Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

riandare alla congruenza di soggetto ed esperienza del paesaggio nei famosi versi di Petrarca: Solo e pensoso i più deserti campi vo mesurando a passi tardi e lenti. Nell'incedere del poeta, che svela un (il suo) paesaggio, si fa strada pian piano uno spazio - ed è un'esperienza che avviene nella concretezza della lettura. Anche ciò che per noi lettori diventa spazio, resta- indipendentemente dalla vicinanza alla quale ci troviamo rispetto ad esso - il luogo dell'io poetico. La poesia di du Bouchet non è un facile invito ad accomodarci confortevolmente in essa, nulla ci è dato per incanto: non un paesaggio di per sé, non uno spazio onirico, né un interno o esterno lirico. Soltanto la correlazione io poetico-paesaggio ci si manifesta chiaramente nel suo divenire panorama di parole, che trovano sulla pagina stampata un fragile e precario equilibrio. Non si può tuttavia parlare di un semplicistico vis-à-vis tra l'io e il suo paesaggio; per capire come funziona questa lirica bisogna identificarne il terzo polo, ovvero: la lingua. Il triangolo che si profila possiede le sue punte nell'io, nel paesaggio e nella lingua. Il tratto singolare e proprio alla poesia di du Bouchet è il fatto che le tre estremità del triangolo così come le relazioni fra di esse sono in continuo movimento sottoposte all'incedere veloce della lirica stessa. Ognuno dei tre elementi è di natura oscillatoria o sentimentale e sfugge permanentemente al triangolo che non riesce mai a richiudersi; ogni segno qui è in cammino e trasgredisce ogni possibile logica di senso: le parole div' entano elementi del paesaggio («une parole sans lèvres éclaire», Rapides, p. 7), il paesaggio serve la parola («avoir/et pour/un mot uniquement/creusé» [...], Axiales, Parigi 1992, p. 34), l'io si fa parte integrante del paesaggio («j'ai cheminé avec l'enfant de ces mots», Rapides, p. 5), il paesaggio si dà interamente all'io («J'ai vu la 199

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