Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

Quelle o le loro figlie o le figlie delle loro figlie... Si spiccano da un loro etereo ed invisibile albero della vita, esse, quasi senza origine, una dopo l'altra si stipano in un nembo, si diramano in volo, sì, trasmigrano divise in molti sciami ma ecco sono tutte da tutti i tempi, da tutte le famiglie nel vorticante muginoso ronzo, le antiche, calcinate nel pietrame, le vive ora, le prossime insorgenti unite in una ridda, confuse in una sarabanda. Da questo punto di vista, Frasi e incisi di un canto salutare è dispersione di infinite schegge viventi, generazione a sciami. Altrettanti semi in intimo raccoglimento perché disponendo di tutte le forze, possano «scoppiare, marcire e trasalire nel rigoglio». Sono gli stessi semi cui Luzi dedica una lunga poesia nell'ultimo suo Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994). Il seme con la sua «minuzia e incalcolabile potenza». Noccioli di dispersione da cui non emerge voce individuale: non è mai questione di questa acqua, questa rondine, falco, vespa (come nell'hecceitas di Hopkins, per esempio); ma di una sorta di moltitudine fluida e «innumerabile». Per questo, i nomi comuni d'insetto o d'uccello sembrano trasformarsi in nomi collettivi, tipo «folla, esercito, gruppo». E anche l'«io» sembra sovraindividuale: voce di cosa, di fiume, «io» comunque perso nella catena infinita dalle ascendenze: 159

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==