RE NUDO - Anno II - n. 5 - maggio 1971

RE NU00/7 I CREARE 10, 100, 10Ò0 COMUNI I Il 26 marzo 1971, alle 4 del matti– no, 65 compagni venivano arresta– ti a Srlnagar, capitale del Kashmir occupato dalle truppe di Indira Ghandhi. I compagni erano stati sorpresi in assemblea nella comu– ne cc takkia », e portati via. Il fatto è abbastanza singolare poiché una buona parte dei compagni arresta– ti, venivano schedati, come cc mo– naci » marxisti-leninisti, accusati di aver importato e propagandato ·1e idee e gli scritti di Ché Guevara e del presidente Mao Tse Tung, che sono rigorosamente vietate in tut– ta l'India. In effetti, proprio monaci non so– no: sono un gruppo di persone che, probabilmente, stanno portan– do avanti la più antica comune del mondo, fondata circa 500 anni fa da un pittore di Bokhara, Mohinud– din Nakhsbandi. In questo posto, dove abbiamo vis– suto un paio di mesi, la vita si svolge cosi: all'Inizio di ogni sta– gione, tutti coloro che vogliono parteciparvi si riuniscono e si di– vidono I compiti da svolgere du– rante i restanti. tre mesi. La Tak– kia infatti si occupa di medicina, di musica, di pittura, di agricoltu– ra, di cura e di studio delle malat– tie nervose, di raccolta delle tra– dizioni locali e, soprattutto, di po– litica. Ogni membro della comune, dopo aver studiato uno di questi sog– getti, vivendo e lavorando insieme ai più vecchi, si sceglie l'incarico che può cambiare ad ogni stagio– ne, e lo esegue. C'è chi fabbrica medicine con le erbe e le distribuisce al popolo e le vende ai ricchi, c'è chi s'incarica delle pulizie poiché la Takkia è un rifugio per tutti coloro che non hanno casa, e quindi bisogna man– tenerla pulita (gli ospiti possono collaborare con denaro se ne han– no o facendo quello che sanno fa– re, se sanno fare qualcosa). C'è. poi chi suona, per mantenere vive le tradizioni folkloristiche lo– cali, per insegnare al più giovani, e per rasserenare l'atmosfera. C'è chi lavora nei campi, donati alla comune dai simpatizzanti e da gente che è venuta a farne parte, i cui prodotti servono per essere mangiati o per essere venduti o per essere scambiati quando è ne– cessario alla comune qualcosa che essa non produce. La produzione più importante del– la comune, ad ogni modo, sono le idee libertarie; questo è l'unico po– sto nel raggio di migliaia di chilo– metri, dove gente di origine indù, cattolica o mussulmana vive insie– me, senza scannarsi, è anche l'uni– co posto dove gli occidentali, che sono « intoccabili fuori casta » nel resto dell'India e del Pakistan, so– no accolti e trattati da pari a pari; è l'unico posto dove i guerriglieri di Al Fatah, che contrabbandano le opere di Mao e combattono gli imperialisti indiani, trovano sempre rifugio e un valido sostegno. Ed è un grosso rischio, perché adesso i 65 compagni della comune e guer– riglieri sono in attesa di una con– danna che può arrivare fino all'er– gastolo. Vediamo ora qual'è la situazione nell'Italia del Nord dove il proble– ma non è come in India, solo sot– trarre il prodotto all'accumulo del capitalismo, ma anche quello di sottrarre l'individuo dalla morsa del consumo, imposta dalla logica del neo-capitalismo avanzante. Credevamo di importare chissà quale novità, tornando a casa con quell'esempio di comune ancora attiva e funzionante dopo 500 anni di lotta. Credevamo, come stava scritto nei giornali di qualsiasi paese, che le comuni in Europa non esistevano, o se c'erano, stavano chiudendo, in un oceano di recriminazioni a causa dell'estremismo utopistico dei loro componenti. In poche parole, credevamo in un sacco di balle, accuratamente pub– blicizzate soprattutto da riformisti e « progressisti », puttane che si davano da fare come matti per di– mostrarci che la vita borghese, il lavoro borghese, erano l'unica stra- da giusta. Rimanessimo pure nel– la merda, ci dicevano tutti quanti, che poi, il giorno della rivoluzione qualcuno ci avrebbe awertiti, e tutti insieme, al loro segnale, avremmo girato l'interruttore e si sarebbe acceso il sol dell'awenir. Per nostra fortuna, c'era dapper– tutto della gente che qualcosa ave– va intuito, e si stava dando da fa– re per mettere in pratica subito quella famosa rivoluzione. Questi compagni hanno capito che non si può fare i « rivoluzionari a mezzo serviizo », per qualche ora al giorno, staccando durante il week-end. Questo è senz'altro positivo, poi– ché ci indica che l'esigenza di vi– vere le proprie idee ad ogni livel– lo e subito, non è uno sforzo per eroi isolati poiché è chiaro, per averne le balle piene di compro– messi e di equivoci, basta avere un po' di coscienza che ogni ora pas– sata vivendo da borghesi, tra i borghesi non significa altro che un po' di cervello in più, anestetizza– to, reso ineto a pensare libera– mente, conquistato dal nemico di classe. Significa che accettare solo le for– me di lotta tradizionale, spesso vuol dire fare il gioco del nemico di classe. Vuol dire reprimere e reprimersi, vuol dire trasferire nella nuova so– cietà nata dalla rivoluzione, tutte le contraddizioni e le frustrazioni propinateci dalla borghesia. Compreso questo: che si deve ri– voluzionare sé stessi, subito, nei pripri rapporti con gli altri sessi, con la natura e le cose che ci cir– condano, la comune diventa un co– rollario logico, quasi inevitabile del pensiero di ogni compagno. (Se il compagno crede di risolvere i pro– pri problemi affettivi, familiari, ses– suali, creativi, tutti assieme, il gior– no dopo la rivoluzione, venga a dirci come e noi lo ringrazieremo. Ma se pensa che non è cosi, si domandi allora se crede di essere veramente utile alla rivoluzione, reprimendo e comprimendo tutte quelle nevrosi non risolte che il si– stema gli regala ogni giorno). A questo punto vediamo qualche esempio di comune che esiste o che tenta di esistere. C'è la comune di città che è quella più diffusa, dove i compagni si riu– niscono per difendersi material– mente e psicologicamente dalla stretta del sistema. lo ho vissuto in una di que_stedi compagni liber– tari; eravamo circa una quindicina riuniti in un solo appartamento, la comune produceva oggetti di arti– gianato; collane, braccialetti, bor– se e borsette di pelle. I compagni inoltre, vendevano bi– giotteria, camicie e oggetti d'arte orientale che alcuni di essi ripor– tavano dai loro frequenti viaggi. Tutto questo veniva venduto per le strade su bancarelle improwisa– te, attendendo il momento di poter aprire un piccolo bazaar-galleria d'arte dove poter esporre e vende– re tutte le opere d'arte e d'artigia– nato dei compagni. Questa galle– ria avrebbe dovuto funzionare an– che come centro di ritrovo, per riunioni, gruppi di studio, proiezio– ni, per i compagni di lotta e delle altre comuni. Contemporaneamen– te esisteva una comune agricola in Piemonte, abitata da compagni anarchici, marxisti-leninisti e da hippies di passaggio, che doveva produrre tutto il possibile per sfa– mare i compagni delle due comu– ni, e per funzionare da valvola di sfogo per quelli che vivevano in città. La comune di città fu chiusa dalla polizia ai ·primi di marzo, col so– lito pretesto del sovraffollamento e della conseguente inagibilità del locali. La comune agricola ebbe vita più lunga, divenne famosa, ne parlarono i giornali, molti compa– gni portarono materiale e d®arò: venne perfino una delegazione di metalmeccanici del luogo, ma ri– masta senza il « centro » di città, divenne ben presto un cc ghetto ,. intellettuale, dove i compagni per– sero di vista a poco a poco la real– tà della lotta.

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