Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

Che cosa profetizza questo spazio sconfinato? [...] E anche tu, Rus', non voli forse come una rapida trojka irraggiungibile?[...] Rus', dove corri mai? rispondi 3. L'unica apparente risposta nel testo delle Anime morte è il kolokol'cik (sonaglio), unica voce che si leva a fare eco alla domanda e che «tintinna con note meravigliose», mentre «l'aria lacerata ulula e diviene vento». In queste righe sta l'essenza della concezione «nazionale» della natura, del paesaggio poetico russo. Il paesaggio nella letteratura russa profetizza senza fine. È la profezia dell'energia nascosta, celata sotto la steppa, sotto lo spazio aperto (Nivat 1988: 8). Affrontando e analizzando questi elementi cercheremo di dare una risposta alla domanda gogoliana dell'epigrafe, che pone in primo piano una delle più apparenti contraddizioni, tali per lo meno per l'anima che russa non sia: Rus', Rus' [...] Tutto in te è aperto, deserto e uniforme [...] quale forza misteriosa attira a te?4 Ci limiteremo, in quest'occasione, a prendere in considerazione un aspetto del paesaggio naturale russo, escludendo l'elemento urbano, altri ambiti territoriali e sociali (l'usad'ba [la residenza di campagna], il villaggio, la foresta, il fiume, il giardino coltivato), lo sviluppo e la contrapposizione tra campagna e città che tanta parte ha avuto, e continua ad avere nella storia della cultura del paese. Ci concentreremo sulla valenza che l'elemento principe del paesaggio russo acquisisce nell'evoluzione letteraria di quel paese: la steppa. Intesa come territorio geografico, emotivo, simbolico e spirituale, tagliata, attraversata e percorsa dall'altro grande fattore paesaggistico-emozionale: la bol'saja doroga (strada maestra). Due citazioni per tutte, ancora Gogol' e un prolifico quanto illustre paroliere sovietico, L. Osanin: 41

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