Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

Procedi sul calesse per un'ora, e un'altra ancora... Lungo il cammino ti imbatti in un tumulo-vecchietto, in una kamennaja baba, messa lì dio sa da chi e quando; un uccello notturno passa in volo raso-terra, e poco alla volta ti vengono in mente le vecchie leggende della steppa, i racconti dei viandanti, le favole della balia che nella steppa ci era nata, e tutto ciò che da solo eri riuscito a vedere e a penetrare con l'anima21 • Gli elementi mitici del paesaggio vengono personificati, il tumulo è un vecchietto e la statua, già di per sé antropomorfa, mantiene e acuisce le proprie caratteristiche. Il mistero legato a quei reperti archeologici viene sottolineato dal «messa lì dio sa quando», ed evoca, unitamente alla calura, ai vapori e alle ombre causate dalla luna, racconti paurosi, leggende del passato, fino ad arrivare al consueto scrutare nell'anima, compagno inevitabile di ogni viaggio e di ogni esperienza legata al paesaggio russo. Gogol' si era estasiato durante il suo soggiorno a Roma dei monumenti e dei ruderi italiani; nelle sue Anime morte «prendono vita le rovine, si agguagliano a statue le anime morte del romanzo, si pietrifica la natura russa, si assimilano a colonne gli alberi del giardino di Pljuskin,» (D'Amelia: 162), «vecchio e ampio»: Il bianco, colossale fusto di una betulla, privo della cima spezzata da una tempesta o da un temporale, si ergeva da quel verdeggiante intrico e svettava rotondo nell'aria come una dritta e scintillante colonna di marmo; l'estremità troncata e sghemba, con cui terminava verso l'alto al posto del capitello, nereggiava sul suo niveo biancore come un colbacco o un uccello nero22 . Anche Pasternak farà ricorso all'elemento mitico-pagano del kurgan nel Dottor Zivago, nel capitolo intitolato Rjabina v sachare (Il sorbo), ulteriore contributo al culto della natura selvatica. Accanto alla pianta di sorbo, unica 54

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