Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

di intrecci o spunti narrativi, come nei canti popolari, agiva in prima persona, ricco di quelle tradizioni, evocazioni e storie che gli avevano riservato un posto tanto grande nell'anima russa. A questo punto il discorso sarebbe, forse, pronto per passare a un'analisi dettagliata e approfondita dell'ele_­ mento paesaggio nei singoli autori, nei vari generi letterari e pittorici, nelle diverse poetiche. Interessante sarebbe disquisire di come i paesaggi gogoliani siano lontani dalla «graficità» e dall'«acquarellismo» di quelli puskiniani, e si accostino invece alla colorazione della pittura a olio (Pigarev: 55); verificare quanto il motivo della caccia abbia influenzato la visione naturalistica di Turgenev, riscontrare il concetto di «caos» e «mondo», di «Russia miserabile ma santa» nei paesaggi di Tjutcev (Nivat 1993: 66), sottolineare la maestria: di Bunin nel tratteggiare paesaggi, il contro-mito della satira dei valori paesaggistici russi in Saltykov-Scedrin, fino al ritorno prepotente del mito gogoliano dello spazio in Platonov, che vorrebbe colmare il tessuto alveolare della steppa russa di quella felicità a cui tutti i suoi personaggi anelano (Nivat 1993: 70). E poi lo spazio magico, fantastico e malefico dei simbolisti, lo sfruttamento del mito del paesaggio da parte della Rivoluzione. Ma di tutto questo, o almeno di qualcosa, un'altra volta27 . Gian Piero Piretto 57

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