La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 8 - 9 aprile 1922

~ivista· Storica Settima:1:1a1e di :Politica Anno I. N. 8 9 Aprile 1922 -------- Edita dalla-------- Casa Editrice Energie Nuove fondata e diretta da PIERO GOBETTI TORINO • Via Venti Settem .... e, N, 60 • •coRINO A~B~nAMfnII Per il 1922: L. 20 (pagabile in due quote • di L. 10) - Abbonamento cumulativo con •IL • BRRETTI• L.32 (pagabile in due quote di L.16 IL BARETTI SUPPLEMENTO L T ERARIO MENSILE Non s1 ,rende .separatamente UN NU:IM:ERO LIRE (Conto CON"ent,, Postale) ------- o,eo 8.0MKARIO: A. CRESPI: Il liberaliemo economico e il presente momento etorico. - A, MONTI: Note sulla burocrazia: 10 L'utopia del "Pochi e ben pall'.ati ,,. S. CA.RA.JIIELLA.: Croce politico. - P. GOBE1'TI: Turati. - A.N'flGUELFO: Espedenza liberele. (Lell'.i,slazione sociale - li Dogma e l'Eree,ia). - E. RA.VERA.: Antologia.. - li Critico: Uomini e idee. - HIOVENA.LE: Note. Il liberralistno • eeonorn1eo e il pttesente momento storrieo Senza. entrare m sottigliezze filosofiche e -ienza addentrarmi in .anaiisi storiche, in intenderò, nel .corso di questo, articolo, per liberalismo quel modo di intendere la vita poJ.itica.ed econom.ica, che pur riconoscendo fa parte insootituibile compiuta da.Ile istituzioni, dalle leggi e dalle im9rese pubbliohe, ritiene che la funzione centrale e creativa nel processo stoo:icospetta alla iniziativa inàividu.ale e al senso della responsabilità individuale, sì che vi è reale progresso in nna .società solo nella. misura in CU[ tutte le funzioni sono compiute da energie spontaxee individu.a,li ispirate e .sorrette da ideali di biene comltme. Questo modo di intendere la vita politiJCa èd economica ha avuto il suo, più caratte1•i.s.tiro.svilu.pipo in Inghilterra, nel !IlOilldo britannico nato dall'Inghilterra e negli Stati Uniti, sotto il molteplice e combina.to impulso della. Riforma:, della lotta contro le autocrazie di Spagna e di Francia, di quella contro il tentativo di insta,urare la monarehia di diritto di~,;ino e dell'avvento della grande industria esportatrnce, sorretto e teom,z.ato quest'ultimo nelle su~ esigenze lo" giche e pratiche da:gli economisti clas~i è è.a.Ila filosofia del diritto naturale e del =- tratto sociale. Ma. la. fecondità e versità del liber.alismo non è legata a queste due orjgini storiche e locali, nè a. queste sue prime teo· .riz?..a.zionfiilosofiche; in particolar modo dal lat0 economiéo essa anzi s.i perpetua, SiÌ rinnova e si d,iff=<le a mano a ma.no che le cantteristiche de!l'ecooomia moderna si vanno diff011dendo dall'Inghilterra ad altri paesi, in vario modo e grado combi-nandosà con le pa:rti,colari loro tradizioni e necessità. Nello stesso suo centro tipico d'origine, in Inghilterra in pggi, il Jibr=lismo economico, noru:,... s,'tante superficiali ed ovvia.m~te tem'.l)'.ITTl.nee ·deviazioni; 'si sostiene con argomenti e per m1:zzi differenti da queili cui deve i! ,suo t1::ionfo ini2iale. Esso dovette il suo trionfo iniziale al coincidere -del trionfo nell'opinione R11-bb1icdaelle teorie degli eCOimmisti .e degli utilita1ri con le esigenze delle industrie diiv.enute esportatrici, co,n l'acuto seru,o degli o;,tacoli OPIX>s.tdiai dazi sul grano e con la serie di tragiche carestie di µè.tate in Irlanda. Ma in oggi esso si sostiene perchè tre quarti del cibo della. papolaz.ione del Regno Unito e tre quarti o qua:si delle :materie prime di cui esso deve provvedersi devono essere competa.ti con esportazioni di ..manu,fa,tti o di carbone, di macchine, di rotaie o con i· servizi della marina mercantile che è tutta una creaziooe del libero sca:~bio. • . L'Inghilterra. con la sua- presente crnsi mdustriale ed operaia sta duramente noonquis,t,andola coscienza di 0:pmnto la s.ua p:.ros.peritàsia legata ali.a glian verità che· i prodotti si pagano con altri prodotti e servizi e questa coscienza sta neutra.Liw.ando la twizrell protezionista generata dalla psicologi.a e dalle esigen:;cedella guerra e dall'oblio <!!elle-condizioni di progresso degli ultimi $,ettan,t'anni•, naturalissimo a cagione della lunghez.zastessa e dell'entità stessa. del tF(Ìonfo Jil:iera.le. L'Inghilterra stessa. è tutt' om -solo imperfl:!tta,mente consa,pevole e il resto del mondo, inclusa l'Italia; lo è ancor più di wan lunga: chè senza_ la: gigant~a, marina mercantile na.ta dal libero scamblo e semm gli ingenti capitali a.c<:U?1ulatidurante il periodo del libero scambio, la stessa. ·flotta da. guerra non avrebbe potuto salvare J'Iù- "hilte11t'a.e i suoi alleati dadla, sconfitta per ;~radei sottomarin~ e l' Am~ca n=. avre?- '~ avuto tempo di prepararsi ed amvare m tempo con navi, mmnizioni e uomini a scongin.-r-a.reil disastro; e farse le sue stesse coste e i suoi .!Illa$mi porti avrebbero sen• tito le delizie della flotta germanica: il Ji. ber:o scambio, fu. u,n coefficìente primMio dj vittoria. E :pur ora che la. vitto,ria è consegu,ita è chiaro ogni dì più che di fronte al rinascere viguroso della, concorrenza straniera ed anche per ridurre al più presto ed al mass.imo le difficoltà de:rifv,antidalla distruzione cli ricchezza e dalla. sva;\utazione del,la moneta sul continente europeo, l'Inghi!te:rro., con una popolazione che di tanto super:a quella che il suo suolo può mantenere e che è ancora in cospicuo aU11J,enton,on può maJJ- -tenere o riacquista.re ed espandere il s= commer'CÌo estero che re almeno non eleva aa-1:.ificialmentceon tariffe, aggiungentisi atle tariffe ·d'altri paesi, il costo di Jl'rCiduzionedei .suoi manufatti e servizi e si riserba il vantaggio della libera concorrenza: di tutti gli altri prodotti sul suo merca.to. L'Im_pero non intacca menom'a.lll.ent.equeste necessità v.itaE. Esso non provvede aiJ. l'Inghilte-r•ra .che tra ll!Il tei= .e lll1 .quanto delle sue materie _prime .ed alimentari e fin@a che in massima coone, grano e petrolio dovranmo essere com~rati .all'estero, la stessa preferenza coloniale resterà puramente nominale o quasi; non si potrebbe renderla efficace elev:a.ndoi costi deHa vita .e della produzione inglesi al punto che le masse man· derebbero l'Impero all''nferno ! E così il liberalismo rima.ne per l'Inghilterra una nJeCèssità vitale di prim'ordine. Non solo; •esso per -la prima volta va diventando ogni giorno di più una necessità vita.le pu1re per il resto dell'Europa: quella stessa Eur0pa che non volle rispondeire al· l'invito di Cobden e di Br.i.ght di segui1e l'e~mpio inglese è forse suUa via di trovarsi costretta a segu-ire tale esempio, come nnica alternativa a un co,Jossaùedisastro comune. E ciò sotto più riguardi. Ani;ì,tutto l'enorme disLruzio,neài ca.pitali ca.giona,tadaUa guerra e d:;;i folli esperimenti bUTocratici da questa occasioùati costringe tutti ad economie fino all'c,,so .e<l è sperabile voglia presto porre fìi,e a statiz.zazion,i e .mu,n1cipaliµazi011i, restitui:ndo, con le dovute salvaguardie per il pubblico, alla inizjativa pri'V'll,ta ferrovie, tmm.s, gas, luce elettrica, telefoni, ecc., sal;vo un certo minimum di controllo e di partecipa.zio.ne ai profitti da parte <l'elloStato e del Municipio, come primissimi soci in ogni impresa. In secondo luogo l'esempio di quel che è a'V'lrenutoin Russia dovrebbe aggiungersi a. tutto questo e aiutare a conivi.ncere tutti che se, entro·i limiti cli leggi ragionevoli il movimento· operaio d'òrganizzariçme, come quello d'organizzazione di ogni altra classe, è legittimo ed utile, il socialismo in tutte le sue varietà è .iineluttabilmente disastroso, in ispecie perchè trascura il fatto che -nessuna nazione mo<lerna basta economicamente a sè stessa e che il commercio estero presuppone una vigorosa. ini_ziativ.aprivata e una inten.sissi:ma. e continua selezione naturale tra gli imprenditori sul mercato mana diale. Il socialisnw, sia. sdtto la forma collettivistica che sotto la sindacalista e la giloolistica è cieco a queste verità. In quarto luogo la. guerra e il dopo-guerra dovrebbel'O aprire gli occhi pt= dei ciechi al fatto che, sia po,liticamente sia economicamente nessun Stato, specie in Europa, 'p;uò più. da solo sia mantenere a un livello d~nte di vita la sua popolazione, sia difendere i suoi· confini; aJ che è da, aggiungere, il fatto che 1~ • restriz.ioni poste in crescente misum dagh stati transoceanici all'immigraZsione europea e la tendenza di queste restr'Ì2lionia diventare. una vera e propria selezione dei desiderabili sono destina.te ad accrescere m;gli Stati euro~i la difficoltà del mantenere le loro pop.,lazioni cresx:enti e.del trovar loro impieghi fEoduttivi e la possibilità di sempre più elevato tenore di vita. Questi fatti dovrebbero essere Ja, condanna <lel nazionalismo inteso come la tendenza per ogni gn1ppo etnico che se ne sente la forza di t.1·2sform.arein mercato chiuso l'area d.a esso abita.ta e di a.spirare a diventare bastevole a sè steS'So sia mediante il protezionismo ad oltr.anz,a, sia mediante una politica di espansione ten-:ito1iale ai spese dei yicini. La guen·a l~a fin troppo favorita questa tencienzh col portare alla costituzi'one •in stati indipendenti di-tante nazionalità quante si emanciparono dagli Imperi sfasciatis,i; e la pace è fino a:d ora stata guastata dal non aver mantenuto la libertà economica tra le nazionalità che era,no già parte di un unico orgamismo·politico e che sarebbe stato sufficiente (e forse non è detto ancora che noni ci si -arrh•i) federare. Ed in aggiunta a ciò I.a . guerra ha esasperato i'l nazionalismo economico degli stati .preesistenti, e questo nonostante sia ovvio ad 0gni persona colta, che _ l' Eu.ropa, anche JOOiesnael.la sua t-Otalità, non ' paò-, così come 0ra è organizzata, mia:ntenere la sua attuale po:(i)@lazioneB. asti pensare di .quanto l'esistenza 'di tante lia:rriel."e,di tante tariffe; di ta-n.ti diversi sistemi monetarti, di tanti eserciti, d-itante flotte, di tanti sistem,ì fen"Ov-:iarie, cc., pone l'Europ?J in inferiol'ità di fronte agli St;l,ti,Uniti o al Brasile o alla Repubblica Argentina, se avessero la sua popolazione. In ,Europ:a non è ,possibile oggi viaggiare ·da Cà:Jais al confine ,russo senza quasi, spe• ciè nelle ultime fasi deJ. viaggio, rompei."e il son1J10per una visita doganaile ogni· pru.o di ore. Mere formalità di con.fineimpediscono di viaggiare per aria· 'ininterrottamente in Europa. per distanze eguali a quelle che separano New, York .da S. Francisto. L',Europn è qggi, a cagione di pregiudizi opponentisi alla più razionàle òrganizzarione dei suoi mezzi di conmnica.zione e di trasporto, nelle condizioni in cui sarebbe il Nord Amenca se non si fossero inventate fer.rovie, telefoni, telegrafi e navi a v.apore; sono queste invenzioni, a,pplicate su scala continentale, che ·hanno reso JJ9SSÌ-biligli Stati Uniti qua,li sono oggi; senza di esse . gli Stati Uniti riprcxl,u.rrel5bero)e conclizi<:>ni europee; e se esse fossero applicate in Europa sull.à.stessa scala che in America; l'Euc ropa'. potrébbe mantenere facilmente in condizioni di prosperità, una popolazione assai superiore all'a:ttuale. Nè si ·dica, che ciò sarebbe a sca,pi<todella varietà culturale e della individualità storica ·delle ·nazioni europee. Il mondo ha interesse alla ·varietà delle i-ndividualità storiche, alle autonomie delle na.- zicrnalità, non 'alla moltiplicazione dei piccoli stati e alla creazione a stato di ogni gru:pìpO che non sa rassegnarsi ad essere libera mi· noranza in un gruppo più va.sto che rispetta l'eg,u.a,ldiritto d'ogni sua.parte: autonomia. non è un atomismo : ed in oggi una piccola nazionalità, veramente dotata di genio proprio e capace di rendere servigi insostituibili, è molto più sicura di autonomia e di libera espansione entro ad un grande e liberale organismo plurina:z.ionale che non erigendosii da sè St.ato ·e diventando un centro di più di sacro egocentrismo! Come la ·città allarga !o spirito più del villaggio e aHarga pur lo spirito del villaiggio e ha. campo pei: inà2iiativeche il villaggio non ,:onsente e come la nazione ha =po ~ ulteriori sviluppi di v-ita rurale ed urbana, in modo anaiogo lo stato plurinazionale prov~ vede alle nazioni opportunità di sviluppo che non hanno finchè son fine a sè stesse e finchè ·la sicurezy.iainvece che un interesse comune appare a ciascuna. qualcosa che essa deve per suo conto difendere contro le altre. Per questo la Lega delle Nazioni, sia, in sè, sia come risuJtato finale e tendenziale di Leghe latine, scandinave, balca.niche, slave, ecc., rientra naturalmente nello spirito del liberalismo. ed il libero scambio è, siai p;ur solo come tendenza, la politi.ca economica natural.e della Lega. Il liberaLismo economico, sfa n,azionale che europeo e mondiale, trova così una. situazione a.d esso prop',zia come non ma.i per 1'innanzi pel fatto che sia il socialismo sia il nazionalismo, specie in quella .sua forma vuota e nev'.roticamente turbolen· ta che è tra di noi il fascismo, conducono al disastro pur di ciò che· 1a guerra. ha rispanniato : il lilr-.r:alismo è la sola via Ji salvezza; la Lega delle Nazioni è la sua naturale direttiva. Versailles, Ginevra, Washington, .Cannes, Genova sone sintomi e simboli d'una gran verità che tutti li trascende e cioè della. crescente coscienza del- ! 'unità europea· e mondiale e del bisogno di'- trevarle metodi e organi d'autogoverno: occorre essere solidali nel saper cooperare per non essere solidali solo nel comune disastro~ i-1 libera;Ji.smo economico è la sola JX>litica. non :anarchica e non suicida; le opere dtl Keynes sono un progra.mma d'azione non solo iniglese, ma europeo. Nè ci si lasci impressionare dai coniatori di frasi, nazionalisti -o .socialisti che sieno, che w=o dicendo ehe la Lega e il liberalismo economico sono le ideologie del caipit.alismo anglo-sasS9Ile, <la questo i=ntate per tenersi asser: • vite le nazioni proletarie, che costoro ehiamano a ,riscossa e rivolta contro di quello. E' verissimo che i ,paesi p0liticamente ed econom[camente più evoluti, ,appunto perchè precedono gli .altri in esperienza economica e politièa, veggono nella ·Lega un loro interesse; ma non è vero che questo non sia anche u,n; interesse comune. Se dalla grerra. e da11'anarchia mondiale essi non hanno nulla da guadagnare e molto da perdere, non segu~ che altri non abbia à soffrirne anche più. N= è pu,nto vero che, ad ,esem• pio, una catastrofe britannica sarebbe tosto seguìta dall'automatico trasferimento ad aÌtri del credi·to, della ricchezza o della JX)tenza britan:nica; ·l'India, ad esempio, ne soffrirebb'e più della stessa Inghi,Jterra; non sempre ogni mutamento è pel meglio. Viceversa è molto più probabile e molto più ragionevole il pensare che gli Stati più evoluti, e in pRrticolar modo a cagione della sua maggior-esperienza l'Inghilterra, preferiranno, specie se in seRo alla Lega, cedere ad ogni momento sui punti sui quali parrà certo che il eedere sia il modo migliore di non perder cli più e di m.amtenere quella coopera- ~ione fra tutti da cui ogni meID1brotra.e ,VII.Il• taggi altrimenti inconseguibili o mal sicuri; metodo questo che è anche il più adatto a garnntiFe che ogni paese di altra nazione verso il livello inglese sarà da tal nazione _o grup,po· di nazioni state realmente meritato : ossia sarà un vantaggio comune. Ed ora i:n concllliSiioneuna parola circa l'Italia .. Anche l'Italia è qua.si un'isola; è una penisola; prur essa ha più popolazione che quella clie può nutrire ; ,pur. essa ha quindi ,b!isogimdi esportare pier importa!re; pur essa ha bisogno della pace per terra e p.er mare per l'espansiòne indisturbata de' S1Uotiraffici nel mondo intero. Nonè anch~ per essai il liberalismo economico e la politica della Lega la JX>liticanaturalmente più proficua e più rimunerativa? Non, la additano queste su.e reaJ.istiche necessità come la natuFale alleata dell'Inghilte,rra nella ):i!tr mm.ione del Jibera!li:smoeconomico,sia in Europa in genere ovunque ve n'è l'occasione, sia negli Stati nuovi e più o meno immaturi che le son sorti ad oriente? Non, glie l'addita questa missione Ca:millo di Cavour, il più grande dei suoi anglofili? ANGELO CRESPI.

t 30 LA RIVOLUZIONE LIBERALE NO'l.E SULLA BUROCRAZIA ... ......,. .. ___________ _ I. L'utopia del {o<> poohi e ben. pagati,, lfna fopmula fopfunafa. Una formula che si ode spesso ripetere quando si parla di burocrazia, e·che ha avuto ed ha fortuna, (come del resto hanno fortuna da noi tutte le fonn ule cosiffatte : scuola laica, scuola libera, libertà con l'ordine, tenden:1ialmente repubblicano, ecc.) è la formula, così detta liberale, degli impiegati « j,ochi e ben pagat-i ». , Viceversa, nella realtà pratica, tutte le volte che sul nostro ori=nte legislativo è comparso un disegno di legge che tendesse ad attuare quella formula o col ridurre organici o col sopprimere uffici, tutte le volte dico quel disegno di legge è andato a picco; e anche ieri ed anche oggi è successo e sta _ succedendo lo stesso per tutto quel mazzetto di provvidenze legislative, dal progetto Croce sui corsi paralleli aggi unti al progetto Giolitti sulla riforma della burocrazia, che -mirm·ano appunto a diradare la selva della burocrazia col criterio anzidetto. Stando così le cose, invece di incaponirsi a ribadire inutilmente il chiodo del • pochi e ~n pagati>, sarebbe forse il caso di domandarsi se, date le condirioni economiche sociali del nostro paese, quella formula meriti ancora di esser presa sul serio, e se non la si debba piuttosto rigettare, insieme con tanti altri luoghi comuni della nostra retoJ-Ìca politica e pseudo-problemistica. Il pauperismo. Se l'Italia fosse tutta compresa nel triangolo Torino-Genova-Milano, allora forse alla riforma, dei « pochi e ben pagati • ci si potrebbe pensare sul serio : ma, di fatto, l'Itaiia è per otto noni fuori di quel triangolo; di fatto l'Italia è, nel sno complesso, 11 paese dove fiorisce il « pauperismo •, quel pauperismo che è l'idea fissa di Ansa.Ido, e che, nel caso attuale è, secondo me, la ragione fo;1damentale per cui in Italia nè oggi, nè domani, e neanche, io temo, dopodomani, si potrà mai seriamente, e neppure onestamen~ te, pensare a ridurre sensibilmente gl~ effe~- tivi degli eserciti di impiegati, che s1 anmdano nelle nostre a=inistrazioni statali e locali. Il problema. non è « sfollare gli uffici •, ma è quest'altro «sfollati gli uffici, che faremo della turba dei licenziati? • e che fare poi delle turbe dei primitivi ~iranti agi\ impieghi? Nel Nord c'erano, e m parte ~1, sono ìe industrie, nel Centro (parlo, s1 capi-, sce, schematizzando) c'era e,c'è 1:agrico_ltura, ma nel Sud? Una volta c era 1Amenca; ma adesso che l'America è chiusa e che la crisi imperversa un po' dappertutto, per le nostre primavere sacre del mezzodì e d'altre parti ancora, quale altro sfogatoi? tr<;ware, se si chiude anche ·quello dell' • impiego pubblico?• Ii'eleoamenfo delle classi popolaPi. E notare poi che ad aggravare la situa,. zione concorre da un pezzo in qua anche un'altra felice circostanza, che è quella del- !' « elevamento delle classi popolari •. I ceti umili, come si sa, da un poco in qua si vanno elevando, ossia : il figlio del contadino, dello stipettaio, del fondacchiere v.anno alla scuola e fanno, secondo la latitudine, il pro.scioglimento, la licenza tecnica, il diploma. di ragioneria; dopodichè, poco ma sicu.rn, queste speranze d'Italia tu vedi che non voglion più sapere nè di zappare, nè di piallare, nè di vendere generi coloniali, e neanche voglion più- sapere di emigrare, ma solamente intendono di fare • l'impiegato govern2.tivo "· Unz volta l'Italia produceva un po' di vino e quel vino·Jo esportava quasi tutto: una volta l'Italia produceva molto mannala.me, e questo mannalame anch'esso lo mandava all'estero in grandissima parte: adesso le classi popolari si sono elevate, il figlio del manuale frequentando la scuola, che in ftalia (questa è la maledizione) è intesa tutta e solo come scuola di cultwra, si é elevato ed è: divenuto un borghese; e, come tutto il vino che si produce ora, per « l'elevato tenor di vita, ecc. •, lo si consuma allegramente in casa, cosl tutto quel « proletariato inborghesito », bisogna aver paiienza e collocarlo anch'es.so in casa; tanto più che dopo la guerra e la vittoria questo proletariato a elevato• dice spesso e volentieri, e anche non senza una certa logica, che siccome questa Italia con la guerra si è allargata e di figli di mamma tra guerra e spagnola !,e son morti tanti, adesso i sopravvanzati in questa patria più grande ci devono st2re as0 .ai più comodamente di prima. E che cosa volete dire a questa gente i Che cosa volt;te farne? Per ,;,ra e per un vezzo niente altro che tenerli in casa. e farli vivere, direttamente o indirettamente dello Stato. PaupePismo psicologico. « An-icchii·e l'Italia! » bravo! un'altra bella formula che mi piace, ma ... campa cava-!lo... E poi, ·anche quando, nel tre o nel quattro mila, saremo abbastanza arricchiti, e sa- ,à scomparso il pauperismo economico ed ejjettiw, io ho gran paura che sia per rimanerci ancora nelle ossa il pa•uperz.smo mentai!e o psicologico cioè la tendenza a pensare e ad operare, pure trovandosi in istato di agiatezza, come si operava e si pensava quando si era in stato di povertà. E lo si vede già ora: perchè il figlio del « cafone » che si fa vaccinru"e, va alla scuola cli stato, e fa il soldato nel regio esercito, se, dopo tutto ciò, pretende, a sua volta, quel moderno mantenimento nel Prytaneo che è l'impiego ·di Stato, via, diciamo la verità, è, dal sno pu;ito di vista, logico e scusabile. Ma che cosa diremo del bottegaio an:icchito, dell'agrario, ,del pescecane che vuol avere, per i suoi figli, il ginnasio regio, e ma.gai-i l'Università, fuori dell'uscio di casa :per sè, il Tribunale e l'Intendenza cli finanza appena allo svolto dell'angolo: per la signora, la Pa.rrocchia e il Vescovado snbito lì dirimpetto? Diremo che qui è i! « pauperismo pc'>icologico » che funziona, diremo che quella gente, prodotto di generazioni che han patito l'angustia e l'impecuniosità, a.nche quando si trova più al largo ed ha il portafogli· imbott'to di biglietti da mille, resta misera e gretta com'era prima, ed ha l'istinto di accattare, come secoli prima, l'elemosina dello Stato. Noi vediamo già ora in questi casi quel che sa<rà, nel tremila, la mentalità dell'italiano universalmente arricchito, e la previsione non è, per la nostra. que,c,tione, confortante; se domani tutti i miFoni di poveri cristi d'Itali.ani; per altrettanti milioni di quaterne secche fossero mutati in tanti milordi, il « paupei-ismo •, come forma, mentis, rimarrebbe tal quale, e con. esso tutte le sue ben note conseguenze. A maggior ragione ora non si può ragionevolmente, nè onesta.,,; mente, preténdere di attuare una riforma che urti contro l'immane ostacolo delle condizioni economiche sociali e mentali, che io ho tratteggiato fin qui a.lla buona. ehiesa e pPioati. Del resto guardiamo a quel che avviene per questo problema, nella Chiesa Cattolica in Italia. Anche qui c'è un problema della • burocrazia minuta», anche qui c'è, ca.ratteristica-mente italiana, la questione della tiduzione del personale; diminuzione del numero delle diocesi, riduzione dei capitoli cattedrali, sfollamento inso=a di uffici centrali e provinciali, sono punti progra=atici di governo della Chiesa accettati senza discussione e senza distinzione di tendenze; se ne è mai fatto niente? Ci si era provato, mi pare, Pio X ma qua;i ragni riuscì a cavare dal buco? Se n'è riparlato a' tempi del recentissimo conclave come di questione urgente, ma intanto anche qui, un; provvedimento non molto remoto, è stato ancora lo Stato (quanti Stati!) che ha doViUto,intervenire per alleviare, con un po' de' suoi milioni svalutati, le "urti dei • travetti o in sottana, che son misere almeno da quanto quelle dei loro colleghi in cab..oni lncidi nel sedere. Si cita spesso, a proposito di impiegati « pxhi e ben pagati», l'industria privata: l'altra. istituzione, insieme con la Chiesa, che r.<lessoè di moda proporre come modello all'attività dello Stato: ma a me pare che anche qua la citazione sia fatta a sprnposito. Io ho provato a guardare quello che suc;:ede in fatto d'impiegati e di salariati in qualche grande stabilimento o in qualche grande banca : dico la verità che questi pochi impiegati ben pagati, da noi, non li ho trovati; ci saranno forse in America o nel Belgio, ma da noi, no; da noi la formula nella pratica è « pochi ben pagati e molti pagati malissimo o. Nelle nostre banche, nelle nostre industrie, per quanto mi risulta, c'è un direttore, un procuratore, un viaggiatore, un tecnico che son pagati lar gamente, ma poi, sotto e attorno a questi semidei, c'è la folla dei com.messi e degli • scopassagatt », che son tenuti Il a far pocc;, sl, ma ad essere pagati per meno di quello che fanno. E perchè:? al solito, per il pauperismo, e; per il parlamentarismo, e per il politicantismo, che si intrufolano anche qui, uno fratello dell'altro: il principale o il consigliere delegato sono consiglieri comunali o grandi elettori o aspiranti commendatori, e ci hanno il portinaio o il parente p()v-eroo il balio, tutt-i elettori, che si raccomandano perchè gli metta a posto il figlio, e il consigliere, delegato e il principale si lasciano. • impietosire e accettano e « mettono a posto», come s'è visto, un altro piccçlo boi-ghesino cli più. Per cui, insomma, se non ci riesce in Italia la Chiesa, i cui Cardinali non sono eletti con suffragio universale nè con sistema propoi-ziouale, se non ci riesce il p1-ivato, che deve avere così squisita e pronta la sensibilità del proprio interesse, come volete elle possa riuscire a sfollare i suoi uffici, a ridurre il numero de' suoi impiegati, a tenerne pocl!i e ben pagati lo Stato italiano, col suo Parlamento, la sua democrazia, e con tutti gli altri amminiccoli che noi sappiamo? Ma toglietevelo dalla testa e mettetevelo nei piedi, chè lo Stato nostro, finchè è quello che è, nell'Italia nostra, finchè sia anch'essa quella. che è, non riuscirà mai a far· tanto. • Le due pjoofuzioni, Ci V()rrebbe la rivoluzione. Già, ci avevo pensato anch'io: la rivoluzione. Una 1-ivoluzione, cioè una dittatura. La dittatura dei ricchissimi, o la dittatura dei disperatissimi; la dittatura insomma di q11alòe estremo, che mandasse per aria questa nostr·a mediocrazia e insieme, per ri1nanere in argo!uento, la burocrazia, che di quella è !a figlia 1uaggiore. In O'-!esti ultimi anni c'è stata in Italia l'occa,tione per l'una e per l'altra di queste rivoluzi011i; per la p:-ima, quella dei ricchi, c'è stato il periodo della guen-a : quello era il momento buono per una dittatura che avesse voluto « far pdizia • anche nelle tr'i;:iceedellh burocrazia : gli uffici semivuoti, il Parlamento semichiuso, la censura, il Luogotenente, allora si poteva col pretesto dalla "suprema /.ex D, 'Chiudere, sopprimere, abolire, far tabula rasa; non se ne fece niente; i ricchi, come classe di governo, di questo non faranno niente mai più. Poi, dopo la guen-a, c'è stato l'attimo anche per gli altri, per i miserabili. Non alludo mica all'episodio dell'occupazione delle fabbriche : quello anzitutto non era un fatto nazionale, e poi veniva tardi e c'era dentrn troppo bluff; io voglio dire del luglio 1919, quando non c'era. la guardia regia; e le caserme eran piene di soldati che avevan fatta la g,.ie1Tae volevano andar a casa, e i cuori sanguinavano ancora per le de~ lusioni di Versailles, e per le strade cli tutta Italia infuriavano i tumulti per il caro-vi- .veri. Anche quello fu un momento buono per la pwlizia che dicevo; ma anche quel momento passò, e fin da allora si ebbe la sensazione che tutta quell'immensa risen,a di energia rivoluzionaria si sarebbe scaricata, dissipata, rumorosamente ma inutilmente, in temporali locali, sempre meno imponenti, fino a tornare alla calma inerte cli priIIJa. E fu così difatti. • Il che ,vuol dire anzitutto che la rivoluzione è,, anch' ess~, una delle tante cose che in Italia non si sanno fare e, forse, non si faranno mai; in secondo luogo che, perduta l'occasione di attuare la 1-iforma della burocrazia alla spiccia per procedimento dittatoriale, tornati in tempi i.rrimediabilmente costituzionali, bisogna rassegnarsi a tener fra gli altri malanni, anche questo tumore della burocrazia, e vedere al più di guarirlo, invece che per amputazione,, lentamente, per riassorbimento. Che cosa si può faPe. Cioè, sempre in attesa dell'arricchimento economico .e spirituale, nel problema della burocrazia, cessare di ripetere la frase dei « pochi e ben pagati ", smettere di allarmare gl'impiegati, prima, e di farli ridere, dopo, e acconciarsi alla realtà antica e presente dei « molti e mal pagati». E se veramente si vuole, come si deve, fare in questo campo delle economie, ridurre ancora gli stipendi agli impiegati, e ai salariati, a comi!1ciai-eda quelli, a cui si concesse recentemente di più. Gli industriali stan già facendo così con gli operai e gli agrari con i contadini. A' tempi de' tempi Sonnino ottenne il pareg~o sulla pelle degli impiegati: ma salvò l'Italia per tutti e, anche, l'impiego per gli impiegati. Ma quanto a diminuire il numero degli impiegati statali, inutile pensarci. Sarebbe gi& molto, a proposito di formule, accontentarsi di questa « non un impiegato di pit'1•. E sarebbe più ancora, se, lasciando in pace gli impiegati di Stato, si badasse a quel che succede fra gli impiegati degli enti locali, provincie, comuni, opere pie, ecc. ecc., in cui, eia un pe7,2:oin qna, c'è la tendel17.a sempre pit't ferma a diventar tutti, più o meno larvatamente, « impiegati statali ». Diceva bene tempo fa l'Einaudi, commentando sul Corriere il voto con cui il Senato bocciava la legge sul caro-viveri ai dipendenti locali. • Gli impiegati locali tendono a diventare dei vei-i impiegati delio Stato, senza, essere pagati dallo Stato... E' stata una. gran sciagura per i maestri passare alle dipendenze dello Stato : invece di una classe relativamente indipendente; l~gata al pro- .J)!'io Comunè, con rapporti di parentela e di possesso nel iuogo _dove insegnava, si è creata una classe d1 1mp1egati COille tutti ali alti-i, in moto perpetuo, costretta a spendere il doppio di ciò che prima spendeva e aiustamente malcontenta della propria sorte. Vogliamo far lo stesso_di_tutti g!\ impiegati comunali e prownciah? \.'.o' guamo rompere i legami di reci-proco serv1z10 e d1 mutua dipendenza e toll-eranza ch_e_v1dev~ essere fra gli impiegati e gli a=imstraton di Enti locali? • Parole d'oro, su cui conviene seriamente meditare. P:::l'chè l'andazzo è appùnto questo : la .corsa allo Stato, e su questa china bisogna fermarsi per il bene di tuttì, anche per quello degli impiegati stessi. . E se 111ai,per arvv:iare la gran questione ad una soluzione, ci si dovrebbe mettere per una via del tutto opposta: non « dal Cornu11c allo Stato», ma v dallo Stato al Comune» ; cioè <, svincolare progressi1}a»iente l'ir11.piegatoda quel!' astraz·ione che è per lui lo Stato, per accostarlo a quella rea./ità concreta che è il Comune nella Regione». Ma cli questo parleremo con più agio, se mai, un'aitra volta. AUGUSTO MONTI. f'10TE=- Divitto eostitazionale, Si dice che Elilas Levi, dopo aver scritta la « Storia della magia :e, si accinga a scrivere la « Storia del Diritto costituz.ionale ». Io attendo con impazienz:c'l.un'opera simile, àa uno scrittoi··e così versato nella couoscenza cli discipline fantastiche_. Cosi saremo messi al fatto delle vicende di così stravagante scienza, che nessuna rispondenza ha colla realtà, specialmente da che fecero parte cli essa quei favolosi sortilegi, che presero· il nome cli 1< Statuto »J « Costituzione n, a: Magna Catta, e simili. l"• ·chi volesse vedere il miglior trattato di questa scienza, ed accertarsi quanto essa regni .nelle nu~:ole, consiglio di leggere i < Principi di diritto costituzionale , cli Vittorio Emanuele Orlando. Cateehistno del per-fette rninist!'o. n) Saper co-,iservare serrip1-e il ja'Vore della 1naggioran~a dei depidati (i 5'..onatori non contano). b) Avere molta pratica delle parole che paiono voler dir molto e non significano niente. c) Avere l'abilità di far vedere le case sotto un aspetto di yerso da qucllo che hanno. d) Saper fare le promesse in modo da poter « onestamente 11 non manteucrle. e) Avere forti attitudini a fare l'illteresse pubblico qualora forti interessi privati non si siano contrari. /) Preoccuparsi cli quello che dicono i giornali, ma più di quel ~hc vuole la burocrazia. g) Conoscere qnalcose. dei principali problemi della vita del paese (ma questa è una qualità di ordine affatto secondario, che il più delle volte (; meglio 1:cn avere). GIOVF.NAI,E. Hanno collaborato alla • Rivoluzione Lih-:c-rde » in questi primi numeri: G. Ansaldo F. Burzio, _S. S:aramella, G. De Ruggiero'. L. Emaud1, U. F=entini, M. Fubini, B. G10venale, D. Giuliotti, M. Missiroli, f?· Prev.,ohm, G. Salvemini, G. Stolfi, A. Salandra, P. Vita Finzi .. ~ Hanno gli amici delle nostre idee e della nostra ·it~iziativa comp-iu.to·il loro dovere d·i a·mtarn con. ogni mezzo q1,esto che è uno degl·i orga1iidella loro libertà spirituale? Essi possono: 1) abbonarsi o scriverci impegnandosi all'abbonamento; 2) ·manda-reiindirizzi di abbonati quasi sicu·ri; 3) chiederci '*meri di saggio e interessa1·si personalmente per far abbonare ali a•mici, le bibl·ioteche, le società; " 4) manda,rci il lm-o cont1-ib"uto anche se modestissi-mo, alla sotloscrizion; /,avorare perchè altri •vi pa,-tecip-i; ' s) PENSARE SE È POSSIBILE, NELLA LORO CITTA', TROVARE INSERZIONI DI CASE COMMERCIALI, INDUSTRULT E IN CA.SO AFFERMA TlVO OCCUPARSENE DIRETTA.MENTE METTENDOSI IN RET AZIONE CON N01; ~ 6) scriverci i loro suggerimenti e le loro Proposte relative alla propaganda e alla diffusione. Ogn•i afoto - anche la collaborazione di wna lei.tera, anche wn'adesione - Può essere decisivo in questo periodo d·i a1npliamento e di im.j>ostaz·ione.Qiiesto meditino gli amic-i noti ecì ignoti.

-CROCE POLITICO Nel discorso programmatico da lui tenuto alla -Ca.mera clei Deputati nel 1920, come Ministro della Pubblica Istruzione, B. Croce si affermava lui i;tesso rappresenb.nte' di quella vecchia e glorio3a tradizione liberale che aveva sapu~o po1i.are a maturità· il giovinetto Regno d'Italia e cl:c nove lustri di itnperio della « plutocrazia demago- .gica )) poterono costrin_gere ue11'ombra, ma 11011 soffocare. La dichiarazione è preziosa, per chi voglia esaminare a fondo 1a sua co11cezio11edi <llritto e dello Stato: non già che ne rappres~nti Petichetta o la chiave, 1na costituisce un ottimo inòice del colorito personale che questa conce:doue ò venula assun1eudo: senza contare che può sorge.re il problema se Croce abbia cosl definito sè stesso proprio esattamente, o se non si tratti invece di una semplice adesione pratica. i\Ia le origini della dottrina politica crociana sono assai 1011taneda questo risultato e tutto il suo sdluppo 11011 vi giunge in realtà se 11011 indiretbmenle. Risaliamo al 1895-1900, l'epo:a degli stu<li marxistici del Croce : perchè quel marxismo da lui studiato e criticato, e allora cosl potente nella stessa cultura europea, quel marxismo attraverso il quale egli cominciò a vedere (come dichiara nel Contri-b1'to ali-a critica di me stesso) un Hegel più concreto e profondo che non gli comparisse attraverso gli espositori mistici e teisti, quel marxis-mo, dico, lasciò a parer mio tracce ancor oggi riconoscibili nello spirito iìlosofico del Croce e nella stessa sua concezione politica e giuridica. h1olto del dinamismo concreto (astrattamente concreto) di l\-Iarx passa infatti nel duplice concetto del diritto come econo-. 1uia e dello Stato come for7.a. Diciamo duplice concetto, perchè in realtà dall'equazione: cliritto=politica utilitaria=forza, risulta solo che lo Stato considerato c01ne organo del diritto ha per funzione sua propria atti di forza (nel senso ben .J.oto, e non immediata1nente, che la vita dello Stato tutta quanta sia vita di fon.a. Qu.esta definizione più generale si attacca anch'essa, in qualche modo, all'economia marxistica (non certo al marxismo internazionalista!) : ma in quanto essa rfflette il pensiero hegeliano, e anche vichiano. Manca tuttavia al Croce uno speciale svolgimento della sua dottrina per ciò cbe rigu.ar<la lo stato astrattamente giuridico: questa filosofia politica ba invece per suo problema centrale. quello delle relazioni fra gli Stati. E guardando a queste e alla realtà della vita internazion.ale come corso concreto de11a Storia, Croce vi lia scorto un 'eterna ineliminabile gue·rra, nella quale la vita di ogni Stato come organismo politico è essenzia1mente difesa incessante e continua della propria esistenza. Guerra che non è se non la forr.:1a estrema della dialettica di opposizioni e contrasti per cui vive la storia: guerra che rappresenta una crudele necessità, ma senza la quale il mondo umano non è concepibile. Cosl 11No~tro scriveva fin cl.al 1912, svolgendo un prin• cipio implicito già nella sua filosofia della pratica: e cosl si apriva la via a criticare quel complesso •di idee e sentimenti eh 'egli denomina astrat.tism.o politico e che corrispondono al liberismo internazionalista e all'idealismo umanitarn del sec. XIXX fatto artificiosamente sopravvivere al suo ambiente storico, rispetto al quale sòltanto esso è giustificato. Utopie sono per il Croce la Giustiz'ia internazionale e 1 'Untan.ità assolutamente pacifica e concorde; perchè il contrasto e • la lotta sono ineliminabili dal mondo .. E costituiscono, senza dubbio,. il -male, il lato atroce della vita; ma, come diceva Hegel, bisogna guar•· dan: ad esso coraggiosamente e, accettando 1n, su- . perarlo. Anche la cosl detta pact non è che una guerra più len~ e più rimessa: guerra di prindpii e di interessi, se non d'armi· e ci sono sempre i d.anni e i dolori. Nè alcun~hè di politicamente significativo e importante può essere n1ai compiuto sell7..aquesti danni e questi dolori. Realismo politico, dunque, a cui anche praticamente 1'ide<•>logiadi tipo wilsoniano ba dovuto cedere il posto. Questb realismo si ripete nella concezione della vita interna dello Stato. Come lo Stato deve essere fo,rz.aed energia vivente per affermarsi nella storia del mondo (forza ed energia, si badi, assai più spirituali che astrattamente materiali: questo secondo aspetto si giustifica e riceve valore solo .nel primo); cosi esso è, d~nt:o a sè stesso, un più ristretto cosmo di energie e cli forze. Questo Stato è essenzialmente Stato nazionale: unità organica di una varietà -infinita di coscienze, costrette in una sola in• di:idualità storicamente ed empiricamente determmata _dallamissione che lo Stato medesimo deve attuare ': difendere dagli altri Stati che tenderebbero ciascuno ad opprimere le idealità altrui per la propria. E alla stessa maniera che c'è una unità della storia umana pur fra tutte queste missioni contrastanti (anzi, essa risulta , appunto dal loro contrasto: reru:m concordia discors), cosi l'unità e l'individualità dello Stato non sono minacciate dall'inevitabile conflitto delle idee e dei partiti che si agitano nel suo seno, purchè, s1i11éende, questo conflitto sia vissuto onestamente .e seriamente, superando il .settarismo e Ja violenza. Cht; anzi il cittadino non è dtte.clino se non in q11anto ha un suo partito e lo sostiene e combatte per lni con le armi che la vita civile concede e la more.lità concreta a_pproL A R I V O L U Z I O NE L I){ E R AL E va: \'i vere nella vita de11a Natione, e viverci combattendo, tanto per il suo ideale contro gli altri quanto per la Nazione stessa contro J.e altre Nazioni, - ecco il suo dovere. Nè sussiste, per il Croce, il preteso conflitto tra il dovere nazi01i.alc e il dovere umanitario: sia percbè quc· slo è 1111 falso dovere, da pacifisti e ideologi, sia perchè, anche alla stregua del principio della superiorità del dovere pilt largo, esso è dovere più stretto, dovere inferiore, in quanto discorde dal· la necessità della vita e della storia, mentre l'altro è questa stessa necessità. Certo che, come è possibile, anzi doverosa l'eliminazione della violenz'.l inutile e malvagia dalla politica nazionale, cosi la politica internazionale può avviarsi a una limitazione dei conflitti a quei casi dove la guer· rn. è veramente necessaria. Ma non per questo si speri che le porte del tempio di Giano si chiudano mai a luogo nel mondo. Tanto basta a noi per risolvere la qttestioue sollevata da principio, sulla individuazione storica della filosofia politica crociana. E' chiaro intanto che essa parte non tanto dal liberalismo della scuola piemontese, quanto cl.all'altra corrente liberale rappresentata dall.a nostra scuola hcgeliana del mezzogiorno (i due Spaventa, F10- • reutiuo, De Meis, Francesco de Sanctis). Perchè come l'una è liberale con tendenza religiosa spiritualistica, l'altra con tendenza più spiccata mente laica, immanentistica, universaUstica, cos\ quella persegue a parer mjo uua politica concreta ma non realistica, questa la propugna invece concreta e realistica ad un tempo. Ora questo è appunto il punto di vista del Croce: e anzi si eleva in 1ui a una 1naggior chiarez7,a e préCisione, anzi a una definitiva storicità. E' questa dtmque la , vecchia tradii.ione liberale, che il Croce aveva presente nel definire il proprio programma cli fronte al Parlamento: e senza dub• bio le origini ideali della sua politica scolastica so110 piuttosto in Bertrando Spaventa e France:;co de Sanctis cbe nel Eertini e in Domenico Berti. Sol che: c'è nel Croce qualche cosa cli più che il semplice liberalismo hegeliano: in quanto si tratta cli un liberalismo che ha assunto anche in sè il nocciolo migliore e più profondo della dott1ina 1narxistiea. E d'altra parte, il p.ensiero liberale crociano rimane sostanzialmente in un ambito tutto speculativo: storicizza, ma non si storiciz7..a, se non cmne concetto filosofico. Tan• to che la sua funzione originale, accanto a quelJa seconda.ria di aYer prestato sè stesso, nutrendola cli sè, all'opera odierna, idealistica, di riforma della scuola, I: soprahttto quella cli aver purificato dall'astrattismo il campo della politica italiana. 'SANTINOCARAMEI,I,A. LETTURE SUI PARTITI POLITICI F. TUR.'..Tl: Le 1,1ie·maestre del soc-iaUsmo, a cura di R. Mondolfo - L. Capelli, Bologna, 1921. I volume di pagg. 318 L. 16,50. (Biblioteca rii Studi Sociali diretta eia R. Mondolfo II). -.R. 11ondolfo ha raccolto con c!iiigenz.a. mirabile i docu1nenti del pensiero tnratiano attraverso i Congressi. del partito socialista, corredandoli di note e di chiarimenti tratti per: lo ,.)H't da articoli della Critica sociale, b modo che vera:me!1te il c1;tico ha diuanzi il pensiero integrnle de1 leader rjformista meglio che nelle raccolte del genere recente1nente apparse. Opera di raccolta tanto più àifficile in qu~nto, come il n1011c1olfoavverte e come ogni studioso di questi argomenti sa per esperienza, dei rendiconti di tali congressi nessuna biblioteca pubblica italiana • possiede la collezione e « lo studioso li può fatico0 S.Rmenteracimolare solo con affannose e insistenti ricerche nelle più diverse città presso i privati possessori dell'uno o dell'altro volume».· Del lavoro del Mondolfo, dunque, si sentiva vivo il bisogno e glie ne deve venir da tul':i lode sincera. In un'aenta prefazione il raccoglitore insiste sulb coennza del libro, sulla continuità del pensiero turati'ano, riprendendo un concetto che risale a una. lettera recentissima del Turati stesso. 111ache cosa è la coerenza di 30 ·anni di' vita• politica? Il problema pare restringersi per il :\L nei limiti di un atto psicologico, un fatto di coscienza, cli cp.rattere : e talè del resto è la ragione invocata dai molti ammiratori del Tu.rati : in sede politica il carattere ru,n può essere che nn presupposto fuori discussione : si discute il pensiero o, se volete, il carattere come pensi.,;o. Sp-,- stata cosi la questione: che è questa coerenza . trentennale di pensiero? Ammettiamo sui doc:u-• menti che il Mondolfo ci offre che la pos1zione di Turati cli ·.fronte alla reazione crispina non si4 sos+..anzialmente diversa dal pensiero di Tu.rati di fronte al fascismo: si ripetono gli stessi concetti, la stessa tattica, le stesse parole. Ma b reazione crispina non è il fascismo: l'Italia di Adua non è l'Italia uscita dalla guerra .,,,"ropea; ci sono delle forze nuove, dei fattori impreveduti, delle aspirazioni attuali e re.ali. Se il Turati avesse conservato uno stesso pe:nsiero, se avesse avuto u11pensiero, le posi1.ioni di fronte ai due momenti storici sarebbero state dne posizioni dive,"". La coerenza lineare, ! 'identità verbale designa un iipo sentimen_tale di visioni dogmatiche, caratteriZ7...auno schematismo, un arresto cli form..azione spirituale, una conclusione prematura, tma unilateralità che si ritiene perfetta - quasi - se la reverell.7..an.on ci interdicesse la parola - un.a. co...---eiut.agginpereclusa a ogni vivacità creativa, a ogni impreveduta azione della storia. Qual 'è la natura speculati va, il nocciolo ideale dei luoghi eomuui che Tttrati vien ripetendo da trent'a=i ? Il marxi&mo non è penetrato nel SttO spirito, ~on vi ha alimentato una coscienza reali$tica <leile forze politiche. L'ideologia turatiana sorge in llll momento caratteristico della nostra storia, in un mo1nento di vuotezza ideale, e di assenza di lotta, in cui Ja vit.1. politica si irrigidisce in formule che la tradizjone impone e la rffiltà non sa inverare. Fuori di quel mome!lto specifico non ha giustifica.1.io-.i.e. Il Tur?-ti confessa volentieri la sua impreparazione 1 giu<lica,re di problemi di ctùtura, 1a sua ignoranza filosofica e storiografica : così si spiega, come egli non abbia mai acquistato wia CO· scienza critica del suo pensiero e non ne abbia veduti i limiti. ?/fo..rxnon s'intende se non si muove da una p;:ernessa filosofica, se non si penetra e si risolve il suo hegelismo: Turati sdegna codesti proble1ni con ignohile semplicismo e non si avvede di possedere implicitamente tuttavia un pensiero.filosofico, il più banale fra tutti: che maove eia i..L'"l utilitaristno romantico e per un'astrn.tta visione ec-onomica dimentica i! prob1enia politico di forza (ideale). E' singolare il giudizio che T,1ra ti fa della morale degli individui : niente affatto reale per sè e come forma dello spirito, ma addiritttu·a, secondo lui, Junzi01te di/ensi1,1adella -vita e dello S'V-ili.ppo; questo atomismo gretto e particolaristico si trasferisce poi nel giudizio politico e la funzione che la morale ha per gli individui i: identificata con quella che la tattica ha pei partiti. Nè vedendosi qual sia in ultima analisi codesta vita e sviluppo del partito che dovrebbe risolversi !lella tattica, ma non si risolve perchè il realismo resta a mezza via, pare difficile che altri possa impugi,are la natura ntilitaria che noi scorgiamo nella teorica del socialismo turatiano. Al'trove egli accetta l'esigenza della conquista (graduale!) ciel potere politico da parte delle masse, ma per arrivare a un 1nuta1-ne'ntoradicalé econ.aniico. Qui l 'intrecéio è ancor più ingarbugliato, senza rimedio, perchè il problema dei rapporti tra economia e politica che il mar:dsmo aveva validamente posto è ingenuamente delibato con candid.a ignoranza, e il so1o modo cli dar uu senso alla proposizione mantenendo una coerenza, ci riconduce all'utilitarismo già notato. Dunque per Turati il problema •politico non ba un senso per se stesso perchè solo lo, star bene per se medesimo ha un senso! Citare Marx, Sorel non è affatto un portar nottole ad Atene: Turati ha bisogno di leggerli, ili meditarli per intendere finalmente che la conquista del potere politico è tutto, che solo in questo atto le ll12SSe provano la loro superiorità ideale e la loro capacità realizzatrice: questo è il punto vivo della dialettica sociale e della praxis storica; questa è la novità del comunismo critico. Di fronte alla disciplina rivoluzionaria che qui si postula il riformismo di Turati è immorale, diseducatore, inutile. Qual è il significato della gran questione : p1·ogra,nma.r,1,ininw o p-rogran-Mn.ma .assimo '? Ecco un altro equivoco della nostra incultura politica, di cui il Turati è' uno dei rappresentanti più ingenui. Il prop-amma minimo è un pro- ✓ gramru.a cli governo, è tecnica di esercizio <lei poteri. Possono. elaborare un programma mini• mo, oltre che i governanti, gli studiosi (per es. l'Unità) ma codesto programma minimo non può aluneutare la lotta politica se non mediocremente e certo sol_oattraverso metodi analoghi a quelli propugnati d.all'Ostrogorschi chè la demagogia corrompe in cg-ni partito la visione dei problemi pratici e non permette una diversità sistemata d_isoluzioni. Un partito di popolo - in un penodo storico quale è il nostro -'- non pnò avere che un programma massimo, una concezione della vita e della realtà, elaborata come mito suscitatore cl 'azione, un contradditorio messianismo una volontà; e I'interesse per le riforme· prati~ che è un interesse di ordine amministrativo, una c~nsiderazione • di carattere tattico per superare ostacoli mate.i;aii di vita. Concetti ~ssai più complessi e difficili di quel , che non sembrino al T. Il quale ha avuto uua importanza storica notevoÌe e un realismo indi• scutibile dal '92 al '9c>2.Egli ha risolto il problema 1nateriale dell'esistenza del nascente partito. Di fronte a Crispi e a Pelloux ba capito !'esigenza cli una grande e generica battaglia in nome della libertà che affratellasse radicali, liberali, socialisti e anarchici. Questo è il momento di Filippo Turati. Egli ha condotto la battaglia con singolare arte diplomatica. E' riuscito a conservare al suo partito un'individualità approfittando del decisivo concorso liberale che gli era in.dispensabile. 1i1.c't in 'questo compromesSO s'è esaurita 1'originalità di pensiero del socialismo e il nocciolo centrale si è corrotto. Sino ad Imola i socialisti italiani sollo di fatto libe·mJ.i e perciò si separano dal corporativismo e dagli anarchici Il loro gradualismo ~on è antistatale. Seguono l'idea internazio!lalisb per pregindlzi di umauitarisruo e di positivismo. Vivcno di una debole 31 tradizione, s'alimentano di una legittima lotta contro una cieca politica di governo. Il giolittismo segna lo sfacelo di questa ideologia. Dal 1c;o2al 1914 la logica di T. conduce al collaborazionismo : il suo riformismo non assume respo,isabiiità di governo per mera timidezza. La logica marxista voleva invece una violenta azione popolare : k masse erano immature e gli sforzi cli Labriola e di altri intellettuali restarono frammenti di azione. Il socialismo, conclusione ideale della rivoluzione .italiana, si arrestava all'impotenz.a che impecll il compiuto Risorgimento: privo di un deciso interessamento delle masse rinunciò al principio edncativo che era implicito nel!' intento rivoluzionario, si ripiegò nella molle rinuncia utilitarista, insegnò al popolo l'egoismo, il ricatto, la ricerca delle concessioni. In quest'opera mancò ogni dignità proprio per colpa del machiavellico Tu.rati. Turati predicava alle masse con enfasi demagogica ecl esagerazioni di ricattatore concetti e riforme che Giolitti preparava sta,:iclo al Governo. Il ri voluzion.arismo servi va ai destri per ragioni elettorali - nonostante ogni professione cli purità. T. e i suoi amici avevano compreso come dopo iI fati imento ideale de11'8oo ogni risveglio popola.re sarebbe venuto d.all'opposizione e agivano approfittandone: questo tremendo equivoco è stato alimentato per più cli un decennio. fo questo senso T. è forse il più formidabile diseducatore dell'Italia modem.a. Egli ha perennemente agito senza assumere la responsabilità della sua azione e ba dato ai proletari che difendeva figura e caratù:re di mendicanti impedendo loro che assurgessero a personalità di lottatori. 11 suo posto era - nonostante la sua impreparazione enlinrale - al governo: la sua dignità gli doveva interdire la demagogia : che del •esto diventava la più turpe forma <li as5ervime!lto al giolittismo (Documentino l'affermazione le mirabili pole.'llicbe del!' Unità sull'azione dei socialisti). Nonost?ante quest'opera continua di corruzione delle masse, venuta la guerra (di fronte alla quale T. ebbe la stes-,a posizione di Giolitti con il vantaggio - cui non volle rinunciare - dei luoghi comuni pacifisti) si determinò in Italia una situazione rivoluzionaria: il popolo rimasto esterno alla formazione nazionale, guidato per venti anni dai riformisti ad un'opera anarchie-a di sfrnttamento allo Stato senti l'impulso iniziale alla costituzione di una disciplina, di una coscienza e di una volontà politica. . Il sacrificio gli insegnò l'autonomia. L'espenenza. storica immediata impose ad oo-nuno la n_ecessità dell'iniziativa diretta. Cosl na~que una s1tuaz1one e un'idea risolutrice rivoluzioriaria. Turati non la poteva intendere perchè era rimasto esterno al processo di creazione e doveva ineluttabilmente parlare, attraverso i fiori della rettorica messianica un linguaggio reazionario. Turati è .uru, scettico che non ha fede nelle forze, ma :"1lo nella ~plomazia. La logica delle apparenze, il.pudore d1 un equivoco lo obbliga a una finzione a professioni astratte progressistiche e socialistiche, ma la sua anima-è quella del giolittiano. Porta al governo giolittiano il dono dell'illusione d~atica alimentata nelle masse. Il pubbli 0 :, s1 entusiasma ai simboli e alle apparenze; ma questa è la sosla.nzà del fenomeno Turati. Nella sua partecipazione al governo - svanito l'equi• voco 1! i clamori - si vedrà non una conquista d_elle~sse, ma il risultato di un'arte diplomatica, d1C1a.m.opure, seni.a insulto, di un arri1,1i~ S111-0 personale. Pnrno GODETTI. Dn program'lna • Il 1wstro paese ha bisogno che i possessori, del capitale non oziirz.ò contenti del quattro per cento fornito dai titoli di consolidato o dai fitti terrieri, ma si avventurino in intraprese i.tili: a loro e alla nadone intiera. Il paese ha bisogno che le classi dirigenti n?"n continui,:w ~ avviare i loro figli alle carriere _professionali e bi.rocratiche già ingombre di aspi.-anti insoddisfatti ma li a1.n.tiino alla fortuna sulla via delle i.;,_dùstrie e dei commerci •. LUIGI EINAUDI. Stiamo preparando· alacremente la realizzazione del nastro piano editoriale. Molto utile ci. sare~be la costituzione di gruppi cultnrah d'az.1one nelle varie città, i quali potrebbero nsolvere due problemi : r) garantirci un numero adeguato di aderenti e di compratori ; 2) portare nella vita della cnlturà locale, con autonome, iniziative, discussioni, conferenze, corsi di levioni, ecc.) le nostre idee e i nostri metodi. Spiegh_eremo tra breve in modo µi1\ preciso il piano che meditiamo. Intanto gli ami.::i sono invitati a una collaboraz.i.ane epistolare preparatoria. Nei prossimi numeri N. DANIELI: D'Annunzi.o e Leni:n. G. BuzzETTI: S. Gotta. N. PAPJ.FAV:~: Badoglio. B. GroVENAI.E: J..,'agricolt1,1·a piem.ontese.

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