Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

devastazioni compiute dallo stesso terremoto su monumenti e architetture), Lubrano ridà fiato all'invettiva, chiudendo idealmente quanto era stato aperto dalle interrogative retoriche che principiavano il sonetto CXXX. Il tutto nasce da una sorta di rassegnata considerazione, destinata a divenire amara allorquando entrerà in scena l'uomo, vanamente legato ai propri beni e convinto di vivere sicuro nei palazzi dove abita. È questa considerazione, a pensarci, la «figura» propria del terremoto, e una constatazione che nasce decisamente immediata in chi ha fatto l'inquietante esperienza di sentire tremare la terra sotto i propri piedi: se i terremoti possono giungere improvvisi, nessun uomo mai, ovunque si trovi, potrà dirsi sicuro. Ma per il Brinacio, dietro cui si nasconde il gesuita, trarre un simile ammaestramento è troppo poco; al solito soccorrono le tecniche tutte della contemporaneità, e l'equazione che ne consegue torna a configurare la «via lubrica»: La TERRA anCO È MORTAL: TREMA e Si SCOTE di paRLETiCO uMOR TURgldA il SENO; e SE le PESTi Sue SMALTiR non PuOTE TRASuda in ZOLfi e bOLLICA in veLENO. La coazione alla contemporaneità, dunque, ricorre alle consuete omografie decostrutte e costrutte, sempre nella direzione della falsa sinonimia: se la terra è mortal, la sua vera condizione sarà racchiusa nella parola che fonde soggetto e predicato nominale, vale a dire nel predicato verbale trema. La terra è dunque un tremito, ancora una volta, la «via lubrica»; e quanto più parrebbe acquietarsi (nel «ciel sereno» come nelle «acque... immote»), tanto più «imperversa» quando d'improvviso «vien meno», scoperchiando le sue «vertigini». Eppure, malgrado l'essenza «parletica», malaticcia e tremante del mondo, l'uomo, illudendosi, «pensa» di poter condurre «sicuro» la 27

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