Giulio Caprin - Trieste e l'Italia

- 28 zione di cui gode e all'abile attività dei suoi cittadini. non possono variare quando Trieste passi come deve, al suo sistema politico naturale. Nè vi è ragione di supporre che le industrie che vi si sono sviluppate - i grandi cantieri, gli alti forni, la pilatura del riso, gli oleifici, la fabbricazione del linoleum - debbano intristire. I territori che sono alle spalle di Trieste, tutto il suo entroterra naturale, dovranno anche in seguito servirsi di Trieste per sbocco delle loro esportazioni, per transito delle loro importazioni. A qualunque stato debbano appartenere in avvenire quei territori, la loro posizione geografica non potrà essere diversa da quella che è. Un po' di accorgimento néi trattati commerciali, ragionevoli agevolazioni nel transito ferroviario, manterranno a Trieste il movimento mercantile che ha goduto fino ad oggi. Nè Venezia potrà soffrirne : le merci che hanno avuto ragione fino a ieri di preferire Venezia a Trieste a maggior ragione domani, quando i due porti non apparterranno a due stati diversi, continueranno ad affluire a Venezia, come quelle che preferivano Fiume dovranno preferirla anche domani. Invece tanto Trieste, quanto Venezia, quanto Fiume, avranno da dividersi nuove importazioni e da irradiare nuove esportazioni, quando nel basso Adriatico si aprano i liberi porti della Serbia, ai quali dovranno confluire le esportazioni balcaniche che, attualmente, dall'Austria erano richiamate verso i suoi territori per via di terra. Era la corrente commerciale danubiana, mantenuta dall'Austrii. con la soggezione economica dei paesi balcanici, che toglieva forza alla corrente parallela adriatica. L'inflessibile opposizione austro-germanica a che si formasse un sistema ferroviario continuo attraverso i Balcani, dal mar Nero all'Adriatico, danneggiando l'Adriatico danneggiava specialmente Trieste. Biblioteca Gino 81dnco

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