Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

cecati dalla sua presenza; resi coscienti, grazie a questa presenza, di quella invisibile dell'altro; definiti come «estranei» da questa messa in scena della fine: fine del paesaggio, del panorama, della rappresentazione. Anziché consentire ai soggetti di avvicinarsi ad esso il Muro sembra avvicinarsi a loro, mostrando una curiosità che si tramuta ben presto in indifferenza: la cecità del Muro è l'indifferenza del linguaggio; il soggetto e l'altro, che non possono vedersi, sono visti dal Muro nella loro cecità reciproca, che definisce geograficamente il soggetto come soggetto dell'isolamento. Il personaggio che fronteggia il Muro nei racconti di Oates condivide l'anonimato con il soggetto al cospetto dei media. In OW il Muro viene prima descritto fisicamente: lo si direbbe alto circa 25 piedi(...). Le misurazioni sono imprecise perché devono essere fatte, se pure è possibile, da una certa dist<'!:nza dal Muro, e con la protezione dell'oscurità. E credenza comune che il Muro sia fatto di un cemento piuttosto liscio, un materiale piuttosto consueto e in sé non particolarmente temibile13 • Il soggetto dunque si trova a dovere fare i conti con una distanza imposta che lo sottometta all'imprecisione proprio come il linguaggio, la cui ambiguità costituisce al contempo ostacolo e strumento per la comprensione della realtà. Il Muro seduce i suoi soggetti, convincendoli a sottomettersi alla sedentarietà: «È molto più facile - molti di noi lo trovano più facile-ritenere che il Muro sia eterno, che sia sempre stato e che sempre sarà»14 (e si noti qui la sequenza implicita eternità/assenza di divenire/sedentarietà); il Muro «si erige maestosamente solo»15 , convincendo i soggetti a ritenerlo «un'opera d'arte [oppure] un abominio»16 . Costantemente presente, funziona come invisibile principio organizzatore: «Eppure la stragrande maggioranza della popolazione non "vede" affatto il Muro - letteralmente, dico»17 . 75

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