Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

sua esistenza, per tanti anni «in bel soggiorno», dimentico che «entro ogni muro» delle abitazioni ove crede di essere al riparo si nascondono, sineddoticamente e proletticamente, «tombe». Si raffronti allora questo terzetto con le argomentazioni più esplicite tratte da una predica detta da Giacomo Lubrano per la terza domenica di Quaresima (Eignoranza di chi sogna Paradisi in terra): Paradisi terrestri appena piantati per l'innocenza, tosto disertaronsi dalla colpa; e quante abitazioni si fabbricano per commodo, per diletto, per fasto, tutte sono appiggionate alla Morte; e 'l Tempo vi tien continuo Si loca a' fulmini, ad incendii, a scotimenti, a rovine. Dunque, sulle pareti esterne dei luoghi dove si soggiorna, dei palazzi insomma, delle camere o stanze dove più ci si sente nel proprio, il tempo pone sempre il suo Si Loca, perché v'entrino improvvise sciagure e gli altri infiniti inquilini al seguito, incatenati usurpatori ai quali tutto sarà usurpato. Non v'è cosa al mondo, non v'è possesso o corpo, desiderio o artefatto che non sia pervaso da «parletico umor»; non v'è terra, si diceva, che non sia un tremito, vale a dire la contemporaneità dell'esserci e non esserci. I terremoti, pertanto, occorrono perché in qualche modo metafora (vale a dire raccorciamento e sovrapposizione) di questo tremito complessivo nel quale ci sogniamo stabili. E se il compito del predicatore è precipuamente quello di rendere evidenti i piccoli segni, comunque sparsi nella falsa stasi del reale, di questo tremito, in virtù, diciamo, del cannocchiale aristotelico, insomma del macrobiettivo iperbolico, al poeta, e all'artista, sarà invece dato di perseguire la via breve della metafora, e dunque l'instabilità delle percezioni divenuta coscienza, l' «umore parletico» proprio delle cose del pensiero. Se adesso ci si raffigura una tela come il Paesaggio con lavandaie (Napoli, Pinacoteca di Capodimonte) del Magnasco, dove tutta 28

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