non gliela dà. In ciò il Colombo di Lope trova la sua giustificazione di personaggio: nel porsi come significante di un valore ormai desueto ma che ha lungamente trionfato nel nostro mondo occidentale da cui si irradia la potenza televisiva: il valore di avanguardia. Se la televisione è il nuovo totem, e il libro è il nuovo tabù, il nostro Colombo troverà la salvezza, toccherà davvero terra, la terra nuova, il Mondo Nuovo, non rimanendo sospeso tra le due verità. Assumerà le due verità nello stesso tempo, questo sarà il suo estremo, il suo essere alla fine - o all'inizio. Il «fanatico» Colombo sarà un demiurgo assoluto, una razza vecchia. Ma sarà anche non dirò l'umiliazione (un termine troppo psicologico e troppo evangelico): opererà un autoscoronamento, sarà niente altro che un segno, la metafora di ciò che rinuncia al velo della metafora. La scatola dei simboli produce simboli-specchio - che si generano da sé, preterintenzionalmente, fuori da ogni orientamento. La tv, questa seconda natura, è infine e davvero il mondo senza dio, dove i simboli sono simboli di nulla, o di se stessi, cioè di noi. Essi, come si creano si distruggono, al contrario della materia. Della materia non hanno la velocità-sono più veloci-né la densitàsono piatti, ad una faccia. Irruenza e rozzezza - del presente - ne sono lo stigma forse felice. Celano, infine, la nemesi della modernità, da cui discendono. La domanda critica che la modernità, da Mann a Brecht, da Gide a Sartre, poneva al populismo era una domanda cinica. Era come se sempre si esclamasse: «Voi ve n'avete fatto Idio, di questo vostro papa». Ma non era che un trucco, non era che una critica «<;la destra»- secondo la vecchia e ancora utile tipologia. Si trattava di procrastinare un privilegio .,-·privilegio che arriva fino all'illusione tanto dei cosiddetti scrittori contemporanei, quanto di alcune maschere della nuova commedia dell'arte, di sabotare il sistema concettuale in cui ad esse fu data vita, l'illusione di un re186 -.:..'
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