Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

confusioni babeliche delle lingue, verso il manifestarsi del mondo. In lui risiede l'eccesso di significazione che grava sul poeta, pronto, ora, a rispondere di persona allo straripante monologo. O tu che mi hai onnipresente (in ogni forma pensabile) a troppe metafore mi chiami, a troppi emblemi mi sollevi, lasciami, ti prego, alla mia creaturale oscurità, non può essere mio come tu pensi tutto il celestiale ed infernale carico della significazione che desideri (114-115) Fra creaturale oscurità e carico celestiale, il passaggio è contrastato. Luzi, come Celan, guarda alla lingua della nominazione, la lingua dimenticata e perduta in Dio; e come Celan tenendo aperto sopra la lingua illustrata (carica di immagini) l'aggancio con l'altra lingua, compie un'operazione essenziale rispetto alla poesia. La lingua decaduta, infatti, con la poesia, può continuare a essere pensata in riferimento alla lingua dell'Eden, la lingua di Adamo, che è lingua delle cose commutabile nella lingua della conoscenza e del nome solo attraverso un sistema di traduzione. La poesia, appunto. «A troppe metafore mi chiami»: ora, per queste parole, la metafora assume lo stesso valore negativo dell'immagine e come lei è rosa e polverizzata dal divino monologare: e rode e polverizza la metafora di sé, distrugge il proprio simbolo lui, abrupto ed assoluto evento (252) 165

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