no essere uno stile: ma a sé coerenti fino allo spasimo, finiranno per negarsi in quanto stile, finiranno in una deformazione di ridondanza, in un ghigno. In questo senso, il Leviatano, la televisione, proprio perché non produce che gnomi, sia pure gnomi-demiurghi, gnomi-mito, è un campo di battaglia. Non solo il Leviatano lo si può affrontare; ma addirittura è auspicabile. Pure, a questo punto, ho detto una parola grossa: Leviatano: un quasi insostenibile vettore ideologico. Di nuovo, mi sorprendo d'essere qui, a discutere di televisione. Come è potuto accadere? È, ripeto, a causa dei miei recenti interessi e del debordare della televisione nella nostra vita? O è a causa delle mie inclinazioni alla lotta e del mio nuovo lavoro-del fatto d'essere arrivato al cuore di questo nostro mondo di comunicatori, a Saxa Rubra? Se il marziano di Ennio Flaiano fosse davvero sceso a Roma, avrebbe toccato terra a Saxa Rubra, una delle campagne che circondano la città più devastanti e poetiche: a nordest, di nuovo un muro di grattacieli bianchi, e nient'altro alle spalle, e di fronte - tranne quella primitiva, furbesca, grottesca architettura, un millepiedi schiacciato al suolo, forse smembrato dalle scarpe di qualcuno... Dico subito che le uniche cose sulla televisione che io abbia letto, nel tempo, sono i saggi di Abruzzese. Non sono assolutamente in grado, né ne ho l'intenzione, di affrontare il problema da un punto di vista generale, o storico-epocale, o metafisico. Sia gli acerrimi nemici, Enzensberger o Serge Daney, Habermas o Vattimo, sia i sostenitori, Beniamino Placido e Aldo Grasso, Enrico Ghezzi o Giorgio Gori, alla fine, è, un po' come se pregassero: Dio, fa che non accada; Dio, fa che accada. La televisione modifica (ha modificato) la nostra percezione; dunque la nostra vita. Ciò è incontrovertibile, è evidente a chiunque non voglia avventurarsi neppure per un minuto nella ermeneutica di questa lingua. Ma resta il fatto che di primo acchito questa lingua, ciò 175
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