Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

fo: «Il corso dei fiumi» (pp. 165-196); con cui, nell'ultima poesia («Quella luce nella luce»), «siamo ora al centro/ di un celestiale gomitolo/ di luce e vento» (197). Ora, nei diversi passaggi degli elementi, che mutano, si differenziano e ricongiungono, si va verso una presenza forte, utopica, un'«eterna primavera/ dell'identità, rigoglio della presenza» (249). Per essere così rigogliosa, la presenza (il modo, cioè, di entrare in relazione, nel celestiale gomitolo, degli elementi fra di loro e con gli occhi dell'osservatore) è sostenuta da una grande prodigalità che, prima di essere forza morale o di pensiero, è energia, e come tale rigenera il mondo. Qualcosa di simile alla potenza di Venere, nel mondo di atomi e nell'infinito epicureo dove non c'è cosa che non sia di seme mischiato (nec quicquam quod non permixto semine constet, II, 585). In questa presenza primaverile e prodigale siamo vivi, svegli, invasi... (come a p. 216) nei lapilli del presente. E qui, in questa diffusione della materia, nei suoi lapilli, il poeta contempla la presenza che si manifesta come fuoco eracliteo. Dall'acqua il mutamento è evidente: ora sono sciami prodigiosi di vespe, di rondini, nuvole e stelle. «Il corso dei fiumi» è il gran vorticare («vorticò nella mattina/ un soffio» (160)), da cui promana il continuo differenziarsi (per piccole differenze) del medesimo l'innumerabile fiorita da semi e gemme perse tra spazio e tempo - (169) «Stelle lassù nel loro vento». Il vortice è un fiume in cui eroiche sostanze si tuffano: il falco che entra «in quel miscuglio d'aria e luci» (180); la rondine che «si tuffa in quella beva/ d'aria e luce/ e di trasparenza...» (185) e la vespa, ronzante dorata e instancabile che col suo volo a sciami è modello a tutti: «(Vespe)» 158

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