Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

sembra riprendere il principio d'identità dal manifesto acmeista di Mandel'stam del 1913 (che ne aveva fatto una parola d'ordine). Il vecchio concetto, dibattuto fin dai presocratici, e ripreso dai romantici (la natura d'una cosa (Sache) - annota, per esempio, Novalis - nel senso più proprio è la sua identità) torna in una sorta di «realismo neomedioevale», già operante nel '900 (amiamo il medioevo perché possedeva al massimo il senso dei limiti e delle barriere - si legge nel Manifesto dell'acmeismo). Portando questo principio nella sua poesia, Luzi fa una scommessa: mette l'identità alla prova del movimento e del mutamento. Ciò che cerca è un raro e difficile passaggio, che consenta alle sostanze e ai nomi della sua lingua fiammeggiante di manifestarsi, al di là del muro linguistico, come presenze reali, cose del mondo. Così, mentre cerca di sostenere (come una madre) le parole e le sostanze, con la forza di un'invocazione neutra, sovrumana, che non attiene né all'io né al costume letterario, mentre cerca di necessitarle con il senso di un avvicinamento possibile all'origine, alla lingua dell'origine, non lascia che siano inchiodate a un nuovo e più potente giogo (un preteso significato). Le scioglie, anzi, in una nuova, miracolosa presenza (e diffusione) nel testo (frumento di che primavera?). Ecco, contro le molte teatralizzazioni della metafora e dell'immagine, un nuovo presente del testo, che nasce da quell'identità (che si agita su se medesima). C'è, è evidente, qualcosa di utopico, letteralmente impossibile, in questa rivoluzione che passa attraverso il rifiuto della metafora (la via regta della poesia dopo Rimbaud) e assume che in qualche modo sia superabile l'arbitrarietà del linguaggio, riportando la parola a un rapporto essenziale con l'oggetto che designa. Per brevità, diciamo che lo snodo, al riguardo, comporta: 1) che la poesia si pieghi all'impossibile passione per la lingua edenica, che accetti d'esserne deformata, determinata dal senso della sua perenne mancanza (Celan); 2) che la poe168

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