condizione di un ritiro dall'illusionismo, per il qùale questi ultimi potevano ambire alla pretesa di restituire la totalità d'esperienza che incarnavano per gli spettatori contemporanei. L'arretramento verso le condizioni percettive che presiedevano alla formazione dell'immagine, condizioni tolte le quali l'immagine di paesaggio diviene mera riproduzione di un modello seriale, le esibisce come i presupposti della visione estetica della natura. Presupposti, questi, che erano ancora del tutto palesi all'epoca in cui la pittura di paesaggio accampava i suoi autonomi diritti: nella seconda metà del '700 finzione canonica per la formulazione del moderno concetto di paesaggio è appunto l'espressione del corpo umano in movimento, la passeggiata. Nella poesia Die Spaziergang, Friedrich Schiller racconta una passeggiata dalla città alla campagna. Il viandante «sfuggito al carcere della stanza e dell'angusto colloquio» si redime «gioioso» alla vista del «quieto azzurro del cielo», della «bruna montagna», e del «bosco verdeggiante». Salito su un monte, egli osserva dalla vetta il mondo, che gli appare «infinito» come «l'etere», una totalità «inaccessibile» al suo sguardo. Questa conciliazione estetica con la natura esige però un prezzo. Sceso tra i campi abitati, il viandante dichiara la propria estraneità al «felice popolo dei campi» e alla sua natura «che d'intorno riposa». Soltanto lui, cittadino, può godere esteticamente del; la natura che i contadini trasformano. Essi sono sottomessi alla dura legge di un lavoro costante ed eternamente uguale a se stesso, necessità che soltanto nel patto che nella città «rende gli uomini più vicini l'uno all'altro» potrà venir superata. È la città il luogo in cui si realizza la libertà dell'uomo, e sua condizione essenziale è la trasformazione della natura a oggetto del dominio umano. Proprio perché non è soggetto alla natura, ma semplicemente la consuma, sarà tuttavia il cittadino - il «borghese», nella feconda polisemia del termine tedesco «Burger» - 87
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