ma, di melodramma, di catarsi. Molti scrittori lamentano che non vi sia più romanzo. Ma ciò che non c'è più è l'elemento di cui il romanzo è costituito, la sua materia prima. Essa è dissolta nello spettacolo, proprio come osservavo che la mia immagine, di me che apparivo sul monitor, ne disgregava il già precario e difficile sentimento di unità, unicità, compattezza. Lo spettacolo dissolve la materia prima del romanzo, ci assuefa alla sua liquidazione, alla sua smaterializzazione, alla sua, per intensità, diminuita rilevanza. Il romanzo, bene o male, il romanzo, dico, come febbre ottocentesca, come febbre di destino, come ansia di supporre il mondo significativo, restava: ma non intatto, percepibile solo in filigrana. Chi erano gli imputati di quell'assassinio avvenuto a Milano, nella notte di Natale del 1991, se non personaggi che già furono vivi e drammatici nei romanzi e nel teatro di Giovanni Testori, in testi come Z:Arialda e Il ponte della Ghisolfa, e poi in film come Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti? Oggi, quel tipo di materia è trasmigrata in televisione e la sua offuscata concentrazione drammatica è quella che la televisione consente e che al romanzo, forse per la sua immediatezza, è sottratta o che, se si vuole, al romanzo, del romanzo resta. Il libro non è né non-fiction né fiction. Paradossalmente, riesco a trovarne un modello nel teatro, il servo d'ogni servizio che sia alla televisione apportato. Ho detto il teatro. Per la precisione, aggiungo il teatro d'avanguardia, la performance. A differenza dello happening, c'è una scaletta (c'è un copione): ma quello che conta è l'evento, l'interpretazione, lì, in quel luogo, in quel momento. In video, la performance sarà moltiplicata fiµo alla fine dei tempi: tuttavia è irripetibile. Questa è la peculiare avanguardia che riesco a concepire per il divenire (cioè l'essere) televisivo. Penso alla performance come ad una forma espressiva assai intrinseca alla tradizione teatrale italiana, il teatro 181
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