Giulio Caprin - Trieste e l'Italia

- 24 - in un sentimento che, a dispetto di tutte le delusioni, è ancora un sentimento fondamentale dell'anima italiana più sincera: il sentimento della giustizia. Si dice, si fa capire, si lascia indovinare che l'Italia, risolvendo secondo il suo diritto e il suo bisogno la questione di Trieste, commetterebbe un'appropriazione pericolosa e poco opportuna a Trieste. Perchè Trieste, dato anche che sia rimasta città italiana - c'è chi, invece di informarsi da sè, preferisce informarsi a fonte austriaca - passando dal dominio asburghese al regno d'Italia, sarebbe rovinata nella ragione stessa della sua esistenza, il commercio. Mentre Trieste, da cinquant'anni, in ogni occasione, per voce dei suoi rappresentanti più autorevoli invoca la liberazione politica, c'è in Italia chi sottovoce va asserendo che i Triestini, in fondo, sotto il dominio austriaco sono, almeno per le loro condizioni materiali, soddisfatti. E in ogni modo la riunione di Trieste all'Italia danneggerebbe il porto di Venezia. Alla supposizione austrofila rispondono fatti italiani. Trieste austriaca ha progredito durante tutto il secolo XIX. Non c'è dubbio. Bisognerebbe dimostrare che, non austriaca, non avrebbe progredito. Bisognerebbe dimostrare che la floridezza del suo porto dipende dal governo che lo possiede e non dalla sua situazione geografica. E' o non è Trieste il porto più settentrionale dell'Adriatico, il più vicino e più comodo a tutti i territori dell'Europa centrale che gravitano commercialmente verso il Mediterraneo e specialmente verso il Mediterraneo orientale? Glie l'ha inventata l'Austria questa posizione? E può forse l'Austria vantare speciali benemerenze alla prosperità del porto triestino? Le grandi iniziative marittime di cui fruisce il commercio austriaco - l'antico Lloyd (nel 1912, 62 grandi piroscafi con 230.148 tonnellate di registro) la giovane Austro-Americana (37 tranB blioteca G ro Bia'1co

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