Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

Paesaggi di parole Teocrito e du Bouchet Il termine paesaggio è senza dubbio saldamente impiantato nel nostro repertorio linguistico quotidiano. È certo inoltre che il nostro bisogno di «consumismo paesaggistico» non fa che aumentare di giorno in giorno. Ciò nonostante il vocabolo paesaggio - forse più di molti altri� necessita ancora di definizioni appropriate. In realtà il paesaggio (o l'esperienza del paesaggio) resiste tenacemente ai tentativi di spiegazione e conduce inesorabilmente al paradosso: da un lato paesaggio è ciò che viene visto, dall'altro è pure però ciò che include l'atto del vedere. Ed è proprio quest'ultimo fondamentale aspetto che passa attualmente in secondo piano: il paesaggio oggi viene interpretato soltanto come una realtà esterna; si trova ad essere meramente reificato ed oggettivato, un semplice pezzo di natura pronto ad essere consumato dall'anima (post) moderna, la quale-allegramente perdendosi nella natura trascendente del paesaggio- dimentica volentieri di aver creato lei stessa (in quanto soggettività) la realtà che abbraccia. La pletora di discorsi sul paesaggio e l'apparente continua scoperta di nuovi paesaggi non è controbilanciata da una coscienza autentica del paesaggio; insomma, con tut189

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