poter « onestamente 11 non manteucrle. e) Avere forti attitudini a fare l'illteresse pubblico qualora forti interessi privati non si siano contrari. /) Preoccuparsi cli quello che dicono i giornali, ma più di quel ~hc vuole la burocrazia. g) Conoscere qnalcose. dei principali problemi della vita del paese (ma questa è una qualità di ordine affatto secondario, che il più delle volte (; meglio 1:cn avere). GIOVF.NAI,E. Hanno collaborato alla • Rivoluzione Lih-:c-rde » in questi primi numeri: G. Ansaldo F. Burzio, _S. S:aramella, G. De Ruggiero'. L. Emaud1, U. F=entini, M. Fubini, B. G10venale, D. Giuliotti, M. Missiroli, f?· Prev.,ohm, G. Salvemini, G. Stolfi, A. Salandra, P. Vita Finzi .. ~ Hanno gli amici delle nostre idee e della nostra ·it~iziativa comp-iu.to·il loro dovere d·i a·mtarn con. ogni mezzo q1,esto che è uno degl·i orga1iidella loro libertà spirituale? Essi possono: 1) abbonarsi o scriverci impegnandosi all'abbonamento; 2) ·manda-reiindirizzi di abbonati quasi sicu·ri; 3) chiederci '*meri di saggio e interessa1·si personalmente per far abbonare ali a•mici, le bibl·ioteche, le società; " 4) manda,rci il lm-o cont1-ib"uto anche se modestissi-mo, alla sotloscrizion; /,avorare perchè altri •vi pa,-tecip-i; ' s) PENSARE SE È POSSIBILE, NELLA LORO CITTA', TROVARE INSERZIONI DI CASE COMMERCIALI, INDUSTRULT E IN CA.SO AFFERMA TlVO OCCUPARSENE DIRETTA.MENTE METTENDOSI IN RET AZIONE CON N01; ~ 6) scriverci i loro suggerimenti e le loro Proposte relative alla propaganda e alla diffusione. Ogn•i afoto - anche la collaborazione di wna lei.tera, anche wn'adesione - Può essere decisivo in questo periodo d·i a1npliamento e di im.j>ostaz·ione.Qiiesto meditino gli amic-i noti ecì ignoti.

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