Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

riprenderà lunga e misteriosa quando il canto del postiglione sarà finito o lo sfogo del viaggiatore avrà trovato espressione. Davanti e alle spalle di chi si muove in quel paesaggio c'è il prostor e al dolore o, più raramente, all'esultanza del viaggiatore, soltanto quello importa. I sentimenti umani passano in secondo piano. Bisognerà non vivere, bisognerà fondersi interamente con questa steppa lussureggiante, senza confini e indifferente come l'eternità, con i suoi fiori, con i suoi tumuli sperduti, con i suoi orizzonti inesistenti, e allora si starà bene... 20 Così scriverà Cechov molti anni più tardi, riprendendo gli stessi concetti, lo stesso atteggiamento e gli stessi elementi lessicali dei canti popolari, ormai caricati di valenze maggiori e assurti quasi al valore di simbolo. Lo spazio in Cechov diventa liberatore, il paesaggio russo, la steppa in particolare come forma più poetica del prostor, porta a uno stato di indipendenza del mondo esteriore in rapporto al sociale e allo psicologico (Nivat 1993: 68). La visione della steppa in Cechov unisce l'immagine dura e violenta della natura russa a una dolcezza lirica ottenuta grazie alle categorie del malinconico, del mesto, del triste. A questo si aggiungono i particolari mitologici che, da Gogol' in poi, sono entrati in questa creazione del mito. Il kurgan, per esempio, tumulo tombale dall'aspetto di collinetta, risalente agli Sciti, che si incontra di frequente nella steppa e che porta con sé il retaggio degli antichi popoli abitatori di quei luoghi. O la kamennaja baba (donna di pietra), statua a sembianza umana della Russia antica che diverrà, per la corrente del primitivismo, nell'ambito dell'avanguardia del Novecento, particolare fonte d'ispirazione. Misteriosi e antichi elementi pagani, portatori di storia, di mito, di leggende. Inseriti nel paesaggio al punto da divenirne elemento costituente e inseparabile. 53

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