Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

L'immagine - no, esse, le cose, a lato, deserto e neppure la materia. Sono lì, il loro numero, deserta la loro incomunicabile sostanza. Sono lì, separate ciascuna dal suo nome, (253) Il grado, lo scarto che si apre a ventaglio, per esempio, dentro l'acqua, (infliggendole perdita d'identità e compattezza nel presente, dividendola da se stessa) decostruisce l'immagine. Sì, la ripetizione decostruisce l'immagine. Come fosse un sipario o un velo, di là dal bruciante bombardare dei lapilli d'immagini, si dischiude una nuova presenza che è insieme distanza dal nome. Semplici evidenze linguistiche, ma che in Frasi e incisi di un canto salutare trovano straordinaria applicazione poetica. I nomi, tra separazione dalle cose che designano e loro invocata presenza, (presenza di cose e sostanze: il fiume, la nuvola, il monte, il falco) acquistano, nel testo, risonanze alte dalla tradizione biblica e italiana trecentesca. La lingua risponde a questa tensione facendosi complessa e segmentata come lo sono i giochi di nubi e monti; come, storicamente, «una sostanza semplice entra nei composti». (Ci sarebbe, qui, da studiare, a partire dal Discorso su Dante di Mandel'stam, il rapporto fra Leibniz, il suo concetto di sostanza e di infinitesimo, e la poesia del '900.) Ripetendo e differenziando nome da nome, sostanza da sostanza (introducendo questa differenza del dire), il testo acquista una sua particolare intonazione drammatica. Non c'è paesaggio, né ricostruzione naturalistica o biografica di luoghi e di eventi. O se ci sono, sono appena allusi, riverberati nell'alta tensione verbale, nella forza irradiante, atomica, seminale, delle cose prestate al te162

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