Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

visionismo totale del Novecento, l'illusione cioè di scavarsi una nicchia esibendo sfacciatamente quel privilegio che prima si occultava, in un gesto estetico, di sovrapposizione della vita all'eventuale propria opera - si trattava, dicevo, di procrastinare un privilegio: laddove il vero problema è come conservare non un privilegio ma una gerarchia. Con la televisione si fa un passo in là: non più, come in Magritte, «Questa non è una pipa», bensì solo: «Questo è Andrea Barbato». Il regno dei simboli si rovescia in quello della letteralità, e quello della letteralità in un simbolismo illimitato, dove tutto si equivale; e dove, dunque, ricomincia daccapo, ogni volta, una nuova produzione di merce, un nuovo lavoro, una nuova resistenza cui io penso, naturalmente, in termini tutt'altro che esistenziali: poiché chi fa televisione, come chi ne fruisce, non fa che ideologia, cioè violenza, cioè politica. Siamo tutti nello stesso videodrome, «guardiamo la televisione per sentirci una parte della grande tavolozza del mondo» - come diceva Cronenberg nel 1982. Colombo, per tornare a lui per l'.ultima volta, sarà l'uomo che si fa Verbo, l'uomo che si fa Verità. Egli non scopre né conquista il Nuovo Mondo per il semplice motivo che il Nuovo Mondo è lui: proprio come l'autore-attore televisivo non è altro che il suo spettatore. La cosa che Colombo indicherà, quella che toccherà - la fine del suo viaggio-non sarà che l'inizio, sarà sempre Colombo. Colombo non si riferirà che a se stesso. Per il Colombo di Lope, vale a dire per l'intellettuale che vive nel moderno e nel suo dopo - niente altro che un uomo comune, ovvero ogni membro dell'equipaggio - scoperta e conquista sono la stessa cosa, cioè nulla. Esse valgono poco meno che nulla e ogni distinzione sarebbe bizantina, tutt'al più perle da lasciare ai porci. Per questo nostro Colombo (per questo nostro «libro» - o modello di libro) non c'è che un'opzione, di gran lun187

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==