Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

un palazzo come, parola di Calvino, gli abitanti di un'antica città del Giappone, che reintegrano quel palazzo di ogni minimo particolare distrutto dal tempo. Ho pensato a Calvino perché la sua curiosità lo spinse anche da queste parti, alla villa di Settefinestre, con il trattato di Columella alla mano, a cercare l'origine mitica della parola: il brontolio (vedi Rella) sotto il logos della filosofia. Collezione di sabbia è il più bel libro di Calvino. Quell'immagine conclusiva: tutto si conserva consumandosi, come la fiamma di una candela. Io rimango a mezza via tra coloro che cercano per capire e coloro che distruggono vasellami e mosaici per conservare il presente. Mi tenta l'azzardo della mente: chi raccoglie, se non c'è nessuno, le voci, i suoni, i rumori, la luce del giorno e il chiarore notturno, dentro la casa vuota, la casa-fortezza, appena fuori delle mura senesi di Orbetello? Quella storia del trattorista che travolge i resti preziosi della villa romana sarebbe da scrivere. Ma come scriverla senza inciampare nel luogo comune? Mi fa ostacolo anche la simpatia per il conservatorismo progressista del giovanotto che distrugge il passato per conservare il presente. Quanto al futuro, da queste parti non esiste, non è mai esistito. Bisognerebbe descrivere il ritrovamento dei resti, poi la distruzione degli stessi. Oppure la beffa, lo sberleffo nevrastenico di chi non crede alla prefigurazione del futuro (qua si dice in ogni caso: «Quando siamo morti» e non già «Quando saremo morti»): un Tal dei Tali che in un suo antro fabbrica «reperti», li seppellisce o li getta in mare e poi fa in modo che qualcuno li ritrovi. Meraviglie e feste come per i bronzi di Riace. Nelle tombe etrusche non c'è più alcun segno della morte. Dice l'improvvisato cicerone col tono del baedeker: - Lei si affaccia (badi che non può entrare, nemmeno se dà dei soldi al contadino) e vede, uno accanto al141

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